Prima Lettera di Pietro (III)


Il diaconato in Italia n° 178
(gennaio/febbraio 2013)

PAROLA


Prima Lettera di Pietro (III)
di Luca Bassetti

Offrendo alcune indicazioni schematiche per la lettura di alcuni passi della Lettera di Pietro, si propone una spiegazione letterale e uno sviluppo teologico-spirituale.


Il frutto della rigenerazione: missione del nuovo popolo (1Pt 2,1-10)

a) Il testo
Bambini che bramano il latte e si lasciano crescere
«1Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza, 2come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: 3se davvero avete già gustato come è buono il Signore».

Pietre vive che si lasciano edificare in tempio di Dio
«4Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, 5anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. 6Si legge infatti nella Scrittura: Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso. 70nore dunque a voi che credete; ma per gli increduli la pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta la pietra angolare, 8sasso d'inciampo e pietra di scandalo. Loro v'inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati».

Popolo eletto che testimonia la misericordia di Dio
«9Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; 10voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia».

b) Note di spiegazione letterale
Dopo aver descritto la nuova identità dei rigenerati nel battesimo (1,3-25) in questo brano si passa a considerare il compito missionario e testimoniale del nuovo popolo dei figli di Dio. La riflessione procede nel crescendo di tre successive ondate: il passaggio battesimale come rinuncia al peccato accettando la propria piccolezza di bambini che desiderano crescere non più in modo autonomo, ma con il nutrimento divino; lo sviluppo di chi cresce non da solo, ma insieme agli altri, come parte di un unica realtà che diviene luogo della dimora di Dio in mezzo agli uomini; la piena capacità di testimonianza trasparente delle opere di Dio, capace di cambiare le tenebre della precedente condotta nel peccato in luce di grazia, di rivelazione profetica della sua misericordia offerta ad ogni uomo.
2,1: L'invito a deporre (apothemenoi) malizia (kakia, cioè cattiveria, malvagità), frode (dolos, cioè inganno, astuzia e falsità), ipocrisie (hypokriseis o doppiezze), gelosie (phthonous, cioè invidie che tendono all'odio) e maldicenza (katalalias, cioè parlare contro qualcuno), richiama l'atto battesimale della rinuncia a Satana, al peccato e a tutte le sue seduzioni, nella simbolica plastica della deposizione delle vesti all'ingresso nel fonte battesimale.
2,2-3: il sostantivo brephos indica il lattante. La condizione del neobattezzato è quella del neonato: avidità nella ricerca del nutrimento, del latte materno succhiato e ricevuto gratuitamente dalla comunità cristiana, senza nulla dover fare per procurarselo. L'alimento in questione è indicato come logikon adolon gala, «latte razionale», cioè secondo la parola divina (logos) e «genuino», cioè non contraffatto da artificiosità umane.
I bambini neobattezzati devono bramarlo, con desiderio ardente (epipothesate), dal momento che hanno già gustato la bontà del Signore (Sal 33,9 secondo la LXX, dove kyrios indica Dio, mentre qui si riferisce ormai a Gesù). In relazione a 1,23 si coglie come i figli di Dio abbiano bisogno, per crescere, di quella stessa parola che li ha fatti nascere.
2,4-5: Alla nascita segue lo sviluppo. Per aderire a Cristo i credenti divengono pietre vive per la costruzione della dimora di Dio. Aderire alla pietra scartata significa partecipare in certo modo al rifiuto degli uomini (Is 28,16; Sal 118,22; Mt 21,42). Ai cristiani è ricordato lo scandalo del Cristo respinto nel mistero della croce, ma divenuto pietra angolare e scelta nella risurrezione.
Sul loro Signore essi devono lasciarsi edificare insieme (oikodomeisthe) in sacerdozio santo, abilitato all'offerta spirituale gradita a Dio (Gen 4,4; 8,21; Is 56,7), l'offerta di sé con Cristo (Rm 12,1-2).
L'espressione hierateuma hagion indica non tanto la natura dell'edificio sacerdotale, quanto la sua destinazione e funzione. Si tratta di un edificio sacro per una funzione sacerdotale da esercitare. Dal confronto con Ef 2,21-22 e dal concetto più generale di edificio si può desumere l'idea di una partecipazione differenziata dei credenti alla funzione sacerdotale. L'ufficio del Vangelo è per l'oblazione sacerdotale dei credenti (Rm 15,16).
2,8: Credere alla Parola è condizione per aderire alla pietra scartata senza inciamparvi, per accostarsi a Cristo senza scandalizzarsi e venire così fondati ed edificati in Lui, come casa di Dio (1Pt4,17; 1Cor 3,16-17; 2Cor 6,16; Ef 2,20-22; 1Tm 3,15; Eb 3,6; 10,21-22).
2,9: La condizione dei credenti è indicata con le espressioni di Es 19,6: è un genos eklekton, una stirpe oggetto di elezione da parte di Dio, in continuità con il vecchio Israele; un basileion hierateuma, un regno fatto tutto di sacerdoti, un regno-popolo costituito per la sua funzione di mediazione nei confronti dell'umanità; un ethnos hagion, un popolo tutto appartenente al Signore, messo da Lui a parte per una funzione particolare; un laos eis peripoiesin, un popolo d'acquisto da parte di Dio, con il sangue prezioso di Cristo (1Pt 1,18-19). Il sacerdozio dei credenti tende a culminare quale espressione profetico-testimoniale di ciò che Dio ha compiuto in loro come nuova creazione, passaggio dalle. tenebre alla luce per l'azione creatrice della sua misericordia.
2,10: Ciò che prima era nulla (non-popolo) ora è creato dal nulla, generato alla vita divina quale popolo-di-Dio.

