Costituzione Pastorale "Gaudium et spes"
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo
7 dicembre 1965
Commento mediante il Catechismo della Chiesa Cattolica
PARTE II
ALCUNI PROBLEMI PIÙ URGENTI
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Capitolo IV
LA VITA DELLA COMUNITÀ POLITICA
La vita pubblica contemporanea (n. 73)
[73a] Profonde trasformazioni
[73b] La tutela dei diritti della persona
[73c] Assumere maggiori responsabilità
[73d] Diritti delle minoranze e di ha opinioni o credi diversi
[73e] Condanna per la mancanza di libertà religiosa
[73f] La vera natura della comunità politica
Natura e fine della comunità politica (n. 74)
[74a] Esigenza di una comunità più ampia
[74b] La comunità politica in funzione del bene comune
[74c] Necessità di una autorità che garantisca il bene comune
[74d] Fondamento dell'autorità politica
[74e] L'esercizio dei pubblici poteri per il bene comune
Collaborazione di tutti alla vita pubblica (n. 75)
[75a] Libera partecipazione dei cittadini alla vita pubblica
[75b] Risultati positivi nella vita politica frutto di un ordinamento giuridico positivo
[75c] Diritti e doveri di ogni cittadino per il bene comune
[75d] Sostegno dei governanti alle legittime aspettative dei gruppi sociali
[75e] Il danno che può derivare da una eccessiva attribuzione ai poteri pubblici
[75f] Interventi dei pubblici poteri nella complessità attuale
[75g] Limitazione dei diritti in vista del bene comune
[75h] Coltivare con magnanimità e lealtà l'amore verso la patria
[75i] Coscienza della personale vocazione nella comunità politica
[75l] Compiti dei partiti in vista del bene comune
[75m] Curare assidua per l'educazione civica e politica
La comunità politica e la Chiesa (n. 76)
[76a] Giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa
[76b] La Chiesa non è legata ad alcun sistema politico
[76c] Autonomia della comunità politica e della Chiesa nei propri ambiti
[76d] Vocazione eterna e non solo temporale della persona umana
[76e] Contributo della Chiesa nei settori dell'attività umana
[76f] Mezzi utilizzati nell'evangelizzazione e quelli proprio della città terrena
[76g] La Chiesa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall'autorità civile
[76h] Diritto della Chiesa a predicare la fede e la sua dottrina sociale
[76i] La presenza della Chiesa rafforza la pace tra gli uomini
_______________ Capitolo IVLa vita della comunità politica | |
n. 73 - La vita pubblica contemporanea
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[GS.73a] Ai nostri giorni si notano profonde trasformazioni anche nelle strutture e nelle istituzioni dei popoli; tali trasformazioni sono conseguenza della evoluzione culturale, economica e sociale dei popoli. Esse esercitano una grande influenza, soprattutto nel campo che riguarda i diritti e i doveri di tutti nell'esercizio della libertà civile e nel conseguimento del bene comune, come pure in ciò che si riferisce alla regolazione dei rapporti dei cittadini tra di loro e con i pubblici poteri. | (CCC 2255) È dovere dei cittadini collaborare con i poteri civili all'edificazione della società in uno spirito di verità, di giustizia, di solidarietà e di libertà. (CDS 377) Il popolo di Israele, nella fase iniziale della sua storia, non ha re, come gli altri popoli, perché riconosce soltanto la signoria di Jahve. È Dio che interviene nella storia attraverso uomini carismatici, come testimonia il Libro dei Giudici. All'ultimo di questi uomini, Samuele, profeta e giudice, il popolo chiederà un re (cfr. 1 Sam 8,5; 10,18-19). Samuele mette in guardia gli Israeliti circa le conseguenze di un esercizio dispotico della regalità (cfr. 1 Sam 8,11-18); il potere regale, tuttavia, può essere anche sperimentato come dono di Jahve che viene in soccorso del Suo popolo (cfr. 1 Sam 9,16). Alla fine, Saul riceverà l'unzione regale (cfr. 1 Sam 10,1- 2). La vicenda evidenzia le tensioni che portarono Israele ad una concezione della regalità diversa da quella dei popoli vicini: il re, scelto da Jahve (cfr. Dt 17,15; 1 Sam 9,16) e da Lui consacrato (cfr. 1 Sam 16,12-13), sarà visto come Suo figlio (cfr. Sal 2,7) e dovrà renderne visibile la signoria e il disegno di salvezza (cfr. Sal 72). Dovrà dunque farsi difensore dei deboli e assicurare al popolo la giustizia: le denunce dei profeti si appunteranno proprio sulle inadempienze dei re (cfr. 1 Re 21; Is 10,1-4; Am 2,6-8; 8,4-8; Mi 3,1-4). (Commento CCC dal Catechismo della Chiesa Cattolica e CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.73b] Da una coscienza più viva della dignità umana sorge, in diverse regioni del mondo, lo sforzo di instaurare un ordine politico-giuridico nel quale siano meglio tutelati nella vita pubblica i diritti della persona: ad esempio, il diritto di liberamente riunirsi, associarsi, esprimere le proprie opinioni e professare la religione in privato e in pubblico. La tutela, infatti dei diritti della persona è condizione necessaria perché i cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica. | (CCC 2254) La pubblica autorità è tenuta a rispettare i diritti fondamentali della persona umana e le condizioni per l'esercizio della sua libertà. (CDS 394) L'autorità politica deve garantire la vita ordinata e retta della comunità, senza sostituirsi alla libera attività dei singoli e dei gruppi, ma disciplinandola e orientandola, nel rispetto e nella tutela dell'indipendenza dei soggetti individuali e sociali, verso la realizzazione del bene comune. L'autorità politica è lo strumento di coordinamento e di direzione mediante il quale i singoli e i corpi intermedi si devono orientare verso un ordine le cui relazioni, istituzioni e procedure siano al servizio della crescita umana integrale. L'esercizio dell'autorità politica, infatti, «sia nella comunità come tale, sia negli organismi che rappresentano lo stato, deve sempre essere praticato entro i limiti dell'ordine morale, per procurare il bene comune — concepito però dinamicamente — secondo un ordinamento giuridico legittimamente definito o da definire. Allora i cittadini sono obbligati in coscienza ad obbedire» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 74: AAS 58 (1966) 1096). (Commento CCC dal Catechismo della Chiesa Cattolica e CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.73c] Assieme al progresso culturale, economico e sociale, si rafforza in molti il desiderio di assumere maggiori responsabilità nell'organizzare la vita della comunità politica. | (CDS 394) L'autorità politica deve garantire la vita ordinata e retta della comunità, senza sostituirsi alla libera attività dei singoli e dei gruppi, ma disciplinandola e orientandola, nel rispetto e nella tutela dell'indipendenza dei soggetti individuali e sociali, verso la realizzazione del bene comune. L'autorità politica è lo strumento di coordinamento e di direzione mediante il quale i singoli e i corpi intermedi si devono orientare verso un ordine le cui relazioni, istituzioni e procedure siano al servizio della crescita umana integrale. L'esercizio dell'autorità politica, infatti, «sia nella comunità come tale, sia negli organismi che rappresentano lo stato, deve sempre essere praticato entro i limiti dell'ordine morale, per procurare il bene comune — concepito però dinamicamente — secondo un ordinamento giuridico legittimamente definito o da definire. Allora i cittadini sono obbligati in coscienza ad obbedire» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 74: AAS 58 (1966) 1096). (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.73d] Nella coscienza di molti aumenta la preoccupazione di salvaguardare i diritti delle minoranze di una nazione, senza che queste dimentichino il loro dovere verso la comunità politica. Cresce inoltre il rispetto verso le persone che hanno altre opinioni o professano religioni diverse. Contemporaneamente