Il diaconato in Italia n° 180
(maggio/giugno 2013)
CONTRIBUTO
Come una sinfonia. Ripensare l'ascolto a partire dal Verbo (II)
di Domenico Concolino
Completiamo la presentazione sull'identità teologica del Verbo riflettendo sui luoghi dove attingere e nutrirsi della Parola del Padre. Da questi luoghi proviene ogni carità che si riversa sui fratelli efficacemente.
I sette luoghi del Verbo
Seguendo il prologo di san Giovanni, scelto dal papa come ossatura dell'intera esortazione post-sinodale sulla Parola di Dio, troviamo alcune risposte. Abbiamo visto come il termine Parola, teologicamente inteso, unifica e armonizza gerarchicamente sensi differenti sotto lo stesso concetto. Ora approfondendo la linea aperta dalla Dei Verbum, Benedetto XVI nell'introduzione alla Verbum Domini esplicita ulteriormente la differenza tra l'identità teologica della Parola di Dio e la sua distinzione rispetto alla scrittura sacra. Il papa precisa un insieme di sette "luoghi" dove il Verbo di Dio si fa presente attestandosi1. Essi, diciamo subito, non vanno intesi separatamente come se ci fosse un luogo indipendente ed assoluto del Verbo di Dio che si opponesse ad una altro, ma al contrario, ogni luogo è inteso come gerarchicamente ordinato e comunicante con gli altri, al cui centro splende la Parola Unica del Padre, Parola umano divina che si dona a noi mediante lo Spirito e la Chiesa.
Ecco perciò i "luoghi": il Verbo eterno (il Lògos di Gv 1,1) generato dal Padre prima di tutti i secoli che è da sempre la Parola personale del Padre; il Verbo Incarnato, che come abbiamo visto è di fondamentale importanza per una teologia della parola in ambito cattolico; il Dio biblico infatti pur manifestandosi come assoluto nella sua santità e veridicità, avvicinandosi all'uomo, non distrugge né svilisce ciò che è autenticamente umano ma lo trasforma mediante l'opera dello Spirito Santo in vista della salvezza. Ciò vale, in particolare, per la parola umana. Ogni parola umana infatti diventa capace di comunicare Dio stesso proprio in virtù di questa azione assumente e trasformante di Dio.
C'è poi il Liber naturae, cioè quel particolare "libro" che soprattutto gli scienziati sono abilitati alla lettura. Questo libro è la creazione, intesa come opera di Dio e specchio della sua potenza e forza (cf. Rm 1,20); come insegna Galileo sulla base del pensiero di Sant'Agostino, essendo Dio autore sia della Bibbia che del mondo non esiste nessuna reale contraddizione tra i due libri. C'è ancora la storia della salvezza (historia salutis) testimoniata dalla Bibbia; la sacra Scrittura attestazione normativa della rivelazione (norma normans non normata), e finalmente la predicazione apostolica e profetica che permette alla parola di Dio di raggiungerei oggi all'interno del dinamismo della grande Tradizione della Chiesa (Verbum Domini, 7). Così il concetto di Parola di Dio riformulato in tal senso, cioè nel suo darsi sinfonico, implica sempre l'azione attiva e vivificante dello Spirito Santo e la Chiesa, ed apre al tempo stesso, il senso e lo spazio entro cui collocare la fede nel Dio di Gesù Cristo.
La fede guarda alla totalità di questa rivelazione di Dio corrispondendo senza omissioni alla sua Parola sinfonica. Essa è sempre un atto verso Dio che non solo ne afferma la sua esistenza ma si prolunga nell'accoglienza ossequiosa e riverente di tutti i "luoghi" in cui egli stesso si dona. Fede è un ascoltare oggi il Verbo sinfonico di Dio presente nell'eternità e nel tempo, nella Chiesa e nella creazione, nel ministero apostolico e profetico. Dio infatti non ha abbandonato la sua creazione, gettandola lontano da sé, ma al contrario la governa e la custodisce. Non si tratta più di una fede che si arresta nel dire: «Dio esiste» ma anche e soprattutto «Dio agisce», opera nel mondo con la sua presenza anche mediante la Chiesa. Paolo direbbe «ho fede in quel Dio in cui tutti viviamo, ci muoviamo, esistiamo» (cf. At 17,28)
Un tema dimenticato:l'efficacia della parola di Dio
Ma c'è un altro elemento da considerare prima di entrare in merito al senso ed al significato dell'ascolto di Dio nella sua Parola. La sacra Scrittura insegna inequivocabilmente l'efficacia intrinseca della parola di Dio2. È questo un tema comune sia alla riflessione protestante che a quella cattolica3. La Bibbia, in particolare nella letteratura profetica ci testimonia ovunque l'agire creativo di Dio mediante la sua Parola ed il suo Spirito4. Dio non solo viene riconosciuto come colui che dona la sua parola di verità sul mondo e sulla storia ma è creduto anche come colui che crea ogni cosa (visibile ed invisibile) non a partire da elementi persistenti ma solamente mediante la sua parola.
