Servi per amore

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da Come il Padre ha amato me...
365 pensieri per l'anno sacerdotale
2. autunno: l'agire


Ottobre
19 Paradosso sociale
20 "Pavimento" per i fratelli
21 A costo di qualunque sacrificio
22 La mia più bella cattedrale
23 L'unico gregge: l'umanità!
24 Solidarietà universale
25 I valori dei poveri
26 Abbracciare il dramma del mondo
27 Condivisione fra fratelli
28 I "tesori" della parrocchia
29 Un altro te stesso
30 Servizio, non potere
31 Conservare il potere dei segni

Novembre
1 I santi: specchi di Gesù
2 L'abbraccio col Padre
3 Capo, cioè Servo
4 Generare Cristo
5 "Eucaristia" per gli altri
6 Se ami, sei
7 Tutti nel proprio cuore
8 L'arte delle arti
9 Far casa agli altri
10 Li hai scelti Tu, non io
11 Debole con i deboli
12 Non più padrone di sé
13 Siete membra gli uni degli altri
14 Con gli occhi di Cristo
15 Una bella battaglia
16 Il "meglio" degli altri
17 Farsi "uno" con tutti
18 Dilatare il cuore



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19 Ottobre - Paradosso sociale

A differenza degli altri, il sacerdote sta tra gli uomini come l'immolato, che appartiene a tutti: uno schiavo pubblico, a uso della comunità.
(...)
Incarna il paradosso sociale del cristianesimo, nel quale il più umile è il più alto e chi più comanda più serve.

Igino Giordani
Cattolicità, Morcelliana, Brescia 1938, p. 216

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20 ottobre - "Pavimento" per i fratelli

Chi s'appresta a ricevere la sacra Ordinazione si prostra con tutto il corpo e poggia la fronte sul pavimento del tempio, manifestando con ciò la sua completa disponibilità ad intraprendere il ministero che gli viene affidato. Quel rito ha segnato profondamente la mia esistenza sacerdotale. Anni più tardi, nella Basilica di San Pietro - si era all'inizio del Concilio - ripensando a quel momento dell'Ordinazione sacerdotale, scrissi una poesia di cui mi piace riportare qui un frammento: «Sei tu, Pietro. Vuoi essere qui il Pavimento su cui camminano gli altri... per giungere là dove guidi i loro passi... Vuoi essere Colui che sostiene i passi».
Scrivendo queste parole pensavo sia a Pietro che a tutta la realtà del sacerdozio ministeriale, cercando di sottolineare il profondo significato di questa prostrazione liturgica. In quel giacere per terra in forma di croce prima dell'Ordinazione, accogliendo nella propria vita - come Pietro - la croce di Cristo e facendosi con l'Apostolo "pavimento" per i fratelli, sta il senso più profondo di ogni spiritualità sacerdotale.

Giovanni Paolo II
Dono e mistero, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996, pp. 53-54

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21 ottobre - A costo di qualunque sacrificio

Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, Dio uno nell'essenza e trino nelle persone, mio primo principio e ultimo fine, io miserabile peccatore compreso dai più vivi sentimenti di adorazione, di gratitudine e di amore verso la tua bontà infinita, che per grazia inestimabile ho avuto la sorte di conoscere; e commosso insieme, nel più intimo del cuore (...), per tanti miei fratelli che non hanno ancora ricevuto la luce della tua Parola, ho deciso, col tuo aiuto, di adoperarmi a costo di qualunque sacrificio, di qualunque fatica o disagio, anche della vita, per la salvezza di quelle anime, che costano esse pure tutto il sangue della redenzione.
Beato quel giorno in cui mi sarà dato di soffrire molto per una causa così santa e pietosa; ma più beato quello in cui fossi trovato degno di spargere per essa il mio sangue e di incontrare fra i tormenti la morte!

