da Come il Padre ha amato me...
365 pensieri per l'anno sacerdotale
1. estate: l'essere
Giugno
19 - Meraviglioso scambio
20 - Uomo di Dio, uomo della comunità
21 - Passaggio di proprietà
22 - Battezzati e ministri
23 - Tra Dio e l'umanità
24 - Come il Padre ha mandato me…
25 - Portavoce della Parola
26 - Una ricca trama di rapporti
27 - Nell'unico sacerdozio di Cristo
28 - Stati di vita ordinati l'uno all'altro
29 - È Cristo che pasce
30 - Sacerdote: uomo "trinitario"
Luglio
1 - Un'esistenza comunionale
2 - Il pastore e il mercenario
3 - L'unico di cui hanno bisogno
4 - Con lo slancio delle origini
5 - Il mondo è di chi lo ama
6 - La via della trasformazione
7 - Il vertice del sacerdozio
8 - Cristi autentici
9 - Condurre fuori dal deserto
10 - L'acqua per oggi
11 - L'uomo saggio del Vangelo
12 - Casa e scuola di comunione
13 - Sul modello della Trinità
14 - Una nuova società
15 - Se vuoi la sapienza
16 - L'attrattiva del tempo moderno
17 - Decalogo del sacerdote – 1
18 - Decalogo del sacerdote – 2
19 giugno – Meraviglioso scambio
La vocazione sacerdotale è un mistero. È il mistero di un "meraviglioso scambio" - admirabile commercium - tra Dio e l'uomo. Questi dona a Cristo la sua umanità, perché Egli se ne possa servire come strumento di salvezza, quasi facendo di quest'uomo un altro se stesso.
Se non si coglie il mistero di questo "scambio", non si riesce a capire come possa avvenire che un giovane, ascoltando la parola "Seguimi!", giunga a rinunciare a tutto per Cristo, nella certezza che per questa strada la sua personalità umana si realizzerà pienamente.
Giovanni Paolo II
Dono e mistero, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996, p. 84
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20 giugno - Uomo di Dio, uomo della comunità
Il sacerdote è l'uomo di Dio, è il ministro del Signore; egli può compiere atti trascendenti l'efficacia naturale, perché agisce in persona Christi, passa attraverso di lui una virtù superiore, della quale egli, umile e glorioso, in dati momenti è fatto valido strumento; è veicolo dello Spirito Santo. Un rapporto unico, una delega, una fiducia divina intercorre fra lui ed il mondo divino.
Tuttavia questo dono il sacerdote non lo riceve per sé, ma per gli altri: la dimensione sacra è tutta quanta ordinata alla dimensione apostolica, cioè alla missione e al ministero sacerdotale. Lo sappiamo bene: il sacerdote è uomo che vive non per sé, ma per gli altri. È l'uomo della comunità. È questo l'aspetto della vita sacerdotale oggi meglio compreso. Il servizio ch'egli rende alla società, a quella ecclesiale specialmente, giustifica ampiamente l'esistenza del sacerdozio. Il mondo ne ha bisogno. La Chiesa ne ha bisogno.
Paolo VI
Messaggio ai sacerdoti della Chiesa cattolica, 30 giugno 1968
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21 giugno - Passaggio di proprietà
Consacrare qualcosa o qualcuno significa dare la cosa o la persona in proprietà a Dio, toglierla dall'ambito di ciò che è nostro e immetterla nell'atmosfera sua, così che non appartenga più alle cose nostre, ma sia totalmente di Dio (...).
Nell'Antico Testamento, la consegna di una persona a Dio, cioè la sua "santificazione", si identifica con l'ordinazione sacerdotale e in questo modo si definisce anche in che cosa consista il sacerdozio: è un passaggio di proprietà, un essere tolto dal mondo e donato a Dio. Con ciò si evidenziano ora le due direzioni che fanno parte del processo della santificazione/consacrazione. È un uscire dai contesti della vita del mondo - un "essere messi da parte" per Dio. Ma proprio per questo non è una segregazione. Essere consegnati a Dio significa piuttosto essere posti a rappresentare gli altri. Il sacerdote viene sottratto alle connessioni del mondo e donato a Dio e, proprio così, a partire da Dio, deve essere disponibile per gli altri, per tutti.