c) Spunti di riflessione teologico-spirituale
Quanti si dispongono alla rigenerazione battesimale sono invitati a deporre il vecchio del peccato, come si depone l'abito all'ingresso del fonte. La Chiesa propone questo passo proprio nella domenica in albis quale mistagogia legata alla veste battesimale, sostitutiva dell'abito dell'uomo vecchio per significare il rivestirsi di Cristo, l'essere a Lui conformati (Gal 3,26-29; Rm 13,14; Ef 4,20-24; Tt 3,5-7). Coloro che dalla Parola di Dio viva ed eterna, quale seme incorruttibile, sono stati rigenerati, necessitano per crescere del nutrimento di questa stessa Parola. Il neobattezzato è paragonato ad un neonato, la cui unica attività è succhiare avidamente, con desiderio ardente, il latte materno. La Chiesa-madre offre il nutrimento della Parola e del cibo sacramentale anzitutto sotto forma di latte.
Tale nutrimento si adegua poi progressivamente alla crescita, divenendo cibo solido. Al latte dell'insegnamento catechetico-morale, ricevuto dalla comunità, deve seguire il cibo solido di una parola ruminata in proprio, in vista del discernimento della volontà di Dio (Eb 5,11-14).
Lo stesso cibo sacramentale, che è ricevuto all'inizio in modo materno, quale latte succhiato in pura gratuità, che non chiede nulla in cambio (Is 66,7-14), anche dai figli più ingrati (Sal 80), si fa poi pane che chiede la libera e responsabilizzante assunzione da parte dei figli che accettano di lasciarsi istruire dal Padre, tendendo ad una progressiva autonomia (Gv 6,30-51); diviene infine nutrimento solido di carne e sangue, che realizza l'unione sponsale con Cristo rendendo possibile vivere per Lui come Lui vive per il Padre e coinvolgendo il credente nella sua stessa donazione (Gv 6,51-58). Occorre percorrere tutta la dinamica impressa dal cibo spirituale, per crescere con esso verso la salvezza (1Pt 2,2).