Beato Giovanni Mazzucconi, martire
Pregare per essere apostoli, Pime, Roma 1994, pp. 150-151

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22 ottobre - La mia più bella cattedrale

Durante il viaggio verso il Nord del Vietnam, per tre volte sono stato incatenato con un non cattolico, parlamentare, conosciuto come fondamentalista buddista. La vicinanza nella stessa sorte ha inciso nel suo cuore (...); siamo diventati amici.
Sulla nave, ho avuto l'occasione di instaurare il dialogo con le persone più varie: ministri, parlamentari, alte autorità militari e civili, religiose (...).
Nel campo, sono stato eletto come economo, per servire tutti, servire il cibo, procurare l'acqua calda e portare sulle spalle il carbone per il riscaldamento durante la notte, perché gli altri mi consideravano un uomo di fiducia.
Gesù crocefisso fuori delle mura di Gerusalemme, alla partenza da Saigon mi aveva fatto capire di dovermi ingaggiare in una nuova forma di evangelizzazione, non più come vescovo di una diocesi, ma extra muros, come missionario ad extra... Nell'oscurità della fede, nel servizio, nell'umiliazione, la luce della speranza ha cambiato la mia visione: ormai questa nave, questa prigione, era la mia più bella cattedrale.

Card. François-Xavier Van Thuan
Testimoni della speranza, Città Nuova, Roma 200810, pp. 106-107

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23 ottobre - L'unico gregge: l'umanità!

Il clero ha per natura l'inclinazione a rappresentarsi la Chiesa sotto la figura di una parrocchia o di un decanato, come un gregge in qualche modo dominabile con lo sguardo, sul quale poter esercitare le proprie funzioni. Questa reciprocità, in sé saturata, tra curatore d'anime e persona che di tale cura è oggetto, appare come la prefigurazione ideale, anzi forse già reale dell' "unico pastore e dell'unico gregge", nel qual caso si trascura di notare che l'unus pastor non è il Papa, ma Cristo, e che l'unus grex non sono le pecorelle nell' ambito della Chiesa, ma l'umanità nella sua totalità. Quest'immagine decurtatrice può ripercuotersi in modo infausto in diverse direzioni, soprattutto facendo sì che l'apertura della Chiesa al mondo, il carattere missionario d'essa, dovunque essa sia, scompaia.

Hans Urs von Balthasar
Sponsa Verbi, Esistenza Sacerdotale, Morcelliana, Brescia 1985, p. 402

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24 ottobre - Solidarietà universale

La chiamata di Cristo ad aprirsi "all'altro" (...) ha un raggio d'estensione sempre concreto e sempre universale. Riguarda ciascuno perché si riferisce a tutti. La misura di questo aprirsi non è soltanto - e non tanto - la vicinanza dell'altro, quanto proprio le sue necessità: avevo fame, avevo sete, ero nudo, in carcere, ammalato...
Rispondiamo a questa chiamata cercando l'uomo che soffre, seguendolo perfino oltre le frontiere degli stati e dei continenti. In questo modo si crea - attraverso il cuore di ciascuno di noi - quella dimensione universale della solidarietà umana.
La missione della Chiesa è di custodire questa dimensione: non limitarsi ad alcune frontiere, ad alcuni indirizzi politici, ad alcuni sistemi. Custodire l'universale solidarietà umana soprattutto con coloro che soffrono; conservarla con riguardo a Cristo che proprio tale dimensione di solidarietà con l'uomo ha formato una volta per sempre. «Poiché l'amore del Cristo ci spinge al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e resuscitato per loro» (2Cor 5,14s.).

