Enzo Bianchi
GESÙ, DIO-CON-NOI, COMPIMENTO DELLE SCRITTURE
Il vangelo festivo (Anno A)
Edizioni San Paolo, 2010
• Isaia 62,11-12 • Tito 3,4-7 • Luca 2,15-20
Nell'eucaristia della notte di Natale abbiamo celebrato il grande mistero dell'umanizzazione di Dio contemplando la nascita di Gesù da Maria a Betlemme, avvenimento rivelato dall'angelo ai pastori, i poveri di Israele (cfr. Lc 2,1-14). All'aurora, la chiesa ci chiede di concentrare la nostra attenzione su un'altra parte dello stesso mistero, narrata nel prosieguo di Lc 2: la visita dei pastori alla stalla, la loro contemplazione e il loro annuncio dell'evento-parola, cioè del bambino neonato.
Colpisce il fatto che i primi destinatari del grande annuncio della natività siano i pastori. Essi, infatti, costretti dal loro lavoro a una vita di nomadismo, per la cultura religiosa dell'epoca erano persone impure e quindi escluse dalla vita liturgica ufficiale: eppure proprio a questi poveri, emarginati e disprezzati va la predilezione di Dio, che li sceglie per fare la «sua» storia. Gli angeli si erano rivolti ai pastori proclamando: «Oggi nella città di David è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, deposto in una mangiatoia» (Lc 2,11-12). Questo segno così quotidiano e per nulla straordinario manifesta, a chi sa accoglierlo, che la gloria di Dio è una gloria scandalosa, ben diversa da quella che immaginiamo noi uomini: è la gloria dell'umiltà, dell'abbassamento...
I pastori sanno fare spazio in sé a questo annuncio paradossale. Appena gli angeli si sono allontanati per tornare al cielo, con una pronta obbedienza si mettono in cammino verso Betlemme per vedere l'evento-parola che il Signore ha fatto loro conoscere. «Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, deposto nella mangiatoia». Per la terza volta in pochi versetti (cfr. Lc 2,7.12) l'evangelista ripete il «segno», il nudo fatto che costituisce il centro del suo racconto e, più in profondità, il contenuto della salvezza rivelata da Dio: la realtà umanissima di un neonato in fasce, tra i suoi genitori. Ecco come si manifesta che Gesù è il Salvatore, il Messia, il Signore: in un bambino rifiutato già nel grembo di sua madre perché «non c'era posto per loro nel caravanserraglio» (Lc 2,7); in un neonato ancora in fasce, figura dell'impotenza e della dipendenza dagli altri che contraddistingue la nostra condizione umana; in un bambino deposto nel luogo dove mangiano gli animali. Proprio quel bambino è il racconto vivente della gloria di Dio cantata dagli angeli, un Dio da noi rifiutato, un Dio debole secondo i nostri giudizi, un Dio lontano dai luoghi di sfarzo, di lusso, di potere, che giace in una mangiatoia!
E dopo avere visto questa scena così ordinaria e paradossale nel contempo, i pastori diventano a loro volta annunciatori, «riferiscono ciò che del bambino era stato detto loro». Il testo dice letteralmente che essi «fanno conoscere» ciò che prima è stato «fatto conoscere loro»: dopo la visione ripetono l'annuncio già ricevuto. Ciò che aggiungono non si situa sul piano del contenuto, ma della loro esperienza di fede: ora sono coinvolti a livello esistenziale nell'annuncio, sicché diventano testimoni, non restano semplici spettatori di un fatto di cronaca. Ma questa è l'esperienza di fede che ciascuno di noi è chiamato a fare nella propria vita cristiana: un'esperienza che non è acquisizione di qualcosa di ulteriore rispetto all'annuncio a noi trasmesso, ma che ci rende annunciatori più convinti e affidabili del «Vangelo eterno» (Ap 14,6). In altre parole, come i pastori anche i credenti di ogni tempo possono dire di avere «ascoltato e visto, come era stato detto loro». E da questa consapevolezza discende, per i pastori e per tutti i cristiani, la lode, il rendimento di grazie a Dio per le meraviglie da lui operate.
Luca annota infine che «Maria custodiva tutti questi eventi-parole, meditandoli nel suo cuore». La sua è una fede pensata, un custodire attivo, che collega e confronta la parola di Dio con la realtà, cercando di comprendere la logica profonda di cose che possono sembrare slegate o addirittura in contrasto tra loro. Anche per lei, come per i pastori, non deve essere stato facile tenere insieme la grandezza dell'annuncio ricevuto dall'angelo (cfr. Lc 1,30-35) con la piccolezza degli eventi che sono sotto i suoi occhi. Ma anche Maria, come i pastori, è l'esempio del discepolo in ascolto e in cammino: un discepolo messo in cammino dalla rivelazione del modo sorprendente con cui Dio ha scelto di farsi uomo in Gesù, un discepolo che illumina e interpreta con la luce della fede ciò che ascolta, vede e vive.
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