IV Domenica di Avvento (A)

ANNO A - 22 dicembre 2013
IV Domenica di Avvento

Is 7,10-14
Rm 1,1-7
Mt 1,18-24
GLI ANTEFATTI
DELLA NASCITA DI GESÙ

L'attesa del parto della Vergine connota la domenica antecedente il Natale, che focalizza gli antefatti della nascita di Gesù. Come Luca presenta l'annuncio a Maria, così Matteo contempla quella a Giuseppe. Secondo una modalità caratteristica di questo evangelista, la comunicazione avviene attraverso il sogno. Certo, non si preoccupa di chiarire come effettivamente sia avvenuta e come l'interlocutore sia riuscito a capire quanto gli viene proposto. Senza dubbio al centro dell'annuncio sta il fatto che Gesù nasce da Maria, donna ebrea, è profondamente inserito nella storia e appartiene al popolo ebraico. Inoltre questa nascita non è opera umana, ma dello Spirito Santo («Il bambino che è generato [passivo teologico] viene dallo Spirito Santo»). Paolo, a sua volta, nell'esordio della lettera ai Romani, afferma ancora più concretamente che Gesù è nato dal «seme di Davide secondo la carne». Insomma, l'identità di Gesù viene precisata, sottolineando primariamente la sua inserzione nella storia ed evidenziando a pieno titolo la sua umanità. Tale preoccupazione si situa nel contesto ecclesiale attuale, indicando espressamente dove la Chiesa può incontrare Gesù nel rispetto della sua identità. Esagerate tendenze "spiritualistiche" concentrano l'attenzione su un Cristo presente solo nella realtà liturgico-sacramentale, e non anche nella "corporeità" umana. L'oggi del Natale di Cristo, cantato dalla liturgia, è accorgersi e riconoscere apertamente, da parte delle Chiese, questa sua presenza nella storia, per onorarla e accoglierla. Egli, infatti, è il Dio con noi, pienamente partecipe della nostra umanità.

Giuseppe viene presentato come uomo giusto, nel senso biblico del termine, cioè disponibile a compiere totalmente il volere di Dio. E difatti, nonostante le incertezze del momento e l'incomprensibilità dei disegni divini, si fida totalmente di ciò che gli viene prospettato, fa come gli ordina l'angelo e prende con sé la sua sposa. La sua figura si staglia senza dubbio come emblema di fedeltà e di disponibilità. A livello letterario tutto è presto descritto, ma sul piano esistenziale si tratta di cambiare completamente vita. Al di là della peculiarità del frangente storico, la narrazione degli annunci evidenzia sempre il totale affidamento dello strumento umano alla prospettiva divina. Tutto questo, però, avviene in ambito strettamente familiare, nonostante la posta in gioco riguardi le sorti dell'umanità. E ciò sta a indicare che non sempre siamo in grado di valutare l'importanza e il valore degli avvenimenti, di cui siamo partecipi, anche nelle nostre situazioni quotidiane (vicende familiari, avvenire dei figli, situazioni economiche ingarbugliate...). Quella che viene chiamata "umiltà" sta appunto nel ritrarsi dello strumento umano, pur collaborando in quello che la vita richiede. La supponenza di molti, invece, anche a livello ecclesiale, induce a sovrapporsi all'azione divina con la presunzione di voler sindacare non solo l'operato altrui, ma anche quello "superiore". Quante persone si ritengono indispensabili, sicure di un potere che non vuole scendere a patti con niente e con nessuno.

Presentare la storia come compimento di un disegno precedentemente annunciato costituisce un'ulteriore caratteristica del vangelo di Matteo. Nella fattispecie, l'annuncio di Isaia, riferito a coordinate storiche di tutt'altra consistenza, viene qui contemplato come compiuto, allorché il Cristo, incarnandosi, diventa quell'Emmanuele che il profeta aveva prospettato, presentando il segno di Dio ad Acaz, in un momento assai critico della sua storia. I segni di Dio non sono vaghe promesse o pure ostentazioni di una forza che supera qualsiasi limite (i "miracoli"). Sono piuttosto espressione di una fedeltà che va consolidandosi e che ogni persona ha necessità di percepire, per sentirsi amata e consolidata nelle sue convinzioni. La logica del segno, in poche parole, è la concreta risposta di Dio all'invito a "non temere", che ritorna a iosa nel genere letterario degli annunci. Ancor più il nome programmatico Emmanuele, annunciato a Giuseppe, esprime già di per sé questa volontà divina di stare con l'uomo, a cominciare dall'incarnazione del Figlio. Ma continuerà senza fine anche oltre la storia, quando, sempre nel vangelo di Matteo, il Risorto, prima di staccarsi definitivamente dai suoi, garantisce loro: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Natale e Pasqua si congiungono così nella continuità della presenza del Signore, seppure in differenti modalità di attuazione.

Il clima ormai natalizio, che si respira nella Chiesa attraverso le invocazioni di Cristo (le antifone "O"), consolida la nostra attesa e quella dell'umanità relativamente alle incertezze degli avvenimenti, perché Dio susciti persone adeguate a compiere le istanze dell'umanità d'oggi. Allora, ogni assemblea eucaristica è davvero chiamata a rendere grazie al Padre e a dichiarare, in questa domenica, la propria volontà di collaborare, con la prontezza dello sposo di Maria, alla realizzazione dei grandi disegni divini sulla storia. Sicché la celebrazione natalizia, ormai prossima, che confermerà il volere di Cristo di essere l'Emmanuele, traduce e compie il desiderio di andargli incontro nell'obbedienza della fede.

VITA PASTORALE N. 10/2013
(commento di Gianni Cavagnoli, docente di teologia liturgica)

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