Il diaconato in Italia n° 181
(luglio/agosto 2013)
ANALISI
La sfida della politica
di Bartolomeo Sorge
In occasione dell'apertura del "Laboratorio di Politica" a Catania (2/2009), p. Sorge parlò scaldando il cuore e le menti di quanti guardavano a un nuovo inizio. Questa esigenza forte non è mutata nel momento che stanno attraversando le famiglie italiane profondamente coinvolte nella diaconia di Cristo.
Una della conseguenze di questa crisi globale, strutturale, è la fine della democrazia rappresentativa. Noi stiamo vivendo la fine di quella democrazie che ha dato all'Italia, distrutta moralmente e fisicamente dalla II guerra mondiale e da vent'anni di fascismo, di diventare una delle prime nazioni occidentali sviluppate (non chiedetemi più che numero siamo, se siamo quinta o sesta, perché ogni tanto la classifica oscilla). Quello che è importante è renderci conto che siamo ad una svolta storica. Di qui l'importanza di leggere la crisi e di trovare la soluzione per ridare un'anima alla politica, perché la politica è il sangue dell'organismo. Se non regge la sanità interiore dell'organismo, non si va da nessuna parte. Ricominciamo dalla politica. Allora, in che modo è avvenuta questa crisi della democrazia rappresentativa? Non rappresenta più! Il Parlamento che oggi ci governa, non rappresenta l'Italia, noi non lo abbiamo scelto, non abbiamo eletto noi il Parlamento che oggi ci governa, lo abbiamo ratificato, che è diverso. Lo hanno scelto una trentina di persone, i segretari dei partiti che a Roma hanno confezionato le liste.
Fin dagli anni '70, negli Stati Uniti d'America, si è cominciato a dibattere su una nuova forma di democrazia che viene chiamata democrazia deliberativa o democrazia partecipativa. Quindi non si tratta di rinunciare alla democrazia, ma di fare un salto di qualità. E di lasciare le vecchie forme, che non rappresentano più, perché la politica ha interrotto il dialogo e la comunicazione con la società civile, con il popolo, che dovrebbe alimentarla, e fare un salto di qualità perché nasca una democrazia matura. Fratelli miei, questo è il problema! Non basta più mettere le toppe sul vestito vecchio che si rompe da tutte le parti, occorre cambiare il vestito! Ecco l'importanza di un laboratorio di idee, di ideali, di pensiero, perché è quello il punto nevralgico per la nascita di una democrazia adulta. Già i pensatori più avvisati, più intelligenti lo avevano detto non da oggi. E io penso che oggi ci sia la possibilità in Italia, in Sicilia! Questo è il momento di un nuovo incontro fra i cattolici, coloro che si ispirano cioè alla dottrina sociale della Chiesa, e i laici, coloro che soprattutto sono fedeli e si riconoscono nella Costituzione Repubblicana, come del resto tutti i cittadini, che è laica e deve rimanere laica. Un nuovo incontro, come avvenne 60 anni fa quando nacque la Costituzione, può ridare uno slancio nuovo verso una democrazia matura, con forme nuove.
Non si tratta di fare a meno dei partiti; il partito è essenziale alla democrazia, bisogna però riallacciare il dialogo tra le comunità vive dei cittadini e le espressioni politiche che le rappresentano. Passare dalla democrazia rappresentativa, che è in crisi, alla democrazia matura. Perché la democrazia rappresentativa è entrata in crisi? Fratelli miei, questa è la sfida che la Storia e la Provvidenza oggi ci danno. Tutto il resto son parole, importanti anche: aggiustiamo così, facciamo questa legge... ma non si risolve il problema, che è di fondo, è di cultura politica, e quindi di cultura etica.
La democrazia ha perso una della sue grandi scommesse! Qual era la grande scommessa della democrazia nata dopo la Rivoluzione Francese? Che essa avrebbe alimentato autonomamente e spontaneamente lo spirito democratico. È nata quindi una scissione tra democrazia laica e ispirazione etica e trascendente. Ora, anche i padri della cultura laica liberale, riconoscono che è stato un fallimento. Qui vorrei citarvi, due testimonianze, alcune più anziane, altre più moderne e attuali, che vi fanno vedere come ci possiamo orientare per costruire insieme una democrazia matura. Norberto Bobbio diceva che la democrazia ha perduto la sua scommessa di essere autosufficiente, ha bisogno di forze, di idee, di valori che le restituiscano l'anima.
