Natale del Signore (Messa del giorno)


ANNO C - 25 dicembre 2015
Natale del Signore (Messa del giorno)

Is 52,7-10
Eb 1,1-6
Gv 1,1-18
(Visualizza i brani delle Letture)


IN GESÙ BAMBINO
L'AMORE DIO PER NOI

Il giorno di Natale si apre con le parole della profezia di Isaia, che fa sentire il sollievo meravigliato della città di Gerusalemme alla notizia che Ninive è caduta. Il futuro si riapre, la città distrutta si immagina ricostruita. Una sentinella vede che qualcuno sta tornando in città, e nasce un passaparola di speranza; gli esuli che tornano sono segno di Dio che torna. Le rovine di Gerusalemme all'annuncio delle sentinelle non fanno più pensare alla disperazione e alla sconfitta, ma sembrano cantare. Finalmente la città è riscattata e Dio la protegge con la sua forza.
Il giorno di Natale ripete questa atmosfera di speranza e descrive il sollievo di chi, abituato a sentire tante notizie preoccupanti e dolorose, sente qualcuno che annuncia che il Signore è presente nelle mura della città devastata. Non bisogna temere quest'atmosfera di pace, che questo giorno trasmette, insistendo nel mostrare l'estensione delle rovine e la difficoltà a rimetterle in piedi, quanto piuttosto a cogliere la bellezza del passa parola della speranza, che fa nascere nel cuore la nostalgia della presenza di Dio nella nostra vita. Quanto sono belli i piedi di quelli che annunciano che il Signore abita la vita delle persone e quanto sono utili i piedi di quelli che, trasmettendo questa gioia, fanno nascere nel cuore degli altri il desiderio di Dio.

San Francesco voleva che tutti fossero pieni della gioia di questo giorno, che anche gli animali nella stalla ricevessero una razione più abbondante di cibo perché nessuna creatura doveva essere estranea alla gioia del giorno in cui Dio è tornato ad abitare con gli uomini. Quando Dio torna, dice il profeta, anche le rovine sembrano meno brutte e imparano a cantare. Isaia spinge a riconoscere la potenza di Dio, a fidarsi della sua forza.
L'autore della lettera agli Ebrei ci mette in contemplazione di Dio che è tornato, mettendoci di fronte al bambino Gesù, che è introdotto nel mondo accompagnato dalle parole del Padre che chiede che tutti gli angeli lo adorino. Lui è l'ultima parola del Padre, è la luce di Dio, è il Figlio di Dio, ma, alla fine, è un bambino che il padre si preoccupa di introdurre nel mondo. Gesù che nasce è Dio che si rende comprensibile a tutti, è più comprensibile delle parole dei profeti, delle parole della Legge e di tutte le parole che sono state dette prima di lui.
Tutto quello che c'è da capire di Dio, lo possiamo capire davanti al presepe; tutti i sentimenti che Dio vuole che noi proviamo verso di lui, li possiamo imparare davanti al presepe. Davanti a un bambino, ognuno misura la sua umanità, perché sente la necessità di prendersi cura, il desiderio di proteggere, di rassicurare. Ognuno di fronte a un bambino mette in discussione sé stesso, le cose che giudica irrinunciabili e tutto il resto. Ognuno diventa migliore; è questo il motivo per cui Dio ci parla.

Raccontando l'incarnazione di Gesù come il cammino della Parola, Giovanni un po' sorprende il lettore, che rischia di trovarsi imprigionato in ragionamenti complessi e fa fatica a rendersene partecipe nel giorno di Natale. Di fronte a termini come Verbo, Logos, ecc., cj si proietta subito nel mondo delle idee. È sempre utile ricordare che, per chi si nutre di Bibbia, la Parola è tutt'altro che un concetto, è quanto di più concreto ci sia; sempre utile ricordare che anche noi, che pure viviamo in un mondo di parole, conosciamo, però, parole decisive, efficaci, forti. Il prologo è una preghiera che nasce dal cuore di chi, contemplando Gesù fatto uomo, scopre in lui tutta la storia dell'amore di Dio per l'uomo, fin dal giorno della creazione.
Quello che nel tempo era promessa, annuncio, desiderio, in Cristo che si fa uomo diventa realtà, superiore a tutto quanto ci si poteva attendere. La luce diventa luce vera; la vita diventa vita da figli di Dio; la tenda della gloria è permanente nell'accampamento degli uomini e tutti possono entrarci. Dio non parla tanto per parlare, la sua parola crea, libera, illumina ed è una compagna che cambia ogni cammino in un cammino di gloria; è un compagno straordinario, è Gesù.

Di fronte al presepe ognuno di noi prega per chiedere di non sprecare questa Parola, di essere abbastanza saggio da non metterla a livello di altre parole, che non hanno la stessa storia da raccontare. Inoltre nel tempo in cui la vita non sembra essere così apprezzata e siamo abituati a contare a migliaia le vite abbandonate alla violenza, alla paura e all'egoismo, uno scopre che la propria vita è al centro del pensiero di Dio; scopre che quel bambino non è una parola genericamente rivolta all'umanità, ma che è rivolto alla propria umanità. Quando si scopre questo, si scopre pure che non solo la propria vita, ma che ogni vita è al centro del pensiero di Dio, che ogni vita è motivo dell'incarnazione di Cristo.
Si scopre che non ci si può allontanare da quel presepe senza l'impegno a fare in modo che per quanto dipende da ognuno, questa diventi una scoperta di tutti. Sicuramente la contemplazione del presepe trasforma lo sguardo che si ha verso il resto dell'umanità, che diventa sguardo più misericordioso, più amico e anche, quando s'incontrano gli occhi delle persone che soffrono per le ingiustizie, sguardo amoroso e mai indifferente. Sempre, andando via dal presepe si va via in pace, qualche volta sarà bene anche andare via con un po' d'indignazione più verso sé stessi che verso gli altri.

VITA PASTORALE N. 10/2015
(commento di Luigi Vari, biblista)

--------------------
torna su
torna all'indice
home