XXVII Domenica del Tempo Ordinario (B)
Letture Patristiche

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Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.


ANNO B - XXVII Domenica del Tempo Ordinario


DOMENICA «DEL MATRIMONIO INDISSOLUBILE»

Genesi 2,18-24 • Salmo 127 • Ebrei 2,9-11 • Marco 10,2-1
(Visualizza i brani delle Letture)


1. È Dio l'autore dell'unione coniugale (Ambrogio, Exp. in Luc., 8, 4-7)
2. Due in una sola carne (Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 62, 1 s.)
3. Il regno dei cieli è di coloro che somigliano ai bambini (Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 62, 4)
4. La moglie fedele (Giovanni Crisostomo, In epist. ad Tit., 4, 2)
5. Scena provvisoria del mondo (Ambrogio, Exameron, I, I, 3, 10)
6. La nostra gioia è per ora in speranza (Agostino, Comment. in Ioan., 10, 13)
7. Rispondere con amore all'amore (Ambrogio, Exameron, 5, 18)
8. Questo mistero è grande (San Gregorio Nazianzeno, "Discorsi", 37,5-7))


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1. È Dio l'autore dell'unione coniugale

Non ripudiare quindi la tua sposa: significherebbe negare che Dio è l'autore della tua unione. Infatti se è tuo compito sopportare e correggere i costumi degli estranei, a maggior ragione lo è nei riguardi di tua moglie.
Ascolta quanto dice il Signore: "Chi ripudia la sposa ne fa un'adultera" (Mt 5,32). Colei infatti che, finché vive il marito, non può sposarsi di nuovo, può essere soggetta alla lusinga del peccato. Così colui che è responsabile dell'errore lo è anche della colpa, quando la madre è ripudiata con i suoi bambini, quando, già anziana e col passo ormai stanco, è messa alla porta. Ed è male scacciare la madre e trattenere i suoi figli: perché si aggiunge, all'oltraggio fatto al suo amore, la ferita nei suoi affetti materni. Ma più crudele è scacciare anche i figli per causa della madre, in quanto i figli dovrebbero piuttosto riscattare agli occhi del padre il torto della madre. Quale rischio esporre all'errore la debole età di un adolescente! E quale durezza di cuore scacciare la vecchiaia, dopo aver deflorato la giovinezza! Sarebbe lo stesso se l'imperatore scacciasse un soldato veterano senza compensarlo per i suoi servigi, togliendogli gli onori e il comando che ha; o che un agricoltore scacciasse dal suo campo il contadino spossato dalla fatica! Ciò che è vietato fare nei confronti dei sudditi, sarebbe dunque permesso nei riguardi dei congiunti?
Tu invece ripudi la tua sposa quasi fosse nel tuo pieno diritto, senza temere di commettere un'ingiustizia; tu credi che ciò ti sia permesso perché la legge umana non lo vieta. Ma lo vieta la legge di Dio: e se obbedisci agli uomini, devi temere Dio. Ascolta la legge del Signore cui obbediscono anche quelli che fanno le leggi: "Ciò che Dio ha unito, l'uomo non divida" (Mt 19,6).
Ma non è soltanto un precetto del cielo che tu violi: tu in certo modo distruggi un'opera di Dio.
Tu permetteresti - ti prego - che, te vivente, i tuoi figli dipendessero da un patrigno, oppure che, mentre è viva la loro madre, essi vivessero sotto una matrigna? E supponi che la sposa che hai ripudiata non torni a sposarsi: ebbene, ti era sgradita, quando eri suo marito, questa donna che si mantiene fedele a te, ora che sei adultero? Supponi invece che torni a sposarsi: la sua necessità è un tuo crimine, e ciò che tu credi un matrimonio in realtà è un adulterio. E senza importanza che tu commetta adulterio pubblicamente, oppure che tu lo commetta sembrando marito; c'è solo il fatto che la colpa commessa per principio è più grave di quella commessa furtivamente.
Forse qualcuno potrà dire: "Ma allora perché Mosè ha comandato di dare il libello di divorzio e di licenziare la moglie?" (Mt 19,7; Dt 24,1). Chi parla in questo modo è giudeo, non è cristiano: egli obietta ciò che fu obiettato al Signore, e perciò lasciamo al Signore il compito di rispondergli: "Per la durezza del vostro cuore" - dice - "Mosè vi permise di dare il libello del divorzio e di ripudiare le mogli; ma all'inizio non era così" (Mt 19,8). Cioè egli dice che Mosè lo ha permesso, ma Dio non lo ha ordinato: all'inizio valeva la legge di Dio. Qual è la legge di Dio? "L'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà alla sua sposa, e saranno due in una carne sola" (Gen 2,24; Mt 19,5). Dunque chi ripudia la sposa, dilania la sua carne, divide il suo corpo.

