Costituzione Pastorale "Gaudium et spes"
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo
7 dicembre 1965
Commento mediante il Catechismo della Chiesa Cattolica
PARTE II
ALCUNI PROBLEMI PIÙ URGENTI
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Capitolo I
DIGNITÀ DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA - SUA VALORIZZAZIONE
Matrimonio e famiglia nel mondo d'oggi (n. 47)
[47a] Famiglia comunità di amore, stima, rispetto della vita
[47b] Valore e solidità dell'istituto matrimoniale e familiare
[47c] Dignità naturale e altissimo valore sacro dello stato matrimoniale
Santità del matrimonio e della famiglia (n. 48)
[48a] È Dio stesso l'autore del matrimonio
[48b] Matrimonio e amore coniugale sono ordinati alla procreazione
ed educazione della prole
[48c] Mutua donazione, piena fedeltà e indissolubile unità
[48d] I coniugi possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per sempre
[48e] I coniugi cristiani sono fortificati e quasi consacrati
da uno speciale sacramento
[48f] Figli prevenuti da l'esempio e la preghiera comune dei genitori
[48g] Sposi: dignità e responsabilità di padre e madre
[48h1] I figli: contribuiscono alla santificazione dei genitori
[48h2] Figli: riconoscenti, assistano nelle avversità, solitudine, vecchiaia
[48i] Vedovanza continuazione della vocazione coniugale
[48l] La famiglia metta in comune le proprie ricchezze spirituali
[48m] Famiglia: amore, fecondità, unità, fedeltà, cooperazione
L'amore coniugale (n. 49)
[49a] Unione matrimoniale con un affetto senza incrinature
[49b] Grande valore al vero amore tra marito e moglie
[49c] Quell'amore abbraccia il bene di tutta la persona
[49d] Un tale amore unisce assieme valori umani e divini
[49e] Amore espresso e sviluppato degli atti propri del matrimonio
[49f] Indissolubilmente fedele nella prospera e cattiva sorte
[49g1] Tener fede costantemente agli impegni di questa vocazione
[49g2] Fermezza dell'amore, grandezza d'animo, spirito di sacrificio
[49h] Testimonianza di fedeltà e di armonia nell'amore
[49i] Adeguatamente istruiti sulla dignità dell'amore coniugale
[49l] Formati nella stima della castità
La fecondità del matrimonio (n. 50)
[50a] I figli infatti sono il dono più eccellente del matrimonio
[50b] I coniugi cooperatori dell'amore di Dio Creatore
[50c] Coniugi cristiani: coscienza sempre conforme alla legge divina
[50d] Legge divina: significato pieno dell'amore coniugale
[50e] Indissolubilità: matrimonio comunità e comunione di tutta la vita
Accordo dell'amore coniugale col rispetto della vita (n. 51)
[51a] Vita coniugale: amore fedele e piena comunità di vita
[51b] Nessuna contraddizione tra leggi divine e autentico amore coniugale
[51c] La vita concepita deve essere protetta con la massima cura
[51d] Carattere morale del comportamento: secondo criteri oggettivi
[51e] La vita dell'uomo e il trasmetterla riguarda il destino eterno degli uomini
Impegno di tutti per il bene del matrimonio e della famiglia (n. 52)
[52a] Famiglia: scuola di arricchimento umano
[52b] Figli formati mediante l'educazione al pieno senso di responsabilità
[52c] La famiglia è veramente il fondamento della società
[52d] Sviluppare diligentemente i valori del matrimonio e della famiglia
[52e] Aiutare la vocazione dei coniugi nella loro vita coniugale e familiare
[52f] Sostenere particolarmente gli sposi e le nuove famiglie
[52g] Coniugi: testimoni del mistero di amore del Signore rivelato al mondo
_______________ Capitolo IDignità del matrimonio e della famiglia - sua valorizzazione | |
n. 47 - Matrimonio e famiglia nel mondo d'oggi
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[GS 47a] Il bene della persona e della società umana e cristiana è strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale e familiare. Perciò i cristiani, assieme con quanti hanno alta stima di questa comunità, si rallegrano sinceramente dei vari sussidi, con i quali gli uomini favoriscono oggi la formazione di questa comunità di amore e la stima ed il rispetto della vita: sussidi che sono di aiuto a coniugi e genitori della loro eminente missione; da essi i cristiani attendono sempre migliori vantaggi e si sforzano di promuoverli. | (CCC 1601) "Il patto matrimoniale con cui l'uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento" [CIC canone 1055, § 1]. (CCC 1602) La Sacra Scrittura si apre con la creazione dell'uomo e della donna ad immagine e somiglianza di Dio [Gen 1,26-27] e si chiude con la visione delle "nozze dell'Agnello" (Ap 19,7.9). Da un capo all'altro la Scrittura parla del Matrimonio e del suo mistero, della sua istituzione e del senso che Dio gli ha dato, della sua origine e del suo fine, delle sue diverse realizzazioni lungo tutta la storia della salvezza, delle sue difficoltà derivate dal peccato e del suo rinnovamento "nel Signore" (1Cor 7,39), nella Nuova Alleanza di Cristo e della Chiesa [Ef 5,31-32]. |
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[GS 47b] Però la dignità di questa istituzione non brilla dappertutto con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia, dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni. Per di più l'amore coniugale è molto spesso profanato dall'egoismo, dall'edonismo e da pratiche illecite contro la fecondità. Inoltre le odierne condizioni economiche, socio-psicologiche e civili portano turbamenti non lievi nella vita familiare. E per ultimo in determinate parti del mondo si avvertono non senza preoccupazioni i problemi posti dall'incremento demografico. Da tutto ciò sorgono difficoltà che angustiano la coscienza. Tuttavia il valore e la solidità dell'istituto matrimoniale e familiare prendono risalto dal fatto che le profonde mutazioni dell'odierna società, nonostante le difficoltà che ne scaturiscono, molto spesso rendono manifesta in maniere diverse la vera natura di questa istituzione. | (CCC 1606) Ogni uomo fa l'esperienza del male, attorno a sé e in se stesso. Questa esperienza si fa sentire anche nelle relazioni fra l'uomo e la donna. Da sempre la loro unione è stata minacciata dalla discordia, dallo spirito di dominio, dall'infedeltà, dalla gelosia e da conflitti che possono arrivare fino all'odio e alla rottura. Questo disordine può manifestarsi in modo più o meno acuto, e può essere più o meno superato, secondo le culture, le epoche, gli individui, ma sembra proprio avere un carattere universale. (CCC 1607) Secondo la fede, questo disordine che noi constatiamo con dolore, non deriva dalla natura dell'uomo e della donna, né dalla natura delle loro relazioni, ma dal peccato. Rottura con Dio, il primo peccato ha come prima conseguenza la rottura della comunione originale dell'uomo e della donna. Le loro relazioni sono distorte da accuse reciproche [Gen 3,12]; la loro mutua attrattiva, dono proprio del Creatore [Gen 2,22], si cambia in rapporti di dominio e di bramosia [Gen 3,16]; la splendida vocazione dell'uomo e della donna ad essere fecondi, a moltiplicarsi e a soggiogare la terra [Gen 1,28] è gravata dai dolori del parto e dalle fatiche del lavoro [Gen 3,16-19]. (CCC 1608) Tuttavia, anche se gravemente sconvolto, l'ordine della creazione permane. Per guarire le ferite del peccato, l'uomo e la donna hanno bisogno dell'aiuto della grazia che Dio, nella sua infinita misericordia, non ha loro mai rifiutato [Gen 3,21]. Senza questo aiuto l'uomo e la donna non possono giungere a realizzare l'unione delle loro vite, in vista della quale Dio li ha creati "da principio". |
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[GS 47c] Perciò il Concilio, mettendo in chiara luce alcuni punti capitali della dottrina della Chiesa, si propone di illuminare e incoraggiare i cristiani e tutti gli uomini che si sforzano di salvaguardare e promuovere la dignità naturale e l'altissimo valore sacro dello stato matrimoniale. | (CCC 1604) Dio, che ha creato l'uomo per amore, lo ha anche chiamato all'amore, vocazione fondamentale e innata di ogni essere umano. Infatti l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio [Gen 1,27] che "è amore" (1Gv 4,8.16). Avendolo Dio creato uomo e donna, il loro reciproco amore diventa un'immagine dell'amore assoluto e indefettibile con cui Dio ama l'uomo. È cosa buona, molto buona, agli occhi del Creatore [Gen 1,31]. E questo amore che Dio benedice è destinato ad essere fecondo e a realizzarsi nell'opera comune della custodia della creazione: "Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela"" (Gen 1,28). (CCC 1605) Che l'uomo e la donna siano creati l'uno per l'altro, lo afferma la Sacra Scrittura: "Non è bene che l'uomo sia solo" (Gn 2,18). La donna, "carne della sua carne" [Gn 2,23], sua eguale, del tutto prossima a lui, gli è donata da Dio come "aiuto" [Gn 2,18], rappresentando così Dio dal quale viene il nostro aiuto [Sal 121,2]. "Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne" (Gen 2,24). Che ciò significhi un'unità indefettibile delle loro due esistenze, il Signore stesso lo mostra ricordando quale sia stato, "da principio", il disegno del Creatore [Mt 19,4]: "Così che non sono più due, ma una carne sola" (Mt 19,6). |
n. 48 - Santità del matrimonio e della famiglia
