III Domenica del Tempo ordinario (B)


ANNO B - 25 gennaio 2015
III Domenica del Tempo ordinario

Gn 3,1-5.10
1Cor 7,29-31
Mc 1,14-20
(Visualizza i brani delle Letture)


IL TEMPO
È PIENO DI DIO

Giona è un personaggio fra i più malintesi dell'Antico Testamento e sacrificato da aneddoti come quello che lo descrive nel ventre di una balena. La sua storia è letta da alcuni come realmente accaduta, da altri come una leggenda e da altri come una specie di favola. Il testo proposto oggi parla della sua missione a Ninive. Il racconto presenta molti elementi importanti: la parola affidata a Giona che trova nella missione la possibilità di ricominciare; il numero tre, riferito ai tre giorni occorrenti per attraversare la città, che richiama ai tre giorni nella balena, potente figura dei tre giorni nel sepolcro. Il numero 40, tempo dato per rendere possibile la conversione. La repentina conversione dei Niniviti mostra un tema caro ai profeti: Dio non vuole la distruzione del peccatore.
Leggendo il brano, si nota che non si parla del contenuto della predicazione di Giona ma si sottolinea che lui si muove secondo la parola del Signore, e che la salvezza della città avviene nel momento in cui i suoi abitanti accolgono la parola e cambiano il loro modo di vivere. Il collegamento fra i comportamenti (mores) e la città (i muri). Il collegamento viene fuori ogni volta che si parla di ambiente, di terre avvelenate dalle mafie, di territori impoveriti dalla mancanza di regole di convivenza sociale. La parola di Dio non ha nulla di intimistico, chiede di cambiare il modo di vivere.

Continua la lettura della prima lettera ai Corinzi con un brano a forte accentuazione escatologica, fonte di malintesi non cancellati da tutti questi "come se", che affollano il ragionamento e fanno pensare quasi a una vita finta. Avere moglie, piangere, gioire, comprare, usare, non sono delle finzioni, ma sono la concretezza della vita, che Paolo non rinnega e nemmeno disprezza. Forse potrebbe aiutare l'interpretazione del termine che si traduce come figura e che in greco è "schema"; nel senso che tutto quello che si vive, se lo si vive come un assoluto, uno schema (ora in italiano), da cui non si può uscire, produce una distorsione, e si finisce per vivere il tempo breve come l'unico tempo.
Un cristiano sa distinguere i piani diversi e non dimentica l'assoluto. L'interpretazione è già indicazione per la vita spirituale. Senza prospettive altre da quelle che gli schemi dell'esistenza suggeriscono, si soffoca; rendere assolute esperienze e persone mette l'uomo in un orizzonte molto breve. Le stesse esperienze e le stesse persone vissute nell'orizzonte ampio dell'eternità producono una libertà e un respiro che le rendono ancora più importanti.

Il vangelo di Marco farà da colonna sonora per tutto l'anno liturgico, seguirlo cercando di riprodurre nella propria vita l'effetto voluto dall'evangelista, cioè quello di incontrare Gesù e riconoscerlo come il Figlio di Dio, è più di un augurio, è una scelta che ogni lettore può fare. Nel brano di oggi si prepara la scena dell'attività di Gesù: i luoghi, la Galilea e soprattutto il lago che farà da sfondo a molti episodi del vangelo di Marco; le persone, si presentano i primi quattro discepoli. Ci sono poi alcuni elementi importanti del racconto marciano: un sommario, che sintetizza l'attività di Gesù, proclamare il Vangelo di Dio (kerussein); il contenuto della sua predicazione, il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino con l'appello alla conversione; il ritmo del racconto suggerito dalla ripetizione dell'avverbio subito (euthus). Marco, come aveva già fatto in 1,1, chiarisce subito il suo punto di vista, che è quello del credente: Gesù è il Vangelo di Dio, la presenza di Dio nella storia, l'inizio di un tempo, che è ormai di Dio.
L'unica relazione possibile, l'unica utile è quella di entrare in questo tempo (convertirsi come cambiamento di direzione) e di credere al Vangelo, non tanto nel senso della condivisione di contenuti, ma come affidamento. Tutto lo sviluppo del racconto di Marco sarà condizionato dalla scelta dell'evangelista di mostrare Gesù come il Messia di cui fidarsi. Gesù in questo Vangelo parla meno che negli altri; si tratta di credere in lui, prima ancora che nel suo insegnamento. È quello che fanno i primi quattro discepoli che, immediatamente, lasciano e seguono.

La velocità degli avvenimenti di questo brano, crea una vertigine in chi lo legge; si è abituati a ritmi molto diversi nella vita cristiana, c'è sempre qualche altra cosa da comprendere o da fare, prima di cambiare direzione, di lasciare, di seguire. L'atteggiamento di chi pensa che sapendo la strada giusta si può anche aspettare un po' prima di seguirla, è comune. Aspettare è accettare di vivere in un tempo vuoto, come quelle giornate che sembrano trascorrere senza perché. Il tempo vuoto è incapace di speranza, rende inutile ogni cambiamento e retorico ogni tentativo di essere migliori.
La prima cosa che Gesù dice è che il tempo è pieno di Dio, il Vangelo è lui stesso che manifesta la presenza di Dio, che è Dio vicino. Bisogna fidarsi di questo annuncio e farlo in fretta per non correre il rischio di una vita che perde il senso delle cose, che racconta frustrazioni di pensieri e desideri belli e importanti che naufragano nel nulla. L'annuncio del tempo riempito da Dio non suona solo come un monito, ma pure come una speranza per chi legge il tempo di oggi come una sequenza di sogni naufragati: si può sempre ritrovare il sentiero della vita significativa, fidandosi e affidandosi a Cristo, subito.

VITA PASTORALE N. 1/2015
(commento di Luigi Vari, biblista)

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