Benedetto XVI
Missa Chrismalis, 9 aprile 2009
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22 giugno - Battezzati e ministri
Il sacerdozio battesimale e quello ministeriale devono andare insieme. Quando esercitiamo il nostro ministero, dobbiamo anche offrire noi stessi in unione con l'offerta di Cristo. Per le nostre persone il sacerdozio battesimale è più importante del sacerdozio ministeriale. Il sacerdozio ministeriale è un dono di Cristo alla Chiesa, un dono meraviglioso; non è una realtà che ci appartenga personalmente, non è qualcosa che aumenti il nostro valore personale, ma il modo in cui offriamo noi stessi, come ogni credente è chiamato a offrire se stesso, questo è per noi, personalmente, la cosa più importante.
Bisogna aggiungere che per noi questo esercizio del sacerdozio battesimale prende una forma specifica: quella della carità pastorale. Il sacerdozio battesimale è sempre esercizio della carità, ma per noi la carità pastorale è l'aspetto specifico di questo esercizio. Sacerdozio battesimale e sacerdozio ministeriale devono essere uniti nella nostra vita.
Albert Vanhoye
Accogliamo Cristo nostro Sommo Sacerdote, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2008, pp. 175-176
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23 giugno - Tra Dio e l'umanità
Il sacerdote si trova tra Dio e l'umanità. Cosa dovrà dunque fare? Dovrà portare alle persone proprio la misericordia di Dio, il mistero del Dio vivente, come sono contenuti simbolicamente nei sacramenti.
Dall'altra parte dovrà offrire a Dio i desideri delle persone, i loro bisogni, i loro peccati, le loro gioie e sofferenze. Comprendiamo ciò che significa? Homo Dei, uomo di Dio: questo è il sacerdote. Collegare e mettere tutto in rapporto con il Dio vivente è proprio la sua grande missione, il suo grande compito di vita in ogni tempo, ma è anche un compito estremamente importante e difficile nel tempo attuale.
Josef Kentenich
P. Wolf, Berufen - geweiht - gesandt, Ed. di Schönstatt, Vallendar-Schönstatt 2009, p. 39
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24 giugno - Come il Padre ha mandato me...
Fra le divine parole che disse [Gesù], ve n'è una che dà le vertigini se si pensa pronunciata da Dio e fa comprendere l'eccellenza di una elezione. È un paragone paradossale, ma vero e ricco di mistero. E Cristo lo rivolge a quelli che sarebbero stati nei secoli i suoi sacerdoti: «Come il Padre ha mandato me, io mando voi». Chi è allora il prete? È colui che Cristo ha eletto per continuarlo nel tempo.
Purtroppo alle volte il sacerdote non è così. E d'altronde se il prete non è Cristo, è ben poco. Le sue prediche sono vuote e le chiese deserte. Perché la parola che Cristo dava era lui stesso. Se il prete prima vive ciò che predica e poi parla, la sua parola sarà Cristo e sarà, anche lui, altro Cristo. I suoi discorsi trascineranno allora le folle e le chiese diverranno strabocchevoli. Perché non è tanto la scienza che fa il prete, quanto il carisma vivificato dall' amore.
Chiara Lubich
Il celibato sacerdotale, Città nuova 14 (1970/3) p. 9
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25 giugno - Portavoce della Parola
Il presbitero annuncia il Regno di Dio, che inizia in questo mondo e avrà la sua pienezza quando Cristo verrà alla fine dei tempi. Per il servizio di questo Regno abbandona tutto per seguire il suo Signore; segno di questa donazione radicale è il celibato ministeriale, dono di Cristo stesso e garanzia di una dedizione generosa e libera al servizio degli uomini.
