Un richiamo permanente per la Chiesa


Il diaconato in Italia n° 178
(gennaio/febbraio 2013)

SERVIZIO


Un richiamo permanente per la Chiesa
di Felice Chiarelli

L'autore di questa lettera è un avvocato di Bagheria-Santa Flavia (della diocesi di Palermo). La sua testimonianza ci è sembrata di consolazione non solo per i diaconi che svolgono nel silenzio il loro ministero ma anche per quanti sono assorti nel quotidiano impegno di genitorialità all'interno della Chiesa oggi.

Sono un fedele laico e padre di famiglia, lettore della rivista "Il diaconato in Italia". Le parole di sapienza dell'ultimo numero (176/177) dell'editoriale di don Giuseppe Bellia: «L'ordine ed il matrimonio non sono... segni vuoti, astrazioni dottrinali o formalità rituali, ma simboli, atti concreti che permettono di capire il disegno di Dio. Con i Padri si può dire che sono la Parola spiegata con i gesti della vita» (p. 4), si sono impresse nella mia mente.
Ancora più avanti, leggere in questa rivista: «Vivere in modo degno in famiglia ed educare i propri figli non è solo condizione per l'ordinazione diaconale (1Tm 3,12), ma è anche abilitante al ministero per l'esercizio di responsabilità nella vita familiare e coniugale» (E. Petrolino, Diaconato e matrimonio, ib., p. 39), è di conforto per una famiglia come la mia che segue con affetto ed attenzione la ministerialità della comunità ecclesiale, pur vivendo essenzialmente quella primigenia con la moglie e due figli.
Queste tracce di fede e di speranza, mi hanno convinto a farvi partecipi di questa breve riflessione. Abbiamo riflettuto non molto tempo fa sulla Esortazione Apostolica Familiaris Consortio del Beato Giovanni Paolo II (n. 13), dove si legge: «Gli sposi sono il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l'uno per l'altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi. Di questo evento di salvezza il matrimonio, come ogni sacramento è memoriale, attualizzazione e profezia: in quanto memoriale, il sacramento dà loro la grazia e il dovere di fare memoria delle grandi opere di Dio e di darne testimonianza presso i loro figli; in quanto attualizzazione, dà loro la grazia e il dovere di mettere in opera nel presente, l'uno verso l'altra e verso i figli, le esigenze di un amore che perdona e che redime; in quanto profezia, dà loro la grazia e il dovere di vivere e di testimoniare la speranza del futuro incontro con Cristo».
Questo scritto l'abbiamo meditato dopo 25 anni e più di vita matrimoniale. Il tempo che ci è stato concesso non è dipeso da noi, ma la vita di ogni giorno e le scelte che abbiamo fatto e facciamo, sì! Svolgere con diligenza e nella legalità la professione di avvocato, per quanto compete; svolgere la professione di medico nel servizio pubblico con competenza e nell'ascolto dei bisogni dell'uomo-utente per quanto riguarda mia moglie; aver fatto rinascere a vita nuova due figli adottati, ed ora impegnati negli studi superiori, accompagnandoli ed ascoltandoli ogni giorno, (le norme della famiglia sono uniche, in quanto in essa non si può non rispondere e non si può non comunicare) è anche questo, mi si consenta, ministero diaconale. Ogni settimana iniziata nell'ascolto della Parola di Dio, e nella partecipazione all'eucarestia, è grande sostegno per chi come noi, si immerge nel mondo delle professioni (sanitaria, giuridica, di studio): è un aiuto ed una guida che dovrebbe ricevere qualsiasi altra famiglia cristiana.
Il riunirci la Domenica intorno alla Mensa del corpo e del sangue del Cristo immolato ci fa immergere nel mondo con una maggiore capacità di ascolto, in primo luogo l'uno dell'altra e viceversa, con i figli. Ma non basta! Oltre la fede abbiamo cercato altro per testimoniare la speranza, attraverso la carità. Insegnare ai figli a ringraziare il Signore ogni Domenica di quello che ci ha donato è solo l'inizio. Insegnare ai figli che fare la spesa solo per la propria famiglia non basta, è un altro passo avanti. Sì! I figli ci guardano: il tempo donato, le amicizie, la condivisione o il nostro egoismo. Non basta soltanto una mensile raccolta della Caritas parrocchiale col banco alimentare. In questo nostro tempo, quando anche la comunità ecclesiale ufficiale particolare - in un territorio da periferia metropolitana come quello di Bagheria - si stanca di aiutare chi è senza futuro e senza cibo, ai nostri figli mostriamo che il sabato la spesa non è solo per noi, ma anche per chi non ha più ascolto neppure nelle parrocchie, perché forse ha disturbato troppo con il suo bisogno...
Mia figlia serve all'altare, nella Parrocchia di Santa Flavia, che frequentiamo, ma non basta! E lei lo sa. L'annuncio del diacono o del sacerdote, quello vero, la messa "non è finita", comincia ora, là, fuori dalle porte della Chiesa, a casa, a scuola, nel lavoro, nel quartiere, in una casa di una persona che neppure si conosce ma che ha un reale umano bisogno o in una casa famiglia. I figli ci guardano... «Ogni gesto in famiglia è una comunicazione, anche se chi lo pone non ha l'intenzione di farlo», così di recente è stato scritto (cf. P. Donati (ed.), Famiglia risorsa della società, Bologna, il Mulino, 2012).
Ecco l'aiuto che ci aspettiamo dal ministero consacrato dei diaconi, uxorati e non: un abbraccio alla famiglia; viceversa dalla famiglia, già in sé una diaconia, possono giungere all'interno dei luoghi consacrati grida d'aiuto che il frastuono del mondo attutisce. Sì: il diacono con le famiglie possono essere «motivo di consolazione e balsamo» (Charles de Foucauld, Opere Spirituali, M.S.E., 197 - Diaconia), per chi riceve anche solo un attimo del nostro tempo, ma pieno di quell'interesse e di quell'azione tutta intrisa di soprannaturale.

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