XXIII Domenica del Tempo Ordinario (B)
Letture Patristiche

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Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.


ANNO B - XXIII Domenica del Tempo Ordinario


DOMENICA «DELLA GUARIGIONE DEL SORDOMUTO»

Isaia 35,4-7a • Salmo 145 • Giacomo 2,1-5 • Marco 7,31-37
(Visualizza i brani delle Letture)




1. Il sordomuto (Beda il Vener., In Evang. Marc., 2, 7, 32-37)
2. Ottenuto il perdono, persevera! (Gregorio di Nazianzo, Oratio LX, in sanat. Bapt., 33 s.)
3. Anche nella Chiesa si operano le guarigioni (Origene, Comment. in Matth., 11, 18)
4. Ha fatto bene ogni cosa (San Lorenzo da Brindisi, dalle «Omelie»)

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1. Il sordomuto

E gli conducono un sordomuto e lo pregano di imporre su di lui la mano (Mc 7,32).
Il sordomuto è colui che non apre le orecchie per ascoltare la parola di Dio, né apre la bocca per pronunziarla. E' necessario perciò che coloro i quali, per lunga abitudine, hanno già appreso a pronunziare e ascoltare le parole divine, siano loro a presentare al Signore, perché li risani, quelli che non possono farlo per l'umana debolezza; cosí egli potrà salvarli con la grazia che la sua mano trasmette.
"Ed egli, traendolo in disparte dalla folla, separatamente mise le sue dita negli orecchi di lui" (Mc 7,33).
Il primo passo verso la salvezza è che l'infermo, guidato dal Signore, sia portato in disparte, lontano dalla folla. E questo avviene quando, illuminando l'anima di lui prostrata dai peccati con la presenza del suo amore, lo distoglie dal consueto modo di vivere e lo avvia a seguire la strada dei suoi comandamenti. Mette le sue dita nelle orecchie quando, per mezzo dei doni dello Spirito Santo, apre le orecchie del cuore a intendere e accogliere le parole della salvezza. Infatti lo stesso Signore testimonia che lo Spirito Santo è il dito di Dio, quando dice ai giudei: "Se io scaccio i demoni col dito di Dio, i vostri figli con che cosa li scacciano?" (Lc 11,19-20). Spiegando queste parole un altro evangelista dice: "Se io scaccio i demoni con lo Spirito di Dio" (Mt 12,28). Gli stessi maghi d'Egitto furono sconfitti da Mosè in virtù di questo dito, dato che riconobbero: "Qui è il dito di Dio" (Es 8,18-19); infine la legge fu scritta su tavole di pietra (cf. Es 31,18); in quanto, per mezzo del dono dello Spirito Santo, siamo protetti dalle insidie degli uomini e degli spiriti maligni, e veniamo istruiti nella conoscenza della volontà divina. Ebbene, le dita di Dio messe nelle orecchie dell'infermo che doveva essere risanato, sono i doni dello Spirito Santo, che apre i cuori che si erano allontanati dalla via della verità all'apprendimento della scienza della salvezza...
"E levati gli occhi al cielo, emise un gemito e pronunciò: «Effata», cioè «apriti»" (Mc 7,34).
Ha levato gli occhi al cielo per insegnare che dobbiamo prendere da lì la medicina che dà la voce ai muti, l'udito ai sordi e cura tutte le altre infermità. Ha emesso un gemito non perché abbia bisogno di gemere per chiedere qualcosa al Padre colui che in unità col Padre dona ogni cosa a coloro che chiedono, ma per presentarsi a noi come modello di sofferenza quando dobbiamo invocare l'aiuto della divina pietà per i nostri errori oppure per le colpe del nostro prossimo.
"E subito si aprirono gli orecchi di lui e subito si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente" (Mc 7,35).
In questa circostanza sono chiaramente distinte le due nature dell'unico e solo Mediatore tra Dio e gli uomini. Infatti, levando gli occhi al cielo per pregare Dio, sospira come un uomo, ma subito guarisce il sordomuto con una sola parola, grazie alla potenza che gli deriva dalla divina maestà. E giustamente si dice che «parlava correttamente» colui al quale il Signore aprì gli orecchi e sciolse il nodo della lingua. Parla infatti correttamente, sia confessando Dio, sia predicandolo agli altri, solo colui il cui udito è stato liberato dalla grazia divina in modo che possa ascoltare e attuare i comandamenti celesti, e la cui lingua è stata posta in grado di parlare dal tocco del Signore, che è la Sapienza stessa. Il malato così risanato può giustamente dire col salmista: "Signore, apri le mie labbra, e la mia bocca annunzierà la tua lode" (Sal 50,17), e con Isaia: "Il Signore mi ha dato una lingua da discepolo affinché sappia rianimare chi è stanco con la parola. Ogni mattina mi sveglia l'orecchio, perché ascolti, come fanno i discepoli" (Is 50,4).
"E ordinò loro di non dirlo a nessuno. Ma quanto più così loro ordinava, tanto più essi lo divulgavano e, al colmo dello stupore, dicevano: «Ha fatto tutto bene; ha fatto udire i sordi e parlare i muti»" (Mc 7,36-37).
«Se il Signore, che conosceva le volontà presenti e future degli uomini, sapeva che costoro avrebbero tanto più annunziato i suoi miracoli quanto più egli ordinava loro di non divulgarli, perché mai dava quest'ordine, se non per dimostrare con quanto zelo e con quanto fervore dovrebbero annunziarlo quegli indolenti ai quali ordina di annunziare i suoi prodigi, dato che non potevano tacere coloro cui egli ordinava di non parlare?» (Agostino).