(Ambrogio, Exp. in Luc., 8, 4-7)

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2. Due in una sola carne

"Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina, e disse: Per questo l'uomo abbandonerà il padre e la madre sua e si unirà alla sua donna e saranno i due in una sola carne? Pertanto non sono piú due, ma una carne sola. Non separi dunque l'uomo ciò che Dio congiunse" (Mt 19,4-6; Gen 2,24). Ammira la sapienza del Maestro. Interrogato, infatti, se sia lecito ripudiare la propria moglie, non risponde subito: Non è lecito, per non turbare e confondere i suoi ascoltatori. Ma, prima di pronunciare la sua sentenza, chiarisce la questione dimostrando che quel comando veniva dal Padre suo e che egli ordinava questo non per opporsi a Mosè. E notate che non si limita a confermare la verità di quanto dice solo con la creazione dell'uomo e della donna, ma con il comando stesso del Padre. Cristo non dice soltanto che Dio ha fatto un solo uomo e una sola donna, ma che ha dato anche questo comando: che l'uomo deve unirsi a una sola donna. Se Dio avesse voluto che l'uomo, lasciata una donna, ne sposasse un'altra, dopo aver creato l'uomo, avrebbe creato molte donne. Il fatto è che, con il modo stesso della creazione e con la sua legge, Dio ha dimostrato che un uomo deve convivere sempre con una sola donna e che l'unione non deve mai essere spezzata. Considera le parole stesse di Cristo: «Il Creatore da principio li creò maschio e femmina»; essi cioè uscirono da una stessa radice e si unirono in una stessa carne. E aggiunge che i due saranno in una carne sola. Poi, volendo intimorire chi pretende condannare questa legge e per fissare bene questa norma, non dice: Non dividete e neppure non separate. Ma che dice allora? «Non separi dunque l'uomo ciò che Dio congiunse». E se voi - aggiunge - mi citate Mosè, io vi cito il Signore di Mosè e ve lo confermo inoltre riferendomi al tempo. Infatti «Dio da principio li creò maschio e femmina». Questa infatti è una legge antichissima, anche se sembra che sia io a introdurla ora, e venne stabilita con grande vigore e fermezza. Dio infatti non presentò semplicemente all'uomo la donna, ma gli comandò che per lei abbandonasse il padre e la madre. E non ordinò soltanto di accostarsi alla donna, ma di congiungersi a lei, indicando, con la forma stessa delle espressioni, l'inseparabilità dei due. E neppure di questo si contentò, ma ricercò e aggiunse un altro vincolo piú intimo: «Saranno i due in una sola carne».
Dopo aver riproposto la legge antica, promulgata con fatti e con parole, e aver dimostrato il rispetto che meritava a causa di colui che l'aveva emanata, ora con autorità egli stesso la interpreta e sancisce, dicendo: «Pertanto non sono piú due, ma una carne sola». Ebbene, così come è delitto tagliare carne umana, è un crimine separare il marito dalla moglie. E non si limita a questo, ma si appella anche all'autorità di Dio, dicendo: «Non separi dunque l'uomo ciò che Dio congiunse». Dimostra cosí che tale separazione va contro natura e contro la legge: contro natura, perché si taglia ciò che è una sola carne; contro la legge, perché avendo Dio congiunto e comandato che non si separi ciò che egli ha unito, essi non pensino ugualmente a separarlo.

