Enzo Bianchi
GESÙ, DIO-CON-NOI, COMPIMENTO DELLE SCRITTURE
Il vangelo festivo (Anno A)
Edizioni San Paolo, 2010
• Isaia 7,10-14 • Romani 1,1-7 • Matteo 1,18-24
L'annuncio della venuta nella gloria del Signore Gesù che domina il tempo di Avvento in questa quarta e ultima domenica diviene annuncio della sua venuta nella carne, dell'umanizzazione del Figlio di Dio che celebreremo nel Natale ormai prossimo: e l'annuncio che quest'anno ascoltiamo è rivolto a Giuseppe, «figlio di David», padre di Gesù secondo la Legge.
«Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito santo». Grazie a queste parole introduttive ci è fatto conoscere il mistero centrale della nostra fede: Gesù, nato da Maria, è il Figlio di Dio, generato nella potenza dello Spirito santo, è l'uomo che solo Dio ci poteva dare. Giuseppe però, che ancora non conosce questa rivelazione, si trova a fare i conti con una realtà enigmatica e dolorosa: la gravidanza inattesa della sua fidanzata mette in crisi la storia che egli stava progettando con lei. Di fronte a questo evento scandaloso Giuseppe non reagisce impulsivamente né sceglie di praticare in modo legalistico i comandamenti, ma si comporta da «uomo giusto», che nell'accezione biblica significa uomo capace di vivere nella giustizia, nella pace, nell'amore fraterno fino alla compassione e al perdono. Giuseppe ha un comportamento umanissimo: non ripudia Maria, non la espone alla vergogna e al disprezzo, ma decide di licenziarla in segreto: copre cioè quello che avrebbe potuto essere interpretato come peccato di Maria.
E mentre Giuseppe, uomo di fede, medita nel suo cuore su quanto gli sta accadendo, mentre dimora in quella condizione di silenzio che è spazio per il lavoro interiore e la preghiera, spazio per il dominio di sé e il discernimento nella fede, ecco un angelo, un messaggero del Signore che attualizza per lui in sogno la parola di Dio: «Giuseppe, figlio di David, non temere di prendere con te Maria tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito santo». La grande rivelazione è spiegata da una parola che interpreta e approfondisce l'annuncio: «Maria partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Il bambino che nascerà sarà dunque chiamato con un Nome che indica la sua totale appartenenza a Dio e, nello stesso tempo, la missione che egli porterà a compimento vivendo a servizio degli uomini suoi fratelli: Gesù, Jeshu'a, che significa «il Signore salva» e, quindi, Salvatore.
Lo scandalo si trasforma così per Giuseppe in rivelazione, l'evento di contraddizione in occasione di obbedienza puntuale a Dio: Giuseppe approfondisce la sua fede, giungendo a comprendere in prima persona che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). A questo punto l'evangelista può commentare: «Tutto ciò avvenne perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele" (Is 7,14), che significa Dio-con-noi». Sì, «alla pienezza dei tempi» (Gal 4,4), al compimento di tutte le promesse e le alleanze, Dio ha visitato il suo popolo in modo unico e irripetibile: si è fatto 'Immanu-El, Dio-con-noi, in Gesù, il Figlio della Vergine Maria, il Messia «nato dalla stirpe di David secondo la carne» (Rm 3,3).
«Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa». Questa conclusione laconica esprime tutta la grandezza di Giuseppe, che consiste nella sua fede-obbedienza: come Maria egli ha fatto totalmente spazio in sé alla volontà di Dio, accettando di compiere anche ciò che forse non comprendeva pienamente. Nessuna parola esce dalla sua bocca, eppure con il suo comportamento egli vive la buona notizia che più tardi sarà annunciata da Gesù Cristo, Figlio di Dio e secondo la Legge anche figlio suo: «Nulla è impossibile a chi crede» (cfr. Mt 17,20).
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