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[GS 48a] L'intima comunità di vita e d'amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dall'alleanza dei coniugi, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale. E così, è dall'atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che nasce, anche davanti alla società, l'istituzione del matrimonio, che ha stabilità per ordinamento divino. In vista del bene dei coniugi, della prole e anche della società, questo legame sacro non dipende dall'arbitrio dell'uomo. Perché è Dio stesso l'autore del matrimonio, dotato di molteplici valori e fini (106): tutto ciò è di somma importanza per la continuità del genere umano, il progresso personale e la sorte eterna di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di tutta la società umana. (106) Cf. PAOLO VI, Discorso pronunciato il 3 feb. 1965: L'Osservatore Romano, 4 febr. 1965. | (CCC 1603) "L'intima comunione di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale […]. Dio stesso è l'autore del matrimonio" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48]. La vocazione al matrimonio è iscritta nella natura stessa dell'uomo e della donna, quali sono usciti dalla mano del Creatore. Il matrimonio non è un'istituzione puramente umana, malgrado i numerosi mutamenti che ha potuto subire nel corso dei secoli, nelle varie culture, strutture sociali e attitudini spirituali. Queste diversità non devono far dimenticare i tratti comuni e permanenti. Sebbene la dignità di questa istituzione non traspaia ovunque con la stessa chiarezza [Gaudium et spes, 47], esiste tuttavia in tutte le culture un certo senso della grandezza dell'unione matrimoniale. "La salvezza della persona e della società umana e cristiana è strettamente connessa con una felice situazione della comunità coniugale e familiare" [Gaudium et spes, 47]. (CCC 1610) La coscienza morale riguardante l'unità e l'indissolubilità del matrimonio si è sviluppata sotto la pedagogia della Legge antica. La poligamia dei patriarchi e dei re non è ancora esplicitamente rifiutata. Tuttavia, la Legge data a Mosè mira a proteggere la donna contro l'arbitrarietà del dominio da parte dell'uomo, sebbene anch'essa porti, secondo la parola del Signore, le tracce della "durezza del cuore" dell'uomo, a motivo della quale Mosè ha permesso il ripudio della donna [Mt 19,8; Dt 24,1]. (CCC 1611) Vedendo l'Alleanza di Dio con Israele sotto l'immagine di un amore coniugale esclusivo e fedele [Os 1-3; Is 54; 62; Ger 2-3; 31; Ez 16; 23], i profeti hanno preparato la coscienza del popolo eletto ad una intelligenza approfondita dell'unicità e dell'indissolubilità del matrimonio [Ml 2,13-17]. I libri di Rut e di Tobia offrono testimonianze commoventi di un alto senso del matrimonio, della fedeltà e della tenerezza degli sposi. La Tradizione ha sempre visto nel Cantico dei Cantici un'espressione unica dell'amore umano, in quanto è riflesso dell'amore di Dio, amore "forte come la morte" che "le grandi acque non possono spegnere" (Ct 8,6-7). |
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[GS 48b] Per la sua stessa natura l'istituto del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento. E così l'uomo e la donna, che per l'alleanza coniugale « non sono più due, ma una sola carne » (Mt 19,6), prestandosi un mutuo aiuto e servizio con l'intima unione delle persone e delle attività, esperimentano il senso della propria unità e sempre più pienamente la conseguono. | (CCC 1652) "Per sua indole naturale, l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento": [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48] "I figli sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori. Lo stesso Dio che disse: "Non è bene che l'uomo sia solo" (Gen 2,18 ) e che "creò all'inizio l'uomo maschio e femmina" (Mt 19,4), volendo comunicare all'uomo una certa speciale partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: "Crescete e moltiplicatevi" (Gen 1,28). Di conseguenza la vera pratica dell'amore coniugale e tutta la struttura della vita familiare che ne nasce, senza posporre gli altri fini del matrimonio, a questo tendono che i coniugi, con fortezza d'animo, siano disposti a cooperare con l'amore del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50]. (CCC 1653) La fecondità dell'amore coniugale si estende ai frutti della vita morale, spirituale e soprannaturale che i genitori trasmettono ai loro figli attraverso l'educazione. I genitori sono i primi e principali educatori dei loro figli [Conc. Ecum. Vat. II, Gravissimum educationis, 3]. In questo senso il compito fondamentale del matrimonio e della famiglia è di essere al servizio della vita [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 28]. |
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[GS 48c] Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità (107). (107) Cf. S. AGOSTINO, De bono coniugali: PL 40, 375-376 e 394; S. TOMMASO, Summa Theol., Suppl. Quaest. 49, art. 3 ad 1; Decretum pro Armenis: Dz 702 (1327) [Collantes 9.343]; PIO XI, Encicl. Casti Connubii: AAS 22 (1930), pp. 543-555; Dz 2227-28 (3703-14) [in parte anche Collantes 9.381-86]. | (CCC 1643) "L'amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona - richiamo del corpo e dell'istinto, forza del sentimento e dell'affettività, aspirazione dello spirito e della volontà -; esso mira a una unità profondamente personale, quella che, al di là dell'unione in una sola carne, conduce a non fare che un cuore solo e un'anima sola; esso esige l'indissolubilità e la fedeltà della donazione reciproca definitiva e si apre sulla fecondità. In una parola, si tratta di caratteristiche normali di ogni amore coniugale, ma con un significato nuovo che non solo le purifica e le consolida, ma anche le eleva al punto da farne l'espressione di valori propriamente cristiani" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 13]. (CCC 1644) L'amore degli sposi esige, per sua stessa natura, l'unità e l'indissolubilità della loro comunità di persone che ingloba tutta la loro vita: "Così che non sono più due, ma una carne sola" (Mt 19,6; cf. Gen 2,24). Essi "sono chiamati a crescere continuamente nella loro comunione attraverso la fedeltà quotidiana alla promessa matrimoniale del reciproco dono totale" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 19]. Questa comunione umana è confermata, purificata e condotta a perfezione mediante la comunione in Cristo Gesù, donata dal sacramento del Matrimonio. Essa si approfondisce mediante la vita della comune fede e l'Eucaristia ricevuta insieme. (CCC 1645) "L'unità del matrimonio confermata dal Signore appare in maniera lampante anche dalla uguale dignità personale sia dell'uomo che della donna, che deve essere riconosciuta nel mutuo e pieno amore" [Gaudium et spes, 49]. La poligamia è contraria a questa pari dignità e all'amore coniugale che è unico ed esclusivo [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 19]. |
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[GS 48d] Cristo Signore ha effuso l'abbondanza delle sue benedizioni su questo amore dai molteplici aspetti, sgorgato dalla fonte della divina carità e strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa. Infatti, come un tempo Dio ha preso l'iniziativa di un'alleanza di amore e fedeltà (108) con il suo popolo cosi ora il Salvatore degli uomini e sposo della Chiesa (109) viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre rimane con loro perché, come egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa (110) così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione. (108) Cf. PIO XI, Encicl. Casti Connubii: AAS 22 (1930), pp. 546-547; Dz 2231 (3706) [Collantes 9.383]. (109) Cf. Os 2; Ger 3,6-13; Ez 16 e 23; Is 54. (110) Cf. Mt 9,15; Mc 2,19-20; Lc 5,34-35; Gv 3,29; 2 Cor 11,2; Ef 5,27; Ap 19,7-8; 21,2 e 9. | (CCC 1612) L'Alleanza nuziale tra Dio e il suo popolo Israele aveva preparato l'Alleanza nuova ed eterna nella quale il Figlio di Dio, incarnandosi e offrendo la propria vita, in certo modo ha unito a sé tutta l'umanità da lui salvata [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22] preparando così "le nozze dell'Agnello" [Ap 19,7 e 9]. (CCC 1613) Alle soglie della sua vita pubblica, Gesù compie il suo primo segno - su richiesta di sua Madre - durante una festa nuziale [Gv 2,1-11]. La Chiesa attribuisce una grande importanza alla presenza di Gesù alle nozze di Cana. Vi riconosce la conferma della bontà del matrimonio e l'annuncio che ormai esso sarà un segno efficace della presenza di Cristo. (CCC 1614) Nella sua predicazione Gesù ha insegnato senza equivoci il senso originale dell'unione dell'uomo e della donna, quale il Creatore l'ha voluta all'origine: il permesso, dato da Mosè, di ripudiare la propria moglie, era una concessione motivata dalla durezza del cuore [Mt 19,8]; l'unione matrimoniale dell'uomo e della donna è indissolubile: Dio stesso l'ha conclusa: "Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi" (Mt 19,6). |
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[GS 48e] L'autentico amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dalla azione salvifica della Chiesa, perché i coniugi in maniera efficace siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nello svolgimento della sublime missione di padre e madre (111). Per questo motivo i coniugi cristiani sono fortificati e quasi consacrati da uno speciale sacramento (112) per i doveri e la dignità del loro stato. Ed essi, compiendo con la forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dello spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, ed assieme rendono gloria a Dio. (111) Cf. Ef 5,25. (112) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium: AAS 57 (1965), pp. 15-16; 40-41; 47. | (CCC 1616) È ciò che l'Apostolo Paolo lascia intendere quando dice: "Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa" (Ef 5,25-26), e aggiunge subito: "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!" (Ef 5,31-32). (CCC 1617) Tutta la vita cristiana porta il segno dell'amore sponsale di Cristo e della Chiesa. Già il Battesimo, che introduce nel Popolo di Dio, è un mistero nuziale: è, per così dire, il lavacro di nozze [Ef 5,26-27] che precede il banchetto di nozze, l'Eucaristia. Il Matrimonio cristiano diventa, a sua volta, segno efficace, sacramento dell'Alleanza di Cristo e della Chiesa. Poiché ne significa e ne comunica la grazia, il Matrimonio fra battezzati è un vero sacramento della Nuova Alleanza [Concilio di Trento: DS 1800; CIC canone 1055, § 1]. |