Questo aspetto è particolarmente vivo nelle prime parole della Genesi, dove l'opera dei sei giorni è scandita dall'atto creativo di Dio e questo accade attraverso la sua parola: Dio dice e le cose sono. Dio ordina e le cose passano dal nulla all'essere. La lettera agli Ebrei ci ricorda: «Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede» (Eb 11,3). Così se la parola è detta da Dio allora essa è creatrice. Il profeta Isaia con un'immagine molto eloquente ricorda questo aspetto: «Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata» (Is 55,10-11). La parola di Dio proprio perché è pronunciata da lui mediante apostoli e profeti, possiede sempre un effetto che noi chiamiamo comunemente "creativo" o "performativo". Anche nelle parole di Cristo troviamo affermata questa inaudita efficacia e potenza. Gesù opera conversioni, chiamate, miracoli e segni mediante la parola che esce dalla sua bocca, quella stessa parola che oggi è affidata alla Chiesa come sacramento e annuncio di salvezza. Tracce di questa visione la troviamo anche nell'attuale liturgia della Chiesa, i cristiani infatti si rifanno alla parola creatrice di Dio quando prima di ricevere il Corpo di Cristo ripetono: «Ma di' soltanto una parola ed io sarò salvato». Anche la parola di Dio affidata alla Chiesa nella predicazione apostolica, non è mai da intendere come semplice parola dell'uomo ma come Paolo afferma, essa è Vangelo: «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (cf. Rm 1,16)5.
Così in questa luce appare luminosa la missione della Chiesa. Chiamata dai padri Mysterium Lunae essa è segno e strumento della divina Parola affidata da Dio come Vangelo e come eucaristia. Gesù infatti ha promesso di essere presente lì dove la sua parola è annunciata nella luce e forza dello Spirito Santo, come vangelo, profezia e predicazione apostolica. La sua missione rimane perciò duplice. Da una parte, è chiamata a custodire senza aggiungere né togliere, la performatività della genuina parola di Dio donata al mondo. l'insegnamento di 1 Tess 2,13 è sintomatico a proposito: «Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete». Dall'altra non smette mai di riceverla ed ascoltarla (cf. DV 1), soprattutto nella liturgia, luogo privilegiato della attiva ed efficace presenza del Risorto (cf. SC 7).
Per una spiritualità dell'ascolto
Ascoltare chi? La prima domanda da porsi è quella nata al tempo della riforma che divise i cristiani dai protestanti, ma che surrettiziamente sopravvive ancora oggi: «La questione del modo preciso in cui la parola della rivelazione proclamata in Cristo rimane presente nella storia e raggiunge gli uomini è uno dei problemi fondamentali sui quali la cristianità occidentale si divise nel secolo della riforma»6. Abbiamo cercato di spiegare, come questa parola, è presente ed operante nella Chiesa in una forma stabile che è la scrittura ispirata intesa come norma normans non normata, ed in una forma viva che si esprime ordinariamente nella predicazione degli apostoli attraverso il loro carisma sicuro di verità (DV 8,3) come pure, in senso lato, attraverso la parola di ogni battezzato che vivendo in Cristo mediante la grazia dello Spirito e la sequela Christi la testimonia dicendola. Nel commento al salmo 74 Agostino d'Ippona vede in questa particolare parola del cristiano che vive nella fede in Cristo una crescita del Christus Totus: «Appena Cristo incomincia ad abitare nell'uomo interiore per mezzo della fede e, invocato, comincia a possedere colui che confessa, allora si incrementa il Cristo totale, capo e corpo, uno solo formato da molti. Ascoltate nel testo del salmo le parole di Cristo. Sembravano quasi non essere sue le parole: "A te confesseremo, o Dio, a te confesseremo e invocheremo il tuo nome". Qui però comincia ad udirsi la voce del capo. Ma, sia il capo a parlare o siano le membra, è sempre Cristo che parla: parla nella persona del capo, parla nella persona del corpo»7.
