Il racconto della Pasqua nel libro dell'Esodo offre lo sfondo interpretativo delle ultime ore di Gesù. Ci sono non solo le indicazioni rituali che Gesù con i suoi rispettano scrupolosamente come ogni ebreo, ma pure la chiave d'interpretazione delle stesse e il loro valore simbolico per chi legge da cristiano queste righe. Nella ricchezza del racconto non deve sfuggire il contesto di dialogo che si stabilisce fra Dio, Mosè e Aronne. Si capisce che qui si ha a che fare con qualcosa che è diversa da tutte le altre, preludio di realtà ancora più grandi. VITA PASTORALE N. 3/2015
Triduo pasquale
Sguardo complessivo
MENSA DEL SIGNORE
La prima indicazione è quella del mese, che diventa il primo perché è il primo del cammino di liberazione del popolo; tutte le indicazioni temporali sono date scrupolosamente: quattro giorni prima della notte della liberazione bisogna scegliere l'agnello, che dev'essere nato nell'anno e consumato il quattordici del mese, al tramonto, e mangiato di notte. Il racconto si conclude con l'ordine di celebrare questa notte di generazione in generazione.
Le indicazioni rituali mostrano come ciascuno è coinvolto nella preparazione della Pasqua. Infatti, ciascuno deve procurarsi un agnello per casa; ogni casa un agnello, la scelta deve essere fatta con cura, bisogna calcolare il numero di quelli di casa, quanto ne tocca a ciascuno e organizzarsi di conseguenza. Se si è in troppi, non si prendono due agnelli e nemmeno, se si è in pochi, se ne prende una parte; piuttosto, aprendo la porta di casa, si dovrà raggiungere il numero giusto. Questo agnello deve corrispondere ad alcune caratteristiche rituali, che ne sottolineano la purezza e la perfezione, ma non può essere preparato per tempo: va scelto il 10 del mese per essere immolato e consumato il 14 del mese. Il suo sangue segnerà l'architrave delle porte e sarà un segno a favore del popolo, allontanando concretamente la morte dalla famiglia che è in quella casa segnata. Dev'essere consumato con la fretta e con gli abiti del viaggiatore. La narrazione è scandita da due esclamazioni e da un comando che danno il senso degli eventi: è la Pasqua del Signore! […] Io sono il Signore! […] Questo giorno sarà per voi un memoriale, […] un rito perenne.
Fare Pasqua significa passare e, nel contesto di quella notte, ci si riferisce a Dio che passa oltre, che salta, cioè, le porte segnate con il sangue dell'agnello. Chi fa questo è il Signore. Fare memoriale di questo, significa ripetere e rendere attuale l'evento per ogni generazione. Ogni generazione farà Pasqua, cioè esperienza di Dio che passa oltre, che è più forte degli egiziani e dei loro idoli, comunque essi si realizzino nella storia. Oltre tutte le considerazioni delle tradizioni che hanno contribuito a costruire questo passo e l'impegno, queste righe così come appaiono a noi oggi, posseggono la forza del simbolo e acquistano per i cristiani, un significato straordinario che va colto, o, almeno sfiorato.
Riguardo a quanto si osservava sul tempo, il passo manifesta la coscienza che quando Dio attraversa la storia, inizia un tempo nuovo, che si conta dal momento del suo passaggio in poi. Un tempo da scoprire ogni volta; il calendario lunare per la sua variabilità, quasi costringeva a reinterpretare, scrutando il ciclo della luna, il tempo in cui celebrare la notte della liberazione. La celebrazione notturna, anche se dettata da motivi di opportunità, di fatto permette di vivere di notte come se fosse giorno, di fare di notte quelle cose che normalmente si fanno di giorno.
Il tempo nuovo è il tempo in cui non ci si limita solo a registrare gli eventi, ma a cambiarli e trasformarli. Nella notte, Dio passa e fa pasqua, cioè fa eccezione alla regola per cui sono sempre gli stessi a pagare le ingiustizie e le prepotenze; soprattutto salta la regola della morte, che risparmia quelli che hanno obbedito al comando di segnare le porte con il sangue dell'agnello. Uscendo fuori dal simbolo, la morte salta quelli che obbediscono ai comandi di Dio, quelli che hanno fiducia nella sua Parola. Solo Dio può fare questo salto, perché lui è il Signore. Un salto che non è una volta e basta, ma che si ripete nella storia; che non va ricordato come evento del passato ma celebrato come memoriale, come evento che si attua sempre.
Riguardo all'agnello, alla sua scelta e consumazione, si dettano le condizioni perché Dio passi, la condizione che più salta agli occhi è quella della comunità; dove ognuno è disponibile a chiudere la propria casa o ad aprirla ad altri perché si possa fare pasqua. Rinunciare all'idea di allevarsi un agnello, non mangiarlo da soli anche se l'altro vicino a te non è nelle condizioni di poterlo fare, condividere finché si può, sono condizioni che oltrepassano le indicazioni rituali.
Non c'è unanimità sull'ora dell'immolazione dell'agnello, l'indicazione "al tramonto", ha subìto diverse interpretazioni; ma fra queste ce n'è una che parla del tempo dell'immolazione fra l'ora sesta e l'ora nona. Per un cristiano non ci sono dubbi: l'agnello è Cristo che con il suo sangue versato sconfigge la morte. Non gli architravi delle porte, ma noi siamo stati aspersi con il sangue di Cristo. La morte ci salta per questo segno. La cena, che questa sera tutte le comunità rivivono, è il memoriale del dono e dell'impegno, della condivisione e dell'accoglienza, della vita che ci è stata donata nel battesimo.
(commento di Luigi Vari, biblista)
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Triduo pasquale (B)
ANNO B – 2-4 aprile 2015
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