Giovanni Paolo II
Udienza generale, 4 aprile 1979

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25 ottobre - I valori dei poveri

La Chiesa è chiamata a essere "avvocata della giustizia e dei poveri" dinanzi alle "intollerabili disuguaglianze sociali ed economiche", che "gridano al cielo". (...)
[Opzione preferenziale per i poveri] significa che deve pervadere tutte le nostre strutture e priorità pastorali. La Chiesa è chiamata a essere sacramento di amore, di solidarietà e di giustizia (…).
È necessaria una disposizione permanente, che si manifesti in scelte e gesti concreti, evitando ogni atteggiamento paternalista. Ci viene chiesto di dedicare tempo ai poveri, di dare loro un'attenzione amorevole, di ascoltarli con interesse, di sceglierli come compagni (...), cercando insieme come trasformare la loro situazione. (...)
Solo la vicinanza che ci rende amici ci permette di apprezzare profondamente i valori dei poveri di oggi, i loro legittimi aneliti e il loro specifico modo di vivere la fede. (...) I poveri diventano soggetti dell'evangelizzazione e della promozione umana integrale.

Conferenza di Aparecida (2007)
Documento conclusivo, nn.395-398

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26 ottobre - Abbracciare il dramma del mondo

Da arcivescovo di Seoul, mi domandavo spesse volte: «La mia fede e la mia vita sono veramente secondo il Vangelo?». La risposta era più vicina al "No", e soprattutto riguardo alla povertà evangelica a cui dovrei tendere come sacerdote (...). Ogni tanto pensavo nel mio ufficio: «Perché non posso vivere con i poveri lasciando il vescovado?». (...)
Gesù Cristo, che è il mio tutto, è venuto come povero e ha dimostrato l'amore di Dio ai poveri, ai sofferenti, agli emarginati, poi è morto in croce. Lui non spezzava una canna incrinata, non spegneva un lucignolo fumigante. (...)
Se lui fosse rinato in questa epoca, sarebbe nato fra i minimi in una capanna o baraccopoli. Simone Weil diceva che aveva invidia di Gesù crocifisso (...). Lei era nata a Parigi in una famiglia ebrea ricca, sognava un mondo più umano e tutti che convivono in armonia. Ha lasciato un futuro promettente per condividere il dolore degli operai. (...). lo invidio lei che ha vissuto "tutta fiamma" abbracciando con tutta se stessa il dolore e il dramma del mondo.

Card. Stefano Kim
Fede e amore del Card. Kim Sou Hwan, Seoul1997, pp. 432-433

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27ottobre - Condivisione tra fratelli

San Giovanni dice: «Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio?». Ecco dove comincia la carità. Se non sei ancora capace di morire per il tuo fratello, sii almeno capace di renderlo partecipe dei tuoi beni. La carità muova il tuo cuore e ti faccia agire non per ostentazione, ma per sovrabbondanza di misericordia venuta dal fondo di te stesso e ti renda attento alla miseria del tuo fratello! Se non puoi dare del superfluo al tuo fratello, come potrai dare la vita per lui?
Il denaro che porti con te può essere rubato dai ladri e, se non verranno i ladri, la morte ti separerà da esso, se non te ne separi da vivo. Che cosa devi fame? Il tuo fratello ha fame, è nel bisogno: forse attende ansiosamente, messo alle strette da un creditore. Non possiede nulla, tu invece possiedi; è tuo fratello, siete stati redenti insieme, entrambi al medesimo prezzo, entrambi salvati dal sangue di Cristo: abbi compassione di lui, tu che possiedi i beni di questo mondo.

Sant'Agostino
Commento a 1Gv 5,12

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28 ottobre - I "tesori" della parrocchia

Ogni parrocchia ha i suoi tesori. I veri tesori sono i poveri, i tribolati, i sofferenti, gli ammalati, e tutte quelle anime nelle quali lo Spirito Santo ha diffuso più copiosi i suoi doni, così che esse vivono una vita di sofferenze e di preghiera. (...)
Ogni pastore buono deve sapere valorizzare e sfruttare pastoralmente questi "tesori" per il suo ministero, per la salvezza delle anime che gli sono affidate.
Vogliamo in particolare accennare agli ammalati. Ogni parrocchia ha i suoi malati. Malati cronici che si consumano lentamente come le candele, e che attendono, crocifissi nei loro letti, l'ultima ora della loro vita; malati stagionali, malati occasionali, ecc.
Il sacerdote, sull'esempio di Gesù Cristo Maestro, che ha prediletto i poveri e gli ammalati, deve riservare le sue preferenze a questi suoi figli: «Fui infermo e mi visitaste».

