Le grandi trasformazioni del nostro tempo



Il diaconato in Italia n° 181
(luglio/agosto 2013)

CONTRIBUTO


Le grandi trasformazioni del nostro tempo
di Luca Bassetti

Saper interrogare le Scritture è ciò che nel nostro tempo non abbiamo imparato a fare. Sono mancati i maestri? Si sono spenti gli animi? Le luci devono essere riaccese.

Il tessuto sociale
Viviamo un tempo di forti trasformazioni sociali, politiche culturali, economiche di carattere sempre più globale e di natura talmente complessiva e pervasiva da essere praticamente ingovernabili non solo dai singoli o dalle comunità locali, ma anche dagli stati nazionali. Tali cambiamenti hanno un carattere congiunturale ed epoca le talmente profondo da comportare decisive ripercussioni in ogni aspetto della vita, dalla quotidianità della gente comune, alle scelte dei governi, alle politiche della comunità internazionale.
Si sono radicalmente modificati non solo le abitudini o gli stili di vita, ma ancor più profondamente, le stesse categorie morali e il modo diffuso di pensare. Una profonda trasformazione tocca il tessuto più profondo della vita sociale, che vede allentarsi qualsiasi tipo di legame: quello che è stato definito con la plastica e significativa espressione di «modernità liquida»1 è un fenomeno che investe ogni ambito di vita, dalla famiglia alla comunità umana e sociale, alla dimensione lavorativa: le relazioni si indeboliscono, l'individualismo aumenta, la precari età non solo economica, ma psicologica, si accentua, l'incertezza del futuro cresce a tutti i livelli.
Qualcuno ha indicato tale allentamento di legami, con isolamento crescente delle persone, che sperimentano la fragilità anche di quelle certezze ritenute un tempo indubitabili (come le relazioni interne alla famiglia, la solidità del matrimonio, la consistenza della generazione adulta dei padri e delle madri, il valore dell'amicizia, la solidarietà sociale, la sicurezza e collaborazione lavorativa) con il significativo ed inquietante sintagma di «morte del prossimo»2. La perdita dei legami e l'allentarsi delle relazioni ha in sé qualcosa di paradossale, in un tempo in cui la comunicazione si è quantitativamente intensificata e dilatata, facendo del mondo una sorta di villaggio globale, quasi senza più segreti. La parola supportata dalla potenza tecnologica ha acquistato un carattere pervasivo: essa penetra sempre più nel privato delle persone e delle famiglie, con la sua duplice azione di manipolazione delle coscienze, mediante l'induzione di bisogni e di consumi, e di controllo dei vissuti, potenziale strumento di violazione di privacy con la crescente necessità di sempre maggiori tutele, a protezione di dati sensibili. Assistiamo oggi al fenomeno di una comunicazione senza relazione, che lega i soggetti in una rete invisibile di reciproco controllo e dipendenza, allentando tuttavia i legami sociali e famigliari, innalzando muri di individualismo e scavando fossati di solitudine.
Collegato al fenomeno di una comunicazione pervasiva e manipolatoria, funzionale al potere di particolari gruppi e al vantaggio di determinate lobbies, si registra oggi l'altro paradossale fenomeno di una perdita di coscienza critica. La quantità di parola ricevuta satura l'interiorità di contenuti vuoti e induce ad un agire compulsivo, che non procede da scelte autentiche, frutto di deliberazioni procedenti da atti di assenso ragionevoli e da valutazioni critiche fondate. Il pensiero tende così a svuotarsi di creatività e capacità elaboratrice, irrigidendosi in consunti schemi ideologici, mentre la prassi si sclerotizza in meccanica ritualità, reiteratrice di comportamenti compulsivi ed eteronomi.
La potenza dei mezzi tecnologici e l'energia intrinseca ad una comunicazione violenta illudono i soggetti di una capacità di dominio sulla loro vita e sul loro futuro e generano miti di onnipotenza e di immortalità. L'illusione di prevedere e controllare il proprio futuro, estendendo al domani la possibilità di fruizione del bene oggi disponibile, ed inducendo ad una progettualità insonne ed ipertrofica, si trasformano tuttavia in ansietà e preoccupazioni, che sfociano in atteggiamenti depressivi e riducono la qualità della vita e la sua reale possibilità di godimento. Si fa esperienza di una comunicazione irruenta e invasiva la quale, anziché riprodurre gli onesti contorni del reale, sembra invece tesa a generare il miracolo di continui eventi dal potere destabilizzante e dagli effetti drammatici e traumatici, capaci tuttavia di elidersi a vicenda in breve tempo. In tale bombardamento mediatico un mondo virtualizzato, enfatizzato e distorto, sembra continuamente confrontato con la fine e insieme rigenerato dalle sue ceneri. Il tempo si contrae per l'accelerazione mediatizzata dei processi e il futuro è sempre più precipitosamente attratto dall'oggi, mentre si restringe l'orizzonte dell'attesa e della speranza. Il futuro, già illusoriamente posseduto, frantuma ogni aspettativa del nuovo, generando paradossale insicurezza in coloro che hanno perso ogni capacità di attesa e di immaginazione creativa del domani e finiscono per non attendersi che da se stessi e dai mezzi a loro disposizione3.
