I Domenica di Quaresima
Gn 9,8-15
1Pt 3,18-22
Mc 1,12-15
LE POTENZE DEL MALE
NON PREVALGONO
L'odierna liturgia della Parola pone l'inizio del nostro cammino quaresimale sotto il segno di potenti immagini. Quella che domina la prima lettura è l'arcobaleno, esito ultimo della catastrofe del diluvio e "ricordo" della futura misericordia divina. YHWH stringe il suo patto non solo con tutta l'umanità, ma con ogni essere vivente che appartenga alla creazione (Gen 9,10-11). Nella seconda lettura l'immagine dominante è correlata alla precedente: l'arca di Noè. Essa è «figura del battesimo» attraverso cui il credente invoca la salvezza di Dio (1Pt 3,21). L'uomo che sente di poter affondare nel male, di perdersi tra i flutti della tentazione incontra l'atto redentore di Cristo di cui Pietro evoca la risurrezione. Non si tratta più di affondare fra le onde del male, ma piuttosto di essere immersi in Cristo, nella sua morte, per essere partecipi della sua vita.
Il vangelo sostituisce il deserto all'oceano primordiale da cui proviene il diluvio. Il salto è radicale. Ma non siamo distanti dalle immagini battesimali consegnateci dalle prime due letture. Il confronto con satana è il primo passo per una vera adesione a Dio. Pensiamo all'unzione di esorcismo. Pensiamo ancora alle rinunce a satana che precedono la professione di fede del catecumeno. È come se le tre letture odierne, a ritroso, ci conducessero attraverso un itinerario squisitamente battesimale: dal segno del patto (l'arcobaleno), allo strumento della salvezza (l'arca), per giungere al confronto con il maligno (le tentazioni). D'altronde, com'è noto, la Quaresima era l'ultimo tempo di preparazione per i catecumeni, prima che, durante la grande Veglia pasquale, fossero illuminati e rivestiti di Cristo attraverso i sacramenti dell'Iniziazione.
Nel deserto, dunque, dove l'acqua è la grande assente, Cristo viene immerso in un serrato confronto con la tentazione. È significativo il verbo greco con cui Marco segnala il movimento di Gesù. Non è un movimento autonomo: è lo Spirito a "sospingerlo" nel deserto (v. 12). Se volessimo rendere il rude greco marciano dovremmo accentuare la forza del termine e affermare che lo Spirito "cacciò" Cristo nel deserto. Dopo il battesimo, la prima attiva manifestazione dello Spirito è proprio allontanare il Messia dai luoghi abitati per inviarlo là dove, tradizionalmente, vivono i demoni. Per quanto sia sorprendente, è il Soffio del Padre a consegnare il Nazareno al confronto con il maligno. E un passaggio inevitabile come inevitabile è la sua collocazione. Chiunque decida di servire Dio, deve prepararsi alla tentazione.
D'altronde a che servirebbe sospingere verso la rovina e verso la dannazione coloro che già spontaneamente si affrettano a raggiungerla? Come testimoniano innumerevoli vite di santi, sono proprio loro, gli amici di Dio, a subire le tentazioni più dure nella fede, nella speranza e nella carità. Anche il nostro cammino quaresimale non può essere pensato come un tempo di facile adesione a Cristo. Proprio quando nascono propositi e formuliamo impegni, sentiremo una forza avversa che muove in direzione contraria. Quando spontaneamente ci disinteressiamo di Dio e dimentichiamo di metterci al suo servizio, concentrandoci su cose vane e controproducenti, che bisogno c'è che l'avversario ci sospinga a dimenticare la centralità della Parola? L'abbiamo già fatto noi, spontaneamente.
La Quaresima è tempo di grazia. Esattamente per questa ragione è anche tempo di prova. Siamo sospinti, cacciati nel deserto, dove avvertiamo la presenza di Colui che si cela e si nasconde a noi fino a quando nello Spirito decidiamo di vivere appieno la nostra figliolanza divina. Cristo ricapitola in sé tutti i tentati cammini dell'uomo. Ritroviamo nei pochi versetti di Marco, molto più sobri delle narrazioni di Luca e Matteo, motivi che ci riportano a Genesi, al primo uomo. Nel vincere la tentazione, il Figlio di Dio ricuce l'alleanza cosmica tra l'uomo e la natura qui rappresentata dalle fiere (v. 13). Il mondo non è più un luogo avverso, ma la casa di tutte le creature di Dio. Anche la presenza degli angeli curiosamente accostata a quella delle fiere suggerisce l'intensa comunione tra il cielo e la terra.
Cristo, nuovo Adamo, vive tra angeli e fiere, in comunione con Dio e con ogni sua creatura. Nel deserto, egli rivive anche il cammino di Israele, segnato da mormorazione e dubbio, fino alla rivolta contro colui che lo aveva tratto da un luogo di schiavitù. L'annuncio del Vangelo, proclamato da Cristo, dopo la breve parentesi della tentazione, acquista un altro volto. Il lieto annuncio è impresso nella stessa persona di Gesù, vittorioso sul maligno, sospinto nel deserto per affrontare quel male che arriva a sommergere l'uomo allontanandolo dalla vita. Se all'uomo è data la forza di camminare verso la casa del Padre, allora davvero il tempo è compiuto e il regno di Dio si è fatto vicino. Le potenze del male non possono più prevalere. Ma sono destinate a soccombere. Questa è la fiducia che innerva tutto il nostro cammino quaresimale. La croce, come segno di eterna alleanza, è il legno che ci salva dal diluvio e ci conduce a condividere la nuova esistenza del Risorto.
VITA PASTORALE N. 2/2009 (commento di Claudio Arletti,
presbitero della arcidiocesi di Modena-Nonantola)
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