Enzo Bianchi
GESÙ, DIO-CON-NOI, COMPIMENTO DELLE SCRITTURE
Il vangelo festivo (Anno A)
Edizioni San Paolo, 2010
Anno A - 2 febbraio – Presentazione del Signore
• Malachia 3,1-4 • Ebrei 2,14-18 • Luca 2,22-40
• Malachia 3,1-4 • Ebrei 2,14-18 • Luca 2,22-40
L'INCONTRO CON IL SIGNORE GESÙ
Oggi tutte le chiese cristiane celebrano la Presentazione del Signore Gesù al tempio. Questa festa ci ricorda che quaranta giorni dopo la sua nascita, Gesù incontra nel tempio il Dio dei suoi padri, compie la prima offerta rituale attraverso i suoi genitori e viene accolto dal popolo dei credenti nelle persone di Simeone e Anna, due 'anawim, due poveri appartenenti a quel «resto di Israele» che confidava solo nel Signore (cfr. Sof 3,12) e attendeva la venuta del suo Messia.
Maria e Giuseppe, obbedienti alla Legge, conducono il piccolo Gesù al tempio di Gerusalemme «per presentarlo, per offrirlo al Signore». Essi offrono «il sacrificio dei poveri» - cioè una coppia di colombi invece di un agnello (cfr. Lv 5,7; 12,8), per loro troppo costoso - e così facendo adempiono le norme di purificazione previste dalla Torah. Ma questa obbedienza diviene ormai, per la presenza di Gesù, compimento della stessa Legge: presentato al tempio, egli «entra nel suo tempio come Signore» (cfr. Ml 3,1) e non viene riscattato mediante il pagamento di una somma di denaro, perché è lui stesso il riscatto, «la redenzione di Gerusalemme»; non viene santificato, come esigeva la Legge per ogni primogenito (cfr. Es 13,2.12), ma viene riconosciuto Santo, come già era stato proclamato per bocca dell'angelo nell'annuncio a Maria (cfr. Lc 1,35).
Simeone, «uomo giusto e timorato di Dio», al vedere Gesù comprende, sotto la guida dello Spirito santo, che la sua attesa è compiuta: ora può riunirsi ai suoi padri, può morire in una grande pace, perché i suoi occhi hanno contemplato in quel bambino la salvezza di Dio, colui che è «luce per la rivelazione alle genti e gloria del popolo di Israele». Questo incontro tra Gesù e Simeone, che accoglie il bambino tra le sue braccia, è carico di suggestioni e di molteplici significati: sono l'uno davanti all'altro un vecchio e un bambino, l'Antico e il Nuovo Testamento, la lunga attesa e il definitivo compimento. Di più, Simeone rivela anche a Maria che Gesù lungo tutta la sua vita sarà «un segno che viene contraddetto e che svela i pensieri profondi di molti cuori». Di fronte a Gesù, «venuto a portare sulla terra la divisione» (cfr. Lc 12,51), occorre prendere posizione; meglio, occorre decidere se accettare o rifiutare che sia egli a giudicare con la sua luce la nostra vita, a rischiarare le nostre tenebre...
Al tempio c'è anche Anna, un'anziana profetessa, vedova, che da molti anni vive lì, «servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere». Dopo essersi lungamente preparata con tutte le sue forze all'incontro decisivo con la salvezza di Dio, questa donna credente intuisce grazie all'intelligenza della fede che è finalmente arrivata l'ora del compimento atteso: e così, alla sera della sua vita, Anna loda il Dio fedele, che mantiene sempre le sue promesse, e annuncia il bambino quale Redentore e Salvatore. Nell'ottica dell'evangelista Luca, essa incarna già la missione del discepolo di Gesù Cristo, che annuncia a tutti coloro che incontra la liberazione, il riscatto da ogni forma di male e di schiavitù, la possibilità di un concreto mutamento delle vicende umane alla luce del Regno che viene (cfr. Lc 9,1-2).
