X Domenica del Tempo ordinario (C)

ANNO C - 9 giugno 2013
X Domenica del Tempo ordinario

1Re 17,17-24
Gal 1,11-19
Lc 7,11-17
LA VISITA DI DIO
È SPESSO RIFIUTATA

Paolo, con grande acume profetico, legge la storia della promessa alla luce della compiacenza di Dio. Anche la sua chiamata ad annunciare Cristo alle genti è in continuità con questa lunga storia, come lo è la sua libertà ad andare "oltre Gerusalemme". Quando diciamo che il Dio di Israele opera nella storia, riconosciamo che egli si compiace di far nascere, dentro la storia, persone capaci di intuire la sua volontà e di fare gesti che indicano la necessità di "andare oltre". Nella storia della fede biblica la continuità non è mai fissità, ma sempre evocazione di quanto è già avvenuto nel passato perché ingeneri fiducia e doni la forza di aprire nuove strade.

Per questo, l'evangelista Luca non ha timore di presentare il profeta di Nazaret sul modello del grande profeta Elia: Dio non contraddice mai se stesso perché rende visita al suo popolo dal tempo di Abramo fino al dono di un evangelo che, con Gesù e i suoi apostoli, arriva fino alla fine della terra. Come Elia, anche Gesù, quanto egli dice e fa, sono segni di questa visita. Il tema della "visita", capito nella sua valenza teologica, ma anche sullo sfondo del mondo orientale, è impegnativo. Implica infatti accoglienza o rifiuto. Implica, come nel caso della vedova a cui si fa presente Elia, resistenza e chiusura nei confronti di un Dio percepito come violento e vendicativo. Implica quindi, innanzi tutto, di convertire l'immagine che ci siamo fatta di Dio. Gesù, in fondo, non è stato accolto proprio da coloro che si erano fatta una loro immagine di Dio e non hanno voluto cedere di fronte a una visita che annunciava il Dio della misericordia e non quello del sacrificio.

La Chiesa cattolica ha visto, nelle settimane concitate che vanno dalla rinuncia da parte di un pontefice all'accettazione da parte di un altro di un ministero che non appartiene né all'uno né all'altro, un popolo di Dio sparso nel mondo che attende la visita di Dio. È quell'attesa che, sempre, è presente nella vita di uomini e donne che portano spesso le stigmate di grandi sofferenze e di lutti inaccettabili. È su quell'attesa che si misura la possibilità che Dio si faccia presente e venga accolto. È stato così per i profeti, è stato così per Gesù. Per questo, forse, il popolo è sempre stato più pronto a dare fiducia a chi si fa presente a quell'attesa. Non tutti, però, sono capaci di farne un momento di grazia. Sempre i popoli sono facili da incantare e, troppo spesso, da abbindolare. È vero, e per questo la responsabilità dei profeti di Dio è enorme

A nome del Signore parlano infatti in tanti, troppi. Ma le parole che la donna, alla fine del racconto, rivolge ad Elia sono decisive: solo se accompagnate dai fatti le parole che escono dalla bocca di coloro che si presentano come uomini (e donne) di Dio sono parole di verità. Fatti che risvegliano la speranza, che ridonano la vita e che, per questo, riaccendono la fiducia, non negli uomini di Dio, ma in Dio. Parlare a nome di Dio, agire a nome di Dio: la verifica che gli uomini e le donne di Dio sono realmente capaci di farlo sta nel fatto che la gente loda Dio e non porta in trionfo i suoi rappresentanti.

Un Vangelo che non segue un modello umano, lo definisce Paolo e, forse, è compito della Chiesa testimoniare fino in fondo l'abbandono dei modelli umani. Nelle parole e nei fatti. Non è facile. Nell'anno in cui si celebra l'inizio della Chiesa imperiale perché si ricorda l'editto di Milano con cui, nel 313, l'imperatore Costantino accettò che la fede in Gesù Cristo diventasse religione lecita di un impero in via di disfacimento, tanto ci sarebbe da riflettere, forse anche tanto da rivedere. Con il coraggio della verità. Ben sapendo che il giudizio storico è ben diverso dal giudizio morale, che il passato pesa, è vero, ma anche insegna, che il futuro emoziona, ma anche spaventa.

Elia, Gesù, Paolo: la liturgia ci propone di guardare alla storia sapendo riconoscere coloro nei quali Dio si è compiaciuto. È questa la "grande storia", la storia della profezia. Tutto il resto, anche se più solennemente sfacciato, più rumoroso e violento, è piccola storia. Indispensabile, necessaria, semper reformanda, però, fino al momento in cui il Regno e la storia, infine, coincideranno. I profeti della visita di Dio anticipano questo momento, danno ad esso inizio.

Che tutti e tre, Elia, Gesù e Paolo abbiano subito il rifiuto non può stupire. Se ne può fare una lettura spirituale o apocalittica, morale o politica, ma la realtà è sempre una sola: la visita di Dio, per quanto attesa, non sempre è accettata; la parola di Dio, per quanto ricevuta, non sempre è accolta. Il mistero del rifiuto di Dio accompagna la sua visita lungo tutto il corso della storia. E non c'è nessuna Chiesa militante che potrà opporsi a questo. C'è solo un modo per non perdere la fiducia e il coraggio: ripartire dalle "vedove", da coloro che sono più deboli, da coloro che sono fuori, esclusi perfino dall'Evangelo. Non ci si salva la vita, anzi, ma si assiste alla visita di Dio. Perché il Dio che ha condotto Israele, ha inviato al mondo suo Figlio, ha continuato, anche dopo il rifiuto opposto a suo Figlio, a chiamare altri a servizio dell'Evangelo rende visita al suo popolo lì dove il popolo soffre. Se vogliamo non perdere la fiducia o ritrovarla, conosciamo molti indirizzi dove Dio ha annunciato che farà visita al suo popolo.

VITA PASTORALE N. 4/2013
(commento di Marinella Perroni, docente di N.T.)

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