Il presbitero è un uomo di Dio. Può essere profeta solo nella misura in cui abbia fatto l'esperienza del Dio vivo. Solo questa esperienza lo farà portatore di una Parola che ha il potere di trasformare la vita personale e sociale degli uomini in accordo col disegno del Padre.
La preghiera in tutte le sue forme - e in modo speciale la liturgia delle Ore affidatagli dalla Chiesa - lo aiuterà a mantenere viva quella esperienza di Dio che egli deve condividere con i suoi fratelli. Come il vescovo e in comunione con lui, il presbitero evangelizza, celebra il Santo Sacrificio e serve l'unità.
Conferenza di Puebla (1979)
Documento finale nn. 692-695
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26 giugno - Una ricca trama di rapporti
È all'interno del mistero della Chiesa, come mistero di comunione trinitaria in tensione missionaria, che si rivela ogni identità cristiana, e quindi anche la specifica identità del sacerdote e del suo ministero. (...)
Si può così comprendere la connotazione essenzialmente "relazionale" dell'identità del presbitero: mediante il sacerdozio, che scaturisce dalle profondità dell'ineffabile mistero di Dio, (...) il presbitero è inserito sacramentalmente nella comunione con il vescovo e con gli altri presbiteri, per servire il Popolo di Dio che è la Chiesa e attrarre tutti a Cristo, secondo la preghiera del Signore: «(...) perché siano una cosa sola, come noi (…)».
Non si può allora definire la natura e la missione del sacerdozio ministeriale, se non in questa molteplice e ricca trama di rapporti, che sgorgano dalla Santissima Trinità e si prolungano nella comunione della Chiesa, come segno e strumento, in Cristo, dell'unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano.
Giovanni Paolo II
Pastores dabo vobis 12
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27 giugno - Nell'unico sacerdozio di Cristo
Tutti i discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera e lodando insieme Dio (cf At 2,42-47), offrano se stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio (cf Rm 12,1), rendano dovunque testimonianza di Cristo e, a chi la richieda, rendano ragione della speranza che è in essi di una vita eterna (cf 1Pt 3,15).
Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo.
Il sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio, concorrono all'offerta dell'Eucaristia ed esercitano il loro sacerdozio col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e la carità operosa.
Concilio ecumenico Vaticano II
Lumen gentium 10
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28 giugno - Stati di vita ordinati l'uno all'altro
Ciascuna [modalità di vivere l'universale vocazione alla santità] ha una sua originale e inconfondibile fisionomia e nello stesso tempo ciascuna di esse si pone in relazione alle altre e alloro servizio.
Così lo stato di vita laicale ha nell'indole secolare la sua specificità e realizza un servizio ecclesiale nel testimoniare e nel richiamare, a suo modo, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose il significato che le realtà terrene e temporali hanno nel disegno salvifico di Dio.
A sua volta il sacerdozio ministeriale rappresenta la permanente garanzia della presenza sacramentale, nei diversi tempi e luoghi, di Cristo redentore.
Lo stato religioso testimonia l'indole escatologica della Chiesa, ossia la sua tensione verso il regno di Dio, che viene prefigurato e in qualche modo anticipato e pregustato dai voti di castità, povertà e obbedienza.
Tutti gli stati di vita, sia nel loro insieme sia ciascuno di essi in rapporto agli altri, sono al servizio della crescita della Chiesa, sono modalità diverse che si unificano profondamente nel "mistero di comunione" della Chiesa e che si coordinano dinamicamente nella sua unica missione.