Giacomo Alberione
Don Alberione ai sacerdoti, Vita pastorale (Supplemento) 1996, p. 101

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29 0ttobre - Un altro te stesso

Ogni Parola di Dio è il minimo e il massimo che egli ti chiede, per cui quando tu leggi: «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Mt 19,19), hai della legge fraterna la massima misura.
Il prossimo è un altro te stesso e come tale lo devi amare.
Se lui piange, piangerai con lui; e se ride con lui riderai; e se ignora ti farai con lui ignorante e se ha perduto suo padre t'immedesimerai nel suo dolore.
Tu e lui siete due membra di Cristo e che soffra l'una o l'altra è la stessa cosa per te.
Perché per te ciò che vale è Dio che è Padre d'entrambi.
E non cercare scuse all'amore. Il prossimo è chiunque ti passa accanto, povero o ricco, bello o brutto, ignorante o dotto, santo o peccatore, della tua patria o straniero, sacerdote o laico; chiunque. Prova ad amare chi ti sfiora nel momento presente della vita e scoprirai nell'animo tuo nuovi germogli di forze non conosciute prima: esse daranno sapore alla tua vita e risponderanno ai tuoi mille perché.

Chiara Lubich
La dottrina spirituale, Città Nuova, Roma 20092, p. 133

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30 ottobre - Servizio, non potere

La categoria che corrisponde al sacerdozio non è affatto quella del potere. (... ) Si è completamente fuori strada se si intendono il sacerdozio, il ministero episcopale e quello del Papa essenzialmente come un potere.
Dai Vangeli sappiamo che tra gli apostoli ci fu una disputa su chi dovesse essere il primo, che la tentazione di trasformare la propria condizione di discepoli in posizione di potere c'era già allora, all'inizio, e continua a esserci.
Non si può negare che questa tentazione ci sia in ogni generazione, anche in quella attuale. Contemporaneamente, però, c'è il gesto del Signore che lava i piedi ai discepoli e li rende così capaci di sedere a tavola con Lui, con Dio stesso. Con questo gesto spiega cosa intende con il sacerdozio. Se non vi piace, allora non siete sacerdoti.

Card. Joseph Ratzinger
Il sale della terra, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, p. 218

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31 ottobre - Conservare il potere dei segni

Signore, impregnaci del tuo assumere nei confronti degli altri l'atteggiamento di chi si mette sempre a disposizione. Insegnaci a fare come te: a "deporre le vesti". (...)
Le vesti del tornaconto, del calcolo, dell'interesse personale, per assumere la nudità della comunione. Le vesti della mentalità borghese, per indossare le trasparenze della modestia, della semplicità, della leggerezza.
Le vesti del dominio, dell'arroganza, dell'egemonia, della prevaricazione, dell'accaparramento, per ricoprirsi dei veli della debolezza e della povertà, ben sapendo che "pauper" non si oppone tanto a "dives" quanto a "potens".
Dobbiamo abbandonare i segni del potere, per conservare il potere dei segni.

Tonino Bello
Stola e grembiule, Insieme, Terlizzi 1993, p. 25

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1° novembre - I santi: specchi di Gesù

I santi sono come tanti piccoli specchi nei quali Gesù Cristo si contempla.
Nei suoi apostoli [Gesù] contempla il suo zelo e il suo amore per la salvezza delle anime; nei martiri, contempla la sua pazienza, le sue sofferenze e la sua morte dolorosa; nei solitari, egli vede la sua vita oscura e nascosta; nelle vergini, ammira la sua purezza senza macchia, e in tutti i santi, la sua carità senza limiti, di modo che, ammirando le virtù dei santi, non facciamo altro che ammirare le virtù di Gesù Cristo.
I santi non hanno incominciato tutti bene, ma tutti hanno finito bene.