(Beda il Vener., In Evang. Marc., 2, 7, 32-37)

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2. Ottenuto il perdono, persevera!

Ieri eri la Cananea, piegata a terra dal peccato; oggi, grazie al Verbo, stai dritta. Non ti far piegare un'altra volta, come da un giogo posto sul tuo collo dal demonio, che ti opprime al punto da non consentirti di raddrizzarti. Ieri perivi per il tuo flusso di sangue, perché un rosso e sanguigno peccato veniva fuori da te, oggi, fermato il profluvio, torni a fiorire. Hai toccato la frangia del mantello di Cristo e il sangue s'è fermato. Fa' in modo che la purificazione duri, per non ricadere nella malattia, perché non sai se poi riuscirai un'altra volta a toccar il lembo di Cristo, per ricuperar la salute. Cristo non ha piacere che gli si porti via troppe volte qualche cosa, anche se è tanto benevolo e accessibile. Ieri stavi in un letto, inerte, e non avevi uno che ti calasse nell'acqua al movimento dell'angelo; oggi hai trovato l'uomo, che è lo stesso Dio e, piú precisamente, è uomo e Dio. Sei stato sollevato dal tuo lettuccio, anzi, hai sollevato tu il tuo lettuccio e lo hai mostrato, come un monumento del beneficio che avevi ricevuto. Stai attento a non ritornare, tornando al peccato, nell'inerzia di quel lettuccio. Al contrario, allontanati e ricorda il precetto: "Ecco, sei guarito; non peccare più, perché non ti accada di peggio" (Gv 5,14), se dopo un tal beneficio sei trovato cattivo. Sentisti, mentre giacevi nel sepolcro, questa voce potente - che cosa è piú forte della voce del Verbo? - "Lazzaro vieni fuori" (Gv 11,43); e sei venuto fuori, non dopo solo quattro giorni, ma dopo tanti, e sei tornato alla vita libero dai vincoli della morte, insieme a quel morto di tre giorni. Guarda di non morire un'altra volta e di non finire ancora, con le funi dei tuoi peccati, tra coloro che abitano nei sepolcri; non sai se sarai risuscitato un'altra volta dal sepolcro, prima dell'ultima e universale risurrezione, la quale porterà al giudizio tutte le tue azioni, non per curarle, ma per giudicarle, e perché ne renda conto...
Fino a ieri l'avarizia faceva secca la tua mano, oggi la faccia morbida la beneficenza. È una splendida cura della mano il distribuire, il dare ai poveri le cose di cui abbondiamo, darle fino a toccare il fondo (forse da quel fondo verrà il tuo alimento, come avvenne una volta alla vedova di Sarefta, specialmente se ti capiterà di nutrire Elia); sappi che è distinta ricchezza il soffrire indigenza per quel Cristo, che per noi soffrì la povertà.
Se eri sordo e muto, risuoni il Verbo alle tue orecchie; o, piuttosto, trattieni colui che ha parlato, perché all'ammonizione del Signore non presenti, come un serpente incantato, delle orecchie serrate. Se sei cieco, illumina i tuoi occhi, per non addormentarti nella morte. Nella luce del Signore fissa la luce, nello Spirito di Dio riconosci il Figlio, riconosci dico, Dio trino, quella luce una e indivisa.
Se accetti Cristo interamente, puoi raccogliere nella tua anima tutte le guarigioni con le quali tutti i malati uno alla volta furono guariti. Stai solo attento a non ignorare la grandezza della grazia, perché, mentre tu dormi e non sei ben saldo, il nemico non ti semini della zizzania. Stai anche attento che, vittima dell'invidia del demonio per la tua purità, non ti riduci un'altra volta alla miseria. Stai attento che, concedendoti troppo alla gioia d'una opera buona, non t'invanisca e abbia a cadere, mentre ti porti troppo in alto. Stai attento a non rallentar mai la cura della tua purificazione; cerca di crescere, anzi, e con molta diligenza proteggi il perdono ricevuto per grazia di Dio; in modo che si possa dire che, mentre il perdono è venuto da Dio, la conservazione della remissione è anche opera tua.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio LX, in sanat. Bapt., 33 s.)