Giovanni Paolo II
Christifideles laici 55
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29 giugno – È Cristo che pasce
I buoni pastori sono tutti nell'unità, sono una cosa sola. In essi che pascono, è Cristo che pasce. Gli amici dello sposo non fanno risuonare la loro voce, ma si rallegrano quando odono la voce dello sposo. Quando loro pascono è Cristo che pasce e per questo può dire: «lo pasco», in quanto in loro c'è la sua voce e la sua carità. Riandiamo a Pietro. Nell'atto di affidargli le proprie pecore, Cristo volle immedesimarlo con sé in modo che, consegnando a lui le pecore, il Signore restasse sempre il capo e Pietro rappresentasse il corpo, cioè la Chiesa, e tutti e due, come lo sposo e la sposa, fossero «due in una sola carne». A tal fine (...) cosa gli chiede prima di consegnargliele? «Pietro, mi ami tu?». E Pietro: «Sì, ti amo». E di nuovo: «Mi ami tu?». E Pietro: «Sì, ti amo». E per la terza volta: «Mi ami tu?». E Pietro: «Sì, ti amo». Gli conferma l'amore per rinsaldare l'unità.
In simili pastori è l'unico pastore che pasce, essendo tutti nell'unità.
Sant'Agostino
Sul sacerdozio, Città Nuova, Roma 1993, pp. 161-162
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30 giugno – Sacerdote: uomo "trinitario"
Noi sacerdoti, nella misura in cui siamo chiamati a vivere la vita e la missione di Gesù, dobbiamo essere a servizio di una Chiesa sempre più modellata secondo la vita della Trinità. (...) Il sacerdote è un uomo trinitario, come Gesù, e come lui è chiamato ad annunciare e promuovere una vita nuova, che non è solo rivelazione del Dio Uno e Trino, ma comunicazione della vita divina, di una esistenza agapica che sia criterio della convivenza umana. (...) Noi presbiteri siamo tali per «raccogliere la famiglia di Dio quale insieme di fratelli animati da un solo spirito» (LG 28). (…)
Però come potremmo farlo senza esserne esperti, senza sperimentare la comunione trinitaria fra noi, come membri del Corpo sacerdotale? Perciò, lo stesso numero del documento conciliare aggiunge che «tutti i sacerdoti sono fra loro legati da un'intima fraternità». (...)
Non dobbiamo permettere che questa "fraternità sacramentale" rimanga solo una bella formula che non significhi niente di concreto per la vita.
Jesús Castellano Cervera
El sacerdote, hombre trinitario, La Revista Católica, (Cile 2000) n. 1128 pp. 403,413,417
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1° luglio - Un'esistenza comunionale
Questo stile spirituale di vita comporta forme di comunione e di reciproca vicinanza fraterna. Gesù ha sì chiamato i suoi discepoli personalmente, ma non come singoli isolati; la forma gesuana di vita è una forma comunitaria e fonda un'esistenza comunionale.
Ciò è vero in maniera particolare per quanto riguarda l'esistenza sacerdotale. Mediante l'ordinazione sacerdotale (...) siamo inseriti nell'unico presbiterio. Ci chiamiamo confratelli. I sacerdoti devono perciò radunarsi, farsi visita a vicenda, scambiarsi le loro esperienze pastorali buone e cattive, consolarsi e sostenersi gli uni gli altri e assistersi fra di loro solidariamente. Tra i sacerdoti ci dovrebbero essere delle vere amicizie. Il fatto che il moderno individualismo borghese sia penetrato anche nel sacerdozio non è stata una buona cosa. Comunità sacerdotali sullo stile della "Jesus-Caritas" della comunità di Charles de Foucauld, i sacerdoti di Schönstatt o i preti focolarini possono essere un buon aiuto e un arricchimento.
Card. Walter Kasper
Servitori della gioia. Esistenza sacerdotale - Servizio sacerdotale, Queriniana, Brescia 2007, pp. 85-86
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2 luglio - Il pastore e il mercenario
Se si tratti di un vero pastore o di un mercenario, lo si può conoscere con esattezza in qualche occasione dolorosa. Nei tempi tranquilli, infatti, nella custodia del gregge anche il mercenario si comporta per lo più come il vero pastore; ma quando viene il lupo, si vede con che animo ciascuno custodiva il gregge.
E viene il lupo sul gregge, quando qualche ingiusto tiranno opprime i fedeli e gli umili. Colui che sembrava pastore, e non lo era, abbandona le pecore e fugge, perché teme il proprio pericolo, e non presume di resistere all'ingiustizia. E fugge non solo mutando luogo, ma privando il gregge di appoggio. Fugge, perché vede l'ingiustizia e tace; fugge, perché si nasconde nel silenzio (... ).