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[GS 48f] Prevenuti dall'esempio e dalla preghiera comune dei genitori, i figli, anzi tutti quelli che vivono insieme nell'ambito familiare, troveranno più facilmente la strada di una formazione veramente umana, della salvezza e della santità. | (CCC 1615) Questa inequivocabile insistenza sull'indissolubilità del vincolo matrimoniale ha potuto lasciare perplessi e apparire come un'esigenza irrealizzabile [Mt 19,10]. Tuttavia Gesù non ha caricato gli sposi di un fardello impossibile da portare e troppo gravoso [Mt 11,29-30], più pesante della Legge di Mosè. Venendo a ristabilire l'ordine iniziale della creazione sconvolto dal peccato, egli stesso dona la forza e la grazia per vivere il matrimonio nella nuova dimensione del regno di Dio. Seguendo Cristo, rinnegando se stessi, prendendo su di sé la propria croce [Mc 8,34], gli sposi potranno "capire" [Mt 19,11] il senso originale del matrimonio e viverlo con l'aiuto di Cristo. Questa grazia del Matrimonio cristiano è un frutto della croce di Cristo, sorgente di ogni vita cristiana. (CCC 1656) Ai nostri giorni, in un mondo spesso estraneo e persino ostile alla fede, le famiglie credenti sono di fondamentale importanza, come focolari di fede viva e irradiante. È per questo motivo che il Concilio Vaticano II, usando un'antica espressione, chiama la famiglia "Ecclesia domestica" Chiesa domestica [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11; Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 21]. È in seno alla famiglia che "i genitori devono essere per i loro figli, con la parola e con l'esempio, i primi annunciatori della fede, e secondare la vocazione propria di ognuno, e quella sacra in modo speciale" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. (CCC 1666) Il focolare cristiano è il luogo in cui i figli ricevono il primo annuncio della fede. Ecco perché la casa familiare è chiamata a buon diritto "la Chiesa domestica", comunità di grazia e di preghiera, scuola delle virtù umane e della carità cristiana. |
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[GS 48g] Quanto agli sposi, insigniti della dignità e responsabilità di padre e madre, adempiranno diligentemente il dovere dell'educazione, soprattutto religiosa, che spetta loro prima che a chiunque altro. | (CCC 1657) È qui che si esercita in maniera privilegiata il sacerdozio battesimale del padre di famiglia, della madre, dei figli, di tutti i membri della famiglia, "con la partecipazione ai sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e l'operosa carità" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 10]. Il focolare è così la prima scuola di vita cristiana e "una scuola di umanità più ricca" [Id., Gaudium et spes, 52]. È qui che si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l'amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino attraverso la preghiera e l'offerta della propria vita. (CCC 2221) La fecondità dell'amore coniugale non si riduce alla sola procreazione dei figli, ma deve estendersi alla loro educazione morale e alla loro formazione spirituale. La funzione educativa dei genitori "è tanto importante che, se manca, può a stento essere supplita" [Conc. Ecum. Vat. II, Gravissimum educationis, 3]. Il diritto e il dovere dell'educazione sono, per i genitori, primari e inalienabili [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 36]. (CCC 2222) I genitori devono considerare i loro figli come figli di Dio e rispettarli come persone umane. Educano i loro figli ad osservare la Legge di Dio mostrandosi essi stessi obbedienti alla volontà del Padre dei cieli. (CCC 2223) I genitori sono i primi responsabili dell'educazione dei loro figli. Testimoniano tale responsabilità innanzitutto con la creazione di una famiglia, in cui la tenerezza, il perdono, il rispetto, la fedeltà e il servizio disinteressato rappresentano la norma. Il focolare domestico è un luogo particolarmente adatto per educare alle virtù. Questa educazione richiede che si impari l'abnegazione, un retto modo di giudicare, la padronanza di sé, condizioni di ogni vera libertà. I genitori insegneranno ai figli a subordinare "le dimensioni materiali e istintive a quelle interiori e spirituali" [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36]. I genitori hanno anche la grave responsabilità di dare ai loro figli buoni esempi. Riconoscendo con franchezza davanti ai figli le proprie mancanze, saranno meglio in grado di guidarli e di correggerli: "Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta [...]. Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio" (Sir 30,1-2). "E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell'educazione e nella disciplina del Signore" (Ef 6,4). |
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[GS 48h1] I figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono pure in qualche modo alla santificazione dei genitori. | (CCC 2214) La paternità divina è la sorgente della paternità umana [Ef 3,15]; è la paternità divina che fonda l'onore dovuto ai genitori. Il rispetto dei figli, minorenni o adulti, per il proprio padre e la propria madre [Pr 1,8; Tb 4,3-4], si nutre dell'affetto naturale nato dal vincolo che li unisce. Questo rispetto è richiesto dal comando divino [Es 20,12]. (CCC 2215) Il rispetto per i genitori (pietà filiale) è fatto di riconoscenza verso coloro che, con il dono della vita, il loro amore e il loro lavoro, hanno messo al mondo i loro figli e hanno loro permesso di crescere in età, in sapienza e in grazia. "Onora tuo padre con tutto il cuore e non dimenticare i dolori di tua madre. Ricorda che essi ti hanno generato; che darai loro in cambio di quanto ti hanno dato?" (Sir 7,27-28). (CCC 2216) Il rispetto filiale si manifesta anche attraverso la vera docilità e la vera obbedienza: "Figlio mio, osserva il comando di tuo padre, non disprezzare l'insegnamento di tua madre […]. Quando cammini ti guideranno; quando riposi, veglieranno su di te; quando ti desti, ti parleranno" (Pr 6,20-22). "Il figlio saggio ama la disciplina, lo spavaldo non ascolta il rimprovero" (Pr 13,1). (CCC 2217) Per tutto il tempo in cui vive nella casa dei suoi genitori, il figlio deve obbedire ad ogni loro richiesta motivata dal suo proprio bene o da quello della famiglia. "Figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore" (Col 3,20 ) [Ef 6,1]. I figli devono anche obbedire agli ordini ragionevoli dei loro educatori e di tutti coloro ai quali i genitori li hanno affidati. Ma se in coscienza sono persuasi che è moralmente riprovevole obbedire a un dato ordine, non vi obbediscano. Crescendo, i figli continueranno a rispettare i loro genitori. Preverranno i loro desideri, chiederanno spesso i loro consigli, accetteranno i loro giustificati ammonimenti. Con l'emancipazione cessa l'obbedienza dei figli verso i genitori, ma non il rispetto che ad essi è sempre dovuto. Questo trova, in realtà, la sua radice nel timore di Dio, uno dei doni dello Spirito Santo. |
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[GS 48h2] Risponderanno, infatti, ai benefici ricevuti dai genitori con affetto riconoscente, con pietà filiale e fiducia; e li assisteranno, come si conviene a figli, nelle avversità della vita e nella solitudine della vecchiaia. | (CCC 2218) Il quarto comandamento ricorda ai figli divenuti adulti le loro responsabilità verso i genitori. Nella misura in cui possono, devono dare loro l'aiuto materiale e morale, negli anni della vecchiaia e in tempo di malattia, di solitudine o di indigenza. Gesù richiama questo dovere di riconoscenza [Mc 7,10-12]. "Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli, ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espia i peccati, chi riverisce la madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli, sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi riverisce suo padre vivrà a lungo; chi obbedisce al Signore dà consolazione alla madre" (Sir 3,2-6). "Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo mentre sei nel pieno del vigore. […] Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore, chi insulta la madre è maledetto dal Signore" (Sir 3,12-13.16 ). (CCC 2219) Il rispetto filiale favorisce l'armonia di tutta la vita familiare; concerne anche le relazioni tra fratelli e sorelle. Il rispetto verso i genitori si riflette su tutto l'ambiente familiare. "Corona dei vecchi sono i figli dei figli" (Prv 17,6). "Con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza" sopportatevi "a vicenda con amore" (Ef 4,2). (CCC 2220) I cristiani devono una speciale gratitudine a coloro dai quali hanno ricevuto il dono della fede, la grazia del Battesimo e la vita nella Chiesa. Può trattarsi dei genitori, di altri membri della famiglia, dei nonni, di Pastori, di catechisti, di altri maestri o amici. "Mi ricordo della tua fede schietta, fede che fu prima nella tua nonna Lòide, poi in tua madre Eunice, e ora, ne sono certo, anche in te" (2Tm 1,5). |
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[GS 48i] La vedovanza, accettata con coraggio come continuazione della vocazione coniugale sia onorata da tutti (113). (113) Cf. PIO XI, Encicl. Casti Connubii: AAS 22 (1930), p. 583. | (CCC 922) Fin dai tempi apostolici, ci furono vergini [1Cor 7,34-36) e vedove [Giovanni Polo II, Esort. Ap. Vita consecrata, 7] cristiane che, chiamate dal Signore a dedicarsi esclusivamente a lui in una maggiore libertà di cuore, di corpo e di spirito, hanno preso la decisione, approvata dalla Chiesa, di vivere nello stato rispettivamente di verginità o di castità perpetua "per il Regno dei cieli" (Mt 19,12). (CCC 2349) "La castità deve distinguere le persone nei loro differenti stati di vita: le une nella verginità o nel celibato consacrato, un modo eminente di dedicarsi più facilmente a Dio solo, con cuore indiviso; le altre, nella maniera quale è determinata per tutti dalla legge morale e secondo che siano sposate o celibi" [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 11]. Le persone sposate sono chiamate a vivere la castità coniugale; le altre praticano la castità nella continenza: "Ci sono tre forme della virtù di castità: quella degli sposi, quella della vedovanza, infine quella della verginità. Non lodiamo l'una escludendo le altre. […] Sotto questo aspetto, la disciplina della Chiesa è ricca [Sant'Ambrogio, De viduis, 23: PL 16, 241-242]. |