L'ascolto si dà a Dio e il suo messaggio è la strada unica che ci apre il passaggio alla sua vita divina. San Tommaso d'Aquino ci ricorda molto saggiamente che la fede è ascolto fiducioso ed obbediente dato a colui che parla. Colui che ascolta non arresta l'atto di fede all'enunciato ma poggiandosi su di esso raggiunge veramente la realtà che quelle parole significano: «L'atto [di fede] del credente non si ferma all'enunciato, ma raggiunge la realtà [enunciata]». La fede è perciò un atto dinamico, che coinvolge tutto l'uomo ma non si arresta (non termina) sulle nozioni ma perviene a Dio stesso. La fede è sempre un rapporto tra persone, come ricorda Walter Kasper: «La fede non si rapporta a motivi oggettivi, ma a una persona. È un atto personale di fiducia e crea un legame reciproco tra persone. Come atto personale abbraccia ragione e volontà nel loro originario essere-uniti nella persona dell'essere umano. È un atto dell'essere umano nella sua unità e totalità»8.
Ma, ora ci domandiamo, come si possono superare le vere e pur sempre necessarie nozioni per approdare alla persona del Verbo vivente? Come raggiungere l'incontro con il Risorto che la fede della Chiesa ci insegna a scoprire anzitutto nella liturgia? In realtà è il Signore stesso a stabilire la via per incontrarlo. Visto da un'altra angolatura, guardandolo cioè a partire da un'affermazione fatta da Gesù e contenuta nel vangelo di san Luca, possiamo gettare luce sul problema. Gesù afferma: «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato» (Lc 10,16).
Questa parola di Gesù, pronunciata nel contesto della prima missione affidata ai settantadue, implica una mediazione. Gesù parla attraverso i suoi discepoli. Questi realizzano la loro missione obbedendo al comando del divin Maestro. Inoltre ci troviamo davanti ad una mediazione costituita da autorevolezza e di contenuto. Ascoltare i discepoli significa ascoltare Gesù. Dio affida così la sua parola a uomini scelti da lui. Dio si affida all'uomo.
Tale affidamento diventa ancora più esplicito con la sua risurrezione, da Risorto Gesù garantisce la sua presenza custodiente di tutta la Chiesa, la quale è chiamata ad ammaestrare, battezzare ed insegnare: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20). Sia Agostino che Tommaso hanno precisato il senso teologico di questo essere con la Chiesa da parte del Risorto e la teologia successiva ne ha spiegato di sviluppare il significato soprattutto in riferimento alla predicazione ed alla sua efficacia nei cuori9. Dopo la risurrezione, la parola divina che è in se stessa assoluta trascendente ed eterna, diviene ordinariamente una parola affidata, parola ricevuta e donata nello Spirito Santo alla Chiesa, poiché è lo Spirito a darle efficacia (noi diremmo: è lo Spirito Santo ad operare il passaggio dalla parola informativa a quella performativa).
Ora, ritornando nel contesto narrativo di Lc 10, osserviamo come da una parte i suoi discepoli - i settantadue - sono certi di annunciare la parola ricevuta da Gesù e non sono affatto banditori di una loro idea su Dio, dall'altra, è Gesù stesso ad affermare che nella loro parola è Lui stesso ad essere presente: «Chi ascolta voi ascolta me». Solo in questo caso si comprenderebbe la grande responsabilità che il Maestro attribuisce a Corazin e Betsàida nel momento in cui ricevendo quest'annuncio lo rifiutano. Non ci .sarebbe stata davvero nessuna responsabilità se la parola ascoltata a Corazin e Betsàida fosse stata solo una raccolta di pensieri umani.