Schierarsi contro significa opporsi con libera voce a qualsiasi potente che agisce male. Scendiamo in guerra per la casa d'Israele (...) e opponiamo un muro, se con l'autorità della giustizia proteggiamo i fedeli innocenti contro l'ingiustizia dei perversi. II mercenario non fa così ma fugge, quando vede venire il lupo.
San Gregorio Magno
Omelia II domenica dopo Pasqua, La teologia dei Padri/4, Roma 1975, p. 128
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3 luglio - L'unico di cui hanno bisogno
Oh, queste creature, mio Dio, alle quali tu m'hai mandato, lontano da te! I più (...) non vogliono affatto i tuoi doni, la tua grazia, la tua verità, con cui tu m'hai loro mandato. E io devo tuttavia tornare sempre daccapo alla loro porta, importuno come un rivenditore ambulante con le sue chincaglierie. Sapessi almeno di certo ch'essi vogliono rigettare te, quando non mi ricevono, mi consolerei. (...)
E quelli poi che mi ammettono nella loro vita? Signore, essi vogliono per lo più tutt'altro che quello ch'io porto loro da parte tua. (...) Se proprio non è il denaro che cercano o un aiuto materiale o il piccolo sollievo della compassione, mi guardano come una specie di agente delle assicurazioni, con cui vogliono concludere un'assicurazione sulla vita per l'aldilà (...).
Signore, insegnami a pregare e ad amarti. Allora dimenticherò in te la mia miseria. (...) E solo allora sarò un fratello per gli uomini, uno che li aiuta a trovare l'unico di cui hanno bisogno, te, Dio dei miei fratelli.
Karl Rahner
Tu sei il silenzio, Queriniana, Brescia 1969, pp. 63-64, 69
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4 luglio - Con lo slancio delle origini
Nutrirci della Parola, per essere "servi della Parola" nell'impegno dell'evangelizzazione: questa è sicuramente una priorità per la Chiesa all'inizio del nuovo millennio. È ormai tramontata, anche nei Paesi di antica evangelizzazione, la situazione di una "società cristiana", che, pur tra le tante debolezze che sempre segnano l'umano, si rifaceva esplicitamente ai valori evangelici.
Oggi si deve affrontare con coraggio una situazione che si fa sempre più varia e impegnativa, nel contesto della globalizzazione e del nuovo e mutevole intreccio di popoli e culture che la caratterizza. Ho tante volte ripetuto in questi anni l'appello della nuova evangelizzazione. Lo ribadisco ora, soprattutto per indicare che occorre riaccendere in noi lo slancio delle origini, lasciandoci pervadere dall'ardore della predicazione apostolica seguita alla Pentecoste. Dobbiamo rivivere in noi il sentimento infuocato di Paolo, il quale esclamava: «Guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9,16).
Giovanni Paolo II
Novo millennio ineunte 40
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5 luglio - Il mondo è di chi lo ama
Alle volte, ci si lamenta che il cristianesimo nella società di oggi è una presenza sempre più marginale, che è diventato difficile trasmettere la fede ai giovani, che le vocazioni diminuiscono. E si potrebbe continuare ad elencare motividi preoccupazione...
Non di rado, in effetti, nel mondo odierno, noi ci sentiamo perdenti. Ma l'avventura della speranza ci porta oltre. Un giorno ho trovato scritto su un calendario queste parole: «Il mondo è di chi lo ama e sa meglio dargliene prova». Quanto sono vere queste parole! Nel cuore di ogni persona c'è un'infinita sete d'amore e noi, con quell'amore che Dio ha effuso nei nostri cuori, possiamo saziarla. Ma occorre che il nostro amore sia "arte", un'arte che supera la capacità d'amare semplicemente umana. Molto, per non dire tutto, dipende da questo.