Ai nostri giorni, Jurgen Habermas, in un famoso dialogo che poi ha avuto con Joseph Ratzinger che oggi tutti citano, non esita ad affermare che occorre addirittura riscoprire l'ispirazione religiosa, cioè la coscienza religiosa, per ricivilizzare la modernità. Si tratta di tradurre in termini politici, laici, la luce che la trascendenza dà sulle vicende umane. Ora, perché questa crisi? Perché la democrazia è uno strumento, la democrazia è un metodo, non può essere autosufficiente, non ha in sé le radici alle quali alimentarsi. Quindi il problema più grande della crisi di oggi è aiutare la democrazia a ritrovare la sua fondazione etica.
Mi colpì lo studio che lessi anni fa di Benedetto Croce, patriarca della cultura laica, liberale, non credente - anche se poi ha scritto il famoso libretto che poi tutti citano «perché non possiamo non dirci cristiani?», che lui però metteva con un punto interrogativo - il quale è arrivato a dire con la sua intelligenza che la democrazia doveva avere un fondamento etico. Senza etica non sta in piedi la democrazia - scriveva - ma l'etica non sta in piedi se manca la coscienza religiosa. Quello che ancora più mi colpisce è che queste tesi, oggi, vengano esplicitamente espresse dai paladini della laicità: Nicolas Sarkozy, venuto nel 2007, a prendere possesso del suo canonicato onorario di S. Giovanni in Laterano, nel discorso che fece disse: «bisogna ripensare il concetto di laicità». Vorrei fare di questa affermazione, una sfida: «la laicità oggi è una necessità, è una opportunità, è la condizione della pace civile». Io lo dico in un altro modo. Sapete qual è la vera sfida del III millennio?
Imparare a vivere uniti rispettandoci nella diversità; soltanto se riusciremo a vivere uniti sapendo che il pluralismo, le diversità, non sono una maledizione ma una ricchezza, trovando quell'ethos comune, quegli elementi che ci uniscono, pur nella diversità; se noi faremo questo, costruiremo la nuova società. Ormai in un modo globalizzato, con il crollo del muro di Berlino e il crollo di Wall Street, non c'è altro rimedio che imparare a vivere uniti facendo tesoro delle diversità. Aggiunge Sarkozy: «È giunto il momento che in uno stesso spirito, le religioni, in particolare la religione cattolica, che è la nostra religione maggioritaria, e tutte le forze vive della nazione guardino insieme al futuro. Per questo mi auguro profondamente l'avvento di una laicità matura, positiva, che pur vegliando sulla libertà di pensiero, a quella di credere o di non credere, non considera un pericolo la dimensione religiosa».
Ha ripreso questo discorso successivamente: «È legittimo per la democrazia, rispettoso per la laicità, dialogare con la coscienza religiosa». Ora, io vorrei farvi vedere che la soluzione del problema, non è la rottura del dialogo, ma l'apertura responsabile intorno ai valori che ci uniscono. «Queste religioni dice Sarkozy - e in particolare la religione cristiana, con la quale condividiamo una lunga storia, sono patrimonio di riflessione e di pensiero, non solo su Dio ma anche sull'uomo e sulla società».
Poi viene la frase che la stampa francese ha molto criticato: «Sarebbe una follia privarci di questo incontro, sarebbe semplicemente un errore contro la natura e contro il pensiero. Ci vuole una laicità che rispetti, una laicità che riunisca, una laicità che dialoghi, non una laicità che esclude, che denuncia. In quest'epoca in cui il dubbio e il ripiegamento su se stessi pongono le nostre democrazie davanti alla sfida grande dei problemi che abbiamo, la laicità positiva offre alle nostre coscienze la possibilità di scambiare opinioni e, al di là delle credenze e dei riti, offre la possibilità di ragionare insieme sul senso che noi vogliamo dare alla nostra esistenza, la ricerca di senso». Io vi dico sinceramente non mi sarei mai aspettato che dal Presidente della Francia, laica per definizione, venisse una simile considerazione: il riconoscimento di una nuova democrazia, di un mondo unificato, di una famiglia che è fatta di diversi, ma è unita profondamente su alcuni valori essenziali.
(La presente trascrizione non è stata rivista dall'autore)
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