In punta di piedi



Il diaconato in Italia n° 164/165
(settembre/dicembre 2010)

PASTORALE

In punta di piedi
di Gaetano Marino


Se analizziamo i quarant'anni della rivista Il diaconato in Italia, notiamo esperienze toccanti, progetti di comunione, linee guide e come alcuni vescovi sensibili abbiano delegato diaconi per la pastorale della salute negli ospedali, nelle case di cura, nelle diocesi, nelle parrocchie. In ogni diocesi ci sono diaconi che si occupano egregiamente di questo settore. Possiamo dire che la pastorale della salute è l'azione e la presenza della Chiesa che attraverso i suoi rappresentanti diventa partecipazione nei confronti di chi si trova nelle condizioni di bisogno: la strada maestra che porta alla santità individuale e comunitaria, la risposta agli interrogativi del vivere, del soffrire e del morire.
Non è poco, se si considera che una delle forme di servizio e di carità più esercitata dai diaconi è quella della pastorale della salute. Il problema della sofferenza, in ogni diocesi, è sentito non solo dai presbiteri, ma anche da tantissimi diaconi e laici. Questo ministero è anche bistrattato poiché richiede tempo, sacrificio e specifica formazione nel farsi compagno di viaggio di chi vive la stagione della sofferenza. Non è raro che nelle omelie si è restii nell'affrontare problemi connessi con la sofferenza, con la morte, con la terza età. Il problema si affronta in punta di piedi.

Cultura dell'indifferenza
Una mentalità che si avvicina a considerazioni efficientistiche, di paura ad affrontare l'evidente, del quieto vivere, che certamente non aiuta ad uscire dall'empasse, a crescere e a dare una testimonianza cristiana veritiera. Un'occasione di evangelizzazione mancata, che diventa un mero messaggio intellettualistico della Parola che non scende nell'intimo. Una prassi da combattere con ogni mezzo a disposizione affinché anche noi diaconi non siamo presi da questa assurda cultura dell'indifferenza.
La relazione tra ammalato e diacono diventa luogo di salvezza e luogo teologico. Questa relazione tra ammalato e diacono è risposta comunitaria. E poiché lo specifico della pastorale della salute sta nel relazionarsi, occorre puntare su una pastorale capace di raggiungere e coinvolgere il territorio, non solo la comunità ospedaliera, ma principalmente la comunità parrocchiale come soggetto ecclesiale più concreto, spesso a misura d'uomo, capace di relazioni interpersonali immediate e profonde, luogo di incontro per un efficace servizio ai malati e ai sofferenti. Bisogna che si precisi che quando si parla di sofferenza si è portati a pensare esclusivamente alla pastorale sanitaria da vivere nelle strutture ospedaliere. Non è proprio così. Credo che la pastorale della salute, pur avendo una sua specificità nelle strutture sanitarie, non può essere rinchiusa in questi luoghi. Si può esercitare il ministero del sollievo anche nella diocesi, nei decanati, nelle parrocchie, cioè in tutto il territorio. Ma per questo è indispensabile formarsi. Credo, infatti, che la formazione, lo studio, siano veramente necessari per imparare a stare "accanto" alle persone sofferenti, a coloro che vivono sulla propria pelle la stagione della prova, anche quando non sappiamo risolvere i loro problemi.

E la formazione chi la dà?
Questo campo necessita una formazione specifica e adeguata per stare accanto al malato, e sarebbe opportuno prestare particolare attenzione al ministero diaconale. Il diacono potrebbe a sua volta formare, guidare, coordinare un gruppo di volontari che lo coadiuvi, sperimentando una progettualità d'insieme che si apra alle varie forme di povertà con la mentalità di chi esce dal tempio, percorre le strade del mondo, incontrando l'uomo nella sua specifica e reale condizione di vita, partendo dalla diaconia della presenza, dell'ascolto e della relazione. (Cfr. G. Marino, La pastorale della salute. Un ministero diaconale, in Nuova Stagione 4 (2009) 2).
Diversi ambiti della pastorale della salute possono essere strade di accesso per il diacono. Si pensi alla presenza di un congruo numero inseriti nella diocesi insieme ai cappellani, come accompagnatori, come sostegno, per attuare una pastorale attiva, essere segno e strumento di Cristo servo. Tale presenza è prevista al n. 80 del documento della CEI La pastorale della salute nella Chiesa Italiana del 1989, per cui il problema è avvertito. La ragione di fondo è vivere una pastorale d'insieme, una testimonianza di chiesa aperta alla speranza e alla salvezza, che non si esaurisce solo nella figura del cappellano.

La prospettiva della corresponsabilità
Un'immagine di chiesa "tutta ministeriale" con un unico scopo, la crescita della comunità nella corresponsabilità. In questa prospettiva si costruisce una nuova presenza della Chiesa, dove ognuno, secondo i propri doni e carismi, esercita responsabilmente un servizio. Il diacono è diretto collaboratore del vescovo e del presbiterio. Possiamo dire che egli è la lunga mano della carità del vescovo, presente negli ambienti di vita, che si porta di fronte a chi soffre partendo dalle sue ferite. Egli, a nome del vescovo, è presenza, compagno di viaggio, in grado di dare una risposta a coloro che vivono la stagione della prova. Come avvicinarsi a chi vive questa fase di vita, a chi ha sempre parlato del dolore, della malattia, a chi si è fatto compagno di viaggio nelle fragilità umane? Sappiamo che la malattia interrompe l'abituale ritmo di vita, mette in crisi i soggetti con il proprio corpo e con il mondo sociale, fa perdere o modifica i ruoli professionali e familiari, procurando un disorientamento e spesso la perdita della propria identità. Durante la malattia si sperimentano limiti esistenziali, si entra in crisi, si è portati facilmente alla delega, ad affidare ad altri la conduzione della propria vita. Anche la fede viene messa in discussione. In questo tempo di grazia, la Chiesa, pone la sua attenzione al sofferente, sa che egli desidera ricevere la buona notizia. L'annuncio e l'attenzione di chi è malato, di chi soffre, deve essere un fattore prioritario, non può essere considerato un'appendice, ma un vero e proprio ministero della consolazione, un servizio di fratelli ad altri fratelli.




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