Per una diaconia autentica della Parola


Il diaconato in Italia n° 172
(gennaio/febbraio 2012)

PAROLA


Per una diaconia autentica della Parola
di Luca Bassetti

Matteo 10,1.20
«Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: "Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città.
Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi"».

La parola che sorge dal cuore, grato per l'esperienza dell'Amore, chiede di essere comunicata, testimoniata e diffusa oltre il suo spontaneo ed improvviso sgorgare dalla riconosciuta relazione con l'alterità, sperimentata come dono. L'evento necessita, in altre parole, di essere interiorizzato, ricordato e compreso in profondità. L'esperienza non si dà infatti come immediata intelligenza dell'accaduto. Solo laddove l'accadere della novità genera una mutazione significativa della prassi, che ne consenta il riaccadere, e tutto questo venga progressivamente oggettivato in modo riflesso, si può avere un'adeguata intelligenza dell'evento stesso nella sua più autentica portata. Solo una volta conseguita tale intelligenza, allora la memoria si fa capace di comunicazione testimoniale corretta e provveduta.
L'atto riflesso di oggettivazione dell'esperienza è condizione necessaria per una adeguata comunicazione dell'esperienza stessa. In modo analogo accade per l'incontro con il Signore. L'esperienza del suo Amore genera la Parola interiore della meraviglia colma di gratitudine. Tale parola sale sulla bocca nella modalità di una dossologia che si fa kerygma primordiale, annuncio irrefrenabile della bontà di Dio per noi.
Tutto ciò diventa testimonianza articolata e provveduta solo attraverso un processo di presa di coscienza progressiva grazie anche ad una prassi trasformata che genera un'intelligenza sempre più adeguata dell'opera di Dio, che struttura in modo più coerente la memoria dell'incontro e degli incontri, assumendo il carattere di narrazione testimoniale, capace di coinvolgere direttamente il discepolo, divenuto testimone. La testimonianza, che si articola progressivamente nelle differenti funzioni della predicazione e della diaconia della Parola, si i esprime con una modalità di parola altra rispetto al verbo originario dell'incontro. Nel farsi narrazione riflessa e racconto testimoniale, la parola originaria perde qualcosa del suo calore iniziale e della sua energia prorompente. Essa sembra solidificarsi e raffreddarsi, come magma allontanatosi dalla sua sorgente eruttiva, nell'assunzione dello strumento concettuale, e ricorre via via all'espediente metaforico per ritrovare parte del suo calore originario. Il calore dell'annuncio che si sprigiona immediato dall'evento perde la sua energia nel farsi parola predicata, volontà comunicativa, tensione esplicativa, narrazione rivolta agli altri al fine di rendere ragione della speranza che è in noi.
In questo passo evangelico i discepoli del Signore Gesù divengono apostoli, sono costituiti come inviati per portare agli altri l'eco di quella parola sorta del loro incontro originario con il Signore Gesù e con l'esperienza viva del suo Amore. Le indicazioni del Signore sono funzionai ad esprimere in modo più vivo quella esperienza, con una parola di annuncio che si mantenga vicina alla Parola dell'incontro originario. Essi sono inviati da poveri, senza mezzi su cui fare affidamento, senza alcun segno di potenza umana in cui confidare.
La Parola originaria rischia infatti di essere soffocata e stravolta proprio dalla sufficienza dei mezzi, da un parlare sicuro di sé, in cui è l'uomo a disporre in proprio della parola e del messaggio, finendo per comunicare qualcosa di mondano, che ha a che fare con le sue personali finalità e ambizioni, sottraendosi al servizio povero da rendere a qualcosa di cui non si dispone in proprio, ma di cui si è in verità soltanto strumenti inadeguati. Non c'è autentica diaconia della Parola senza il radicamento nell'esperienza originaria, radicamento che è concesso mantenere solo nell'affidamento povero alla Parola stessa.
Nella loro povertà di mezzi, agli inviati è chiesto di fare affidamento su un'ospitalità non calcolata né programmabile. Nelle persone che li accoglieranno essi potranno così rivivere qualcosa dell'evento originario del dono di una relazione imprevista, accolta gioiosamente, come sorpresa loro preparata dall'Amore stesso, sorpresa da cui potrà sgorgare di nuovo una parola simile, per intensità e calore, a quella sprigionatasi dall'incontro originario con il Signore. Solo accettando di dipendere dall'alterità è possibile portare l'annuncio del regno, che è affidamento all'alterità di Dio, accoglienza della sua signoria di amore nella nostra vita.
Solo accettando le condizioni poste da Gesù è possibile testimoniare l'incontro con l'alterità nell'amore, in modo autentico e fedele, senza quelle distorsioni in cui la Parola è piegata ad un disegno personale e finisce per d trasformarsi in strumento di potere, anziché di gioiosa liberazione e di salvezza efficace. L'incontro con i destinatari, nella loro ospitale accoglienza non solo della parola, ma dei suoi portatori, fa scoprire anche a questi ultimi la forza del vangelo che annunciano e l'efficacia della diaconia di amore di cui sono strumenti vivi; gratuità donata come frutto della gratuità ricevuta (Mt 10,8).
L'annuncio portato da poveri si esprime anzitutto in un saluto di pace a tutta la casa disposta ad accogliere. Il primo effetto della Parola in chi le apre il cuore è infatti quello di una pacificazione profonda nella quale è dato cogliere l'opera stessa di Dio, del quale ogni operatore di pace è chiamato figlio (Mt 5,9).
Gli inviati sono nella condizione di pecore in mezzo a lupi. Non possono dunque imporre nulla di sé con la loro forza. Per non essere preda altrui essi devono piuttosto restare legati al loro unico pastore e Signore, muovendosi con semplicità e prudenza, ossimoro di atteggiamenti, in cui la semplicità non scade in ingenuità né la prudenza in diffidenza, possibile solo a coloro che non ripongono in se stessi la loro confidenza. Così affidati a Colui che li conduce, proprio nella loro impotenza dinanzi a chi li accusa e li giudica, sarà loro dato di sperimentare una potenza che non viene da loro e di restare sorpresi, come nell'evento originario, da una parola uscita dalla loro stessa bocca, opera dello Spirito del Padre, che parla in loro.



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