si instaura una più larga collaborazione, tesa a garantire a tutti i cittadini, e non solo a pochi privilegiati, l'effettivo godimento dei diritti personali. | (CDS 34) La rivelazione in Cristo del mistero di Dio come Amore trinitario è insieme la rivelazione della vocazione della persona umana all'amore. Tale rivelazione illumina la dignità e la libertà personale dell'uomo e della donna e l'intrinseca socialità umana in tutta la loro profondità: «Essere persona a immagine e somiglianza di Dio comporta ... un esistere in relazione, in rapporto all'altro "io"» (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 7: AAS 80 (1988) 1664), perché Dio stesso, uno e trino, è comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Nella comunione d'amore che è Dio, nel quale le tre Persone divine si amano reciprocamente e sono l'Unico Dio, la persona umana è chiamata a scoprire l'origine e la meta della sua esistenza e della storia. I Padri Conciliari, nella Costituzione pastorale «Gaudium et spes», insegnano che «il Signore Gesù, quando prega il Padre "perché tutti siano una cosa sola... come noi" (Gv 17,21-22), prospettando mete impervie alla ragione umana, accenna ad una certa similitudine tra l'unione delle persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità. Questa similitudine manifesta che l'uomo, che è la sola creatura sulla terra che Dio abbia voluto per se stessa, non possa ritrovarsi pienamente se non nel dono sincero di sé (cfr. Lc 17,33)» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 24: AAS 58 (1966) 1045). (CDS 124) Facendo tesoro del mirabile messaggio biblico, la dottrina sociale della Chiesa si sofferma anzitutto sulle principali ed inscindibili dimensioni della persona umana, così da cogliere le più rilevanti sfaccettature del suo mistero e della sua dignità. Non sono infatti mancate in passato, e si affacciano ancora drammaticamente sullo scenario della storia attuale, molteplici concezioni riduttive, di carattere ideologico o dovute semplicemente a forme diffuse del costume e del pensiero, riguardanti la considerazione dell'uomo, della sua vita e dei suoi destini, accomunate dal tentativo di offuscarne l'immagine mediante la sottolineatura di una sola delle sue caratteristiche, a scapito di tutte le altre (Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 26-39: AAS 63 (1971) 420-428) (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.73e] Vengono condannate tutte quelle forme di regime politico, vigenti in alcune regioni, che impediscono la libertà civile o religiosa, moltiplicano le vittime delle passioni e dei crimini politici e distorcono l'esercizio dell'autorità dal bene comune per farlo servire all'interesse di una fazione o degli stessi governanti. | (CDS 200) Il valore della libertà, in quanto espressione della singolarità di ogni persona umana, viene rispettato quando a ciascun membro della società è consentito di realizzare la propria personale vocazione; cercare la verità e professare le proprie idee religiose, culturali e politiche; esprimere le proprie opinioni; decidere il proprio stato di vita e, per quanto possibile, il proprio lavoro; assumere iniziative di carattere economico, sociale e politico. Ciò deve avvenire entro un «solido contesto giuridico» (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 42: AAS 83 (1991) 846. L'affermazione concerne l'iniziativa economica, tuttavia sembra correttamente estensibile anche agli altri ambiti dell'agire personale.), nei limiti del bene comune e dell'ordine pubblico e, in ogni caso, all'insegna della responsabilità. La libertà deve esplicarsi, d'altra parte, anche come capacità di rifiuto di ciò che è moralmente negativo, sotto qualunque forma si presenti (Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 17: AAS 83 (1991) 814-815), come capacità di effettivo distacco da tutto ciò che può ostacolare la crescita personale, familiare e sociale. La pienezza della libertà consiste nella capacità di disporre di sé in vista dell'autentico bene, entro l'orizzonte del bene comune universale (Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 289-290). (CDS 379) Gesù rifiuta il potere oppressivo e dispotico dei capi sulle Nazioni (cfr. Mc 10,42) e la loro pretesa di farsi chiamare benefattori (cfr. Lc 22,25), ma non contesta mai direttamente le autorità del Suo tempo. Nella diatriba sul tributo da dare a Cesare (cfr. Mc 12,13-17; Mt 22,15-22; Lc 20,20-26), Egli afferma che occorre dare a Dio quello che è di Dio, condannando implicitamente ogni tentativo di divinizzazione e di assolutizzazione del potere temporale: solo Dio può esigere tutto dall'uomo. Nello stesso tempo, il potere temporale ha diritto a ciò che gli è dovuto: Gesù non considera ingiusto il tributo a Cesare. Gesù, il Messia promesso, ha combattuto e sconfitto la tentazione di un messianismo politico, caratterizzato dal dominio sulle Nazioni (cfr. Mt 4,8- 11; Lc 4,5-8). Egli è il Figlio dell'uomo venuto «per servire e dare la propria vita» (Mc 10,45; cfr. Mt 20,24-28; Lc 22,24-27). Ai Suoi discepoli che discutono su chi sia il più grande, il Signore insegna a farsi ultimi e a servire tutti (cfr. Mc 9,33-35), indicando ai figli di Zebedèo, Giacomo e Giovanni, che ambiscono a sedersi alla Sua destra, il cammino della croce (cfr. Mc 10,35-40; Mt 20,20-23). (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.73f] Per instaurare una vita politica veramente umana non c'è niente di meglio che coltivare il senso interiore della giustizia, dell'amore e del servizio al bene comune e rafforzare le convinzioni fondamentali sulla vera natura della comunità politica e sul fine, sul buon esercizio e sui limiti di competenza dell'autorità pubblica. | (CDS 291) I problemi dell'occupazione chiamano in causa le responsabilità dello Stato, al quale compete il dovere di promuovere politiche attive del lavoro, cioè tali da favorire la creazione di opportunità lavorative all'interno del territorio nazionale, incentivando a questo scopo il mondo produttivo. Il dovere dello Stato non consiste tanto nell'assicurare direttamente il diritto al lavoro di tutti i cittadini, irreggimentando l'intera vita economica e mortificando la libera iniziativa dei singoli, quanto piuttosto nell'«assecondare l'attività delle imprese, creando condizioni che assicurino occasioni di lavoro, stimolandola ove essa risulti insufficiente o sostenendola nei momenti di crisi» (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 853). (CDS 202) La giustizia risulta particolarmente importante nel contesto attuale, in cui il valore della persona, della sua dignità e dei suoi diritti, al di là delle proclamazioni d'intenti, è seriamente minacciato dalla diffusa tendenza a ricorrere esclusivamente ai criteri dell'utilità e dell'avere. Anche la giustizia, sulla base di tali criteri, viene considerata in modo riduttivo, mentre acquista un più pieno e autentico significato nell'antropologia cristiana. La giustizia, infatti, non è una semplice convenzione umana, perché quello che è «giusto» non è originariamente determinato dalla legge, ma dall'identità profonda dell'essere umano (Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 40: AAS 80 (1988) 568; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1929). (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
n. 74 - Natura e fine della comunità politica