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 62, 1 s.)

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3. Il regno dei cieli è di coloro che somigliano ai bambini

"Allora gli furono condotti dei fanciulli perché imponesse loro le mani e pregasse per essi. I discepoli li sgridarono, ma Gesù disse loro: «Lasciate che i fanciulli vengano a me, poiché di quelli che sono come loro è il regno dei cieli «; e dopo aver imposto loro le mani, proseguì il suo cammino" (Mt 19,13-15). Per qual motivo i discepoli allontanano da Gesù i fanciulli? A causa della sua dignità. Che fa allora il Maestro? Per insegnar loro a essere umili e a calpestare il fasto e la gloria mondana, non solo accoglie i fanciulli, ma li abbraccia e promette il regno dei cieli a quelli che sono come loro: affermazione questa che già ha fatto precedentemente. Anche noi, dunque, se vogliamo ereditare il regno dei cieli, cerchiamo con grande impegno di acquistare questa virtù: il termine, infatti, la meta della filosofia è appunto la semplicità unita alla prudenza. Questa è vita angelica. L'anima del bambino, infatti, è pura da ogni passione: non serba rancore per quelli che l'offendono, ma si accosta a loro come ad amici, come se nulla fosse accaduto. E per quanto la madre lo picchi, il bambino sempre la ricerca e la preferisce a tutti. E quand'anche tu gli presentassi una regina con il suo diadema, egli non la preferirebbe a sua madre, anche se la madre fosse vestita di stracci: guarderebbe infatti con maggior piacere a lei, ricoperta di quei poveri abiti, che non alla regina con tutti i suoi ornamenti: ché il bambino sa distinguere i suoi dagli estranei, non per la loro ricchezza o per la loro povertà, ma per l'amore che essi hanno per lui e che lui sente per loro. Non ricerca niente più del necessario, ma quando il seno della madre l'ha saziato allora si stacca da esso. Il fanciullo non si dà pena, come facciamo noi, per futili motivi, come ad esempio per la perdita di denaro e per cose simili; né si rallegra come noi per cose passeggere: non si estasia, infatti, davanti alla bellezza dei corpi. Perciò Gesù ha detto: «Di quelli che sono come loro è il regno dei cieli», affinché noi facciamo per libera volontà ciò che i fanciulli fanno per natura.
Siccome i farisei non avevano altro movente alle loro azioni se non la malvagità e l'orgoglio, per questo il Signore ripete ai suoi discepoli in ogni occasione il comando di essere semplici, e mentre allude ai farisei istruisce i discepoli. Niente infatti come il comando e la preminenza spinge gli uomini all'arroganza. Orbene, siccome i discepoli avrebbero goduto di grande onore per tutta la terra, il Signore previene il loro spirito e non permette che essi abbiano qualche sentimento umano, che ricerchino gli onori della moltitudine o si offrano a spettacolo davanti alle folle. Benché queste cose sembrino insignificanti, tuttavia esse sono causa di grandi mali.
Cosi i farisei, per aver desiderato i saluti, l'autorità e i primi posti, hanno raggiunto il culmine della malvagità; di qui sono passati a concepire la più furiosa passione per la gloria e sono precipitati infine nell'empietà. Ecco perché si allontanano da Gesù, dopo aver attirato su di sé la sua maledizione per averlo tentato; i fanciulli, invece, ottengono la sua benedizione, essendo liberi da tutte queste passioni.
Diventiamo anche noi come i fanciulli e siamo come loro privi di malizia. Non vi è infatti altro modo di vedere il cielo.