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[GS 48l] La famiglia metterà con generosità in comune con le altre famiglie le proprie ricchezze spirituali. | (CCC 2224) Il focolare domestico costituisce l'ambito naturale per l'iniziazione dell'essere umano alla solidarietà e alle responsabilità comunitarie. I genitori insegneranno ai figli a guardarsi dai compromessi e dagli sbandamenti che minacciano le società umane. (CCC 2225) Dalla grazia del sacramento del Matrimonio i genitori hanno ricevuto la responsabilità e il privilegio di evangelizzare i loro figli. Li inizieranno, fin dai primi anni di vita, ai misteri della fede dei quali essi, per i figli, sono "i primi annunziatori" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. Li faranno partecipare alla vita della Chiesa fin dalla più tenera età. I modi di vivere in famiglia possono sviluppare le disposizioni affettive che, per l'intera esistenza, costituiscono autentiche condizioni preliminari e sostegni di una fede viva. (CCC 2226) L'educazione alla fede da parte dei genitori deve incominciare fin dalla più tenera età dei figli. Essa si realizza già allorché i membri della famiglia si aiutano a crescere nella fede attraverso la testimonianza di una vita cristiana vissuta in conformità al Vangelo. La catechesi familiare precede, accompagna e arricchisce le altre forme d'insegnamento della fede. I genitori hanno la missione di insegnare ai figli a pregare e a scoprire la loro vocazione di figli di Dio [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. La parrocchia è la comunità eucaristica e il cuore della vita liturgica delle famiglie cristiane; è un luogo privilegiato della catechesi dei figli e dei genitori. |
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[GS 48m] Allora la famiglia cristiana che nasce dal matrimonio, come immagine e partecipazione dell'alleanza d'amore del Cristo e della Chiesa (114) renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l'amore, la fecondità generosa, l'unità e la fedeltà degli sposi, che con l'amorevole cooperazione di tutti i suoi membri. (114) Cf. 1Tm 5,3. | (CCC 2232) I vincoli familiari, sebbene importanti, non sono però assoluti. Quanto più il figlio cresce verso la propria maturità e autonomia umane e spirituali, tanto più la sua specifica vocazione, che viene da Dio, si fa chiara e forte. I genitori rispetteranno tale chiamata e favoriranno la risposta dei propri figli a seguirla. È necessario convincersi che la prima vocazione del cristiano è di seguire Gesù [Mt 16,25]: "Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me" (Mt 10,37). (CCC 2233) Diventare discepolo di Gesù significa accettare l'invito ad appartenere alla famiglia di Dio, a condurre una vita conforme al suo modo di vivere: "Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre" (Mt 12,49). I genitori accoglieranno e rispetteranno con gioia e rendimento di grazie la chiamata rivolta dal Signore a uno dei figli a seguirlo nella verginità per il Regno, nella vita consacrata o nel ministero sacerdotale. (CCC 2234) Il quarto comandamento di Dio ci prescrive anche di onorare tutti coloro che, per il nostro bene, hanno ricevuto da Dio un'autorità nella società. Mette in luce tanto i doveri di chi esercita l'autorità quanto quelli di chi ne beneficia. |
n. 49 - L'amore coniugale
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[GS 49a] I fidanzati sono ripetutamente invitati dalla parola di Dio a nutrire e potenziare il loro fidanzamento con un amore casto, e gli sposi la loro unione matrimoniale con un affetto senza incrinature (115). (115) Cf. Ef 5,32. | (CCC 1632) Perché il "Sì" degli sposi sia un atto libero e responsabile, e l'alleanza matrimoniale abbia delle basi umane e cristiane solide e durature, la preparazione al Matrimonio è di fondamentale importanza. L'esempio e l'insegnamento dati dai genitori e dalle famiglie restano il cammino privilegiato di questa preparazione. Il ruolo dei Pastori e della comunità cristiana come "famiglia di Dio" è indispensabile per la trasmissione dei valori umani e cristiani del matrimonio e della famiglia [CIC canone 1063], tanto più che nel nostro tempo molti giovani conoscono l'esperienza di focolari distrutti che non assicurano più sufficientemente questa iniziazione: "I giovani devono essere adeguatamente e tempestivamente istruiti, soprattutto in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell'amore coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni; così che, formati nella stima della castità, possano ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle nozze" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 49] (CCC 2350) I fidanzati sono chiamati a vivere la castità nella continenza. Messi così alla prova, scopriranno il reciproco rispetto, si alleneranno alla fedeltà e alla speranza di riceversi l'un l'altro da Dio. Riserveranno al tempo del matrimonio le manifestazioni di tenerezza proprie dell'amore coniugale. Si aiuteranno vicendevolmente a crescere nella castità. |
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[GS 49b] Anche molti nostri contemporanei annettono un grande valore al vero amore tra marito e moglie, che si manifesta in espressioni diverse a seconda dei sani costumi dei popoli e dei tempi. | (CCC 2360) La sessualità è ordinata all'amore coniugale dell'uomo e della donna. Nel matrimonio l'intimità corporale degli sposi diventa un segno e un pegno della comunione spirituale. Tra i battezzati, i legami del matrimonio sono santificati dal sacramento. (CCC 2362) "Gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono onorevoli e degni, e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano, ed arricchiscono vicendevolmente in gioiosa gratitudine gli sposi stessi" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 49]. La sessualità è sorgente di gioia e di piacere: "Il Creatore stesso […] ha stabilito che nella reciproca donazione fisica totale gli sposi provino un piacere e una soddisfazione sia del corpo sia dello spirito. Quindi, gli sposi non commettono nessun male cercando tale piacere e godendone. Accettano ciò che il Creatore ha voluto per loro. Tuttavia gli sposi devono saper restare nei limiti di una giusta moderazione" [Pio XII, Discorso ai partecipanti al Convegno dell'Unione Cattolica Italiana delle Ostetriche (29 ottobre 1951)]. |
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[GS 49c] Proprio perché atto eminentemente umano, essendo diretto da persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà, quell'amore abbraccia il bene di tutta la persona; perciò ha la possibilità di arricchire di particolare dignità le espressioni del corpo e della vita psichica e di nobilitarle come elementi e segni speciali dell'amicizia coniugale. | (CCC 2232) I vincoli familiari, sebbene importanti, non sono però assoluti. Quanto più il figlio cresce verso la propria maturità e autonomia umane e spirituali, tanto più la sua specifica vocazione, che viene da Dio, si fa chiara e forte. I genitori rispetteranno tale chiamata e favoriranno la risposta dei propri figli a seguirla. È necessario convincersi che la prima vocazione del cristiano è di seguire Gesù [Mt 16,25]: "Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me" (Mt 10,37). (CCC 2361) "La sessualità, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano solo se è parte integrante dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 11]: "Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: "Sorella, alzati! Preghiamo e domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza". Essa si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: "Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri […]. Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine d'intenzione. Degnati di avere misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia". E dissero insieme: "Amen, amen!". Poi dormirono per tutta la notte" (Tb 8,4-9). (CCC 2363) Mediante l'unione degli sposi si realizza il duplice fine del matrimonio: il bene degli stessi sposi e la trasmissione della vita. Non si possono disgiungere questi due significati o valori del matrimonio, senza alterare la vita spirituale della coppia e compromettere i beni del matrimonio e l'avvenire della famiglia. L'amore coniugale dell'uomo e della donna è così posto sotto la duplice esigenza della fedeltà e della fecondità. |
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[GS 49d] Il Signore si è degnato di sanare, perfezionare ed elevare questo amore con uno speciale dono di grazia e carità. Un tale amore, unendo assieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se stessi, che si esprime mediante sentimenti e gesti di tenerezza e pervade tutta quanta la vita dei coniugi (116) anzi, diventa più perfetto e cresce proprio mediante il generoso suo esercizio. È ben superiore, perciò, alla pura attrattiva erotica che, egoisticamente coltivata, presto e miseramente svanisce. (116) Cf. Gen 2,22-24; Pr 5,18-20; 31,10-31; Tb 8,4-8; Ct 1,1-3; 2,16; 4,16-5,1; 7,8-11; 1Cor 7,3-6; Ef 5,25-33. | (CCC 1621) Nel rito latino, la celebrazione del Matrimonio tra due fedeli cattolici ha luogo normalmente durante la Santa Messa, a motivo del legame di tutti i sacramenti con il Mistero pasquale di Cristo [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 61]. Nell'Eucaristia si realizza il memoriale della Nuova Alleanza, nella quale Cristo si è unito per sempre alla Chiesa, sua diletta Sposa per la quale ha dato se stesso [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 6]. È dunque conveniente che gli sposi suggellino il loro consenso a donarsi l'uno all'altro con l'offerta delle loro proprie vite, unendola all'offerta di Cristo per la sua Chiesa, resa presente nel sacrificio eucaristico, e ricevendo l'Eucaristia, affinché, nel comunicare al medesimo Corpo e al medesimo Sangue di Cristo, essi "formino un corpo solo" in Cristo [1Cor 10,17]. (CCC 1622) "In quanto gesto sacramentale di santificazione, la celebrazione liturgica del Matrimonio […] deve essere per sé valida, degna e fruttuosa" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 67]. Conviene quindi che i futuri sposi si dispongano alla celebrazione del loro Matrimonio ricevendo il sacramento della Penitenza. (CCC 1623) Secondo la tradizione latina sono gli sposi, come ministri della grazia di Cristo, a conferirsi mutualmente il sacramento del Matrimonio esprimendo davanti alla Chiesa il loro consenso. Nelle tradizioni delle Chiese orientali, i sacerdoti, Vescovi o presbiteri, sono testimoni del reciproco consenso scambiato tra gli sposi (Cf. CCEO canone 817), ma anche la loro benedizione è necessaria per la validità del sacramento. (CCC 1624) Le diverse liturgie sono ricche di preghiere di benedizione e di epiclesi che chiedono a Dio la sua grazia e la benedizione sulla nuova coppia, specialmente sulla sposa. Nell'epiclesi di questo sacramento gli sposi ricevono lo Spirito Santo come Comunione di amore di Cristo e della Chiesa [Ef 5,32]. È lui il sigillo della loro alleanza, la sorgente sempre offerta del loro amore, la forza in cui si rinnoverà la loro fedeltà. |