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[GS.74a] Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi che formano la comunità civile sono consapevoli di non essere in grado, da soli, di costruire una vita capace di rispondere pienamente alle esigenze della natura umana e avvertono la necessità di una comunità più ampia, nella quale tutti rechino quotidianamente il contributo delle proprie capacità, allo scopo di raggiungere sempre meglio il bene comune (156). Per questo essi costituiscono, secondo vari tipi istituzionali, una comunità politica. (156) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), p. 417. | (CDS 384) La persona umana è fondamento e fine della convivenza politica. (775). Dotata di razionalità, essa è responsabile delle proprie scelte e capace di perseguire progetti che danno senso alla sua vita, a livello individuale e sociale. L'apertura verso la Trascendenza e verso gli altri è il tratto che la caratterizza e contraddistingue: soltanto in rapporto con la Trascendenza e con gli altri, la persona umana raggiunge la piena e completa realizzazione di sé. Questo significa che per l'uomo, creatura naturalmente sociale e politica, «la vita sociale non è qualcosa di accessorio» (776), bensì un'essenziale ed ineliminabile dimensione. La comunità politica scaturisce dalla natura delle persone, la cui coscienza «rivela e ordina perentoriamente di seguire» (777) l'ordine scolpito da Dio in tutte le Sue creature: «un ordine etico-religioso, il quale incide più di ogni altro valore materiale sugli indirizzi e le soluzioni da dare ai problemi della vita individuale ed associata nell'interno delle comunità nazionali e nei rapporti tra esse» (778). Tale ordine deve essere gradualmente scoperto e sviluppato dall'umanità. La comunità politica, realtà connaturale agli uomini, esiste per ottenere un fine altrimenti irraggiungibile: la crescita più piena di ciascuno dei suoi membri, chiamati a collaborare stabilmente per realizzare il bene comune (779), sotto la spinta della loro tensione naturale verso il vero e verso il bene. (775) Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 25: AAS 58 (1966) 1045-1046; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1881; Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 3, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2002, p. 8). (776) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 25: AAS 58 (1966) 1045. (777) Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 258. (778) Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 450. (779) Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 74: AAS 58 (1966) 1095-1097. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.74b] La comunità politica esiste dunque in funzione di quel bene comune, nel quale essa trova significato e piena giustificazione e che costituisce la base originaria del suo diritto all'esistenza. Il bene comune si concreta nell'insieme di quelle condizioni di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani, alle famiglie e alle associazioni il conseguimento più pieno della loro perfezione (157). (157) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), p. 417. | (CDS 160) I principi permanenti della dottrina sociale della Chiesa (341) costituiscono i veri e propri cardini dell'insegnamento sociale cattolico: si tratta del principio della dignità della persona umana — già trattato nel capitolo precedente — nel quale ogni altro principio e contenuto della dottrina sociale trova fondamento (342), del bene comune, della sussidiarietà e della solidarietà. Tali principi, espressione dell'intera verità sull'uomo conosciuta tramite la ragione e la fede, scaturiscono «dall'incontro del messaggio evangelico e delle sue esigenze, che si riassumono nel comandamento supremo dell'amore di Dio e del prossimo e nella giustizia, con i problemi derivanti dalla vita della società» (343). La Chiesa, nel corso della storia e alla luce dello Spirito, riflettendo sapientemente all'interno della propria tradizione di fede, ha potuto dare a tali principi fondazione e configurazione sempre più accurate, enucleandoli progressivamente, nello sforzo di rispondere con coerenza alle esigenze dei tempi e ai continui sviluppi della vita sociale. (341) Cfr. Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 29-42, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, pp. 35-43. (342) Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 453. (343) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 72: AAS 79 (1987) 585. (CDS 164) Dalla dignità, unità e uguaglianza di tutte le persone deriva innanzi tutto il principio del bene comune, al quale ogni aspetto della vita sociale deve riferirsi per trovare pienezza di senso. Secondo una prima e vasta accezione, per bene comune s'intende «l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente» Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro. Come l'agire morale del singolo si realizza nel compiere il bene, così l'agire sociale giunge a pienezza realizzando il bene comune. Il bene comune, infatti, può essere inteso come la dimensione sociale e comunitaria del bene morale (346). (346) (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58 (1966) 1046; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1905- 1912; Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 417-421; Id., Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 272-273; Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 46: AAS 63 (1971) 433-435). (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.74c] Ma nella comunità politica si riuniscono insieme uomini numerosi e differenti, che legittimamente possono indirizzarsi verso decisioni diverse. Affinché la comunità politica non venga rovinata dal divergere di ciascuno verso la propria opinione, è necessaria un'autorità capace di dirigere le energie di tutti i cittadini verso il bene comune, non in forma meccanica o dispotica, ma prima di tutto come forza morale che si appoggia sulla libertà e sul senso di responsabilità. | (CDS 383) La Chiesa annuncia che Cristo, vincitore della morte, regna sull'universo che Egli stesso ha riscattato. Il Suo regno si estende anche nel tempo presente e finirà soltanto quando tutto sarà consegnato al Padre e la storia umana si compirà con il giudizio finale (cfr. 1Cor 15,20-28). Cristo svela all'autorità umana, sempre tentata dal dominio, il suo significato autentico e compiuto di servizio. Dio è Padre unico e Cristo unico maestro per tutti gli uomini, che sono fratelli. La sovranità appartiene a Dio. Il Signore, tuttavia, «non ha voluto riservare solo a sé l'esercizio di tutti i poteri. Egli assegna ad ogni creatura le funzioni che essa è in grado di esercitare, secondo le capacità proprie della sua natura. Questo modo di governare deve essere imitato nella vita sociale. Il comportamento di Dio nel governo del mondo, che testimonia un profondissimo rispetto per la libertà umana, dovrebbe ispirare la saggezza di coloro che governano le comunità umane. Costoro devono comportarsi come ministri della provvidenza divina» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1884). Il messaggio biblico ispira incessantemente il pensiero cristiano sul potere politico, ricordando che esso scaturisce da Dio ed è parte integrante dell'ordine da Lui creato. Tale ordine è percepito dalle coscienze e si realizza, nella vita sociale, mediante la verità, la giustizia, la libertà e la solidarietà che procurano la pace (Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 266-267. 281-291. 