Assunzione della Beata Vergine Maria


ANNO B - 15 agosto 2009
Assunzione della Beata Vergine Maria

Ap 11,19a;12,1-6a.10ab
1Cor 15,20-27a
Lc 1,39-56
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Messa del giorno


L'ESPERIENZA DELLA FINE
È IL NOSTRO VERO INIZIO

È noto come il cap. 12 di Apoca1isse sia un testo tanto centrale nell'economia dell'ultimo libro della Bibbia quanto di difficile interpretazione. Non dobbiamo vedere in Giovanni un autore enigmatico o ermetico. Semplicemente, egli sovrappone immagini ed episodi della storia della salvezza fino a creare visioni stratificate, inclusive, ricchissime. L'effetto che questo produce sul lettore è il senso di una grande profondità e capacità evocativa. È possibile scorgere, nei due segni che aprono il cap. 12, tanto della nostra concreta vicenda umana. Il quadro è complesso, certamente, ma altrettanto suggestivo. Iniziamo dal primo segno, quello definito "grande" dal v. 1. La chiusa del cap. 11, aggiunta dal lezionario dell'Assunzione al cap. 12, ci spinge a connettere questo primo segno grande con l'arca dell'Alleanza che appare all'apertura del Tempio celeste.

L'arca dell'Alleanza fu per tutto il cammino nel deserto presenza tangibile e concreta di YHWH in mezzo ad Israele. L'arca conteneva le tavole con le dieci parole, un frammento di manna, la verga di Aronne: tutti "sacramenti" della provvidente guida di Dio. Ora, alla comparsa dell'arca segue immediatamente quella della donna, quasi che ella dell'arca, sia una rappresentazione viva. Anch'ella, infatti, è portatrice di qualcosa o meglio di qualcuno. Il nesso tra la donna incinta di Ap 12 e la giovane ragazza che raggiunge Elisabetta nel passo di Luca è immediato. Entrambe sono portatrici di una preziosissima vita. Gli elementi cosmici che adornano la donna di Apocalisse fanno però pensare che non si tratti solo di una figura singola, ma di un simbolo collettivo. Ella sta per partorire. È generatrice di vita. Richiama quell'esperienza immediata per la quale tutti noi esistiamo. Qualcuno ci ha dato la vita, attraverso un processo, il parto, a volte molto travagliato. Infatti la donna grida. Ma il suo non è solo un dramma personale e fisico.
A questa arca di vita, segno fecondo della forza di Dio che scorre nel cosmo, si oppone un altro essere a noi ben noto, fin dalle prime fantasie di bambini: il drago. Non c'è nulla che contrasti e rinneghi la bellezza della vita nascente e il senso di speranza che un neonato comunica quanto un drago mostruoso per numero di teste e corna. Anche qui la descrizione che ne fa Giovanni è simbolica di una forza maligna non individuabile con un singolo attore storico, ma piuttosto con il satanico in sé. Il senso del male è rinnegare la vita. Non per nulla, il drago pronto a divorare il bambino trascina con sé un terzo delle stelle del cielo, corona della donna incinta, minacciando non solo lei ma il creato tutto. Il drago è la sintesi delle nostre paure di morte e distruzione, come la donna è la sintesi delle nostre aspirazioni di vita. Il confronto sembra risolto in partenza. Per dimensioni e forza, il drago riuscirà a divorare il bambino. Tutto in Lui è finalizzato a questo scopo. Così realmente accade, se connettiamo al satanico anche la nostra fragilità mortale, esito del peccato originale. Sempre il drago trionfa sulla donna: ogni figlio di Eva, ogni frutto di vita è destinato a essere divorato dalla morte.
Ma il bambino destinato a governare la terra intera sfugge alla minaccia del drago. Lo identifichiamo non solo con il Messia nato da Maria, ma anche con il Cristo partorito dalla Chiesa nella storia umana attraverso la Parola, i Sacramenti e la santità dei suoi membri. Quel Bambino scampa alla morte. Egli è il Risorto. Appartiene a Dio a tal punto da non temere il drago. In Lui si fonda la nostra speranza di vita contro il drago mortifero che ci attende. La questione, tuttavia, non riguarda solo la sua risurrezione. Ma la nostra. Qui possiamo di nuovo vedere nella donna, cui Dio prepara una dimora nel deserto, anche la Vergine Assunta. La salvezza del fanciullo diviene salvezza anche per la madre. In ciò sta la potenza contagiosa della Pasqua. L'autore di Apocalisse descrive tale salvezza attraverso il motivo del deserto dove la donna può rifugiarsi (v. 6). Esso richiama l'Esodo, grande paradigma di tutta la Scrittura. Rappresenta il tempo in cui YHWH trasformò un luogo di morte e un tempo di difficile sopravvivenza in una straordinaria esperienza d'amore e di accudimento. La cifra di 1.260 giorni, indicata al v. 6, più che indicare un periodo preciso, suggerisce un lasso di tempo molto prolungato. La fuga della donna, allora, è un nuovo esodo.

Non siamo davvero lontani dal messaggio dell'odierna solennità. L'Assunzione rappresenta per Maria l'ultimo e definitivo scontro con il drago. Se nella nostra vita il mostro sembra prevalere sul nostro corpo almeno fino al momento della risurrezione dai morti, per Maria non vi fu che l'istante del trapasso o, secondo la tradizione orientale, un sonno che sfociò nella vita eterna. Il deserto del nulla si tramutò nell'incontro definitivo e completo con il Dio della vita. La morte è anche l'esodo più difficile che attende ogni uomo. È l'uscita definitiva dove ci sentiamo soli e sprovveduti. Ma Dio combatte per noi l'ultima battaglia, come narra il prosieguo del cap. 12. L'esito lo vediamo proprio nella Donna, custodita dal Padre.



VITA PASTORALE N. 7/2009 (commento di Claudio Arletti,
presbitero della arcidiocesi di Modena-Nonantola)


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