Prefazione

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da Come il Padre ha amato me...
365 pensieri per l'anno sacerdotale
1. estate: l'essere


"Inquietante", così un vescovo definisce la presenza del sacerdote accanto ai laici1. Inquietante: una figura che "non lascia tranquilli".
Ma che cosa può dire il sacerdote, una volta definito l' "uomo del sacro", a chi è chiamato ad essere presente ed operante in ambiti che sembrano non avere nulla di sacro?
Forse la risposta sta tutta in un aggettivo: "pastorale". Il ruolo del sacerdote è un servizio pastorale. Il riferimento è al "Pastore" e la cosa non è da poco, perché significa richiamarsi a Colui che si è definito "luce della vita", che è venuto a dare la "vita"… Nella loro vicenda esistenziale e sociale, uomini e donne possono trovare la luce, la verità, la libertà: la vita ha bisogno di essere resa "luminosa", "vera", "libera".
Parlare di "questa" e dell' "altra" vita è un linguaggio che può forse aiutare a capirci, ma rischia di fraintendere il "bell'annuncio" che ci dona Gesù. C'è un'unica vita da vivere, dal concepimento all'eternità, di cui la morte è "pasqua", passaggio.
La luce di Gesù si proietta sulla vita intera, arricchisce di senso ogni aspetto: gli affetti e le relazioni, a partire da quelle familiari, le gioie e i dolori, le scelte di vita e gli impegni, che diventano realizzanti quanto più assumono lo stile del servizio. Che cosa vuol dire società se non essere a servizio reciproco, in cui ciascuno mette in gioco i propri talenti, per fare come il Pastore: donare se stessi per gli alti; perché prenda corpo la famiglia umana?
Il sacerdote, allora, si colloca qui in mezzo, per testimoniare che il riferimento a Gesù non è "strano" per la vita dei singoli e della comunità umana, ma è loro "connaturale": non farà lui politica, ma richiamerà a politici e cittadini che lo "stile" evangelico trasforma la politica e che senza di esso questa rischia di diventare giungla; non assumerà impegni familiari come gli altri; ma potrà far scoprire a sposi genitori e figli che l'amore che sa far emergere il meglio di ciascuno, perdonare, spendersi per gli altri; anche oltre la propria cerchia ristretta, è l'amore più "bello" da vivere; non porrà la sua realizzazione in ruoli scolastici, amministrativi, professionistici, ma, invitando a guardare a Colui che "ha lavato i piedi", coopererà a trasformare ogni ruolo in "rapporto".
Alla riscoperta di questa presenza piena di fascino e significato per l'oggi dell'umanità vorrebbero contribuire umilmente, nell'arco di quest'Anno sacerdotale, i "pensieri" proposti in questo libretto e nei tre che lo seguiranno.

Tonino Gandolfo
Hubertus Blaumeiser




1 Giuseppe Cavallotto, Nota pastorale "Vivere insieme nella Chiesa e nella società", Cuneo 2008, p. 62.


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