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[GS 49e] Questo amore è espresso e sviluppato in maniera tutta particolare dall'esercizio degli atti che sono propri del matrimonio. Ne consegue che gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità sono onesti e degni; compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente nella gioia e nella gratitudine gli sposi stessi. | (CCC 1641) I coniugi cristiani "hanno, nel loro stato di vita e nel loro ordine, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. Questa grazia propria del sacramento del Matrimonio è destinata a perfezionare l'amore dei coniugi, a rafforzare la loro unità indissolubile. In virtù di questa grazia essi "si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale, nell'accettazione e nell'educazione della prole" [Lumen gentium, 11]. (CCC 1642) Cristo è la sorgente di questa grazia. "Come un tempo Dio venne incontro al suo popolo con un patto di amore e di fedeltà, così ora il Salvatore degli uomini e Sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del Matrimonio" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48]. Egli rimane con loro, dà loro la forza di seguirlo prendendo su di sé la propria croce, di rialzarsi dopo le loro cadute, di perdonarsi vicendevolmente, di portare gli uni i pesi degli altri [Gal 6,2], di essere "sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo" (Ef 5,21) e di amarsi di un amore soprannaturale, tenero e fecondo. Nelle gioie del loro amore e della loro vita familiare egli concede loro, fin da quaggiù, una pregustazione del banchetto delle nozze dell'Agnello: "Come sarò capace di esporre la felicità di quel matrimonio che la Chiesa unisce, l'offerta eucaristica conferma, la benedizione suggella, gli angeli annunciano e il Padre celeste ratifica? […] Quale giogo quello di due fedeli uniti in un'unica speranza, in un unico desiderio, in un'unica osservanza, in un unico servizio! Entrambi sono figli dello stesso Padre, servi dello stesso Signore; non vi è nessuna divisione quanto allo spirito e quanto alla carne. Anzi, sono veramente due in una sola carne e dove la carne è unica, unico è lo spirito" [Tertulliano, Ad uxorem, 2, 8, 6-7: PL 1, 1415-1416; Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 13]. |
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[GS 49t] Quest'amore, ratificato da un impegno mutuo e soprattutto consacrato da un sacramento di Cristo, resta indissolubilmente fedele nella prospera e cattiva sorte, sul piano del corpo e dello spirito; di conseguenza esclude ogni adulterio e ogni divorzio. L'unità del matrimonio, confermata dal Signore, appare in maniera lampante anche dalla uguale dignità personale che bisogna riconoscere sia all'uomo che alla donna nel mutuo e pieno amore. | (CCC 1638) "Dalla valida celebrazione del matrimonio sorge tra i coniugi un vincolo di sua natura perpetuo ed esclusivo; inoltre nel matrimonio cristiano i coniugi, per i compiti e la dignità del loro stato, vengono corroborati e come consacrati da uno speciale sacramento" [CIC canone 1134]. (CCC 1639) Il consenso, mediante il quale gli sposi si donano e si ricevono mutuamente, è suggellato da Dio stesso [Mc 10,9]. Dalla loro alleanza "nasce, anche davanti alla società, l'istituto [del matrimonio] che ha stabilità per ordinamento divino" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48]. L'alleanza degli sposi è integrata nell'alleanza di Dio con gli uomini: "L'autentico amore coniugale è assunto nell'amore divino" [Gaudium et spes, 48]. (CCC 1640) Il vincolo matrimoniale è dunque stabilito da Dio stesso, così che il Matrimonio concluso e consumato tra battezzati non può mai essere sciolto. Questo vincolo, che risulta dall'atto umano libero degli sposi e dalla consumazione del matrimonio, è una realtà ormai irrevocabile e dà origine ad un'alleanza garantita dalla fedeltà di Dio. Non è in potere della Chiesa pronunciarsi contro questa disposizione della sapienza divina [Cf. CIC canone 1141]. |
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[GS 49g1] Per tener fede costantemente agli impegni di questa vocazione cristiana si richiede una virtù fuori del comune; | (CCC 1646) L'amore coniugale esige dagli sposi, per sua stessa natura, una fedeltà inviolabile. È questa la conseguenza del dono di se stessi che gli sposi si fanno l'uno all'altro. L'amore vuole essere definitivo. Non può essere "fino a nuovo ordine". "Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l'indissolubile unità" [Gaudium et spes, 48]. (CCC 1647) La motivazione più profonda si trova nella fedeltà di Dio alla sua alleanza, di Cristo alla sua Chiesa. Dal sacramento del Matrimonio gli sposi sono abilitati a rappresentare tale fedeltà e a darne testimonianza. Dal sacramento, l'indissolubilità del Matrimonio riceve un senso nuovo e più profondo. (CCC 1648) Può sembrare difficile, persino impossibile, legarsi per tutta la vita a un essere umano. È perciò quanto mai necessario annunciare la buona novella che Dio ci ama di un amore definitivo e irrevocabile, che gli sposi sono partecipi di questo amore, che egli li conduce e li sostiene, e che attraverso la loro fedeltà possono essere i testimoni dell'amore fedele di Dio. I coniugi che, con la grazia di Dio, danno questa testimonianza, spesso in condizioni molto difficili, meritano la gratitudine e il sostegno della comunità ecclesiale [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 20]. |
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[GS 49g2] è per questo che i coniugi, resi forti dalla grazia per una vita santa, coltiveranno assiduamente la fermezza dell'amore, la grandezza d'animo, lo spirito di sacrificio e li domanderanno nella loro preghiera. | (CCC 1649) Esistono tuttavia situazioni in cui la coabitazione matrimoniale diventa praticamente impossibile per le più varie ragioni. In tali casi la Chiesa ammette la separazione fisica degli sposi e la fine della coabitazione. I coniugi non cessano di essere marito e moglie davanti a Dio; non sono liberi di contrarre una nuova unione. In questa difficile situazione, la soluzione migliore sarebbe, se possibile, la riconciliazione. La comunità cristiana è chiamata ad aiutare queste persone a vivere cristianamente la loro situazione, nella fedeltà al vincolo del loro matrimonio che resta indissolubile [Familiaris consortio, 83; CIC canoni 1151-1155]. (CCC 1650) Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo ("Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio": Mc 10,11-12 ), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza. (CCC 1651) Nei confronti dei cristiani che vivono in questa situazione e che spesso conservano la fede e desiderano educare cristianamente i loro figli, i sacerdoti e tutta la comunità devono dare prova di una attenta sollecitudine affinché essi non si considerino come separati dalla Chiesa, alla vita della quale possono e devono partecipare in quanto battezzati: "Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il Sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza, per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 84]. |
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[GS 49h] Ma l'autentico amore coniugale godrà più alta stima e si formerà al riguardo una sana opinione pubblica, se i coniugi cristiani danno testimonianza di fedeltà e di armonia nell'amore come anche di sollecitudine nell'educazione dei figli, e se assumono la loro responsabilità nel necessario rinnovamento culturale, psicologico e sociale a favore del matrimonio e della famiglia. | (CCC 2201) La comunità coniugale è fondata sul consenso degli sposi. Il matrimonio e la famiglia sono ordinati al bene degli sposi e alla procreazione ed educazione dei figli. L'amore degli sposi e la generazione dei figli stabiliscono tra i membri di una medesima famiglia relazioni personali e responsabilità primarie. (CCC 2202) Un uomo e una donna uniti in matrimonio formano insieme con i loro figli una famiglia. Questa istituzione precede qualsiasi riconoscimento da parte della pubblica autorità; si impone da sé. La si considererà come il normale riferimento, in funzione del quale devono essere valutate le diverse forme di parentela. (CCC 2206) Le relazioni in seno alla famiglia comportano un'affinità di sentimenti, di affetti e di interessi, che nasce soprattutto dal reciproco rispetto delle persone. La famiglia è una comunità privilegiata chiamata a realizzare "un'amorevole apertura di animo tra i coniugi e una continua collaborazione tra i genitori nell'educazione dei figli" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 52]. |
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[GS 49i] I giovani siano adeguatamente istruiti, molto meglio se in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell'amore coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni; | (CCC 2204) "La famiglia cristiana offre una rivelazione e una realizzazione specifica della comunione ecclesiale; anche per questo motivo, può e deve essere chiamata "Chiesa domestica"" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 21; Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. Essa è una comunità di fede, di speranza e di carità; nella Chiesa riveste una singolare importanza come è evidente nel Nuovo Testamento [Ef 5,21-6,4; Col 3,18-21; 1Pt 3,1-7]. (CCC 2203) Creando l'uomo e la donna, Dio ha istituito la famiglia umana e l'ha dotata della sua costituzione fondamentale. I suoi membri sono persone uguali in dignità. Per il bene comune dei suoi membri e della società, la famiglia comporta una diversità di responsabilità, di diritti e di doveri. (CCC 2197) Il quarto comandamento apre la seconda tavola della Legge. Indica l'ordine della carità. Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i nostri genitori ai quali dobbiamo la vita e che ci hanno trasmesso la conoscenza di Dio. Siamo tenuti ad onorare e rispettare tutti coloro che Dio, per il nostro bene, ha rivestito della sua autorità. (CCC 2198) Questo comandamento è espresso nella forma positiva di un dovere da compiere. Annunzia i comandamenti successivi, concernenti un rispetto particolare della vita, del matrimonio, dei beni terreni, della parola. Costituisce uno dei fondamenti della dottrina sociale della Chiesa. |
