Anno B - 11a domenica del Tempo Ordinario




Enzo Bianchi
ASCOLTATE IL FIGLIO AMATO!
Il vangelo festivo (Anno B)
Edizioni San Paolo, 2008

Anno B - 11a domenica del Tempo Ordinario
• Ezechie1e 17,22-24 • 2 Corinzi 5,6-10 • Marco 4,26-34

IL SEME DEL REGNO DI DIO

Ascoltiamo oggi due parabole tratte dal discorso di Gesù nel capitolo quarto del vangelo secondo Marco: possiamo così gustare la sapienza di Gesù, quale si manifesta in quei gioielli letterari che sono le parabole da lui create, frutto della sua attenta osservazione della realtà.

Gesù si trova lungo il mare di Galilea ed è attorniato da molta gente. Si siede dunque su una barca e da lì ammaestra la folla radunata sulla riva (cfr. Mc 4,1-2). Egli illustra la realtà dinamica del «regno di Dio» - da intendersi come esercizio del regnare, come equivalente dell'espressione biblica: «Il Signore regna! Dio regna!» (cfr. Es 15,18; Sal 47,9; ecc.) - attraverso tre immagini relative all'attività della semina: la celebre parabola del seme caduto su diversi tipi di terreno (cfr. Mc 4,3-20) e poi le due che ci interessano più da vicino, quella del seme che cresce spontaneamente e quella del piccolo granellino di senapa.

«Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra: dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa». Ecco la grande fede di Gesù in Dio, che deve essere anche la nostra fede: ciò che conta è seminare il buon seme del Regno, ossia predisporre tutto nella propria vita affinché il regnare di Dio possa iniziare a manifestarsi nella storia. Fatto questo, occorre dimorare nella pace, «poiché la terra produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco nella spiga». Il contadino che ha gettato il seme non deve preoccuparsi, non deve intervenire per misurarne la crescita, perché minaccerebbe i germogli: il tempo della mietitura - ovvero l'ora del giudizio finale (cfr. Gl 4,13) - verrà certamente, ma non per il suo operare, bensì per dono di Dio, che fa crescere il Regno e prepara l'ora della sua piena manifestazione. Anche in questo Gesù è il nostro modello: la sete del regno di Dio era la ragione profonda della sua esistenza ma, una volta annunciato il Regno con franchezza, egli non si è preoccupato dei risultati immediati; anzi, ha accettato persino di essere rifiutato e messo a morte, identificandosi con il chicco di grano caduto a terra, che deve morire per portare molto frutto (cfr. Gv 12,24).

Nell'altra parabola Gesù paragona il Regno a un granellino di senapa: è il seme più piccolo che esista eppure, una volta seminato, diventa un arbusto con «rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra» (cfr. Ez 17,22-24). Qui l'attenzione è posta sullo sviluppo straordinario del seme, sulla contrapposizione tra la sua piccolezza iniziale e la sua grandezza finale. Il regno di Dio ha una sua forza invisibile ai nostri occhi, è vivo ed efficace come la sua Parola (cfr. Eb 4,12), ma questa potenza si manifesterà solo alla fine della storia. Con questa immagine Gesù non mira a consolare i credenti che vivono un oggi scoraggiante, assicurando loro un avvenire grandioso, ma vuole spiegare il senso positivo già presente nell'oggi: non è l'albero che dà la forza al seme, ma è il seme che con la sua potenza vitale si sviluppa in albero! Così accade per il Regno: nell'oggi dei credenti appare come una realtà piccola, ma alla fine dei tempi sarà manifestata la sua grandezza. La parabola rivela dunque che i criteri della grandezza e dell'apparire non devono essere applicati alla storia del regno di Dio, e ammonisce chi sa ascoltarla: la piccolezza non contrasta con la vera potenza. Basta avere fede pari a un granellino di senapa per spostare un monte (cfr. Mt 17,20) e lo straordinario della nostra vita è nascosto, come «la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio» (cfr. Col 3,3).

Dunque i cristiani non si lascino sedurre dalla grandiosità né si abbattano per la piccolezza: la forza del Regno, la forza del Vangelo non è misurabile con i criteri mondani! Sì, come si legge in uno splendido testo cristiano delle origini, l'A Diogneto, «i cristiani vivono nel mondo come gli altri uomini, amano tutti e da tutti sono perseguitati... eppure sono l'anima del mondo»: la loro «differenza», non misurabile con criteri mondani, è già ora fonte di benedizione per tutti gli uomini.

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