San Giovanni Maria Vianney
Scritti scelti, Città Nuova, Roma 19883, p. 94

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2 novembre - L'abbraccio col Padre

Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all'infinito di Dio. Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, a faccia a faccia, così come Egli è (1Cor 13, 12). E si attuerà quella parola che la Sapienza dice al capitolo 3: Dio ha creato l'uomo immortale, per l'immortalità, secondo la sua natura l'ha creato (cf Sap 2, 23). Dentro di noi, quindi, c'è già l'immortalità, per cui la morte non è altro che lo sbocciare per sempre della mia identità, del mio essere con Dio. La morte è il momento dell'abbraccio col Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura.

Oreste Benzi
Testamento spirituale

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3 novembre - Capo, cioè Servo

Gesù Cristo è Capo della Chiesa, suo Corpo. È "Capo" nel senso nuovo e originale dell'essere servo, secondo le sue stesse parole: «Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10, 45).
Il servizio di Gesù giunge a pienezza con la morte in croce, ossia con il dono totale di sé, nell'umiltà e nell' amore: «Apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce... » (Fil 2, 7-8).
L'autorità di Gesù Cristo Capo coincide dunque con il suo servizio, con il suo dono, con la sua dedizione totale, umile e amorosa nei riguardi della Chiesa. E questo in perfetta obbedienza al Padre: egli è l'unico vero Servo sofferente del Signore, insieme Sacerdote e Vittima.
Da questo preciso tipo di autorità, ossia dal servizio verso la Chiesa, viene animata e vivificata l'esistenza spirituale di ogni sacerdote. (...)
In questo modo i ministri (...) potranno essere "modello" del gregge, che, a sua volta, è chiamato ad assumere nei confronti del mondo intero questo atteggiamento sacerdotale di servizio.

Giovanni Paolo II
Pastores dabo vobis 21

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4 novembre - Generare Cristo

Tutte le vostre cose si facciano nella carità, così potremo superare tutte le difficoltà che innumerevoli dobbiamo sperimentare giorno per giorno; e così avremo le forze per generare Cristo in noi e negli altri.

San Carlo Borromeo
Acta Ecclesiae Mediolanensis, Milano 1599, p. 1178

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5 novembre – "Eucaristia" per gli altri

Per la grandissima maggioranza dei casi, quel "dare la vita" che ci chiede Gesù, non si compie con l'effusione del sangue, ma nel quotidiano, in tanti piccoli gesti, nel porci al servizio degli altri, anche di coloro che, per qualche motivo, possono apparire "inferiori" a noi. (…)
Servire significa diventare "eucaristia" per gli altri, immedesimarci con loro, condividere le loro gioie, i loro dolori, imparare a pensare con la loro testa, a sentire con il loro cuore, a vivere in loro: "camminare nei loro mocassini", come dice un proverbio indiano

Card. François-Xavier Van Thuan
Testimoni della speranza, Città Nuova, Roma 200810, pp. 96-97

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6 novembre - Se ami, sei

Questo mi pare importante: avvicinarsi al sacerdozio sperando di essere capaci di morire per tutti, di morire a se stessi per tutti. Spegnere ogni fiamma di sapere e soltanto essere amore. Dio è Amore. Se ami, sei. Se non ami, non sei.
Bisogna considerare l'altro, qualunque persona, come insostituibile, come unico al mondo. (...)
Quante volte abbiamo letto in san Paolo che anche se ho la profezia e dono tutto quello che ho, ma non ho la carità, sono niente. Tutto il Vangelo è lì. «Qualunque cosa hai fatto al più piccolo, l'hai fatta a me». Qualunque cosa faccio al più grande disgraziato che c'è al mondo lo faccio a Gesù.
Questa è la capacità di rendere luminosa la notte. (...) Se si è convinti di questo, è la scoperta. Si capisce che finalmente il mondo potrebbe andar bene.