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3. Anche nella Chiesa si operano le guarigioni

E quando tu vedi, nell'assemblea di ciò che si chiama più comunemente Chiesa, respinti dietro gli ultimi membri di questa Chiesa, come ai piedi del corpo di Gesù, i catecumeni che si presentano, ciascuno con la propria sordità, cecità, claudicazione, deformità, e che, col tempo, sono guariti secondo la parola (di Gesù) (cf. Mt 11,5), non avresti torto a dire che tali uomini, dopo essersi inerpicati, con le folle della Chiesa, su per la montagna dov'era Gesù, si sono gettati ai suoi piedi, curati da lui, tanto che la folla della Chiesa si stupisce (cf. Mt 15,29-31) dinanzi a un tale miglioramento di così gravi infermità, e potrebbe dire: Coloro che, un tempo erano sordomuti dicono la parola di Dio e gli zoppi camminano (cf. Mt 11,5), poiché si compie non soltanto nel corpo ma anche nello spirito, la profezia di Isaia che dice: "Lo zoppo salterà come un cervo e si scioglierà la lingua del muto" (Is 35,6). E non è per caso che, in questo testo, troviamo le parole: «Lo zoppo salterà come un cervo», diremo che non è inutile il paragone tra il cervo, l'animale puro e nemico dei serpenti, che resta immune dal loro veleno, e coloro che un tempo sono stati zoppi e, grazie a Gesú, saltano come un cervo. E si compie anche, nella misura in cui si vede che i sordomuti parlano, la profezia che dice: «E la lingua dei muti si scioglierà», o meglio ancora quella che dichiara: "Sordi, ascoltate" (Is 42,18). Poi i ciechi vedono, conformemente alla profezia, la quale, dopo aver detto: «Sordi, ascoltate», aggiunge: "Ciechi, recuperate la vista per vedere" (Is 42,18). Ed essi, i ciechi, vedono allorché, alla presenza del mondo, dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia contemplano il loro autore (cf. Sap 13,5), e quando: dalla creazione del mondo contemplano ciò che di lui (Dio) è invisibile e ciò che è percepito grazie alle sue opere (cf. Rm 1,20), il che significa che, in forza della loro attenzione, vedono e comprendono chiaramente.