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[GS 49l] così che, formati nella stima della castità, possano ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle nozze. | (CCC 2337) La castità esprime la raggiunta integrazione della sessualità nella persona e conseguentemente l'unità interiore dell'uomo nel suo essere corporeo e spirituale. La sessualità, nella quale si manifesta l'appartenenza dell'uomo al mondo materiale e biologico, diventa personale e veramente umana allorché è integrata nella relazione da persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell'uomo e della donna. La virtù della castità, quindi, comporta l'integrità della persona e l'integralità del dono. (CCC 2338) La persona casta conserva l'integrità delle forze di vita e di amore che sono in lei. Tale integrità assicura l'unità della persona e si oppone a ogni comportamento che la ferirebbe. Non tollera né doppiezza di vita, né doppiezza di linguaggio [Mt 5,37]. (CCC 2344) La castità rappresenta un impegno eminentemente personale; implica anche uno sforzo culturale, poiché "il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società [sono] tra loro interdipendenti" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 25]. La castità suppone il rispetto dei diritti della persona, in particolare quello di ricevere un'informazione ed un'educazione che rispettino le dimensioni morali e spirituali della vita umana. (CCC 2345) La castità è una virtù morale. Essa è anche un dono di Dio, una grazia, un frutto dello Spirito [Gal 5,22-23]. Lo Spirito Santo dona di imitare la purezza di Cristo [1Gv 3,3] a colui che è stato rigenerato dall'acqua del Battesimo. |
n. 50 - La fecondità del matrimonio | |
[GS 50a] Il matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il dono più eccellente del matrimonio e contribuiscono grandemente al bene dei genitori stessi. Dio che disse: « non è bene che l'uomo sia solo» (Gn 2,18) e «che creò all'inizio l'uomo maschio e femmina» (Mt 19,4), volendo comunicare all'uomo una speciale partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: «crescete e moltiplicatevi» (Gn 1,28). Di conseguenza un amore coniugale vero e ben compreso e tutta la struttura familiare che ne nasce tendono, senza trascurare gli altri fini del matrimonio, a rendere i coniugi disponibili a cooperare coraggiosamente con l'amore del Creatore e del Salvatore che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia. | (CCC 1660) L'alleanza matrimoniale, mediante la quale un uomo e una donna costituiscono fra loro un'intima comunione di vita e di amore, è stata fondata e dotata di sue proprie leggi dal Creatore. Per sua natura è ordinata al bene dei coniugi così come alla generazione e all'educazione della prole. Tra battezzati essa è stata elevata da Cristo Signore alla dignità di sacramento [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48; CIC canone 1055, § 1]. |
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[GS 50b] I coniugi sappiano di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla; ciò deve essere considerato come missione loro propria. | (CCC 1666) Il focolare cristiano è il luogo in cui i figli ricevono il primo annuncio della fede. Ecco perché la casa familiare è chiamata a buon diritto "la Chiesa domestica", comunità di grazia e di preghiera, scuola delle virtù umane e della carità cristiana. |
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[GS 50c] E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità e, con docile riverenza verso Dio, di comune accordo e con sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno; valutando le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa stessa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi. Però nella loro linea di condotta i coniugi cristiani siano consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che sia conforme alla legge divina stessa; e siano docili al magistero della Chiesa, che interpreta in modo autentico quella legge alla luce del Vangelo. | (CCC 1655) Cristo ha voluto nascere e crescere in seno alla Santa Famiglia di Giuseppe e di Maria. La Chiesa non è altro che la "famiglia di Dio". Fin dalle sue origini, il nucleo della Chiesa era spesso costituito da coloro che, insieme con tutta la loro famiglia, erano divenuti credenti [At 18,8]. Allorché si convertivano, desideravano che anche tutta la loro famiglia fosse salvata [At 16,31; 11,14]. Queste famiglie divenute credenti erano piccole isole di vita cristiana in un mondo incredulo. |
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[GS 50d] Tale legge divina manifesta il significato pieno dell'amore coniugale, lo protegge e lo conduce verso la sua perfezione veramente umana. | (CCC 1661) Il sacramento del Matrimonio è segno dell'unione di Cristo e della Chiesa. Esso dona agli sposi la grazia di amarsi con l'amore con cui Cristo ha amato la sua Chiesa; la grazia del sacramento perfeziona così l'amore umano dei coniugi, consolida la loro unità indissolubile e li santifica nel cammino della vita eterna [Concilio di Trento: DS 1799]. |
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[GS 50e] Così quando gli sposi cristiani, fidando nella divina Provvidenza e coltivando lo spirito di sacrificio (117), svolgono il loro ruolo procreatore e si assumono generosamente le loro responsabilità umane e cristiane, glorificano il Creatore e tendono alla perfezione cristiana. Tra i coniugi che in tal modo adempiono la missione loro affidata da Dio, sono da ricordare in modo particolare quelli che, con decisione prudente e di comune accordo, accettano con grande animo anche un più grande numero di figli da educare convenientemente (118). (117) Cf. PIO XI, Encicl. Casti Connubii: AAS 22 (1930), pp. 547-548; Dz 2232 (3707). (118) Cf. 1 Cor 7,5. | (CCC 1652) "Per sua indole naturale, l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento": [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48] "I figli sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori. Lo stesso Dio che disse: "Non è bene che l'uomo sia solo" (Gen 2,18 ) e che "creò all'inizio l'uomo maschio e femmina" (Mt 19,4), volendo comunicare all'uomo una certa speciale partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: "Crescete e moltiplicatevi" (Gen 1,28). Di conseguenza la vera pratica dell'amore coniugale e tutta la struttura della vita familiare che ne nasce, senza posporre gli altri fini del matrimonio, a questo tendono che i coniugi, con fortezza d'animo, siano disposti a cooperare con l'amore del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50]. |
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[GS 50f] Il matrimonio tuttavia non è stato istituito soltanto per la procreazione; il carattere stesso di alleanza indissolubile tra persone e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche se la prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non c'è, il matrimonio perdura come comunità e comunione di tutta la vita e conserva il suo valore e la sua indissolubilità. | (CCC 1653) La fecondità dell'amore coniugale si estende ai frutti della vita morale, spirituale e soprannaturale che i genitori trasmettono ai loro figli attraverso l'educazione. I genitori sono i primi e principali educatori dei loro figli [Conc. Ecum. Vat. II, Gravissimum educationis, 3]. In questo senso il compito fondamentale del matrimonio e della famiglia è di essere al servizio della vita [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 28]. (CCC 1654) I coniugi ai quali Dio non ha concesso di avere figli, possono nondimeno avere una vita coniugale piena di senso, umanamente e cristianamente. Il loro matrimonio può risplendere di una fecondità di carità, di accoglienza e di sacrificio. |
n. 51 - Accordo dell'amore coniugale col rispetto della vita | |
[GS 51a] Il Concilio sa che spesso i coniugi, che vogliono condurre armoniosamente la loro vita coniugale, sono ostacolati da alcune condizioni della vita di oggi, e possono trovare circostanze nelle quali non si può aumentare, almeno per un certo tempo, il numero dei figli; non senza difficoltà allora si può conservare la pratica di un amore fedele e la piena comunità di vita. Là dove, infatti, è interrotta l'intimità della vita coniugale, non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli: allora corrono pericolo anche l'educazione dei figli e il coraggio di accettarne altri. | (CCC 2273) Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione: "I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte" [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 3]. "Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. […] Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti" [Donum vitae, 3]. |
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[GS 51b] C'è chi presume portare a questi problemi soluzioni non oneste, anzi non rifugge neppure dall'uccisione delle nuove vite. La Chiesa ricorda, invece, che non può esserci vera contraddizione tra le leggi divine, che reggono la trasmissione della vita, e quelle che favoriscono l'autentico amore coniugale. | (CCC 2271) Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale: "Non uccidere il bimbo con l'aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita" [Didaché, 2, 2; Lettera dello Pseudo Barnaba, 19, 5; Lettera a Diogneto, 5, 6; Tertulliano, Apologeticum, 9, 8: PL 1, 371-372]. "Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio sono abominevoli delitti" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51]. (CCC 2272) La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. "Chi procura l'aborto, ottenendo l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae" [CIC canone 1398] "per il fatto stesso d'aver commesso il delitto" [CIC canone 1314] e alle condizioni previste dal Diritto [CIC canoni 1323-1324]. La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società. |