Silvano Cola
Scritti e testimonianze, Gen's, Grottaferrata 2007, pp. 53-54

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7 novembre - Tutti nel proprio cuore

Gesù crocifisso (...) che, da ricco com'era, si è fatto povero e «annichilì se stesso, prendendo la forma di servo» (cf Fil 2, 7), sa insegnare ai sacerdoti il genuino atteggiamento cristiano da assumere verso tutti gli uomini loro affidati: servire.
(...)
Questo è il Cristo; così egli vuole il prete. Servire, "farsi uno" con tutti fino in fondo, tranne nel peccato ... per guadagnare a Cristo il maggior numero (cf 1Cor 9,19).
Aprire il dialogo con ogni prossimo, comprendere, prendere tutti nel proprio cuore!
Se il suo servizio sacerdotale avrà come supporto questo sviscerato amore, questo servizio del cuore, il sacerdote vedrà fiorire, nella porzione di Chiesa affidatagli, quella meraviglia che oggi lo Spirito Santo chiama i cristiani a svelare al mondo: il sacerdozio regale; fedeli convinti, che non esauriscono i doveri della loro fede nelle poche pratiche domenicali, ma vivono il loro battesimo morendo, momento per momento, in Cristo, nell'amore a lui e fra loro, e in lui risuscitando.

Chiara Lubich
Il sacerdote oggi; il religioso oggi, Gen's 12 (1982/6) p. 5

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8 novembre – L'arte delle arti

Di fronte alla crescente scarsità dei sacerdoti in tante Chiese locali e alla continua richiesta di servizi liturgici, c'è il rischio che la vita del prete si riduca ad una sequenza di azioni sacre senza profondi rapporti personali con i suoi prossimi. (...)
Per diventare uomini di comunione e di dialogo, dobbiamo dare piena attenzione a ciascuna persona: tutti sono figli e figlie di Dio, tutti hanno valore infinito.
Secondo la Regola pastorale di san Gregorio Magno, che tanto ha influito sulla vita dei pastori lungo i secoli, "l'arte delle arti" è la capacità di condurre a Dio le persone affidate al nostro servizio. Ma come possiamo guidare gli altri, senza lo sforzo costante di stabilire relazioni interpersonali profonde con loro nell'amore e nella verità di Cristo, senza ascoltare il nostro prossimo, svuotando noi stessi di fronte a ogni essere umano?

Toni Weber
E. Cambón - S. Cola, L'ansia di Toni Weber, Città Nuova, Roma 1994, p. 44

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9 novembre – Far casa agli altri

Una persona nobile, che ha trovato la sua dimora in Dio, deve diventare a sua volta dimora per moltissimi altri. Ci offriamo a vicenda una patria spirituale e questo è un vero compito. Far casa a qualcuno significa per me: essere disinteressato. Paolo parla del "costante afflusso di persone". Egli vorrebbe "farsi tutto a tutti".
Se riusciamo in questo modo a donarci disinteressatamente alle persone e offrire loro una patria spirituale, allora le conduciamo facilmente anche a trovare la loro patria in Dio. Se però manca qualcosa, allora vuol dire che un anello della catena non è al suo posto. Si tratta perciò di far sì che le persone si facciano casa a vicenda.

