XXIV Domenica del Tempo ordinario (B)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 8/2018)



ANNO B – 16 settembre 2018
XXIV Domenica del Tempo ordinario

Is 50,5-9a
Gc 2,14-18
Mc 8,27-35
(Visualizza i brani delle Letture)

LA SEVERITÀ DELLA VITA

Il brano di questa domenica è quello "solito" della domanda di Gesù ai suoi discepoli su chi lui sia. Anzi, la domanda è duplice, perché prima li interroga su ciò che la gente dice di lui e poi su chi loro stessi ritengono lui sia. Dà la propria risposta Pietro, forse a nome di tutti («Tu sei il Cristo»), salvo poi tentare di dissuadere Gesù dal proseguire quel cammino verso Gerusalemme per esservi giustiziato.
È il "solito" brano perché, in realtà, abbiamo il solito Gesù: talmente schietto da inchiodare alla loro responsabilità i suoi discepoli. È un Gesù che sembra titubare rispetto alla propria identità oppure non lasciare scampo ai suoi e richiedere da loro una professione di fede esplicita. Vi è anche una certa severità, quando impone il silenzio sulla sua identità, come non volesse condizionare eventuali futuri discepoli.
Ma, forse, il solito Gesù non è così spietato come sembra: somiglia piuttosto alla vita. La vita che, con le sue svolte improvvise, richiede di prendere posizione e di non accontentarsi di quel traccheggiamento che, alla fine, fa solo perdere tempo, logorando le relazioni. C'è una severità della vita, costituita non solo dalle disgrazie o dalle calamità, ma principalmente dalla sua inesorabilità.
I discepoli devono dichiararsi esplicitamente, come si richiede a quelle persone che vivono lunghissime storie d'amore, senza decidersi mai a fare il passo decisivo della loro vita, a implicarsi con il loro amato. Gesù si interroga e poi interroga loro se siano pronti e disposti a raggiungere il centro della fede di Israele, il luogo in cui il maestro incontrerà sofferenze, rimproveri e poi la morte.
Un cammino così si può percorrere solo se si riconosce in Gesù una persona speciale, unica; altrimenti è inaffrontabile. Tant'è che lo stesso Pietro, che pure ha dichiarato pubblicamente la propria fede incondizionata nell'uomo di Nazaret, di lì a poco contesta a Gesù il suo progetto. La vita scorre inesorabile e se non si ama con passione e decisione qualcuno, non è possibile andare avanti. Per stare accanto, quando molti voltano le spalle, ci vuole un surplus di affetto, perché le buone maniere non bastano più.

Così, quando Pietro si mette a rimproverare Gesù per i discorsi che va facendo, la reazione è tanto improvvisa quanto inattesa: lo chiama Satana, divisore, e lo rimette al suo posto. Guai a chi vuole scavalcarlo, guai a chi si accontenta di una vita che scorre senza troppe insidie. Gesù non si tira indietro per convenienze e giochi politici: a Gerusalemme arriverà e costringerà scribi e dottori della legge a gettare la maschera, dimostrandosi assai meno uomini di Dio di quanto non dichiarassero. Si macchieranno del sangue di un innocente per difendere il loro potere. Ma, in fondo, è la stessa logica di Pietro, che non vorrebbe Gesù a Gerusalemme.
Il brano di questa domenica risuona con forza nel periodo in cui molti pastori fanno il loro ingresso nelle nuove parrocchie. O iniziano un nuovo anno pastorale. È un invito a rischiare, a non mantenersi in quel perbenismo tiepido che chiede di non esagerare, di accontentarsi di piccole regoline e rituali rassicuranti. Satana non è solo una forza demoniaca: è l'essere tentati di salvare se stessi, invece di perdere la propria vita facendone dono.


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