Proprio in riferimento alle figure di Simeone e Anna, le chiese ortodosse chiamano la festa odierna «il santo incontro» (hypapánte) del Signore. Celebrando questa ricorrenza liturgica siamo dunque condotti a comprendere che, per incontrare in verità il Signore Gesù e riconoscere la sua qualità di Salvatore di tutti gli uomini, sono necessarie la povertà di spirito e l'attesa perseverante testimoniate da questi due anziani credenti. È richiesta la disponibilità a «offrire i propri corpi», cioè tutta la propria vita, «in sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (cfr. Rm 12,1): questo è il modo più efficace per esprimere il nostro desiderio dell'incontro definitivo, dopo la morte, con il Signore delle nostre vite.
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Maria e Giuseppe, obbedienti alla Legge, conducono il piccolo Gesù al tempio di Gerusalemme «per presentarlo, per offrirlo al Signore». Essi offrono «il sacrificio dei poveri» - cioè una coppia di colombi invece di un agnello (cfr. Lv 5,7; 12,8), per loro troppo costoso - e così facendo adempiono le norme di purificazione previste dalla Torah. Ma questa obbedienza diviene ormai, per la presenza di Gesù, compimento della stessa Legge: presentato al tempio, egli «entra nel suo tempio come Signore» (cfr. Ml 3,1) e non viene riscattato mediante il pagamento di una somma di denaro, perché è lui stesso il riscatto, «la redenzione di Gerusalemme»; non viene santificato, come esigeva la Legge per ogni primogenito (cfr. Es 13,2.12), ma viene riconosciuto Santo, come già era stato proclamato per bocca dell'angelo nell'annuncio a Maria (cfr. Lc 1,35).
Simeone, «uomo giusto e timorato di Dio», al vedere Gesù comprende, sotto la guida dello Spirito santo, che la sua attesa è compiuta: ora può riunirsi ai suoi padri, può morire in una grande pace, perché i suoi occhi hanno contemplato in quel bambino la salvezza di Dio, colui che è «luce per la rivelazione alle genti e gloria del popolo di Israele». Questo incontro tra Gesù e Simeone, che accoglie il bambino tra le sue braccia, è carico di suggestioni e di molteplici significati: sono l'uno davanti all'altro un vecchio e un bambino, l'Antico e il Nuovo Testamento, la lunga attesa e il definitivo compimento. Di più, Simeone rivela anche a Maria che Gesù lungo tutta la sua vita sarà «un segno che viene contraddetto e che svela i pensieri profondi di molti cuori». Di fronte a Gesù, «venuto a portare sulla terra la divisione» (cfr. Lc 12,51), occorre prendere posizione; meglio, occorre decidere se accettare o rifiutare che sia egli a giudicare con la sua luce la nostra vita, a rischiarare le nostre tenebre...
Al tempio c'è anche Anna, un'anziana profetessa, vedova, che da molti anni vive lì, «servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere». Dopo essersi lungamente preparata con tutte le sue forze all'incontro decisivo con la salvezza di Dio, questa donna credente intuisce grazie all'intelligenza della fede che è finalmente arrivata l'ora del compimento atteso: e così, alla sera della sua vita, Anna loda il Dio fedele, che mantiene sempre le sue promesse, e annuncia il bambino quale Redentore e Salvatore. Nell'ottica dell'evangelista Luca, essa incarna già la missione del discepolo di Gesù Cristo, che annuncia a tutti coloro che incontra la liberazione, il riscatto da ogni forma di male e di schiavitù, la possibilità di un concreto mutamento delle vicende umane alla luce del Regno che viene (cfr. Lc 9,1-2).
Proprio in riferimento alle figure di Simeone e Anna, le chiese ortodosse chiamano la festa odierna «il santo incontro» (hypapánte) del Signore. Celebrando questa ricorrenza liturgica siamo dunque condotti a comprendere che, per incontrare in verità il Signore Gesù e riconoscere la sua qualità di Salvatore di tutti gli uomini, sono necessarie la povertà di spirito e l'attesa perseverante testimoniate da questi due anziani credenti. È richiesta la disponibilità a «offrire i propri corpi», cioè tutta la propria vita, «in sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (cfr. Rm 12,1): questo è il modo più efficace per esprimere il nostro desiderio dell'incontro definitivo, dopo la morte, con il Signore delle nostre vite.
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