Josef Kentenich
P. Wolf, Berufen - geweiht – gesandt, Ed. Schönstatt, Vallendar-Schönstatt 2009, p. 91

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10 novembre – Li hai scelti Tu, non io

Tu m'hai mandato fra gli uomini. Caricato sulle mie spalle il grave peso dei tuoi poteri e la forza della tua grazia, m'hai detto d'andare. Dura e quasi rude la tua parola, che mi manda lontano da te, tra le tue creature che tu vuoi salvare, fra gli uomini.
lo ho trattato, sì, già da sempre, con loro, anche prima che la tua parola mi consacrasse a questa missione.
Ho amato di amare e di essere amato, d'essere buon amico e di avere buoni amici. È bello star così con gli uomini e facile anche. Poiché si va solo fra quelli che uno si sceglie e vi rimane finché ne ha piacere. Ma adesso no: gli uomini, a cui sono mandato, li hai scelti tu, non io; né io devo essere il loro amico, ma il servo. E il fatto che mi vengono a noia non è più il segno di andarmene, come un tempo, ma il tuo ordine di rimanere.

Karl Rahner
Tu sei il silenzio, Queriniana, Brescia 1969, p. 63

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11 novembre – Debole con i deboli

Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge.
Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno.
Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe con loro.

Prima lettera ai Corinzi
9, 19-23

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12 novembre - Non più padrone di sé

Poiché Dio è amore, il sacerdote non potrà mai separare il servizio di Dio dall'amore dei fratelli, impegnandosi nella via della carità. Del resto, egli è incaricato d'insegnare una dottrina in cui il duplice comandamento dell'amore riassume tutta la legge: amore di Dio e amore del prossimo. Il sacerdote non può inculcare e diffondere questa dottrina, se egli stesso non è un autentico testimone dell'amore.
Quale pastore del gregge di Cristo, egli non può dimenticare che il suo Maestro è giunto a donare la propria vita per amore. Alla luce di un simile esempio, il sacerdote sa di non essere più padrone di se stesso, ma di doversi fare tutto a tutti, accettando ogni sacrificio connesso con l'amore. Ciò suppone un cuore generoso ed aperto alla comprensione e alla simpatia di tutti.

Giovanni Paolo II
Angelus, 18 febbraio 1990

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13 novembre - Siete membra gli uni degli altri

Se si è in classe, riconoscersi; se si è in officina, riconoscersi; se si è in una casa popolare, riconoscersi; se si è in parrocchia, riconoscersi: siete membra gli uni degli altri, se siete membra di Cristo. Questa è la frase più rivoluzionaria che si possa formulare: «siete membra gli uni degli altri». (...)
Così che l'uomo che Madre Teresa di Calcutta vede nella cloaca all'aria aperta, sporco, già un detrito, lei lo raccoglie come membro di Cristo, cioè suo, suo membro. E questo riconoscersi deve essere visto; se non è visto dagli altri non c'è, non è vero. Dev'essere visto, perché questa è la testimonianza a Cristo, questa è l'espressione prima dello struggimento verso Cristo.

Luigi Giussani
Parole ai preti, SEI, Torino 1996, pp. 70-71

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14 novembre - Con gli occhi di Cristo

L'amore del prossimo consiste nel fatto che io amo, in Dio e con Dio, anche la persona che non gradisco o neanche conosco. Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento.
Allora imparo a guardare quest'altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo (...). Al di là dell'apparenza esteriore dell'altro scorgo la sua interiore attesa di un gesto di amore, di attenzione, che io non faccio arrivare a lui soltanto attraverso le organizzazioni a ciò deputate, accettandolo magari come necessità politica. lo vedo con gli occhi di Cristo e posso dare all'altro ben più che le cose esternamente necessarie: posso donargli lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno.

Benedetto XVI
Deus caritas est 18

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15 novembre - Una bella battaglia

Alle volte succede che i limiti e difetti degli altri rendono difficile questo santo obbligo di riconoscere in loro la figura di Gesù. Questo, in modo ingannevole, può portarci a disinteressarci di loro e a sentirci a posto, a pensare che in questi casi cessa o diminuisce l'impegno di amarli. Bisogna anche saper perdonare come Gesù ha perdonato. Dall'esempio del Maestro impariamo che non ci sono scuse o attenuanti per non amare come Cristo vuole che amiamo o meglio come lui stesso ci ha amato. (...)
Questa capacità di vedere il lato buono dell'altro è il miglior antidoto contro le tendenze perniciose che mettono in risalto il negativo e la maldicenza, così comuni nella società umana. Abbiamo qui una bella battaglia da combattere tutti i giorni nei rapporti quotidiani coi nostri fratelli.

