Ai tempi di Luca, l'appello di Gesù al Regno si è trasformato nella chiamata alla sua sequela. Chiamare a diventare discepoli di Gesù, a seguirlo, è stato ed è, sempre, lo scopo della predicazione cristiana, dell' evangelizzazione e della missione apostolica. Da invitati al banchetto del Regno a discepoli di Gesù: il vangelo di Luca attesta questo passaggio che la sua Chiesa sta facendo non senza difficoltà e che l'evangelista percepisce come molto delicato. Nel momento in cui al centro della predicazione non c'è più il Regno escatologico e la sua venuta imminente, ma c'è la sequela di Gesù nel mondo, l'evangelo di Gesù, il suo anno di grazia predicato ai poveri, va incontro a processi di adeguamento e di aggiustamento che rischiano di banalizzarlo. Rischiano cioè di fargli perdere la sua forza profetica, la sua radicalità escatologica in nome di un quieto vivere ecclesiale che traduce l'Evangelo in un prontuario di comportamenti etici e religiosi. VITA PASTORALE N. 7/2013
XXIII Domenica del Tempo ordinario
Sap 9,13-18
Fm 9b-10.12-17
Lc 14,25-33
UNA SCELTA RADICALE
Luca, come gli altri evangelisti, ha sentito quanto la sfida del tempo fosse importante e decisiva. Per questo ha cercato di recuperare l'annuncio dell' evangelo di Gesù e di trasmetterlo ma, soprattutto, di dimostrarne la praticabilità pure in tempi e ambienti che non potevano ormai più sentire il fascino della predicazione profetica del Regno escatologico.
Ancora una volta l'ambientazione è importante. L'insegnamento di Gesù non è iniziatico, non è destinato a pochi discepoli, ma si rivolge alla folla. Anzi, a una folla numerosa. Il dramma dell'evangelizzazione non è, a volte, proprio questo? Il fascino delle folle numerose e delle piazze piene non costringe a volte ad annacquare il vangelo di Gesù a una buona parola senza vita? Luca manda ai predicatori cristiani un'indicazione molto seria. Un messaggio religioso fa presto a suscitare interesse in folle numerose. Il successo missionario, però, non deve comportare la ricerca di sconti alla radicalità della proposta di Gesù: tutti vanno invitati a una sequela che, perché è per tutti, non è meno radicale.
Luca combina insieme due detti di Gesù sulla sequela. Uno, quello sull' "odio" nei confronti di tutti i familiari. Il secondo quello sulla croce come segno distintivo del discepolato nei confronti di Gesù. Per Luca, cioè, essi sono speculari, si richiamano l'un l'altro: la croce del discepolo è, prima di tutto, prima di ogni supplizio, la sua disponibilità a sciogliere ogni legame. La sua disponibilità ad accettare che aderire a Dio significa che a lui spetta un posto nella vita che non spetta a nessuna delle realtà umane, anche le più sacrosante. Accettare che tra i due comandi, quello dell'amore di Dio e quello dell'amore del prossimo non ci può essere né assimilazione né confusione. L'uno non sostituisce mai l'altro. È una regola molto seria, e Luca la presenta come una chiamata possibile a tutti. Gesù aveva chiesto l'abbandono almeno temporaneo della casa e dei rapporti familiari ad alcuni e in vista della missione. Aveva presentato le relazioni tra discepoli come più importanti di quelle con la madre o con i fratelli. Luca riprende questo insegnamento e lo rivolge a tutti i credenti della sua comunità.
La sequela di Gesù non significa più andare con lui di città in villaggio ad annunciare !'imminente compimento della promessa del Regno. Non significa richiamare gli israeliti al ravvedimento e all'obbedienza alla promessa. Lasciare la casa non è funzionale alla missione. La sequela di Gesù significa ormai uno stile di vita richiesto a tutti i battezzati. Significa considerare la propria vita una realizzazione del Regno promesso. Come lo è stato per Gesù: sotto il segno della croce, certo, ma non della sconfitta. Cioè sotto il segno della radicalità, della capacità di rinunciare a tutto, anche a ciò che è benedetto da Dio, se questo fosse d'inciampo a obbedire alla chiamata di Dio. La predicazione cristiana conosce infinite variazioni su questo tema. Luca ne suggerisce una: la sapienza della vita che è possibile solo attraverso l'abbandono delle ricchezze.
Sapienziale prima che etico. Prima di tutto la sapienza della vita cioè l'intelligenza della realtà. La sequela di Gesù non significa lasciarsi conquistare da forme di ascetismo tanto radicale quanto gratuitamente inutile, o da forme di sadismo nei confronti della vita, di sé stessi o dei propri cari. La sequela di Gesù è offerta di libertà. E la libertà ha sempre dei costi. Non esiste libertà che non nasca dalla liberazione. Una liberazione che è come una torre da costruire o una guerra da portare avanti, chiede cioè intelligenza e discernimento. Chi non vuole accettare questo è anche inutile che cominci a mettersi alla sequela di Gesù. Si garantirà dall'insuccesso, ma anche dal ridicolo. Luca sa molto bene, però, che il problema è verificare la propria capacità d'intelligenza e di discernimento e quindi la propria possibilità di mettersi al seguito di Gesù.
L'evangelista però non ha dubbi: l'applicazione alla vita concreta della comunità discepolare della sapienza del Regno che Gesù ha predicato passa attraverso la porta stretta della rinuncia ai beni. Per amore della sapienza, non per odio alla vita. La nostra civiltà è ormai estranea al Vangelo perché malata di consumismo? Forse, il vangelo di Gesù ci dice esattamente il contrario: la sapienza del Vangelo troverà sempre qualcuno disposto a diventare suo discepolo.
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)
torna su
torna all'indice
home
XXIII Domenica del Tempo ordinario (C)
ANNO C – 8 settembre 2013
CHIAMATI A FARE