La comunità ecclesiale si ritrova coinvolta a tutti i livelli in tale congiuntura epocale di profonda trasformazione, specialmente nell'occidente euro-americano. La configurazione fortemente territoriale del suo assetto, che ha per secoli favorito l'incontro delle persone, è oggi sempre più in difficoltà a favorire la comunione tra soggetti il cui aggregarsi, grazie alle facilitazioni dei mezzi di trasporto e di comunicazione, è sempre più fluido e trasversale. L'articolazione operativa per ambiti funzionali, all'interno di una visione ancora fortemente sacramentalistica, ha per conseguenza uno scadimento di tipo aziendale della prassi pastorale nella logica fortemente individualistica della domanda e dell'offerta del prodotto o della prestazione religiosa. Le chiese e le strutture parrocchiali si riducono sempre più a presidi territoriali di servizi religiosi, in certa misura ancora assai richiesti, senza più essere comunità di fede e neppure, in molti casi, luoghi significativi di relazioni umane4.
Tutti questi fattori contribuiscono, nel loro insieme, ad uno scadimento della qualità delle relazioni dentro la comunità cristiana. Essa vive dell'intreccio di relazioni più funzionai i che sostanziali, più legate all'oggetto o alla prestazione che all'atto dell'amicizia in sé, atto che trova solo in se stesso e nella gratuità del suo sgorgare il proprio fondamento e la propria motivazione. Si tratta di fattori certamente notevoli, che segnano tutto il vivere umano e sociale nel suo attuale individualismo esasperato. La causa forse più decisiva di tutto ciò è la crescente incapacità di ascolto, di apertura del cuore ad una comunicazione non solo informativa, ma donativa e generatrice di legame.
L'oblio secolare della Parola di Dio nelle Chiese, il mancato accesso dei fedeli ad un ascolto profondo, attento e provveduto della pagina biblica, unito all'accentuazione della prassi pastorale come fare, socialmente e politicamente rilevante, tipica degli ultimi decenni, ci consegnano oggi comunità spesso svuotate di spirito di fede e di vissuto interiore, spinte ad un'azione sempre più meccanica ed abitudinaria, caratterizzata dall'inerzia alquanto sfiduciata di chi non è più in grado di attingere alle proprie sorgenti, mentre sente sempre più pressante l'ansia per il proprio incerto futuro e cerca di contrastarla con i mezzi umani del potere politico ed economico. Il clima culturale oggi imperante sembra dunque accentuare una situazione ecclesiale nella quale si è perso il senso vivo di un'appartenenza comunitaria, segnata da relazioni fraterne, animate dall'ascolto della Parola e fortificate dalla vita sacramentale, mentre cresce il peso delle strutture, sempre più inerti e refrattarie al cambiamento, rispetto alle quali i singoli sempre più si muovono come semplici fruitori di servizi occasionali, all'interno di percorsi del tutto personali, che sfiorano il sincretismo, con una liberta di autodeterminazione rispetto non solo alle scelte pastorali più contingenti della comunità ecclesiale, ma anche agli stessi fondamenti dogmatico-identitari in cui essa si riconosce5.
Il marchio della cultura oggi dominante tocca e segna profondamente ogni realtà umana, compresa la Chiesa. Un contesto di progressiva perdita di riferimenti ideali e di sgretolamento della fondamentale simbolica umana accresce la difficoltà ecclesiale al dialogo con il complesso mondo contemporaneo.
Nell'odierno contesto culturale è infatti sempre più difficile condividere uno stesso orizzonte di senso e una medesima prospettiva di valori etici ed umani. Il profondo travaglio culturale che inquieta, disorienta e, addirittura, addormenta le coscienze è stato indicato con la radicale ed estrema definizione di «post-umanesimo». Si ritiene che il complesso dell'intero fenomeno umano sia oggi messo radicalmente in discussione, con la riduzione progressiva dell'uomo a semplice vivente, e della vita, comprese le sue manifestazioni psichiche o spirituali più profonde, a mero sviluppo biochimico. Tale immaginario post-umano nega di fatto al vivere un senso ultimo ed una destinazione escatologica, dissolvendo la storicità di tempi e spazi simbolicamente organizzati in piatta temporalità di ciechi flussi vitalistici, leggibili all'interno di esclusive categorie biologiche6.
È oggi quanto mai necessario interrogarsi in profondità su ciò che già da tempo, e oggi con ritmi sempre più accelerati, sta accadendo, ritrovando un attento atteggiamento di ascolto che, a partire dalla Parola di Dio, ottenga uno sguardo nuovo e più profondo sull'oggi, non solo per acquisire l'ennesima analisi su una realtà sempre più inquietante e depressiva, ma per cogliere, con gli occhi illuminati della fede, i segni provvidenziali dell'azione di Dio, che non cessa di operare nella storia, per risignificarla incessantemente e per condurla tenacemente alla meta provvidenziale del suo compimento salvifico. La Lettera di Giacomo offre preziose indicazioni per comprendere nella luce di Dio quanto oggi viviamo. Il suo messaggio può essere ricapitolato in un tema centrale, dal quale si irradiano le altre riflessioni di carattere etico-sapienziale e teologico-esistenziale che attraversano l'intero scritto.

