Ascensione del Signore (B)


ANNO B - 17 maggio 2015
Ascensione del Signore

At 1,1-11
Ef 4,1-13
Mc 16,15-20
(Visualizza i brani delle Letture)


GUARDARE IL CIELO
IN MANIERA DIVERSA

Il brano degli Atti, che oggi si legge, descrive la comunità cristiana nelle sue linee essenziali. Essa è prima di tutto spazio di comunione con il Risorto, che siede a tavola con i suoi, li convince della sua risurrezione e li istruisce sulla missione. Cristo risorto riempie il tempo dei discepoli, li istruisce sul presente e sul futuro, indica i confini della missione, per loro impensabili (gli estremi confini della terra), li incoraggia e li garantisce con la promessa dello Spirito Santo, e li proietta nel futuro del suo ritorno. Oltre i contenuti è importante la descrizione di questa tavola che vede discutere insieme Gesù e i suoi, un succedersi di domande e risposte sul senso della missione, sui suoi obiettivi.
La collaborazione fra loro e il Risorto è garantita dal cielo, presente nel cammino con la forza dello Spirito Santo. Il cielo non è più un luogo nemico e lontano, abitato da un ente estraneo su cui fare delle ipotesi, ma da Cristo risorto, che loro hanno veduto e ascoltato e che è quello con cui sono stati seduti a tavola a parlare dei suoi progetti. Un cielo che ormai resterà sempre aperto, da non guardare con timore o nostalgia, ma con speranza e fiducia. Comunione con il Risorto, condivisione della missione, comprensione del disegno di Dio, certezza della presenza dello Spirito, consapevolezza che il cielo è abitato da un maestro, fratello e amico, sono queste le caratteristiche di una comunità cristiana capace di arrivare ai confini più lontani e inimmaginabili. Queste coordinate sono un continuo punto di riferimento per verificarsi e crescere.

San Paolo nel brano della lettera agli Efesini, descrive questa comunità di cui gli Atti hanno dato le coordinate, ricordando che i cristiani hanno a che fare con il cielo, indica come testimoniare questa origine straordinaria, esortandoli all'unità, come segno della propria origine. Se Dio, l'unico, è la sorgente dell'esperienza comunitaria, in essa si riflette l'unicità di Dio. L'unicità di Dio non è una cupa uniformità, esalta, invece, i doni e le caratteristiche di ognuno. È Cristo stesso che distribuisce i doni, la lettera contiene un elenco di ruoli, che dà l'impressione di una comunità già organizzata, e stabilisce il criterio della verità del dono, quello di edificare il corpo di Cristo. Un ultimo criterio della verità dell'esperienza cristiana è che ognuno possa essere aiutato a raggiungere la comunione con Cristo, l'uomo perfetto.
Bisogna andare a scuola da Dio per comprendere che cosa sia l'unità, bisogna chiedere al Risorto come fare l'unità distribuendo a ognuno i doni che lo rendono diverso dagli altri. Imparare da Dio a costruire la nostra esperienza di uomini, mettendo da parte, imprigionando, tutto quello che la rende precaria e distruttiva. Le nostre realizzazioni per farsi hanno bisogno spesso di passare sulla testa delle persone; sarebbe interessante chiedersi se nella comunità di cui siamo parte, è preoccupazione di tutti che ognuno possa dare secondo il suo dono e che ognuno sia messo in condizione di crescere fino ad avvicinarsi all'uomo perfetto, a Cristo. In una parola ci si chiede quanto ci importi della fede degli altri.
Il vangelo di Marco presenta la pagina della missione degli apostoli, inviati a proclamare il Vangelo a ogni creatura. L'insistenza è su un annuncio non massificante, perché è lasciata a ognuno la possibilità di credere ed essere battezzato o non credere ed essere condannato. C'è quindi un elenco di segni che accompagnano la vita dei credenti. Non si dice, infatti, che quei segni riguardano solo gli apostoli, ma tutti i credenti. I segni sono cinque, un insieme simbolico, alcuni di questi segni sono noti al lettore di Marco, come quello di scacciare i demoni. Questo segno, insieme con quello di guarire, dice che il credente vince il male, lo vince in tutte le sue forme, anche in quella più estrema che è quella della morte. Tutti i simboli del peccato e della morte sono evocati: il serpente, il veleno.

Il segno delle lingue nuove probabilmente fa riferimento alla novità dell'annuncio evangelico. Il credente dice cose che non sono comuni, che hanno la caratteristica della novità, intesa come discontinuità. Poche parole sono riservate al fatto dell'Ascensione, visto nel suo risultato: Cristo è alla destra di Dio, è Dio; si completa così quello che era stato annunciato all'inizio del vangelo di Marco: «Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio», e si svela completamente l'identità di Gesù. Si svela anche l'identità della Chiesa, che è comunità di persone che sono forti per la presenza del Signore: una presenza concreta che si manifesta nei segni elencati, portatori di una Parola, di cui il Risorto è custode e garante.
La festa dell'Ascensione produce anche in noi l'effetto di guardare in maniera diversa il cielo, non come a un luogo che nasconde Cristo, ma luogo dove Cristo, seduto alla destra del Padre, sostiene il nostro cammino. Soprattutto sono importanti i segni della sua presenza nella missione della Chiesa, che sempre deve essere consapevole di avere una Parola che è capace di sconfiggere il male, di salvare e di guarire. Il segno della missione è questo: avere sempre una Parola capace di far uscire la vita dai suoi fallimenti e di farla riscoprire come vita salvata; sempre una Parola capace di sanare le ferite che l'esperienza, la delusione e gli errori producono nel cuore delle persone.

VITA PASTORALE N. 4/2015
(commento di Luigi Vari, biblista)

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