Card. Claudio Hummes
Sempre discepoli di Cristo, San Paolo, Milano 2002, p. 113

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16 novembre - Il "meglio" degli altri

Una persona che ha la carità non è orgogliosa: non ama dominare sugli altri; non la sentite mai biasimare la loro condotta; non ama parlare di ciò che fanno. Una persona che ha la carità non esamina qual è l'intenzione degli altri nelle loro azioni; non crede mai di far meglio degli altri e non si mette mai al di sopra del proprio vicino; al contrario, essa crede che gli altri fanno sempre meglio di lei. Non si offende se le si preferisce il prossimo; se viene disprezzata, rimane contenta lo stesso perché pensa che merita ancora più disprezzo.
Vedete che per amare il buon Dio e il prossimo non è necessario essere molto eruditi, né molto ricchi; basta cercare di piacere a Dio in tutto quello che facciamo; di fare del bene a tutti, ai cattivi come ai buoni, a quelli che lacerano la nostra riputazione, come a quelli che ci amano.

San Giovanni Maria Vianney
Scritti scelti, Città Nuova, Roma 19883, p. 117

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17 novembre - Farsi "uno" con tutti

Soltanto con la radicalità del sacrificio possiamo essere testimoni della speranza, ispirati - come ha scritto Giovanni Paolo II nella Lettera enciclica Redemptoris missio - «dalla carità stessa di Cristo, fatta di attenzione, tenerezza, compassione, accoglienza, disponibilità, interessamento ai problemi della gente» (n. 89).
Gesù crocifisso, nella sua solidarietà con l'ultimo, con il più lontano, il senza-Dio, ha aperto la via all'apostolo delle genti di "farsi tutto a tutti". E Paolo, a sua volta, comunica a noi cristiani qual è il vero apostolato: rivelare ad ogni persona, senza nessuna discriminazione, che Dio le è vicino e la ama immensamente.
Nel farsi "uno" con tutti, nel coraggio di considerare ogni essere umano, anche l'apparentemente più disprezzabile o nemico, come "prossimo" e come fratello, noi attuiamo il contenuto centrale del lieto annuncio: nella croce di Gesù, Dio si avvicina ad ogni uomo lontano da lui e gli offre perdono e redenzione.

Card. François-Xavier Van Thuan
Testimoni della speranza, Città Nuova, Roma 200810, pp. 109-110

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18 novembre - Dilatare il cuore

Abbiamo bisogno di dilatare il cuore sulla misura del Cuore di Gesù. Quanto lavoro! Ma è l'unico necessario. Fatto questo, tutto è fatto.
Si tratta di amare ognuno che ci viene accanto come Dio lo ama. E dato che siamo nel tempo, amiamo il prossimo uno alla volta, senza tener nel cuore rimasugli d'affetto per il fratello incontrato un minuto prima. Tanto, è lo stesso Gesù che amiamo in tutti. Ma se rimane il rimasuglio, vuol dire che il fratello precedente è stato amato per noi o per lui... non per Gesù. E qui è il guaio.
La nostra opera più importante è mantenere la castità di Dio e cioè: mantenere l'amore in cuore come Gesù ama. Quindi per essere puri non bisogna privare il cuore e reprimervi l'amore. Bisogna dilatarlo sul Cuore di Gesù ed amare tutti. E come basta un'ostia santa dei miliardi di ostie sulla terra per cibarsi di Dio, basta un fratello - quello che la volontà di Dio ci pone accanto - per comunicarci con l'umanità che è Gesù mistico.

Chiara Lubich
Scritti Spirituali/1, Città Nuova, Roma 1991, p. 33


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