Così, allargando un poco la visuale, la Chiesa dopo la Pentecoste, vive come Corpo di Cristo la sua missione storica nella misura in cui si presta ad essere strumento di evangelizzazione e di salvezza per ogni uomo. Lungi dal considerarsi solamente come una grande agenzia di comunicazione di tipo religioso essa esiste invece come ministra del Vangelo10. Lontano da ogni possibile assolutizzazione e divinizzazione, la Chiesa trova la sua ragion d'essere sacramento del Verbo di Dio, ministra del Vangelo cioè del dono del Cristo vivente attraverso la parola ed i sacramenti11.
Era questa la grande intuizione che il card. Augustino Bea e l'allora Segretariato per l'Unità dei Cristiani, aveva espresso in un documento, in verità ancora poco studiato, redatto in vista della Dei Verbum, il De Verbo Dei. In quel documento il biblista Bea aveva tentato di far emergere come la «parola di Dio» prima che essere «materiale per il dogma» è in se stessa nutrimento e forza per ogni credente ed in particolare per ogni cristiano12. Così possiamo ora affermare che l'ascolto dato a Dio si trasforma immediatamente in ascolto della Chiesa, non nel senso che l'uomo si sostituisce a Dio ma nel senso che il messaggio evangelico è attinto attraverso tutta una serie di mediatori abilitati a questo compito a motivo del loro inserimento nel Corpo di Cristo per il Battesimo e l'Ordine sacro13. Sant'Agostino riferisce una bella immagine a proposito. Commentando nel vangelo di san Giovanni la relazione tra Giovanni Battista e Gesù Cristo egli afferma che Giovanni battista è Voce mentre Gesù è la Parola. Così la voce comunica il Verbo ma non coincide con esso. L'uomo, perciò, non è mai in se stesso fonte del Verbo ma piuttosto voce, mezzo, suo strumento personale.
Note
1. Si rimanda per questo approfondimento a: A. Sabetta, Scrittura e Tradizione. Analogia della Parola di Dio e orizzonte pneumatologico della "Tradizione viva" (Verbum Domini nn. 17-18), in P. Merlo - G. Pulcinelli (edd.), Verbum Domini. Studi e commenti sull'Esortazione apostolica postsinodale di Bendetto XVI, Lateran University Press, Città del Vaticano 2011, p. 83 -107.
2. Sulla natura di questa efficacia e la sua implicazione con la Chiesa vedi: D. Grasso, L'annuncio della salvezza. Teologia della predicazione, M. D'Auria Editore Pontificio, Napoli 1966, p. 277-290.
3. Su questo vedi: M. Fontana, La parola nella Chiesa. Fondazione trinitaria della sua efficacia, Soveria Mannelli, Rubbettino 2007.
4. Tuttavia è necessario una lettura teologica e dogmatica della sua definizione per non cadere in eccessi settari e unilaterali. Su questo vedi: Y. J-M. Congar, La Parola e il soffio, Boria, Roma 1985.
5. In Paolo il Vangelo come: "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1, 16), il Vangelo è da intendersi come lo strumento vivo della presenza attiva di Dio. Dire Vangelo è identicamente affermare una modalità di presenza di Dio in Gesù Cristo nello Spirito Santo. Su questo vedi: E. Palma, L'immagine di Dio. San Paolo ai cristiani di Roma, Cittadella Editrice, Assisi 2012, p. 23-27.
6. Benedetto XVI, Fede, Ragione, Verità e Amore. La teologia di joseph Ratzinger, Lindau, Torino 2009, p. 191.
7. Agostino, En. In Ps 74,4; Il testo completo è su Augustinus.it.
8. W. Kasper, Il vangelo di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 2012, p. 67.
9. Cf. M. Fontana, La parola nella Chiesa, op. cit., p. 66 - 84.
10. Tra i molti testi vedi: W. Kasper, Il Dogma sotto la parola di Dio, Queriniana, Brescia 1967, p. 99-114.
11. W. Kasper, Il vangelo di Gesù Cristo, op. cit., 211.
12. Il testo completo è in: AD 1/11, 813-831. Su questo vedi: R. Burigana, La Bibbia nel Concilio. La redazione della costituzione Dei Verbum del Vaticano II, Bologna 1998, p .41-58.
13. Per questo aspetto vedi: J. Ratzinger, Il nuovo popolo di Dio, Queriniana Brescia 1992, p. 115-131; G. Carrabetta (a cura di), Il Cristo Totale, Città Nuova Editrice, Roma 2012, p. 62 -64.
torna su
torna all'indice
home