V Domenica del Tempo ordinario (C)


ANNO C - 7 febbraio 2010
V Domenica del Tempo ordinario

Is 6,1-2a.3-8
1Cor 15,1-11
Lc 5,1-11

PIETRO CON CRISTO
SULLA STESSA BARCA

L'evento narratoci dall'odierno vangelo spacca radicalmente in due la vita di Pietro: da semplice collaboratore del Maestro egli diviene suo discepolo. È importante notare però come la novità che irrompe, la fede totale in Gesù, sembrerebbe già presente, senza che sia necessaria una svolta. Infatti i primi versetti nei quali Pietro è con Gesù sulla barca potrebbero suggerirci come già avvenuto l'incontro decisivo tra i due. È la tipica situazione nostra: non abbiamo conosciuto il cambiamento tra un "prima" e un "dopo", da una generica appartenenza cristiana alla fede radicale. Il quadro iniziale è un quadro di intenso e forte ascolto della parola di Dio da parte di un gran numero di persone. In questo contesto, avverrà la chiamata di Pietro e degli altri. La folla è tale da mettere in difficoltà Gesù che ha bisogno di aiuto. Ci sono due barche e, dunque, Gesù non capita sulla barca di Pietro a caso. Cristo sceglie di essere sulla stessa barca di Pietro il quale si ritrova molto vicino al Maestro.

Il rapporto che si stabilisce è decisamente privilegiato. Ci sono forse centinaia di persone che stanno ascoltando. Ma chi può ascoltare così bene come Pietro? Chi potrebbe vantare una tale vicinanza fisica o una paragonabile "complicità" con Gesù? Tutti sono lontani. Lui è lì. Non è lì per caso. C'erano due barche e Gesù ne ha scelta una, la sua. A lui ha chiesto di aiutarlo nell'annuncio della Parola e Pietro lo ha fatto. Quanti volti saranno rimasti per Gesù solo dei puntini anonimi sulla spiaggia. Invece, solo grazie a Pietro, Gesù ha potuto predicare incolume. Potremmo dire che il pescatore di Galilea è entrato nello staff del Cristo. Non è rimasto ai margini come una presenza qualunque.
Tuttavia, anticipando la fine del racconto, non è ancora avvenuto nulla di risolutivo. Pietro non ha davvero incontrato Gesù di Nazaret, ma pensa di averlo fatto. Ha lavorato e si è speso per lui, cooperando alla sua causa. Ma non sa veramente chi ha sulla barca con sé. Con i versetti 4-7 la relazione tra i due prende una decisa virata. La prima richiesta era qualcosa che Gesù aveva formulato come favore personale. Ora ne formula una seconda molto più ardita, quasi priva di senso: uscire di nuovo per pescare, di giorno come a deridere l'abilità professionale di chi, da esperto del mestiere, mai uscirebbe con la luce del sole a raccogliere pesce. Dalla cortesia, diremmo, passiamo alla fede. Il dialogo sembra incepparsi. La prima reazione di Pietro è implicitamente un rifiuto, ma anche la confessione del limite e del personale fallimento. Poi giunge la seconda, l'unica forma di assenso possibile: «Sulla tua parola getterò le reti». Il limite non potrà mai essere vinto dalla ragione o dalla forza del futuro apostolo. Serve un nuovo fondamento. Tutto ciò che Pietro farà, ora lo farà solo perché si fida della parola che ha ascoltato. È molto diverso ascoltare con interesse e anche cooperare alla diffusione della parola di Cristo rispetto a un atto di consegna radicale per cui si arriva ad agire in modo inevidente e stolto, solo sulla base di quella stessa Parola. D'altronde, potremmo dire di aver incontrato veramente qualcuno se non gli abbiamo mai concesso una difficile fiducia? Se tutto è sempre stato calcolato come rischio e come perdita tollerabile, che tipo di esposizione possiamo mai aver avuto con Gesù di Nazaret?
La seconda richiesta ha dunque una forte componente di dramma e sorpresa. I risultati non sono quelli che Pietro si attenderebbe ma oltrepassano ogni aspettativa. Non possono essere solo il frutto della propria opera. È il passaggio di Dio nella sua vita. Siamo dentro a un evento che non può essere spiegato da fattori umani, un evento per cui Pietro non era nemmeno attrezzato a sufficienza. Con i vv. 8-11 l'incontro con Cristo giunge alla sua consumazione. Ora Pietro sa chi ha incontrato e chi ha davanti. Ha davanti la grandezza discreta e assolutamente gratuita dell'amore di Dio. Qui troviamo il pentimento cristiano, del tutto diverso da quello umano. Pietro si confessa peccatore non perché ha ascoltato un duro ma sincero rimprovero. Pietro sente il peccato e l'indegnità che è rivelata dall'amore. Gesù non gli ha mosso alcuna osservazione, né ricordato nessun episodio. Ma, Pietro è perfettamente cosciente del proprio peccato. È stato l'amore a risvegliarlo in pienezza, senza dita puntate, senza retroscena svelati.

Quando la santità di Dio raggiunge e bacia la nostra vita come potremmo non sentirci indegni? Non si tratta di considerare quel fatto specifico o qualche piccolo peccatuccio, ma della realtà totale della mia vita, contemplata davanti alla santità di Dio con immenso stupore. Pietro ora chiede a colui che ha scelto la sua barca, paradossalmente, di allontanarsi. In realtà, da ora in poi sarà sempre con Lui perché il gusto del perdono è il gusto del vero incontro con Cristo. Ora, solo ora Pietro ha incontrato Cristo. Non è Colui del quale condivideva la causa, non è Colui di cui apprezzava e venerava la Parola. È il Signore che riempie le sue reti vuote e che ha visitato in modo assolutamente immeritato la sua povertà. La terza frase non è più una richiesta di cortesia, né una domanda di fede. Il tempo è al futuro. Pietro sa che quella parola crea il suo futuro, lo plasma. Può fare tutto. Se ha riempito le reti, perché non dovrebbe riempire la vita? Sulla scorta di questa Parola, per cui ha gettato le reti, ora potrà lasciarle e gettarne di nuove. Ora la sua vita sarà consegnata alla causa del Regno perché altri possano vivere l'incontro che ha cambiato la sua esistenza.


VITA PASTORALE N. 1/2010 (commento di Claudio Arletti,
presbitero della arcidiocesi di Modena-Nonantola)


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