Cosa dicono le Scritture
Uno scritto breve, di epoca tarda, in apparenza disorganizzato e letterariamente affatto strutturato, dal tenore scarsamente teologico e dal tono piuttosto pratico, quasi moralistico, tanto da apparire addirittura ovvio e banale nel suo argomentare, la Lettera di Giacomo, per molto tempo trascurata nella considerazione delle Chiese, è oggi da più parti alquanto rivalutata. Testo probabilmente della terza generazione cristiana, che tenta di ricapitolare l'essenziale della fede nel Signore Gesù e dell'esistenza da essa ispirata, in un tempo in cui le chiese, forse ormai consolidate nella loro articolazione istituzionale e nel loro concreto vissuto, rischiavano tuttavia di esprimere una fede vuota, spiritualizzata e distante dai problemi reali, ispirata ad un sentire gnosticheggiante, che finisce col vanificare l'incarnazione in tutte le sue implicazioni non solo teologico-ecclesiali, ma anche etico-sociali. Confidenti nella loro adesione di fede e forti della conseguente appartenenza ad un'istituzione religiosa, le comunità destinatarie della Lettera potevano lasciarsi andare ad un cristianesimo disincarnato, ad una fede vuota, destinata a ridurre l'ascolto della parola a prassi devota e abitudinaria, a vanificare le concrete relazioni sociali e intraecc1esiali, sino ad imprigionare i soggetti in un agire cieco, indotto dalle passioni della carne e dalla bramosia delle ricchezze, con l'illusione di possedere il loro futuro, non aspettandosi più nulla da Dio. Il contesto di persecuzione in cui queste comunità si ritrovano a vivere è allora situazione addirittura provvidenziale per riaprire il cuore all'attesa, in una pazienza fiduciosa e ormai priva di sufficienza.
Con il suo apparente discostarsi dalla purezza del kerygma paolino della giustificazione per la sola fede e non per le opere della legge, la Lettera intende invece incoraggiare i credenti ad una fede sofferta e abbandonata, dalla quale potrà nascere una condotta concretamente ispirata alla vita di Colui che ha assunto la nostra carne per salvarla radicalmente, prendendosi cura anche materialmente dei suoi fratelli, dei quali non ha avuto alcuna vergogna. Un tempo esclusa dalle chiese riformate proprio per la sua propensione ad un cristianesimo delle opere e della concretezza della prassi suscitata dalla fede, oggi la Lettera di Giacomo viene riscoperta anche in ambito ecumenico. Uno studio storico-letterario più attento rivela l'ordito di una composizione più accurata di quanto si ritenesse, la cui particolare struttura veicola un contenuto etico-teologico profondo, di stile sapienziale, vicino alla sensibilità del Vangelo di Matteo, capace di indicare quanto è essenziale ad una fede adulta, all'interno di un itinerario di maturità cristiana.
Ad una lettura teologico-sapienziale la Lettera rivela una sorprendente attualità. Essa è segnata, dall'inizio alla fine, dall'invito all'attesa paziente del dono di Dio, pazienza fiduciosa nella quale consiste ogni autentica sapienza. La Sapienza di Dio è attitudine all'ascolto, atteggiamento eteronomo di chi non presume di sé, ma percepisce il proprio mancamento quale bisogno di relazioni autentiche con l'alterità. Contro ogni sufficienza generatrice di scoraggiamento o di cieca presunzione, Giacomo invita ad un rinnovato ascolto della parola, quale modalità concreta di povera attesa dell'Alterità a soccorrere la propria soggettiva debolezza. In un tempo di comunicazione senza relazione, nel quale la parola è usata come potere sull'altro o come gioco di infinita evasione, dispersiva della soggettività a dissolversi nei suoi ingannevoli bisogni e non come mezzo sinceramente comunionale e ponte di relazioni autentiche, la Lettera invita ad un ascolto accogliente della parola capace salvare le nostre anime.
Ad una fede ideologica e conformistica, imprigionata in sterili tradizioni rituali e incapace di generare una prassi viva e creativamente feconda, l'Epistola contrappone una fede viva e dinamica, riconoscibile in una condotta rinnovata nella giustizia e nell'amore, ad indicare al nostro tempo la via per un legame profondo tra interiorità e prassi, che impedisca tanto la mummificazione di un pensare ricurvo su se stesso quanto la meccanica compulsiva di una indotta dall'esterno, per mezzo di tecniche manipolatorie che derubano il soggetto della sua autonomia decisionale. Alla piattezza di un ottuso carpe diem portato all'immediatezza possessiva di un presente da godere o alla ricerca ansiosa della sicurezza del domani mediante i beni già oggi posseduti, Giacomo indica l'animo dilatato e il respiro paziente di un'attesa fiduciosa, alla quale è concesso il dono di una speranza creativa e di una visione del mondo alternativa, concessa solo a chi, confidando giorno per giorno nel proprio Dio, è capace di scommettere sulla forza della sua promessa di vita.
I temi principali toccati dalla Lettera sembrano pertanto illuminare le dinamiche fondamentali di alcuni fenomeni oggi così pervasivi: quello di una comunicazione senza relazione, nella luce del testo di 1,16-26, sul valore fondante dell'ascolto attento della parola; quello di una prassi compulsiva e priva di pensiero in ricerca responsabile, a fronte di un'interiorità oggi spenta e ripiegata, nella luce del testo di 2,14-26 sulla correlazione tra fede e opere; quello, infine, di un'antropologia dell'appagamento materiale per l'oggi insieme alla preoccupazione per il domani che spegne ogni immaginazione creativa e carica di attesa fiduciosa, nella luce del testo di 4,13-5,6, sulla falsità ingannevole degli istinti immediatamente possessivi e/o della volontà pianificatrice del proprio domani senza neppure poter sapere che cosa è in grado di generare l'oggi.