301-302; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 39: AAS 80 (1988) 566-568). (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.74d] È dunque evidente che la comunità politica e l'autorità pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò appartengono all'ordine fissato da Dio, anche se la determinazione dei regimi politici e la designazione dei governanti sono lasciate alla libera decisione dei cittadini (158). Ne segue parimenti che l'esercizio dell'autorità politica, sia da parte della comunità come tale, sia da parte degli organismi che rappresentano lo Stato, deve sempre svolgersi nell'ambito dell'ordine morale, per il conseguimento del bene comune (ma concepito in forma dinamica), secondo le norme di un ordine giuridico già definito o da definire. Allora i cittadini sono obbligati in coscienza ad obbedire (159). Da ciò risulta chiaramente la responsabilità, la dignità e 1 importanza del ruolo di coloro che governano. (158) Cf. Rm 13,1-5. (159) Cf. Rm 13,5. | (CDS 381) La preghiera per i governanti, raccomandata da san Paolo durante le persecuzioni, indica esplicitamente ciò che l'autorità politica deve garantire: una vita calma e tranquilla, da trascorrere con tutta pietà e dignità (cfr. 1Tm 2,1-2). I cristiani devono «essere pronti per ogni opera buona» (Tt 3,1), «mostrando ogni dolcezza verso tutti gli uomini» (Tt 3,2), consapevoli di essere stati salvati non per le loro opere, ma per la misericordia di Dio. Senza «un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso [da Dio] su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro» (Tt 3,5-6), tutti gli uomini sono «insensati, disobbedienti, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, [vivono] nella malvagità e nell'invidia, degni di odio e [odiandosi] a vicenda» (Tt 3,3). Non si deve dimenticare la miseria della condizione umana, segnata dal peccato e riscattata dall'amore di Dio. (CDS 382) Quando il potere umano esce dai limiti dell'ordine voluto da Dio, si autodivinizza e chiede l'assoluta sottomissione; diventa allora la Bestia dell'Apocalisse, immagine del potere imperiale persecutore, ebbro «del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù» (Ap 17,6). La Bestia ha al suo servizio il «falso profeta» (Ap 19,20), che spinge gli uomini ad adorarla con portenti che seducono. Questa visione addita profeticamente tutte le insidie usate da Satana per governare gli uomini, insinuandosi nel loro spirito con la menzogna. Ma Cristo è l'Agnello Vincitore di ogni potere che si assolutizza, nel corso della storia umana. Di fronte a tale potere, san Giovanni raccomanda la resistenza dei martiri: in questo modo i credenti testimoniano che il potere corrotto e satanico è vinto, perché non ha più nessun ascendente su di loro. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.74e] Dove i cittadini sono oppressi da un'autorità pubblica che va al di là delle sue competenze, essi non rifiutino ciò che è oggettivamente richiesto dal bene comune; sia però lecito difendere i diritti propri e dei concittadini contro gli abusi dell'autorità, nel rispetto dei limiti dettati dalla legge naturale e dal Vangelo. Le modalità concrete con le quali la comunità politica organizza le proprie strutture e l'equilibrio dei pubblici poteri possono variare, secondo l'indole dei diversi popoli e il cammino della storia; ma sempre devono mirare alla formazione di un uomo educato, pacifico e benevolo verso tutti, per il vantaggio di tutta la famiglia umana. | (CDS 380) La sottomissione, non passiva, ma per ragioni di coscienza (cfr. Rm 13,5), al potere costituito risponde all'ordine stabilito da Dio. San Paolo definisce i rapporti e i doveri dei cristiani verso le autorità (cfr. Rm 13,1- 7). Insiste sul dovere civico di pagare i tributi: «Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse, le tasse; a chi il timore, il timore; a chi il rispetto, il rispetto» (Rm 13,7). L'Apostolo non intende certo legittimare ogni potere, quanto piuttosto aiutare i cristiani a «compiere il bene davanti a tutti gli uomini» (Rm 12,17), anche nei rapporti con l'autorità, in quanto essa è al servizio di Dio per il bene della persona (cfr. Rm 13,4; 1Tm 2,1-2; Tt 3,1) e «per la giusta condanna di chi opera il male» (Rm 13,4). San Pietro esorta i cristiani a stare «sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore» (1Pt 2,13). Il re e i suoi governatori hanno il compito di «punire i malfattori e premiare i buoni» (1 Pt 2,14). La loro autorità deve essere «onorata» (cfr. 1 Pt 2,17), cioè riconosciuta, perché Dio esige un comportamento retto, che chiuda «la bocca all'ignoranza degli stolti» (1Pt 2,15). La libertà non può essere usata per coprire la propria malizia, ma per servire Dio (cfr. ib.). Si tratta allora di un'obbedienza libera e responsabile ad un'autorità che fa rispettare la giustizia, assicurando il bene comune. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
n. 75 - Collaborazione di tutti alla vita pubblica
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[GS.75a] È pienamente conforme alla natura umana che si trovino strutture giuridico-politiche che sempre meglio offrano a tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione, la possibilità effettiva di partecipare liberamente e attivamente sia alla elaborazione dei fondamenti giuridici della comunità politica, sia al governo degli affari pubblici, sia alla determinazione del campo d'azione e dei limiti dei differenti organismi, sia alla elezione dei governanti (160). Si ricordino perciò tutti i cittadini del diritto, che è anche dovere, di usare del proprio libero voto per la promozione del bene comune (161). (160) Cf. PIO XII, Messaggio radiof., 24 dic. 1942: Con sempre nuova freschezza AAS 35 (1943), pp. 9-24; 24 dic. 1944: AAS 37 (1945), pp. 11-17; GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris: AAS 55 (1963), pp. 263 [Dz 3968], 271, 277-278. (161) Cf. PIO XII, Messaggio radiof. 1° giu. 1941: AAS 33 (1941), p. 200; GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris: AAS l.c., pp. 273-274 [in parte Dz 3984-85]. | (CDS 406) Un giudizio esplicito e articolato sulla democrazia è contenuto nell'enciclica «Centesimus annus»: «La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno. Essa, pertanto, non può favorire la formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il potere dello Stato. Un'autentica democrazia è possibile soltanto in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l'educazione e la formazione ai veri ideali, sia della "soggettività" della società mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità» (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 46: AAS 83 (1991) 850). (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.75b] La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l'opera di coloro che, per servire gli uomini, si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità. Affinché la collaborazione di cittadini responsabili possa ottenere felici risultati nella vita politica quotidiana, si richiede un ordinamento giuridico positivo, che organizzi una opportuna ripartizione delle funzioni e degli organi del potere, insieme ad una protezione efficace dei diritti, indipendente da chiunque. | (CDS 410) Coloro che hanno responsabilità politiche non devono dimenticare o sottovalutare la dimensione morale della rappresentanza, che consiste nell'impegno di condividere le sorti del popolo e nel cercare la soluzione dei problemi sociali. In questa prospettiva, autorità responsabile significa anche autorità esercitata mediante il ricorso alle virtù che favoriscono la pratica del potere con spirito di servizio (Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 42: AAS 81 (1989) 472-476) (pazienza, modestia, moderazione, carità, sforzo di condivisione); un'autorità esercitata da persone in grado di assumere autenticamente come finalità del proprio operare il bene comune e non il prestigio o l'acquisizione di vantaggi personali. (CDS 412) La pubblica amministrazione, a qualsiasi livello — nazionale, regionale, comunale —, quale strumento dello Stato, ha come finalità quella di servire i cittadini: «Posto al servizio dei cittadini, lo Stato è il gestore del bene del popolo, che deve amministrare in vista del bene comune» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, 5: AAS 90 (1998) 152). Contrasta con questa prospettiva l'eccesso di burocratizzazione, che si verifica quando «le istituzioni, diventando complesse nell'organizzazione e pretendendo di gestire ogni spazio disponibile, finiscono per essere rovinate dal funzionalismo impersonale, dall'esagerata burocrazia, dagli ingiusti interessi privati, dal disimpegno facile e generalizzato» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 41: AAS 81 (1989) 471-472). Il ruolo di chi lavora nella pubblica amministrazione non va concepito come qualcosa di impersonale e di burocratico, bensì come un aiuto premuroso per i cittadini, esercitato con spirito di servizio. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.75c] I diritti delle persone, delle famiglie e dei gruppi e il loro esercizio devono essere riconosciuti, rispettati e promossi non meno dei doveri ai quali ogni cittadino è tenuto. Tra questi ultimi non sarà inutile ricordare il dovere di apportare allo Stato i servizi, materiali e personali, richiesti dal bene comune. | (CDS 407) Un'autentica democrazia non è solo il risultato di un rispetto formale di regole, ma è il frutto della convinta accettazione dei valori che ispirano le procedure democratiche: la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei diritti dell'uomo, l'assunzione del «bene comune» come fine e criterio regolativo della vita politica. Se non vi è un consenso generale su tali valori, si smarrisce il significato della democrazia e si compromette la sua stabilità. La dottrina sociale individua uno dei rischi maggiori per le attuali democrazie nel relativismo etico, che induce a ritenere inesistente un criterio oggettivo e universale per stabilire il fondamento e la corretta gerarchia dei valori: «Oggi si tende ad affermare che l'agnosticismo e il relativismo scettico sono la filosofia e l'atteggiamento fondamentale rispondenti alle forme politiche democratiche, e che quanti sono convinti di conoscere la verità e aderiscono con fermezza ad essa non sono affidabili dal punto di vista democratico, perché non accettano che la verità sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici. A questo proposito, bisogna osservare che, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l'azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia» (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 46: AAS 83 (1991) 850). La democrazia è fondamentalmente «un "ordinamento" e, come tale, uno strumento e non un fine. Il suo carattere "morale" non è automatico, ma dipende dalla conformità alla legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare: dipende cioè dalla moralità dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve» (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 70: AAS 87 (1995) 482). (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.75d] Si guardino i governanti dall'ostacolare i gruppi familiari, sociali o culturali, i corpi o istituti intermedi, né li privino delle loro legittime ed efficaci attività, che al contrario devono volentieri e ordinatamente favorire. | (CDS 213) La famiglia, comunità naturale in cui si esperimenta la socialità umana, contribuisce in modo unico e insostituibile al bene della società. La comunità familiare, infatti, nasce dalla comunione delle persone: «La "comunione" riguarda la relazione personale tra l'"io" e il "tu". La "comunità" invece supera questo schema nella direzione di una "società", di un "noi". La famiglia, comunità di persone, è pertanto la prima "società" umana» (Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 7: AAS 86 (1994) 875; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2206). Una società a misura di famiglia è la migliore garanzia contro ogni deriva di tipo individualista o collettivista, perché in essa la persona è sempre al centro dell'attenzione in quanto fine e mai come mezzo. È del tutto evidente che il bene delle persone e il buon funzionamento della società sono strettamente connessi «con una felice collocazione della comunità coniugale e familiare» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 47: AAS 58 (1966) 1067; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2210). Senza famiglie forti nella comunione e stabili nell'impegno, i popoli si indeboliscono. Nella famiglia vengono inculcati fin dai primi anni di vita i valori morali, si trasmette il patrimonio spirituale della comunità religiosa e quello culturale della Nazione. In essa si fa l'apprendistato delle responsabilità sociali e della solidarietà (Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2224). (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.75e] Quanto ai cittadini, individualmente o in gruppo, evitino di attribuire un potere eccessivo all'autorità pubblica, né chiedano inopportunamente ad essa troppi servizi e troppi vantaggi, col rischio di diminuire così la responsabilità delle persone, delle famiglie e dei gruppi sociali. | (CDS 408) Il Magistero riconosce la validità del principio relativo alla divisione dei poteri in uno Stato: «È preferibile che ogni potere sia bilanciato da altri poteri e da altre sfere di competenza, che lo mantengano nel suo giusto limite. È, questo, il principio dello "Stato di diritto", nel quale è sovrana la legge, e non la volontà arbitraria degli uomini» (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 44: AAS 83 (1991) 848). Nel sistema democratico, l'autorità politica è responsabile di fronte al popolo. Gli organismi rappresentativi devono essere sottoposti ad un effettivo controllo da parte del corpo sociale. Questo controllo è possibile innanzi tutto tramite libere elezioni, che permettono la scelta nonché la sostituzione dei rappresentanti. L'obbligo, da parte degli eletti, di rendere conto del loro operato, garantito dal rispetto delle scadenze elettorali, è elemento costitutivo della rappresentanza democratica. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.75f] Ai tempi nostri, la complessità dei problemi obbliga i pubblici poteri ad intervenire più frequentemente in materia sociale, economica e culturale, per determinare le condizioni più favorevoli che permettano ai cittadini e ai gruppi di perseguire più efficacemente, nella libertà, il bene completo dell'uomo. Il rapporto tra la socializzazione (162) l'autonomia e lo sviluppo della persona può essere concepito in modo differente nelle diverse regioni del mondo e in base alla evoluzione dei popoli. (162) Cf. GIOVANNI XXIII, Lett. Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), pp. 415-418. | (CDS 412) La pubblica amministrazione, a qualsiasi livello — nazionale, regionale, comunale —, quale strumento dello Stato, ha come finalità quella di servire i cittadini: «Posto al servizio dei cittadini, lo Stato è il gestore del bene del popolo, che deve amministrare in vista del bene comune» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, 5: AAS 90 (1998) 152). Contrasta con questa prospettiva l'eccesso di burocratizzazione, che si verifica quando «le istituzioni, diventando complesse nell'organizzazione e pretendendo di gestire ogni spazio disponibile, finiscono per essere rovinate dal funzionalismo impersonale, dall'esagerata burocrazia, dagli ingiusti interessi privati, dal disimpegno facile e generalizzato» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 41: AAS 81 (1989) 471-472). Il ruolo di chi lavora nella pubblica amministrazione non va concepito come qualcosa di impersonale e di burocratico, bensì come un aiuto premuroso per i cittadini, esercitato con spirito di servizio. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.75g] Ma dove l'esercizio dei diritti viene temporaneamente limitato in vista del bene comune, si ripristini al più presto possibile la libertà quando le circostanze sono cambiate. È in ogni caso inumano che l'autorità politica assuma forme totalitarie, oppure forme dittatoriali che ledano i diritti della persona o dei gruppi sociali. | (CDS 409) Nel loro campo specifico (elaborazione delle leggi, attività di governo e controllo su di essa), gli eletti devono impegnarsi nella ricerca e nell'attuazione di ciò che può giovare al buon andamento della convivenza civile nel suo complesso (Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2236). L'obbligo dei governanti di rispondere ai governati non implica affatto che i rappresentanti siano semplici agenti passivi degli elettori. Il controllo esercitato dai cittadini, infatti, non esclude la necessaria libertà di cui gli eletti devono godere nello svolgimento del loro mandato in relazione agli obiettivi da perseguire: questi non dipendono esclusivamente da interessi di parte, ma in misura molto maggiore dalla funzione di sintesi e di mediazione in vista del bene comune, che costituisce una delle finalità essenziali e irrinunciabili dell'autorità politica. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.75h] I cittadini coltivino con magnanimità e lealtà l'amore verso la patria, ma senza grettezza di spirito, cioè in modo tale da prendere anche contemporaneamente in considerazione il bene di tutta la famiglia umana, di tutte le razze, popoli e nazioni, che sono unite da innumerevoli legami. | (CDS 413) I partiti politici hanno il compito di favorire una partecipazione diffusa e l'accesso di tutti a pubbliche responsabilità. I partiti sono chiamati ad interpretare le aspirazioni della società civile orientandole al bene comune (Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 75: AAS 58 (1966) 1097-1099), offrendo ai cittadini la possibilità effettiva di concorrere alla formazione delle scelte politiche. I partiti devono essere democratici al loro interno, capaci di sintesi politica e di progettualità. Strumento di partecipazione politica è anche il referendum, in cui si realizza una forma diretta di accesso alle scelte politiche. L'istituto della rappresentanza non esclude, infatti, che i cittadini possano essere interpellati direttamente per le scelte di maggiore rilievo della vita sociale. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.75i] Tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria speciale vocazione nella comunità politica; essi devono essere d'esempio, sviluppando in se stessi il senso della responsabilità e la dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come possano armonizzarsi l'autorità e la libertà, l'iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo sociale, la opportuna unità e la proficua diversità. In ciò che concerne l'organizzazione delle cose terrene, devono ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali e rispettare i cittadini che, anche in gruppo, difendono in maniera onesta il loro punto di vista. | (CDS 411) Tra le deformazioni del sistema democratico, la corruzione politica è una delle più gravi (843), perché tradisce al tempo stesso i principi della morale e le norme della giustizia sociale; compromette il corretto funzionamento dello Stato, influendo negativamente sul rapporto tra governanti e governati; introduce una crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche, causando una progressiva disaffezione dei cittadini nei confronti della politica e dei suoi rappresentanti, con il conseguente indebolimento delle istituzioni. La corruzione distorce alla radice il ruolo delle istituzioni rappresentative, perché le usa come terreno di scambio politico tra richieste clientelari e prestazioni dei governanti. In tal modo, le scelte politiche favoriscono gli obiettivi ristretti di quanti possiedono i mezzi per influenzarle e impediscono la realizzazione del bene comune di tutti i cittadini. (843) Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 44: AAS 80 (1988) 575-577; Id., Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 852-854; Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 6: AAS 91 (1999) 381-382. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.75l] I partiti devono promuovere ciò che, a loro parere, è richiesto dal bene comune; mai però è lecito anteporre il proprio interesse a tale bene. | (CDS 413) I partiti politici hanno il compito di favorire una partecipazione diffusa e l'accesso di tutti a pubbliche responsabilità. I partiti sono chiamati ad interpretare le aspirazioni della società civile orientandole al bene comune (Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 75: AAS 58 (1966) 1097-1099), offrendo ai cittadini la possibilità effettiva di concorrere alla formazione delle scelte politiche. I partiti devono essere democratici al loro interno, capaci di sintesi politica e di progettualità. Strumento di partecipazione politica è anche il referendum, in cui si realizza una forma diretta di accesso alle scelte politiche. L'istituto della rappresentanza non esclude, infatti, che i cittadini possano essere interpellati direttamente per le scelte di maggiore rilievo della vita sociale. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.75m] Bisogna curare assiduamente la educazione civica e politica, oggi particolarmente necessaria, sia per l'insieme del popolo, sia soprattutto per i giovani, affinché tutti i cittadini possano svolgere il loro ruolo nella vita della comunità politica. Coloro che sono o possono diventare idonei per l'esercizio dell'arte politica, così difficile, ma insieme così nobile (163). Vi si preparino e si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio interesse e a vantaggi materiali. Agiscono con integrità e saggezza contro l'ingiustizia e l'oppressione, l'assolutismo e l'intolleranza d'un solo uomo e d'un solo partito politico; si prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti, anzi con l'amore e la fortezza richiesti dalla vita politica. (163) Cf. PIO XI, Discorso Ai dirigenti della Federazione Universitaria cattolica: Discorsi di Pio XI: ed. Bertetto, Torino, vol. I, 1960, p. 743 | (CDS 417) La comunità politica è costituita per essere al servizio della società civile, dalla quale deriva. Alla distinzione tra comunità politica e società civile la Chiesa ha contribuito soprattutto con la sua visione dell'uomo, inteso come essere autonomo, relazionale, aperto alla Trascendenza, contrastata sia dalle ideologie politiche di stampo individualistico, sia da quelle totalitarie tendenti ad assorbire la società civile nella sfera dello Stato. L'impegno della Chiesa in favore del pluralismo sociale mira a conseguire una più adeguata realizzazione del bene comune e della stessa democrazia, secondo i principi della solidarietà, della sussidiarietà e della giustizia. La società civile è un insieme di relazioni e di risorse, culturali e associative, relativamente autonome dall'ambito sia politico sia economico: «Il fine della società civile è universale, perché è quello che riguarda il bene comune, a cui tutti e singoli i cittadini hanno diritto nella debita proporzione» (Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 134). Essa è caratterizzata da una propria capacità di progetto, orientata a favorire una convivenza sociale più libera e più giusta, in cui vari gruppi di cittadini si associano, mobilitandosi per elaborare ed esprimere i propri orientamenti, per far fronte ai loro bisogni fondamentali, per difendere legittimi interessi. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
n. 76 - La comunità politica e la Chiesa