Ho visto quest'arte, ad esempio, in Madre Teresa di Calcutta. Chi la vedeva la amava. O ancora in Giovanni XXIII. A tanti anni dalla sua morte, la memoria di lui è vivissima nella gente.
Card. François-Xavier Van Thuan
Testimoni della speranza, Città Nuova, Roma 2008(10), p. 92
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6 luglio - La via della trasformazione
Nella storia della Chiesa, in forme diverse, ci sono sempre queste questioni che ci tormentano realmente: che cosa fare? La gente sembra non avere bisogno di noi, sembra inutile tutto quanto facciamo.
Condivido con voi queste domande, queste questioni. Soffro anch'io. Ma tutti insieme vogliamo, da una parte, soffrire su questi problemi e, anche, soffrendo trasformare i problemi, perché proprio la sofferenza è la via della trasformazione e senza sofferenza, non si trasforma niente.
Questo è anche il senso della parabola del chicco di grano caduto in terra: solo in un processo di sofferta trasformazione si giunge al frutto e si apre la soluzione. (...)
Dobbiamo prendere a cuore queste difficoltà del nostro tempo e trasformarle soffrendo con Cristo e trasformare noi stessi. E nella misura nella quale noi stessi siamo trasformati, possiamo anche vedere la presenza del Regno di Dio e farla vedere agli altri.
Benedetto XVI
Ai sacerdoti della diocesi di Aosta, 25 luglio 2005
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7 luglio - Il vertice del sacerdozio
Spesso i sacerdoti svolgono tante attività; ma quando ci si accorge che si spende cento per produrre uno, subentra scoraggiamento e stress, e cominciano i dubbi: avrò sbagliato vocazione? Il celibato è veramente un valore? Perché al sacerdote viene negato di avere una famiglia?
Ho avuto anch'io quei pensieri quando il governo mi proibì tutte le attività nella Chiesa, pulendo per dieci anni i vetri dei negozi per le strade di Praga. La mia situazione mi costringeva a cercare la mia identità sacerdotale - senza ministero, senza apparente utilità, senza essere leader. Eppure Gesù, quando fissato alla croce non poteva fare i miracoli, predicare ma - abbandonato solo tacere e patire, ha raggiunto il vertice del suo sacerdozio. Ho trovato in lui la mia vera identità sacerdotale, che mi ha riempito di gioia e di pace. Poi ho capito che questa identità non si acquista per sempre in un momento d'illuminazione e di grazia, si deve cercare di continuo, soprattutto nei momenti bui, dolorosi.
Card. Miloslav Vlk
Spiritualità del sacerdote diocesano, Gen's 26 (1996) p. 13
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8 luglio - Cristi autentici
Oggi i tempi esigono più che mai l'autenticità: non bastano più semplici uomini ordinati sacerdoti: occorrono preti-Cristo, preti-vittime per l'umanità. Cristi autentici, pronti sempre a morire per tutti.
Se questa è la misura dell'amore nella vita del prete, non tema allora d'aver tempo inutilizzato, non si preoccupi di dover cambiare mestiere.
Vedrà il pezzo di Chiesa a lui affidato diventare un giardino: con la zizzania, certo, con l'odio, ma anche con l'amore fecondo che non ferma la sua irradiazione al limite del suo campo, ma va oltre. Come Ars, sì come Ars: dove il curato era tutto per il suo popolo dopo Dio, e la gente veniva da lontano per respirare il profumo di Cristo, per nutrirsi di lui, per vivere.
Diciamolo pure, diciamolo forte: per vivere!
Perché senza Cristo, senza preti-Cristo, anche il mondo d'oggi con le magnifiche straordinarie scoperte non vive. Agonizza, muore.
Cristo solo è la Vita.
Chiara Lubich
Il celibato sacerdotale, Città nuova 14 (1970/3) p. 9
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9 luglio - Condurre fuori dal deserto
Vi sono tante forme di deserto. Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell'abbandono, della solitudine, dell'amore distrutto. Vi è il deserto dell' oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell'uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi. Perciò i tesori della terra non sono più al servizio dell'edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione.
