Enzo Bianchi
GESÙ, DIO-CON-NOI, COMPIMENTO DELLE SCRITTURE
Il vangelo festivo (Anno A)
Edizioni San Paolo, 2010
• Isaia 60,1-6 • Efesini 3,2-3a.5-6 • Matteo 2,1-12
Dal Natale all'Epifania, dalla presenza alla manifestazione: questo il movimento che la liturgia della chiesa ci fa compiere.
A Betlemme Gesù è venuto al mondo da Maria, la vergine di Nazaret sposa di Giuseppe, e i pastori, accorsi all'annuncio dell'angelo, hanno contemplato «un bambino avvolto in fasce, deposto in una mangiatoia» (Lc 2,12.16). Gesù, il Salvatore, il Cristo Signore, è ormai una presenza in mezzo al suo popolo: nato a Betlemme è un discendente di David, è il Messia, al quale spetta il titolo di re dei giudei. Ma proprio il vangelo secondo Matteo, così radicato nell'ambiente giudaico, mette in evidenza che Gesù è anche colui che realizza la promessa fatta ad Abramo nella cui discendenza sarebbero state benedette tutte le genti della terra, tutta l'umanità (cfr. Gen 12,1-3): fin dalla sua nascita Gesù è cercato e riconosciuto dai pagani, dalle genti.
Dall'oriente, la terra della ricerca di Dio, alcuni sapienti, i Magi, vengono a Gerusalemme, la città santa dei giudei. Essi non appartengono alla discendenza di Abramo, non conoscono il Dio vero e vivente; pertanto non sono guidati dalla parola di Dio contenuta nella Legge e nei Profeti. Ma la loro ricerca di Dio, la loro lotta anti-idolatrica, il loro pensare, scrutare la natura, dà loro la possibilità di una lettura visionaria, che li porta a seguire il segno intravisto nella luce di una stella. Non sanno ancora che quella stella indica il Messia (cfr. Nm 24,17), ma per loro è sufficiente che essa tracci un cammino, apra un senso...
Obbedienti alla consapevolezza nata dalla loro ricerca, giungono dunque a Gerusalemme, pronti a interrogare la sapienza rivelata a Israele. Così, di fronte all'annuncio messianico abbiamo due atteggiamenti diversi: sommi sacerdoti e scribi, incaricati di interpretare le Scritture, rispondono conformemente alla parola di Dio - «Il Messia, il re dei giudei deve nascere a Betlemme» (cfr. Mi 5,1) - ma non le obbediscono e non accettano il compimento della profezia; i Magi invece, obbedienti prima alla loro ricerca di Dio e ormai anche alla rivelazione contenuta nelle Scritture, riprendono il cammino e giungono alla casa dove, entrati, «vedono il bambino con Maria sua madre». Anche loro, come i pastori, hanno davanti agli occhi una realtà semplice e umanissima, ma essa è manifestazione per i loro cuori che sanno ascoltare, è epifania che li riempie di gioia e provoca la loro adorazione: «Prostratisi, adorarono il bambino; poi gli offrirono in dono oro, incenso e mura».
Questa epifania, che attraverso i sapienti venuti dall'oriente raggiunge le genti pagane, non annulla la primogenitura di Israele, popolo cui spettano «la qualità di figli, le alleanze, le promesse e la provenienza del Messia» (cfr. Rm 9,4-5), ma mette anche in evidenza che quel bambino è donato come benedizione a tutta l'umanità. L'universalità della buona notizia del Vangelo è subito affermata, già al momento della nascita di Gesù, e la contemplazione dei Magi appare come una profezia che si compie nella storia della chiesa, quando il Vangelo raggiungerà tutte le genti e tutte le culture dei popoli, nella cui ricerca religiosa sono presenti «semi della parola di Dio, soffi di Spirito santo».
L'Epifania è allora la festa che proclama Gesù Messia destinato all'umanità, la quale a sua volta, se lo riconosce, partecipa all' eredità di Abramo: la benedizione di Dio. Ma in questa festa c'è un monito anche per noi cristiani: possiamo meditare assiduamente le Scritture, addirittura essere deputati a interpretarle, eppure restare nella cecità, quando non ascoltiamo la storia, quando non attendiamo nulla di nuovo; possiamo essere orgogliosi delle nostre certezze di fede, eppure non riconoscere che Dio è all'opera nel nostro oggi. Sì, a volte gli stranieri, gli «altri», prendono il nostro posto nel riconoscere la presenza di Dio e nel fare la sua volontà!
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