La crescita dei credenti è una progressiva adesione a Cristo

Avvicinarsi alla pietra scartata comporta l'accettazione di essere rigettati dagli uomini per divenire pietre edificate in tempio di Dio come base del nuovo edificio, trasforma a sua immagine quelli che aderiscono a Lui e li coinvolge nell'edificazione della dimora di Dio.
La fede del battezzato non è soltanto accoglienza del dono di Cristo, come il bambino succhia il latte, ma si fa apertura al suo mistero di morte e risurrezione, partecipazione alle sue sofferenze e allo scandalo del rifiuto da parte degli uomini (1Pt 4,13-16; 5,1; Fil 3,7-11; Col 1,24). Solo così il discepolo del Signore diviene egli stesso tempio di Dio, dimora dello Spirito Santo (1Cor 3,16-17), ed è reso capace di offrire il vero sacrificio di se stesso (Rm 12,1-2), nell'obbedienza alla volontà di Dio (1Sam 15,22; Os 6,6; Am 5,21-25; Sal 51,17-19; Mt 9,13). Il Signore stesso vuol fare di noi la sua casa (1Sam 7; Lc 1,26-38; Lc 11,27-28); egli costruisce la sua casa che siamo noi (Sal 127,1; 1Pt 4,17).
L'esito di tutto lo sviluppo della rigenerazione, sino all'edificazione dei credenti in tempio di Dio è la loro capacità di testimoniare nella lode le opere di Colui che li ha chiamati dalle tenebre alla luce (Ef 2,10; Mt 5,14-16). Tale compito profetico non richiede loro particolari strumenti; esige piuttosto che essi stessi divengano strumenti dell'azione di Dio, lasciandola riverberare dalla loro esistenza sempre più trasparente al suo amore (Gv 3,21). La vera profezia ha sempre una relazione con la lode (Lc 1,46-55). Se la bocca non proclama quello che il cuore ha creduto non vera esperienza di salvezza (Rm 10,5-21; Lc 17,11-19). Oggetto della proclamazione a tutti possibile, come kerygma che li ha trasformati, è la misericordia ricevuta dal Signore (Mc 5,19-20; Sal 136).

La speranza da dare al mondo (1Pt 3,13-22)

a) Il testo
Soffrire per la giustizia testimoniando la speranza
«13E chi vi potrà fare del male, se sarete ferventi nel bene? 14E se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate, 15ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, 16con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. 17È meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene che facendo il male».

L'esempio di Cristo che liberò dagli inferi
«18Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. 19E in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione; 20essi avevano un tempo rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua».

La grazia del battesimo che ora salva noi
«21Figura, questa, del battesimo, che ora salva voi; esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo, 22il quale è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze».

b) Note di spiegazione letterale
Il passo, nella sua scansione ternaria, ha una sua unità circolare. La prima unità richiama l'ultima nel riferimento alla buona e retta coscienza del credente, tanto nel rivolgersi agli uomini per testimoniare la sua speranza, quanto nell'invocare salvezza da Dio.
L'unità centrale si concentra sull'evento cristologico-salvifico della morte e risurrezione di Gesù, con un riferimento alla sofferenza ingiusta di Cristo, in collegamento con la sofferenza del credente nella prima unità e con un aggancio anche alla terza unità, nel trasferire l'evento pasquale di Cristo all'atto battesimale del credente. La prima unità ha anch'essa una sua circolarità, tra 3,13 e 3,17:
3,13: a) Chi potrà farvi del male; b) se sarete ferventi nel bene?
3,17: b') Meglio soffrire operando il bene; a') che facendo il male.
Tale struttura evidenzia il tema del brano: la sofferenza gratuita ed immotivata del credente come luogo dell'adorazione di Dio, dell' abbandono a Lui nel proprio cuore e della testimonianza generatrice di speranza. Oggetto della testimonianza chiesta ai cristiani è la misteriosa realtà che vive in loro, più forte della sofferenza che li assale e della morte che li minaccia.
3,14-15: Riecheggiano in questo passaggio le beatitudini evangeliche (Mt 5,1-12; Lc 6,20-23), con la loro struttura paradossale, pervasa di dinamica pasquale. Il battesimo immerge il credente nell'evento paradossale di una morte che è nascita, di una povertà che è ricchezza, di una sofferenza che è gioia. Chiedere ragione (logon) della speranza è fare appello alla Parola di Dio (apo-logian) che sta a fondamento delle sue promesse. Tutti possono ricevere e comprendere tale annuncio di speranza, fondata sulla fede nell'intervento di Dio che ha già donato la sua nuova vita nel battesimo.
3,18: La carne nella quale Cristo viene messo a morte è la sua condizione antropologica, mentre lo spirito nel quale Egli è reso vivo caratterizza il suo legame con Dio Padre.
3,19-20: Si richiama qui, unica volta in tutto il NT, il mistero della discesa di Cristo agli inferi, a liberare i progenitori dal loro legame con la morte. Il tempo della pazienza di Dio è terminato, non perché Egli mandi il diluvio distruttore, ma perché Egli ha ormai mandato il suo Figlio liberatore, capace di salvare attraverso un'altra acqua: quella dell'evento battesimale.
3,21-22: Il diluvio è figura (anti-typon) del battesimo. La Lettera applica qui una particolare modalità di interpretazione delle scritture, detta tipologia o figurale. Essa assume i fatti del passato come modelli costanti dell'agire di Dio, come strutture di significanti la sua relazione con noi, capaci pertanto di travalicare la loro semplice portata storica, di fatto irripetibile in sé, per attraversare come articolazione di senso e di verità permanenti tutta la rivelazione biblica, trovando in Cristo la loro pienezza di significato e di realizzazione. Se il percorso normale della tipologia dall'AT al NT termina a Gesù e alla sua Pasqua, qui il termine è addirittura la prassi sacramentale della Chiesa, che rivive in se stessa la Pasqua del Signore.
Il battesimo non è lavaggio del corpo dalla sua sporcizia (sarkos apothesis rhypou), ma invocazione della buona coscienza a Dio (syneideseos agathes eperotema eis Theon) per avere la salvezza. Nel grido dell'invocazione in Signore riconosce i suoi (Es 3,7-8) e li salva (Gl 3,5; Est 10,3f; At 2,21; Rm 10,13).
Procediamo, ora, verso uno sguardo di insieme alle ultime due unità dalla chiara disposizione concentrica:
3,19: a) essendo andato portò l'annuncio agli spiriti in carcere.
3,20: b) nei giorni di Noè pochi furono salvati mediante l'acqua.
3,21: b') ora il battesimo salva voi mediante la risurrezione di Gesù Cristo.
3,22: a') essendo andato al cielo dopo aver sottomesso gli angeli, i principati e le potenze.