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 62, 4)

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4. La moglie fedele

La moglie che ha cura della casa, sarà anche pudica e regolerà tutto; né si darà ai piaceri, a spese ingiustificate e simili cose. "Perché non sia bestemmiato il nome di Dio", dice l'Apostolo. Lo vedi che egli si preoccupa principalmente della predicazione e non delle cose temporali?
Difatti, scrivendo a Timoteo dice: "Meniamo una vita quieta e tranquilla con tutta pietà e onestà" (1Tm 2,2); qui poi dice: "Perché non sia bestemmiato il nome e la dottrina di Dio". Se capita, infatti, che una donna fedele maritata a un infedele, non sia ben fornita di virtù, di qui suole nascere la bestemmia contro Dio, ma se è ben fornita di virtù le sue parole e le sue azioni promuoveranno la gloria di Dio.
Sentano le donne che sono sposate a uomini malvagi o infedeli; sentano e imparino a indurli alla pietà con i loro buoni costumi. Se, infatti, non dovessi cavarci altro né riuscissi a ridurlo alla vera fede, però ne chiuderai la bocca e non gli darai occasione di bestemmiare contro la religione cristiana. E questo non è tanto poco, è anzi moltissimo, perché dai contatti della vita la nostra verità acquista ammirazione.

(Giovanni Crisostomo, In epist. ad Tit., 4, 2)

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5. Scena provvisoria del mondo

Infatti non si può trovare il principio di una sfera o dove cominci il globo lunare o dove termini quando la luna mensilmente scompare. Ma anche se tu non riesci a rendertene conto, non per questo la sfera non ha avuto un punto d'inizio o non finirà mai. Se tu con l'inchiostro o con lo stilo tracciassi una circonferenza o la descrivessi con un compasso, dopo un po' di tempo non potresti o cogliere con gli occhi o ricordare con la mente dove hai cominciato e dove hai finito; e tuttavia sei testimone a te stesso di aver cominciato e di aver finito tale figura. Anche se ciò sfugge ai sensi, non scalza la verità. Ciò che ha un inizio, ha pure una fine, ed è chiaro che a ciò cui si pone fine è stato dato inizio. E che il mondo finirà, lo stesso Salvatore insegna nel suo Vangelo dicendo: "Passa infatti la figura di questo mondo" (1Cor 7,31) "e il cielo e la terra passeranno" (Mt 24,35) e più sotto: "Ecco io sono con voi sino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

(Ambrogio, Exameron, I, I, 3, 10)

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6. La nostra gioia è per ora in speranza

Benediciamo il Signore Dio nostro, che ci ha qui riuniti a letizia spirituale. Conserviamo il cuore sempre nell'umiltà, e riponiamo nel Signore la nostra gioia. Non ci inorgogliamo per una qualsiasi prosperità terrena, piuttosto rendiamoci conto che la felicità nostra avrà inizio solo quando tutte queste cose saranno passate. La nostra gioia, fratelli miei, per ora sia in speranza; nessuno goda delle cose presenti, se non vuole arrestarsi per via. Tutta la gioia sia nella speranza del futuro, tutto il nostro desiderio, nella vita eterna. Tutti i sospiri siano volti a Cristo; lui solo sia desiderato, il piú bello fra tutti, che amò noi, difformi per farci belli. Corriamo a lui solo, per lui il nostro gemito: "e dicano sempre: sia esaltato il Signore, quelli che amano la pace del suo servo" (Sal 34,27).

(Agostino, Comment. in Ioan., 10, 13)

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7. Rispondere con amore all'amore

Siamo accorti nel formare e nel conservare l'unione coniugale, amiamo la parentela a noi concessa. Se coloro che sono stati separati in lontane regioni sin dal tempo della loro nascita ritornano insieme, se il marito parte per l'estero, né la lontananza né l'assenza possano mai diminuire l'amore reciproco. Unica è la legge che stringe i presenti e gli assenti; identico è il vincolo di natura che stringe, nell'amore coniugale, sia i vicini, sia i lontani unico è il giogo benedetto che unisce i due colli, anche se uno deve allontanarsi assai in regioni remote: hanno infatti accolto il giogo della grazia non sulle spalle di questo corpo, ma sull'anima.