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[GS 51c] Infatti Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; l'aborto e l'infanticidio sono delitti abominevoli. La sessualità propria dell'uomo e la facoltà umana di generare sono meravigliosamente superiori a quanto avviene negli stadi inferiori della vita; perciò anche gli atti specifici della vita coniugale, ordinati secondo la vera dignità umana, devono essere rispettati con grande stima. | (CCC 2366) La fecondità è un dono, un fine del matrimonio; infatti l'amore coniugale tende per sua natura ad essere fecondo. Il figlio non viene ad aggiungersi dall'esterno al reciproco amore degli sposi; sboccia nel cuore stesso del loro mutuo dono, di cui è frutto e compimento. Perciò la Chiesa, che "sta dalla parte della vita" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 30], insegna che "qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto per sé alla trasmissione della vita" [Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 11]. "Tale dottrina, più volte esposta dal Magistero della Chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo" [Humanae vitae, 12; Pio XI Lett. enc. Casti connubii: DS 3717]. (CCC 2367) Chiamati a donare la vita, gli sposi partecipano della potenza creatrice e della paternità di Dio [Ef 3,14; Mt 23,9]. "Nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla, che deve essere considerato come la loro propria missione, i coniugi sanno di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e come suoi interpreti. E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50]. |
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[GS 51d] Perciò, quando si tratta di mettere d'accordo l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato secondo criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella dignità stessa della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un contesto di vero amore, il significato totale della mutua donazione e della procreazione umana; cosa che risulterà impossibile se non viene coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale. I figli della Chiesa, fondati su questi principi, nel regolare la procreazione, non potranno seguire strade che sono condannate dal Magistero nella spiegazione della legge divina (119). (119) Cf. PIO XII, Discorso Tra le visite, 20 gen. 1958: AAS 50 (1958), p. 91. | (CCC 2368) Un aspetto particolare di tale responsabilità riguarda la regolazione della procreazione. Per validi motivi [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50] gli sposi possono voler distanziare le nascite dei loro figli. Devono però verificare che il loro desiderio non sia frutto di egoismo, ma sia conforme alla giusta generosità di una paternità responsabile. Inoltre regoleranno il loro comportamento secondo i criteri oggettivi della moralità: "Quando si tratta di comporre l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51]. (CCC 2369) "Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l'atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla paternità" [Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 12]. |
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[GS 51e] Del resto, tutti sappiamo che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla non sono limitati agli orizzonti di questo mondo e non vi trovano né la loro piena dimensione, né il loro pieno senso, ma riguardano il destino eterno degli uomini. | (CCC 2370) La continenza periodica, i metodi di regolazione delle nascite basati sull'auto-osservazione e il ricorso ai periodi infecondi [Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 16] sono conformi ai criteri oggettivi della moralità. Tali metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano tra loro la tenerezza e favoriscono l'educazione ad una libertà autentica. Al contrario, è intrinsecamente cattiva "ogni azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione" [Humanae vitae, 14]. "Al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all'altro in totalità: ne deriva non soltanto il positivo rifiuto all'apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell'interiore verità dell'amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale. […] La differenza antropologica e al tempo stesso morale, che esiste tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi temporali […], coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità umana tra loro irriducibili" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 32]. (CCC 2371) "Sia chiaro a tutti che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla non sono limitati solo a questo tempo e non si possono commisurare e capire in questo mondo soltanto, ma riguardano sempre il destino eterno degli uomini" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51]. |
n. 52 - Impegno di tutti per il bene del matrimonio e della famiglia | |
[GS 52a] La famiglia è una scuola di arricchimento umano. Perché però possa attingere la pienezza della sua vita e del suo compimento, è necessaria una amorevole apertura vicendevole di animo tra i coniugi, e la consultazione reciproca e una continua collaborazione tra i genitori nella educazione dei figli. La presenza attiva del padre giova moltissimo alla loro formazione; ma bisogna anche permettere alla madre, di cui abbisognano specialmente i figli più piccoli, di prendersi cura del proprio focolare pur senza trascurare la legittima promozione sociale della donna. | (CCC 2199) Il quarto comandamento si rivolge espressamente ai figli in ordine alle loro relazioni con il padre e con la madre, essendo questa relazione la più universale. Concerne parimenti i rapporti di parentela con i membri del gruppo familiare. Chiede di tributare onore, affetto e riconoscenza ai nonni e agli antenati. Si estende infine ai doveri degli alunni nei confronti degli insegnanti, dei dipendenti nei confronti dei datori di lavoro, dei subordinati nei confronti dei loro superiori, dei cittadini verso la loro patria, verso i pubblici amministratori e i governanti. Questo comandamento implica e sottintende i doveri dei genitori, tutori, docenti, capi, magistrati, governanti, di tutti coloro che esercitano un'autorità su altri o su una comunità di persone. (CCC 2373) La Sacra Scrittura e la pratica tradizionale della Chiesa vedono nelle famiglie numerose un segno della benedizione divina e della generosità dei genitori [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50]. |
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[GS 52b] I figli poi, mediante l'educazione devono venire formati in modo che, giunti alla maturità, possano seguire con pieno senso di responsabilità la loro vocazione, compresa quella sacra; e se sceglieranno lo stato di vita coniugale, possano formare una propria famiglia in condizioni morali, sociali ed economiche favorevoli. È compito poi dei genitori o dei tutori guidare i più giovani nella formazione di una nuova famiglia con il consiglio prudente, presentato in modo che questi lo ascoltino volentieri; dovranno tuttavia evitare di esercitare forme di coercizione diretta o indiretta su di essi per spingerli al matrimonio o alla scelta di una determinata persona come coniuge. | (CCC 2199) Il quarto comandamento si rivolge espressamente ai figli in ordine alle loro relazioni con il padre e con la madre, essendo questa relazione la più universale. Concerne parimenti i rapporti di parentela con i membri del gruppo familiare. Chiede di tributare onore, affetto e riconoscenza ai nonni e agli antenati. Si estende infine ai doveri degli alunni nei confronti degli insegnanti, dei dipendenti nei confronti dei datori di lavoro, dei subordinati nei confronti dei loro superiori, dei cittadini verso la loro patria, verso i pubblici amministratori e i governanti. Questo comandamento implica e sottintende i doveri dei genitori, tutori, docenti, capi, magistrati, governanti, di tutti coloro che esercitano un'autorità su altri o su una comunità di persone. (CCC 2208) La famiglia deve vivere in modo che i suoi membri si aprano all'attenzione e all'impegno in favore dei giovani e degli anziani, delle persone malate o handicappate e dei poveri. Numerose sono le famiglie che, in certi momenti, non hanno la possibilità di dare tale aiuto. Tocca allora ad altre persone, ad altre famiglie e, sussidiariamente, alla società provvedere ai bisogni di costoro: "Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo" (Gc 1,27). (CCC 2207) La famiglia è la cellula originaria della vita sociale. È la società naturale in cui l'uomo e la donna sono chiamati al dono di sé nell'amore e nel dono della vita. L'autorità, la stabilità e la vita di relazione in seno alla famiglia costituiscono i fondamenti della libertà, della sicurezza, della fraternità nell'ambito della società. La famiglia è la comunità nella quale, fin dall'infanzia, si possono apprendere i valori morali, si può incominciare ad onorare Dio e a far buon uso della libertà. La vita di famiglia è un'iniziazione alla vita nella società. |
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[GS 52c] In questo modo la famiglia, nella quale le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa e ad armonizzare i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale, è veramente il fondamento della società. Tutti coloro che hanno influenza sulla società e sulle sue diverse categorie, quindi, devono collaborare efficacemente alla promozione del matrimonio e della famiglia; e le autorità civili dovranno considerare come un sacro dovere conoscere la loro vera natura, proteggerli e farli progredire, difendere la moralità pubblica e favorire la prosperità domestica. In particolare dovrà essere difeso il diritto dei genitori di generare la prole e di educarla in seno alla famiglia. Una provvida legislazione ed iniziative varie dovranno pure proteggere ed aiutare opportunamente coloro che sono purtroppo privi di una propria famiglia. | (CCC 2209) La famiglia deve essere aiutata e difesa con appropriate misure sociali. Là dove le famiglie non sono in grado di adempiere alle loro funzioni, gli altri corpi sociali hanno il dovere di aiutarle e di sostenere l'istituto familiare. In base al principio di sussidiarietà, le comunità più grandi si guarderanno dall'usurpare le sue prerogative o di ingerirsi nella sua vita. (CCC 2210) L'importanza della famiglia per la vita e il benessere della società, [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 47] comporta per la società stessa una particolare responsabilità nel sostenere e consolidare il matrimonio e la famiglia. Il potere civile consideri "come un sacro dovere rispettare, proteggere e favorire la loro vera natura, la moralità pubblica e la prosperità domestica" [Ib., 52]. |