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[GS.76a] È di grande importanza, soprattutto in una società pluralista, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori. | (CDS 424) La Chiesa e la comunità politica, pur esprimendosi ambedue con strutture organizzative visibili, sono di natura diversa sia per la loro configurazione sia per le finalità che perseguono. Il Concilio Vaticano II ha riaffermato solennemente: «Nel proprio campo, la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2245). La Chiesa si organizza con forme atte a soddisfare le esigenze spirituali dei suoi fedeli, mentre le diverse comunità politiche generano rapporti e istituzioni al servizio di tutto ciò che rientra nel bene comune temporale. L'autonomia e l'indipendenza delle due realtà si mostrano chiaramente soprattutto nell'ordine dei fini. Il dovere di rispettare la libertà religiosa impone alla comunità politica di garantire alla Chiesa lo spazio d'azione necessario. La Chiesa, d'altra parte, non ha un campo di competenza specifica per quanto riguarda la struttura della comunità politica: «La Chiesa rispetta la legittima autonomia dell'ordine democratico e non ha titolo per esprimere preferenze per l'una o l'altra soluzione istituzionale o costituzionale» (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 47: AAS 83 (1991) 852) e non ha neppure il compito di entrare nel merito dei programmi politici, se non per le loro implicazioni religiose e morali. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.76b] La Chiesa che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana. | (CDS 425) L'autonomia reciproca della Chiesa e della comunità politica non comporta una separazione che escluda la loro collaborazione: entrambe, anche se a titolo diverso, sono al servizio della vocazione personale e sociale dei medesimi uomini. La Chiesa e la comunità politica, infatti, si esprimono in forme organizzative che non sono fini a se stesse, ma al servizio dell'uomo, per consentirgli il pieno esercizio dei suoi diritti, inerenti alla sua identità di cittadino e di cristiano, e un corretto adempimento dei corrispondenti doveri. La Chiesa e la comunità politica pos-sono svolgere il loro servizio «a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace quanto meglio entrambe allacciano tra loro una sana collaborazione, considerando anche le circostanze di luogo e di tempo» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099). (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.76c] La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace, quanto più coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo. | (CDS 422) La libertà di coscienza e di religione «riguarda l'uomo individualmente e socialmente» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2105): il diritto alla libertà religiosa deve essere riconosciuto nell'ordinamento giuridico e sancito come diritto civile (862 Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 930- 931; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2108), tuttavia non è di per sé un diritto illimitato. I giusti limiti all'esercizio della libertà religiosa devono essere determinati per ogni situazione sociale con la prudenza politica, secondo le esigenze del bene comune, e ratificati dall'autorità civile mediante norme giuridiche conformi all'ordine morale oggettivo: tali norme sono richieste «dall'efficace tutela dei diritti di tutti i cittadini e della loro pacifica coesistenza, da una sufficiente cura di quella onesta pace pubblica che è ordinata convivenza nella vera giustizia, e dalla doverosa custodia della pubblica moralità» (Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 7: AAS 58 (1966) 935; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2109). (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.76d] L'uomo infatti non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna. | (CDS 130) Alla persona umana appartiene l'apertura alla trascendenza: l'uomo è aperto verso l'infinito e verso tutti gli esseri creati. È aperto anzitutto verso l'infinito, cioè Dio, perché con la sua intelligenza e la sua volontà si eleva al di sopra di tutto il creato e di se stesso, si rende indipendente dalle creature, è libero di fronte a tutte le cose create e si protende verso la verità ed il bene assoluti. È aperto anche verso l'altro, gli altri uomini e il mondo, perché solo in quanto si comprende in riferimento a un tu può dire io. Esce da sé, dalla conservazione egoistica della propria vita, per entrare in una relazione di dialogo e di comunione con l'altro. La persona è aperta alla totalità dell'essere, all'orizzonte illimitato dell'essere. Essa ha in sé la capacità di trascendere i singoli oggetti particolari che conosce, in effetti, grazie a questa sua apertura all'essere senza confini. L'anima umana è in un certo senso, per la sua dimensione conoscitiva, tutte le cose: «tutte le cose immateriali godono di una certa infinità, in quanto abbracciano tutto, o perché si tratta dell'essenza di una realtà spirituale che funge da modello e somiglianza di tutto, come è nel caso di Dio, oppure perché possiede la somiglianza d'ogni cosa o in atto come negli Angeli oppure in potenza come nelle anime» (245). (245) San Tommaso d'Aquino, Commentum in tertium librum Sententiarum, d. 27, q. 1, a. 4: «Ex utraque autem parte res immateriales infinitatem habent quodammodo, quia sunt quodammodo omnia, sive inquantum essentia rei immaterialis est exemplar et similitudo omnium, sicut in Deo accidit, sive quia habet similitudinem omnium vel actu vel potentia, sicut accidit in Angelis et animabus»: San Tommaso d'Aquino, Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo e testo integrale di Pietro Lombardo. Libro Terzo. Distinzioni 23-40. Le virtù in Cristo e le virtù nei fedeli, traduzione di P. Lorenzo Perotto, O.P., Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2000, p. 315; cfr. Id., Summa theologiae, I, q. 75, a. 5: Ed. Leon. 5, 201-203. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.76e] Quanto alla Chiesa, fondata nell'amore del Redentore, essa contribuisce ad estendere il raggio d'azione della giustizia e dell'amore all'interno di ciascuna nazione e tra le nazioni. Predicando la verità evangelica e illuminando tutti i settori dell'attività umana con la sua dottrina e con la testimonianza resa dai cristiani, rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini. | (CDS 51) All'identità e alla missione della Chiesa nel mondo, secondo il progetto di Dio realizzato in Cristo, corrisponde «una finalità salvifica ed escatologica, che non può essere raggiunta pienamente se non nel mondo futuro» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 40: AAS 58 (1966) 1058). Proprio per questo, la Chiesa offre un contributo originale e insostituibile con la sollecitudine che la spinge a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia e a porsi come baluardo contro ogni tentazione totalitaristica, additando all'uomo la sua integrale e definitiva vocazione (Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2244). Con la predicazione del Vangelo, la grazia dei sacramenti e l'esperienza della comunione fraterna, la Chiesa «risana ed eleva la dignità della persona umana, consolida la compagine della società umana e riveste di senso e di significato più profondo il lavoro quotidiano degli uomini» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 40: AAS 58 (1966) 1058). Sul piano delle concrete dinamiche storiche, l'avvento del Regno di Dio non si lascia cogliere, dunque, nella prospettiva di un'organizzazione sociale, economica e politica definita e definitiva. Esso, piuttosto, è testimoniato dallo sviluppo di una socialità umana che è per gli uomini lievito di realizzazione integrale, di giustizia e di solidarietà, nell'apertura al Trascendente come termine di riferimento per il proprio definitivo compimento personale. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.76f] Gli apostoli e i loro successori con i propri collaboratori, essendo inviati ad annunziare agli uomini il Cristo Salvatore del mondo, nell'esercizio del loro apostolato si appoggiano sulla potenza di Dio, che molto spesso manifesta la forza del Vangelo nella debolezza dei testimoni. Bisogna che tutti quelli che si dedicano al ministero della parola di Dio, utilizzino le vie e i mezzi propri del Vangelo, i quali differiscono in molti punti dai mezzi propri della città terrestre. | (CCC 873) Le differenze stesse che il Signore ha voluto stabilire fra le membra del suo Corpo sono in funzione della sua unità e della sua missione. Infatti "c'è nella Chiesa diversità di ministeri, ma unità di missione. Gli Apostoli e i loro successori hanno avuto da Cristo l'ufficio di insegnare, santificare, reggere in suo nome e con la sua autorità. Ma i laici, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, nella missione di tutto il popolo di Dio assolvono compiti propri nella Chiesa e nel mondo" [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 2]. Infine dai ministri sacri e dai laici "provengono fedeli i quali, con la professione dei consigli evangelici […], in modo speciale sono consacrati a Dio e danno incremento alla missione salvifica della Chiesa" [CIC canone 207, § 2]. (CCC 863) Tutta la Chiesa è apostolica in quanto rimane in comunione di fede e di vita con la sua origine attraverso i successori di san Pietro e degli Apostoli. Tutta la Chiesa è apostolica, in quanto è "inviata" in tutto il mondo; tutti i membri della Chiesa, sia pure in modi diversi, partecipano a questa missione. "La vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all'apostolato". Si chiama "apostolato" "tutta l'attività del Corpo mistico" ordinata alla "diffusione del regno di Cristo su tutta la terra" [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 2]. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.76g] Certo, le cose terrene e quelle che, nella condizione umana, superano questo mondo, sono strettamente unite, e la Chiesa stessa si serve di strumenti temporali nella misura in cui la propria missione lo richiede. Tuttavia essa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall'autorità civile. Anzi, essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso può far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni. | (CDS 68) La Chiesa non si fa carico della vita in società sotto ogni aspetto, ma con la competenza sua propria, che è quella dell'annuncio di Cristo Redentore: (Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2420). «La missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è d'ordine politico, economico o sociale: il fine che le ha prefisso è di ordine religioso. Eppure proprio da questa missione religiosa derivano un compito, una luce e delle forze che possono servire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la Legge divina» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 42: AAS 58 (1966) 1060). Questo vuol dire che la Chiesa, con la sua dottrina sociale, non entra in questioni tecniche e non istituisce né propone sistemi o modelli di organizzazione sociale (Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 570-572): ciò non attiene alla missione che Cristo le ha affidato. La Chiesa ha la competenza attinta al Vangelo: al messaggio di liberazione dell'uomo annunciato e testimoniato dal Figlio di Dio fatto uomo. (CDS 69) Con la sua dottrina sociale la Chiesa «si propone di assistere l'uomo sul cammino della salvezza» (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 54: AAS 83 (1991) 860): si tratta del suo fine precipuo ed unico. Non ci sono altri scopi tesi a surrogare o ad invadere compiti altrui, trascurando i propri, o a perseguire obiettivi estranei alla sua missione. Tale missione configura il diritto e insieme il dovere della Chiesa di elaborare una propria dottrina sociale e di incidere con essa sulla società e sulle sue strutture, mediante le responsabilità e i compiti che questa dottrina suscita. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.76h] Ma sempre e dovunque, e con vera libertà, è suo diritto predicare la fede e insegnare la propria dottrina sociale, esercitare senza ostacoli la propria missione tra gli uomini e dare il proprio giudizio morale, anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime. E farà questo utilizzando tutti e soli quei mezzi che sono conformi al Vangelo e in armonia col bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni. | (CDS 70) La Chiesa ha il diritto di essere per l'uomo maestra di verità della fede: della verità non solo del dogma, ma anche della morale che scaturisce dalla stessa natura umana e dal Vangelo (95). La parola del Vangelo, infatti, non va solo ascoltata, ma anche messa in pratica (cfr. Mt 7,24; Lc 6,46-47; Gv 14,21.23-24; Gc 1,22): la coerenza nei comportamenti manifesta l'adesione del credente e non è circoscritta all'ambito strettamente ecclesiale e spirituale, ma coinvolge l'uomo in tutto il suo vissuto e secondo tutte le sue responsabilità. Per quanto secolari, queste hanno come soggetto l'uomo, vale a dire colui che Dio chiama, mediante la Chiesa, a partecipare al Suo dono salvifico. Al dono della salvezza l'uomo deve corrispondere non con un'adesione parziale, astratta o verbale, ma con tutta la propria vita, secondo tutte le relazioni che la connotano, così da non abbandonare nulla ad un ambito profano e mondano, irrilevante o estraneo alla salvezza. Per questo la dottrina sociale non è per la Chiesa un privilegio, una digressione, una convenienza o un'ingerenza: è un suo diritto evangelizzare il sociale, ossia far risuonare la parola liberante del Vangelo nel complesso mondo della produzione, del lavoro, dell'imprenditoria, della finanza, del commercio, della politica, della giurisprudenza, della cultura, delle comunicazioni sociali, in cui vive l'uomo. (95) Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 14: AAS 58 (1966) 940; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 27. 64. 110: AAS 85 (1993) 1154-1155. 1183-1184. 1219-1220. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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[GS.76i] Nella fedeltà del Vangelo e nello svolgimento della sua missione nel mondo, la Chiesa, che ha come compito di promuovere ed elevare tutto quello che di vero, buono e bello si trova nella comunità umana (164) rafforza la pace tra gli uomini a gloria di Dio (165). (164) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 13: AAS 57 (1965), p. 17 [pag. 143ss]. (165) Cf. Lc 2,14. | (CDS 71) Questo diritto è nel contempo un dovere, perché la Chiesa non vi può rinunciare senza smentire se stessa e la sua fedeltà a Cristo: «Guai a me se non predicassi il vangelo!» (1Cor 9,16). L'ammonimento che san Paolo rivolge a se stesso risuona nella coscienza della Chiesa come un richiamo a percorrere tutte le vie dell'evangelizzazione; non solo quelle che portano alle coscienze individuali, ma anche quelle che conducono alle istituzioni pubbliche: da un lato non si deve «costringere erroneamente il fatto religioso alla sfera puramente privata» (96), da un altro lato non si può orientare il messaggio cristiano verso una salvezza puramente ultraterrena, incapace di illuminare la presenza sulla terra (97). Per la rilevanza pubblica del Vangelo e della fede e per gli effetti perversi dell'ingiustizia, cioè del peccato, la Chiesa non può restare indifferente alle vicende sociali (98): «è compito della Chiesa annunciare sempre e dovunque i principi morali anche circa l'ordine sociale, e così pure pronunciare il giudizio su qualsiasi realtà umana, in quanto lo esigono i diritti fondamentali della persona umana o la salvezza delle anime» (CIC, canone 747, § 2). (96) Giovanni Paolo II, Messaggio al Segretario generale delle Nazioni Unite in occasione del trentesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo (2 dicembre 1978): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I (1978) 261. (97) Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5: AAS 83 (1991) 799. (98) Cfr. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 34: AAS 68 (1976) 28. (Commento CDS dal Compendio della dottrina sociale della Chiesa) |
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