(Origene, Comment. in Matth., 11, 18)

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4. Ha fatto bene ogni cosa

Come la divina legge mosaica narrando l'opera della creazione del mondo dice: «Dio vide quanto aveva fatto ed ecco era cosa molto buona» (Gen 1,31), così l'evangelo, narrando l'opera della redenzione e della rigenerazione, dice: «Ha fatto bene ogni cosa» (Mc 7,37).
«Ogni albero buono produce frutti buoni; un albero buono non può produrre frutti cattivi» (Mt 7,17.18).
E come il fuoco non può emanare che calore ed è impossibile che emani freddo, come il sole irradia solo luce e non può emettere tenebre, così Dio non può fare che il bene, essendo bontà infinita, la luce stessa sole di uno splendore immenso, fuoco di un calore senza limiti: «Ha fatto bene ogni cosa».
Oggi dunque dobbiamo dire con semplicità insieme a questa folla santa: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti» (Mc 7,37). Ma questa moltitudine di gente parlò certo per ispirazione dello Spirito Santo, come l'asina di Balaam.
Infatti è lo Spirito Santo che dice per bocca della folla: «Ha fatto bene ogni cosa», cioè: egli è il vero Dio, che fa bene ogni cosa, poiché «fa udire i sordi e fa parlare i muti», cosa che solo la potenza divina può fare. Ma da un'opera si passa a tutte le altre: ha fatto un miracolo che solo Dio può fare, dunque egli è Dio che «ha fatto bene ogni cosa, fa udire i sordi e fa parlare i muti», cioè è dotato di virtù e di potenza divina.
«Ha fatto bene ogni cosa». La Legge dice che Dio fece ogni cosa «buona» (Gen 1,31), l'evangelo invece che le fece tutte «bene» (Mc 7,37): non è la stessa cosa fare il bene e far bene. Molti fanno opere buone, ma non bene, come le azioni degli ipocriti che sono sì buone, ma fatte con cattivo animo, con intenzione perversa e non retta. Dio invece tutte le sue opere le ha fatte buone e bene: «Giusto è il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere» (Sal 144,17).
«Tutto hai fatto con saggezza» (Sal 103,24), cioè con infinita sapienza e nel modo migliore; perciò dicono: «Ha fatto bene ogni cosa».
E se Dio ha fatto tutte le sue opere bene e buone per noi, sapendo che il nostro animo si diletta delle cose buone, mi domando perché non procuriamo anche noi di compiere tutte azioni buone e bene, sapendo che Dio si compiace di tali opere?
Ma se mi domandaste: Che cosa dobbiamo fare per meritar di godere sempre i divini benefici? Risponderò con una sola parola: quel che fa la sposa e una buona moglie per il suo sposo: per questo infatti la Chiesa è detta sposa di Cristo e di Dio (cf. Ap 21,2-9); e allora Dio si comporterà con noi come lo sposo buono verso la sposa, che ama al di sopra di tutto. Per questo dice per bocca di Osea: «Ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os 2,21-22). Così, fratelli, saremo felici anche in questa vita, questo mondo sarà per noi il paradiso terrestre, ci nutriremo come gli ebrei della manna del cielo nel deserto di questa vita se, seguendo l'esempio di Cristo, ci sforzeremo di far bene ogni nostra azione, così che si possa dire di qualunque cosa fatta da noi: «ha fatto bene ogni cosa». Ci riempie di vergogna, fratelli, la constatazione che pur essendo noi buoni per natura perché creati a immagine di Dio, siamo però cattivi per le nostre azioni: per natura siamo simili a Dio, per le opere malvage siamo simili al diavolo.

(San Lorenzo da Brindisi, dalle «Omelie»)


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