Enzo Bianchi
GESÙ, DIO-CON-NOI, COMPIMENTO DELLE SCRITTURE
Il vangelo festivo (Anno A)
Edizioni San Paolo, 2010
Introduzione
«In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia...» (Dei Verbum 1): così, oltre quarant'anni fa, si apriva la costituzione conciliare sulla Rivelazione. Nel 1967 il teologo Joseph Ratzinger scriveva a commento di questo testo: «È come se tutta la vita della chiesa si trovasse raccolta in questo ascolto da cui soltanto può procedere il suo atto di parola». Solo un'ecclesia audiens può essere ecclesia docens perché la Parola che la chiesa annuncia, anche e soprattutto nella predicazione liturgica, non è sua, ma di Dio.
Dio parla: questa è l'affermazione fondamentale che attraversa tutte le Sante Scritture, è la «cosa grande» (Dt 4,32) senza la quale non potremmo avere nessuna relazione personale con lui. Con assoluta decisione, con libera e gratuita iniziativa, Dio ha alzato il velo su di sé, ha scelto di uscire da sé e di auto-comunicarsi, si è rivelato agli uomini per entrare in relazione con loro e offrire loro i suoi doni meravigliosi, secondo la bella immagine usata da Ireneo di Lione.
E la storia del manifestarsi di Dio all'umanità trova il suo vertice in Gesù Cristo, Parola definitiva di Dio, Parola che comunica pienamente la volontà d'amore di Dio nei confronti di noi uomini. Lo esprime bene il passo con cui si apre la Lettera agli Ebrei, che riassume in modo contemplativo tutta la rivelazione biblica: «Dio, che aveva parlato nei tempi antichi molte volte e in molti modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi nel Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Il Figlio, che è irradiazione della gloria di Dio... sostiene tutto con la potenza della sua Parola» (Eb 1,1-3).
Affermare che Gesù è la Parola di Dio significa dire che egli ne è il volto, la narrazione, la rivelazione definitiva e ultima. Sì, tutto ciò che noi possiamo sapere e dire su Dio si trova in Gesù Cristo: «Dio nessuno l'ha mai visto, ma il Figlio unigenito lo ha raccontato» (cfr. Gv 1,18). Ormai la Parola, il Lógos che era presso Dio ed era Dio (cfr. Gv 1,1), si è fatta carne (cfr. Gv 1,14) nascendo da donna grazie allo Spirito santo; e tutta la vita di Gesù Cristo, dalla sua preesistenza nei cieli al suo «passare tra di noi facendo il bene» (cfr. At 10,38), fino alla sua morte, resurrezione, ascensione e parusia, è la Parola di Dio, è ciò che Dio vuole comunicare all'umanità.
Questo ci testimonia anche il vangelo secondo Matteo, che leggiamo nell'anno A, un vangelo particolarmente attento a mostrare come tutte le Scritture si compiano in Gesù Cristo. Lo fa insistendo sul compimento di precisi passi biblici negli eventi della vita di Gesù (cfr. Mt 1,22-23; 2,5-6.15.18, ecc.); lo fa organizzando la sua esposizione intorno ai cinque grandi discorsi pronunciati da Gesù, «nuovo Mosè»; lo fa tendendo un arco tra l'inizio e la fine della sua opera, con il quale mostra come Gesù sia l'Emmanuele, il Dio-con-noi (cfr. Mt 1,23), colui che è in mezzo a noi quando siamo riuniti nel suo Nome (cfr. Mt 18,20), colui che dopo la sua resurrezione «è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (cfr. Mt 28,20). Questa presenza del Signore Gesù è la nostra forza, forza che siamo chiamati ad attingere sempre di nuovo nella liturgia eucaristica domenicale.
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