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[GS 52d] I cristiani, bene utilizzando il tempo presente (120) e distinguendo le realtà permanenti dalle forme mutevoli, si adoperino per sviluppare diligentemente i valori del matrimonio e della famiglia; lo faranno tanto con la testimonianza della propria vita, quanto con un'azione concorde con gli uomini di buona volontà. Così, superando le difficoltà presenti, essi provvederanno ai bisogni e agli interessi della famiglia, in accordo con i tempi nuovi. A questo fine sono di grande aiuto il senso cristiano dei fedeli, la retta coscienza morale degli uomini, come pure la saggezza e la competenza di chi è versato nelle discipline sacre. (120) Cf. PIO XI, Encicl. Casti Connubii: AAS 22 (1930), pp. 559-561; Dz 3716-18 [in parte]; PIO XII, Discorso al Convegno dell'Unione Italiana Ostetriche 29 ott. 1951: AAS 43 (1951), pp. 835-854; PAOLO VI, Discorso agli Em.mi Padri Cardinali, 23 giugno 1964: AAS 56 (1964) pp. 581-589. Alcuni problemi, che hanno bisogno di analisi ulteriori e più approfondite, per ordine del Sommo Pontefice sono stati demandati alla Commissione per lo studio della popolazione, della famiglia e della natalità, perché il Sommo Pontefice dia il suo giudizio dopo che essa avrà concluso il suo compito. Stando a questo punto la dottrina del Magistero, il S. Concilio non intende proporre immediatamente soluzioni concrete. | (CCC 2211) La comunità politica ha il dovere di onorare la famiglia, di assisterla, e di assicurarle in particolare: - la libertà di costituirsi, di procreare figli e di educarli secondo le proprie convinzioni morali e religiose; - la tutela della stabilità del vincolo coniugale e dell'istituto familiare; - la libertà di professare la propria fede, di trasmetterla, di educare in essa i figli, avvalendosi dei mezzi e delle istituzioni necessarie; - il diritto alla proprietà privata, la libertà di intraprendere un'attività, di procurarsi un lavoro e una casa, il diritto di emigrare; - in conformità alle istituzioni dei paesi, il diritto alle cure mediche, all'assistenza per le persone anziane, agli assegni familiari; - la difesa della sicurezza e della salute, particolarmente in ordine a pericoli come la droga, la pornografia, l'alcolismo, ecc.; - la libertà di formare associazioni con altre famiglie e di essere in tal modo rappresentate presso le autorità civili [Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 46]. |
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[GS 52e] Gli esperti nelle scienze, soprattutto biologiche, mediche, sociali e psicologiche, possono portare un grande contributo al bene del matrimonio e della famiglia e alla pace delle coscienze se, con l'apporto convergente dei loro studi, cercheranno di chiarire sempre più a fondo le diverse condizioni che favoriscono un'ordinata e onesta procreazione umana. | (CCC 2374) Grande è la sofferenza delle coppie che si scoprono sterili. "Che mi darai? - chiede Abramo a Dio - Io me ne vado senza figli… " (Gen 15,2). "Dammi dei figli, se no io muoio!", grida Rachele al marito Giacobbe (Gen 30,1). (CCC 2375) Le ricerche finalizzate a ridurre la sterilità umana sono da incoraggiare, a condizione che si pongano "al servizio della persona umana, dei suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale, secondo il progetto e la volontà di Dio" [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, Introductio, 2]. (CCC 2376) Le tecniche che provocano una dissociazione dei genitori, per l'intervento di una persona estranea alla coppia (dono di sperma o di ovocita, prestito dell'utero) sono gravemente disoneste. Tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali eterologhe) ledono il diritto del figlio a nascere da un padre e da una madre conosciuti da lui e tra loro legati dal matrimonio. Tradiscono "il diritto esclusivo [degli sposi] a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro" [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 2, 1]. |
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[GS 52f] È compito dei sacerdoti, provvedendosi una necessaria competenza sui problemi della vita familiare, aiutare amorosamente la vocazione dei coniugi nella loro vita coniugale e familiare con i vari mezzi della pastorale, con la predicazione della parola di Dio, con il culto liturgico o altri aiuti spirituali, fortificarli con bontà e pazienza nelle loro difficoltà e confortarli con carità, perché si formino famiglie veramente serene. | (CCC 2379) Il Vangelo mostra che la sterilità fisica non è un male assoluto. Gli sposi che, dopo aver esaurito i legittimi ricorsi alla medicina, soffrono di sterilità, si uniranno alla croce del Signore, sorgente di ogni fecondità spirituale. Essi possono mostrare la loro generosità adottando bambini abbandonati oppure compiendo servizi significativi a favore del prossimo. (CCC 2378) Il figlio non è qualcosa di dovuto, ma un dono. Il "dono più grande del matrimonio" è una persona umana. Il figlio non può essere considerato come oggetto di proprietà: a ciò condurrebbe il riconoscimento di un preteso "diritto al figlio". In questo campo, soltanto il figlio ha veri diritti: quello "di essere il frutto dell'atto specifico dell'amore coniugale dei suoi genitori e anche il diritto a essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento" [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 2, 8]. (CCC 2377) Praticate in seno alla coppia, tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali omologhe) sono, forse, meno pregiudizievoli, ma rimangono moralmente inaccettabili. Dissociano l'atto sessuale dall'atto procreatore. L'atto che fonda l'esistenza del figlio non è più un atto con il quale due persone si donano l'una all'altra, bensì un atto che "affida la vita e l'identità dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e alla uguaglianza che dev'essere comune a genitori e figli" [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 2, 5]. "La procreazione è privata dal punto di vista morale della sua perfezione propria quando non è voluta come il frutto dell'atto coniugale, e cioè del gesto specifico della unione degli sposi […]; soltanto il rispetto del legame che esiste tra i significati dell'atto coniugale e il rispetto dell'unità dell'essere umano consente una procreazione conforme alla dignità della persona" [Donum vitae, 2, 4]. |
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[GS 52g] Le varie opere di apostolato, specialmente i movimenti familiari, si adopereranno a sostenere con la dottrina e con l'azione i giovani e gli stessi sposi, particolarmente le nuove famiglie, ed a formarli alla vita familiare, sociale ed apostolica. | (CCC 1632) Perché il "Sì" degli sposi sia un atto libero e responsabile, e l'alleanza matrimoniale abbia delle basi umane e cristiane solide e durature, la preparazione al Matrimonio è di fondamentale importanza. L'esempio e l'insegnamento dati dai genitori e dalle famiglie restano il cammino privilegiato di questa preparazione. Il ruolo dei Pastori e della comunità cristiana come "famiglia di Dio" è indispensabile per la trasmissione dei valori umani e cristiani del matrimonio e della famiglia [CIC canone 1063], tanto più che nel nostro tempo molti giovani conoscono l'esperienza di focolari distrutti che non assicurano più sufficientemente questa iniziazione: "I giovani devono essere adeguatamente e tempestivamente istruiti, soprattutto in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell'amore coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni; così che, formati nella stima della castità, possano ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle nozze" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 49]. |
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[GS 52h] Infine i coniugi stessi, creati ad immagine del Dio vivente e muniti di un'autentica dignità personale, siano uniti da un uguale mutuo affetto, dallo stesso modo di sentire, da comune santità (121), cosi che, seguendo Cristo principio di vita (122) nelle gioie e nei sacrifici della loro vocazione, attraverso il loro amore fedele possano diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte e la sua risurrezione (123). (121) Cf. Ef 5,16; Col 4,5. (122) Cf. Sacramentarium Gregorianum: PL 78, 262. (123) Cf. Rm 5,15 e 18; 6,5-11; Gal 2,20. | (CCC 2364) La coppia coniugale forma una "intima comunità di vita e di amore [che], fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48]. Gli sposi si donano definitivamente e totalmente l'uno all'altro. Non sono più due, ma ormai formano una carne sola. L'alleanza stipulata liberamente dai coniugi impone loro l'obbligo di conservarne l'unità e l'indissolubilità [CIC canone 1056]. "L'uomo […] non separi ciò che Dio ha congiunto" (Mc 10,9) [Mt 19,1-12; 1Cor 7,10-11]. (CCC 1365) In quanto memoriale della Pasqua di Cristo, l'Eucaristia è anche un sacrificio. Il carattere sacrificale dell'Eucaristia si manifesta nelle parole stesse dell'istituzione: "Questo è il mio Corpo che è dato per voi" e "Questo calice è la nuova alleanza nel mio Sangue, che viene versato per voi" (Lc 22,19-20). Nell'Eucaristia Cristo dona lo stesso corpo che ha consegnato per noi sulla croce, lo stesso sangue che egli ha "versato per molti, in remissione dei peccati" (Mt 26,28). (CCC 1658) Bisogna anche ricordare alcune persone che, a causa delle condizioni concrete in cui devono vivere - e spesso senza averlo voluto - sono particolarmente vicine al cuore di Gesù e meritano quindi affetto e premurosa sollecitudine da parte della Chiesa e in modo speciale dei pastori: il gran numero di persone celibi. Molte di loro restano senza famiglia umana, spesso a causa delle condizioni di povertà. Ve ne sono di quelle che vivono la loro situazione nello spirito delle Beatitudini, servendo Dio e il prossimo in maniera esemplare. A tutte loro bisogna aprire le porte dei focolari, "Chiese domestiche", e della grande famiglia che è la Chiesa. "Nessuno è privo della famiglia in questo mondo: la Chiesa è casa e famiglia per tutti, specialmente per quanti sono "affaticati e oppressi" (Mt 11,28)" [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 85]. |
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