Amare come sé

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da L'arte di amare
di Chiara Lubich



Amare come sé
«Ama il prossimo tuo come te stesso»
(Mt 19,19)



La «Regola d'oro»
Una legge impressa in ogni cuore
Per tutti gli uomini di buona volontà
Oltre la natura
Tu e lui, due membra di Cristo
L'amore fa uguaglianza
Come te stesso




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La «Regola d'oro»


Un'altra caratteristica dell'amore, che è conosciuta, riportata in tutti i libri sacri, e che da sola basterebbe, se vissuta, a fare di tutto il mondo una grande famiglia è: amare come se stessi, fare agli altri quello che si vorrebbe fosse fatto a sé, non fare agli altri quello che non si vorrebbe fosse fatto a sé.

È la cosiddetta «Regola d'oro», tanto bene espressa da Gandhi quando ha affermato: «Tu ed io siamo una sola cosa. Non posso farti del male senza ferirmi»15. Il Vangelo l'annuncia in questi termini: «Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Lc 6,31). Nella tradizione musulmana si conosce così: «Nessuno di voi è vero credente se non desidera per il fratello ciò che desidera per se stesso»16.

Da questo principio scaturisce una norma che da sola, se applicata, sarebbe il più grande motore dell'armonia tra individui e gruppi, all'interno delle famiglie come negli Stati. Pensare cosa sarebbe il mondo se oltre che fra i singoli anche fra i popoli, le etnie, gli Stati, si mettesse in pratica la «Regola d'oro», esprimendola ad esempio così: «Amare la patria altrui come la propria»…


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15 Cit. in W. Mühs, Parole del cuore, Milano 1996, p. 82.
16 An-Nawawi, Quaranta Hadith, CESI, Hadith 13 riferito da al-Buhkari e Muslim, p. 64.


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Una legge impressa in ogni cuore


«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12).

Ogni prossimo che incontriamo nella giornata, amiamolo così.

Immaginiamo di essere nella sua situazione e trattiamolo come vorremmo essere trattati noi al posto suo.

La voce di Dio che abita dentro di noi ci suggerirà l'espressione d'amore adatta ad ogni circostanza.

Lui ha fame? Ho fame io - pensiamo. E diamogli da mangiare.
Subisce ingiustizia? Sono io che la subisco!

È nel buio e nel dubbio? Lo sono io. E diciamogli parole di conforto e condividiamo le sue pene e non diamoci pace finché non sarà illuminato e sollevato. Noi vorremmo esser trattati così.

È un portatore di handicap? Voglio amarlo fino a sentire quasi nel mio corpo e nel mio cuore la sua menomazione e l'amore mi suggerirà l'espediente esatto per farlo sentire uguale agli altri, anzi con una grazia in più, perché noi cristiani sappiamo quanto il dolore valga.

E cosi con tutti e tutte, senza discriminazione alcuna.


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Per tutti gli uomini di buona volontà


Lo sappiamo, alla base di quasi tutte le religioni più importanti nel mondo vi è, pur variamente formulata, la «Regola d'oro», quella norma veramente aurea che prescrive di fare agli altri quanto si desidera sia fatto a sé.

Ciò è cristianesimo; e sono naturalmente cristiani quelli che dicono così.

E io penso che un tale principio vale non solo per i cristiani, non solo per le altre religioni, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, perché si tratta di un principio ragionevole, sano e giusto, universale.


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Oltre la natura


«Ama il prossimo tuo come te stesso» (Mt 19,19). È una tensione continua, perché la nostra natura ama se stessa.

Spesso la cronaca registra sciagure, terremoti, cicloni, che fanno vittime, feriti, senzatetto.

Ma una cosa è essere uno di loro, e un'altra non esserlo.

E, anche se possiamo offrire qualche aiuto per soccorrere gli altri, noi non siamo loro.

Domani potrà esser l'inverso: io su un letto (se mi sarà dato un letto!) di morte, e gli altri fuori al sole, a godersi, come possono, la vita.