Note

1. Si veda su questo la riflessione di Bauman, a partire dal suo testo miliare: Z. Bauman, Modernità liquida (2000), tr. It., Laterza, Roma-Bari 2002.
2. Il riferimento è alle considerazioni di taglio fenomenologico di L. Zoja, La morte del prossimo, Einaudi, Torino 2009. Sulle trasformazioni relazionali operate in ogni ambito dalle politiche neoliberiste in direzione di una crescente solitudine si veda ancora Z. Bauman, La solitudine cittadino globale (1999), Feltrinelli, Milano 2000. Il tema dell'individualismo nell'impostazione delle democrazie occidentali è studiato da N. Urbinati, Individualismo democratico. Emerson, Dewey e la cultura politica americana, Donzelli editore, Roma 1997. L'autrice rileva in questo passaggio di secolo un riemergere delle dinamiche individualistiche, senza sufficienti correttivi etici, presenti nella società americana di fine Ottocento.
3. Un'efficace analisi descrittiva del potere miracolistico e insieme traumatico della comunicazione, nella sua costante evoluzione da oltre quarant'anni, è quella contenuta nel testo di M. Perniola, Miracoli e traumi della comunicazione, Einaudi, Torino 2009.
4. Il problema delle relazioni ecclesiali, con un esame della complessità dei rapporti nella società odierna è opportunamente trattato, da differenti punti di vista, in F. Scalia - G. Agostino Campanini, Le relazioni nella Chiesa. Per una comunità «A più voci», Àncora, Milano 1998.
5. Basti fare qui riferimento a P. Prini, Lo scisma Sommerso. Il messaggio cristiano, la società moderna e la chiesa cattolica, Garzanti, Milano 1999.
6. Sono significative al riguardo le pubblicazioni di P. Barcellona - F. Ciaramelli - R. Fai (edd.), Apocalisse e post-umano. Il crepuscolo della modernità, Dedalo, Bari 2007.



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