c) Spunti di riflessione teologico-spirituale
La rinascita battesimale introduce i credenti nella via delle beatitudini, paradossale compresenza di croce e benedizione, di sofferenza e gioia. Già prima la Lettera si era richiamata alla fede provata dei credenti, che poteva trovare nell'amore per Cristo motivo di gioia indicibile (1,6-9). Era poi passata ad indicare il Cristo crocifisso-risorto quale modello di cui seguire le orme (2,21-25). Di seguito indicherà il motivo di gioia salvifica nella partecipazione alle sofferenze di Cristo, ribadendo l'annuncio della beatitudine (4,13-16).
Per cogliere nella sofferenza il mistero della benedizione di Dio il credente deve crescere da bambino a uomo adulto, capace non solo di accoglienza dell'amore di Dio, come il neonato che succhia il latte, né semplicemente di una condotta giusta, moralmente convertita, come che accetta di spingersi sulla via del bene, ma di un pensiero nuovo atto a riconoscere le misteriose vie di Dio che conducono al dono di se stessi in Cristo. Categorie nuove, di genuina conversione mentale, in cui si acquisisce il pensiero di Cristo (1Cor 2,16) e si comprende la sua debolezza come forza e la sua stoltezza come vera sapienza (1Cor 1,18-2,12).
Il gesto sacramentale del battesimo non ha efficacia come semplice dispiegamento della sua articolazione materiale, nella quale l'acqua tocca il corpo per lavarlo. La potenza salvifica del gesto risiede nell'invocazione di salvezza rivolta a Dio. I figli adottivi non sono riconosciuti ed assunti nella nuova paternità loro malgrado, subendo passivamente la scelta altrui.
Essi sono riconosciuti dal Padre proprio mentre gli riconoscono il dono di un amore capace di riscattare, liberare e salvare da una condizione perduta. Nell'invocazione del povero peccatore si dispiega il riconoscimento paterno che libera dalla schiavitù ed assume nella figliolanza (Gal 3,23-29; 4,6-7; Rm 6,20-23; Gv 15,15). La possibilità di essere assunti nella filiazione mediante l'invocazione è ormai concessa ad ogni uomo, senza alcun prerequisito che non sia il suo bisogno di essere salvato (Gl 3,5; Est 10,3f; At 2,21; Rm 10,13).

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