Anno C – 9a domenica del Tempo Ordinario


Enzo Bianchi
OGGI SI COMPIE PER VOI LA SCRITTURA
Il vangelo festivo (Anno C)
Edizioni San Paolo, 2009

Anno C – 9a domenica del Tempo Ordinario

• 1 Re 8,41-43 • Galati 1,1-2.6-10 • Luca 7,1-10

LA POTENZA DELLA FEDE

«Neanche in Israele ho trovato una fede così grande!»: questa esclamazione di Gesù riassume bene il senso del suo incontro a distanza con un centurione romano, narrato nel brano evangelico odierno.
Mentre Gesù attraversa Cafarnao, gli si avvicinano alcuni notabili dei giudei, inviati da un centurione a supplicarlo di venire presso di lui per guarire il suo servo che è gravemente malato. Colpisce la capacità d'amore di questo centurione: egli ama il suo servo e resta accanto a lui nell' ora della sofferenza; egli, che pure è un pagano, «ama il popolo di Israele» e lo ha manifestato finanziando la costruzione di una sinagoga. Gesù, a sua volta, sa riconoscere l'amore e vi risponde con un amore concreto, mettendosi in cammino verso la casa di quest'uomo. Ma c'è di più. Con questo gesto Gesù si dichiara disposto ad abbattere «il muro» per eccellenza del suo tempo, quello che separava ebrei e pagani (cfr. Ef 2,13-16); in tal modo egli narra con la propria vita che, quando si incontra in verità un uomo, questi cessa di essere ciò che le barriere lo rendono e torna a essere semplicemente un uomo, «immagine e somiglianza di Dio» (cfr. Gen 1,26-27). È quello che più tardi comprenderà anche Pietro: «Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto» (At 10,34-35).

Ma ecco che, quando Gesù è ormai vicino all'abitazione del centurione, quest'ultimo manda alcuni suoi amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto». Egli non vuole che Gesù contragga l'impurità prevista dalla Legge per l'ebreo che soggiorna nella dimora di un pagano. Nello stesso tempo il centurione rivela un'enorme fede in Gesù, del quale - precisa il testo fino ad allora aveva solo sentito parlare. Gli manda infatti a dire: «Di' una parola e il mio servo sarà guarito». La sua è una fede intelligente, che prende spunto dall'osservazione del reale. A partire dal suo mestiere di militare il centurione scopre un'analogia tra sé e Gesù: se egli è sottomesso a un'autorità superiore, Gesù è sottomesso al Padre, e come sono obbediti i suoi comandi, a maggior ragione saranno efficaci le parole di Gesù, che traggono forza dalla sua comunione con il Padre.

«All'udire questo Gesù restò ammirato». È interessante notare che nei vangeli l'unico altro caso in cui si usa questo verbo a proposito di Gesù è quello in cui si descrive la sua reazione di fronte all'assenza di fede in lui: «Si meravigliava per la loro incredulità» (Mc 6,6). Sì, Gesù sa discernere la fede o l'incredulità di chi incontra, e da esse è toccato in profondità. Non è un caso che più volte egli abbia stabilito una stretta relazione tra la fede nella sua persona e l'azione che Dio realizzava attraverso di lui lungo le strade della Galilea e della Giudea; una relazione che ha saputo condensare in una parola straordinaria: «La tua fede ti ha salvato!» (cfr. Lc 7,50; 8,48; 17,19; 18,42). D'altra parte Gesù ha rivolto ai suoi discepoli, a quanti cioè erano quotidianamente più vicini a lui, parole di rimprovero: «Dov'è la vostra fede?» (Lc 8,25), e li ha ammoniti ricordando loro: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: "Sràdicati e vai a piantarti nel mare", ed esso vi obbedirebbe» (Lc 17,6). Ecco la potenza inaudita della fede, dipinta con grande realismo da Gesù...

«Neanche in Israele ho trovato una fede così grande!», dice Gesù a proposito del centurione, sottolineando così che nessun uomo, in quanto tale, è escluso da questo movimento di adesione fiduciosa a lui. E la guarigione del servo è nient'altro che una conseguenza di questa fede che travalica le appartenenze, è un segno di salvezza donato a chi si è affidato totalmente a Gesù e alla sua parola. Non dimentichiamolo ogni volta che, prima di ricevere l'eucaristia, facciamo nostre le parole del centurione: «O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma di' soltanto una parola e io sarò salvato».

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