Laboratorio del futuro



Il diaconato in Italia n° 167
(marzo/aprile 2011)

RIQUADRI

IL PUNTO
Laboratorio del futuro
di Paola Ricci Sindoni


La storia della Chiesa, anche quella più recente sta lì a testimoniare quanto la comunità cristiana abbia fatto e continui a fare in ordine all'educazione delle giovani generazioni. Non bisogna disperdere questo potenziale, anche perché l'azione educativa che si svolge nelle parrocchie, negli oratori, nei percorsi formativi di gruppi, associazioni e movimenti ha caratteristiche peculiari che difficilmente si trovano in altre agenzie educative. La comunità cristiana è il luogo dove ci si abitua da un lato a porsi le domande fondamentali sull'esistenza, dall'altro ad ascoltare gli altri. Inoltre offre la possibilità di fare esperienza di una socialità più ricca di quella consentita dalla famiglia e al contempo meno strutturata di quella sperimentata nella scuola. La comunità stessa diventa anche una palestra di responsabilità e di crescita dei giovani verso valori umani imprescindibili.
La portata educativa è accresciuta dalla compresenza di generazioni diverse: il bambino, il ragazzo, l'adolescente, il giovane. In tal modo c'è la possibilità di crescere ancora tutti insieme. Questi elementi di forza richiedono però oggi di essere declinati in un nuovo contesto storico e sociale. Preoccupazioni e allarmi non devono offuscare la bellezza dell'educare. Perché accompagnare un figlio nella crescita è una straordinaria avventura umana. E nella comunità cristiana questa bellezza deve rifulgere in modo evidente. Cerchiamo di dare il primato all'esperienza piuttosto che alle affermazioni di principio. Non che i contenuti non siano importanti, ma diventiamo più credibili e attraenti se li mettiamo alla prova dei fatti. Dunque occorre che gli stessi educatori siano credibili, oltre che preparati e competenti. Bisogna educare gli educatori, formarli bene, e mettere fine a un certo spontaneismo, magari condito di santo entusiasmo ma anche di molta improvvisazione.
Educatori non ci si inventa da un momento all'altro. Altra lacuna da colmare è quella del linguaggio: «Abbiamo altissimi contenuti, ma povertà di linguaggi. Ritrovare forza da questo punto di vista non significa cedere alle mode, ma rapportarsi ai giovani con un sano realismo storico». Si deve legare razionalità e affettività e riscoprire parole forti come sacrificio, senso del servizio, dono di sé. Forse le abbiamo lasciate un po' da parte. Alcuni autori inglesi le stanno riprendendo. Ridiciamole anche noi. Per la comunità cristiana è tempo per tornare a proporre il servizio educativo come educazione. Così il tempo che viviamo diventa tempo di speranza, non di crisi. Educare è desiderare, osare, avere il coraggio di guardare fuori di sé. Tutte operazioni che hanno molto a che fare con il futuro.




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