«Ama il prossimo tuo come te stesso»: tutto quanto Cristo ci ha comandato supera la natura.

Ma anche il dono che Egli ci ha fatto, quello menzionato alla Samaritana, non è di natura umana.

Cosicché l'aggancio con il dolore del fratello, con la gioia o con le preoccupazioni dell'altro è possibile, perché abbiamo in noi la carità che è di natura divina.

Con questo amore, e cioè quello cristiano, il fratello può essere veramente confortato e, domani, io posso esserlo da lui. E in tal modo è possibile vivere, ché altrimenti la vita umana sarebbe assai dura, difficile e potrebbe apparire alle volte impossibile.


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Tu e lui, due membra di Cristo


Ogni Parola di Dio è il minimo e il massimo che Egli ti chiede, per cui quando tu leggi: «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Mt 19,19), hai della legge fraterna la massima misura.

Il prossimo è un altro te stesso, e come tale lo devi amare.

Se lui piange, piangerai con lui; e se ride con lui riderai; e se ignora ti farai con lui ignorante; e se ha perduto suo padre t'immedesimerai nel suo dolore.

Tu e lui siete due membra di Cristo e che soffra l'una o l'altra per te è simil cosa.

Perché per te ciò che vale è Dio che è Padre d'entrambi.

E non cercare scuse all'amore. Il prossimo è chiunque ti passa accanto, povero o ricco, bello o brutto; ignorante o dotto, santo o peccatore, della tua patria o straniero, sacerdote o laico; chiunque.

Prova ad amare chi ti sfiora nel momento presente della vita e scoprirai nell'animo tuo nuovi germogli di forze prima non conosciute: esse daranno sapore alla tua vita e risponderanno ai tuoi mille perché.


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L'amore fa uguaglianza


Se rimaniamo indifferenti o rassegnati di fronte alle necessità del nostro prossimo, sia sul piano dei beni materiali come dei beni spirituali, non possiamo dire di amare il prossimo come noi stessi. Non possiamo dire di amarlo come lo ha amato Gesù.

Tra persone, infatti, che vogliono ispirarsi all'amore che ci ha insegnato Gesù, non può esserci posto per le disuguaglianze, i dislivelli, le emarginazioni, le trascuratezze.


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Come te stesso


Una delle cose che lo Spirito Santo ci ha insegnato, attraverso il carisma dell'unità, è stata questa: capire che quella parola del Vangelo - «Ama il prossimo come te stesso» - andava presa alla lettera, sine glossa; cioè che non era un'indicazione generica. Quel «come» voleva dire proprio come. Quindi, che sia io in una certa situazione, o un altro, occorre che ciascuno la viva come fosse la propria.

E si è capito che prima di questa scoperta il nostro amore verso il prossimo era di gran lunga inferiore all'amore verso noi stessi. Eravamo cristiani battezzati, ci si accostava all'Eucaristia tutti i giorni, ma non si pensava assolutamente di amare l'altro come sé, quando addirittura il nostro amore non era concentrato che unicamente su noi stessi. Bisognava, quindi, fare una conversione e curarsi dell'altro come di noi.

L'abbiamo fatto, con ogni prossimo che si incontrava, e ne è nata una rivoluzione.

E ciò perché un tale modo di fare, dovunque lo si mette in pratica, colpisce; gli altri restano meravigliati, si domandano da che cosa è motivato. Per cui si ha l'occasione di spiegare perché uno tratta il prossimo in un certo modo, lo serve, lo aiuta. E molti di quelli che interrogano sentono anche loro il desiderio di cominciare, di provare a vivere così.

Ed ecco che da persone indifferenti le une verso le altre, quali siamo in genere tutti noi, anche cristiani, ci si comincia a ravvivare, a interessarsi l'una dell'altra, ad amarsi, a compaginarsi in comunità. E così si dà l'idea di ciò che è una Chiesa viva, con una sola parola del Vangelo realmente vissuta: «Ama il prossimo come te stesso», perché, come dice Paolo, «tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso» (Gal 5,14).



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