(Ambrogio, Exameron, 5, 18)

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8. Questo mistero è grande

«Si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: È lecito a un uomo per qualsiasi motivo ripudiare la propria moglie?» (Mt 19,3). I farisei lo mettono alla prova di nuovo; di nuovo essi, che leggono la legge,non capiscono la legge;di nuovo quelli che si dicono interpreti della legge hanno bisogno di altri maestri. Non bastava che i sadducei l'avessero interrogato sulla risurrezione, i dottori della legge sulla perfezione, gli erodiani sul tributo e altri ancora sul potere. Anche sul matrimonio qualcuno interroga colui che non può essere tentato, che ha creato il matrimonio ed è la causa prima di tutto il genere umano.
Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina?» (Mt 19,4). Vedo che questo problema da voi proposto riguarda la stima e l'onore della castità e che attende una risposta umana e giusta. E mi accorgo che su questo problema molti sono male informati e la loro legge è ingiusta e incoerente. Quale fu, infatti, il motivo per cui opprimevano con castighi la moglie, mentre usavano indulgenza per il marito, lasciandolo libero? Se una donna avesse pensato di disonorare il talamo nuziale, sarebbe stata costretta a espiare il suo adulterio e veniva punita dalla legge con durissime pene legali; come mai invece, il marito che avesse violato con l'adulterio la fedeltà promessa alla moglie, non viene colpito da nessuna condanna?
Io non approvo affatto questa legge, non accetto per nulla questa tradizione.
Quelli che istituirono questa legge erano uomini, perciò essa fu fatta contro le donne; e poiché sottoposero i figli alla patria potestà, lasciarono il sesso debole nell'ignoranza e nell'abbandono. Vedete l'equità della legge? Uno è il Creatore dell'uomo e della donna, l'uno e l'altra sono una stessa polvere, una stessa immagine; unica è la legge, unica la morte, unica la risurrezione. Siamo stati procreati ugualmente da un uomo e da una donna: un solo e identico dovere hanno i figli verso i genitori.
Con quale coraggio, dunque, esigi un'onestà che a tua volta non mantieni? Come osi pretendere ciò che non dai? E come puoi stabilire leggi diverse per una persona degna quanto te di rispetto? Se guardi la colpa, ha peccato la donna, ma anche Adamo ha ugualmente peccato: il serpente ingannò l'uno e l'altra, per spingerli alla colpa. Non furono trovati l'una più debole, l'altro più forte. Vuoi riflettere piuttosto sul piano della salvezza? Cristo salvò ambedue con la sua passione. Si è incarnato per l'uomo? Anche per la donna! Ha subito la morte per l'uomo? Anche alla donna con la sua morte ha offerto la salvezza. Ma egli è stato proclamato discendente dalla stirpe di Davide e da ciò forse concludi che gli uomini devono avere la precedenza nel ricevere onore. Lo so, ma è anche nato da una Vergine, e ciò vale anche per la donna. Perciò disse: «I due saranno una carne sola» (Mt 19,5); per conseguenza la carne, che è una sola, abbia eguale onore. Già san Paolo, anche con l'esempio, prescrive la legge della castità. In che modo e per qual motivo? «Questo mistero è grande: lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa» (Ef 5,32). È bello, per una donna, venerare Cristo nel marito; ma è bello anche per l'uomo non disprezzare la Chiesa nella moglie. «La moglie, dice, sia rispettosa verso il marito» (Ef 5,33) come verso Cristo. E anche l'uomo sostenga e ami la moglie, proprio come fa Cristo con la Chiesa (cfr Ef 5,29).

(San Gregorio Nazianzeno, "Discorsi", 37,5-7)



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