La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l'amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza.
Benedetto XVI
Omelia alla Messa per l'inizio del Pontificato, 24 aprile 2005
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10 luglio - L'acqua per oggi
Siamo oggi nel deserto del mondo, nel deserto della morale, nel deserto del significato (...). Pare che Dio a ciascuno di noi dica come ad Aronne e Mosè: «Può forse uscire acqua da questa rupe?».
Noi siamo la rupe, quel cuore di pietra che Dio vuol trasformare in un cuore di carne. A ciascuno di noi Dio dice: Pensi che da questa rupe possa uscire acqua, cioè Gesù? E noi dobbiamo rispondere: lo sono certo che dalla rupe sgorgherà acqua. Ci vuole la fede. La fede che aveva Maria è il silenzio assoluto della creatura che non cerca spiegazioni. La fede "silenzio assoluto". Credi tu? Io credo.
Ma questo Dio ce lo chiede anche collettivamente: dal deserto di oggi dell'umanità, da questa rupe, da questo cuore di pietra dell'umanità può venir fuori l'acqua, la vita? Gesù può dissetare l'umanità? Sì, noi collettivamente, vivendo Maria, possiamo generare misticamente Cristo in mezzo all'umanità di oggi. È quest'acqua che noi dobbiamo dare all'umanità.
Silvano Cola
Congresso sacerdotale, Gen's 6 agosto 1971 (inedito)
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11 luglio - L'uomo saggio del Vangelo
Fratelli carissimi, che può esserci di più dolce per noi di questa voce del Signore che ci chiama? Guardate come nella sua misericordiosa bontà ci indica la via della vita!
Armati dunque di fede e di opere buone, sotto la guida del Vangelo, incamminiamoci per le sue vie in modo da meritare la visione di lui, che ci ha chiamati nel suo regno.
Perciò il Signore stesso dichiara nel Vangelo: «Chi ascolta da me queste parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio il quale edificò la sua casa sulla roccia. E vennero le inondazioni e soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia».
Dopo aver concluso con queste parole il Signore attende che, giorno per giorno, rispondiamo con i fatti alle sue sante esortazioni. Perciò dobbiamo disporre i cuori e i corpi nostri a militare sotto la santa obbedienza. Per tutto quello poi, di cui la nostra natura si sente incapace, preghiamo il Signore di aiutarci con la sua grazia.
San Benedetto
Regola Prologo, passim
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12 luglio - Casa e scuola di comunione
Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo. Che cosa significa questo in concreto? Anche qui il discorso potrebbe farsi immediatamente operativo, ma sarebbe sbagliato assecondare simile impulso. Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l'uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell'altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità. (...)
Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz'anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita.
Giovanni Paolo II
Novo millennio ineunte 43
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13 luglio - Sul modello della Trinità
Dal mistero della Trinità, «la cui luce deve essere percepita anche sul volto dei fratelli», possiamo imparare ad amare gli altri senza misura, prima di tutto Dio e in seguito i nostri fratelli. Amare senza misura. Donarsi, al punto di dimenticare se stessi. Trovare la felicità nel fare felice l'altro. Rispettare l'altro nella sua alterità. Stimare e saper valorizzare l'altro in quanto altro. Cercare di promuoverlo anche a costo della nostra vita. Mettersi a servire gli altri con umiltà, libertà e amore. Uscire della solitudine egoista e individualista e vivere in comunità coi nostri fratelli. (...)
Cercare di fermentare il mondo con lo spirito di amore comunitario e di solidarietà, il cui modello è nella Trinità e che la Chiesa cerca di vivere al suo interno, come comunione ecclesiale.
Card. Claudio Hummes
Sempre discepoli di Cristo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, p. 112
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14 luglio - Una nuova società
Un'autentica proposta di incontro con Gesù Cristo deve fondarsi sul solido fondamento della Trinità-Amore. (...)
L'impulso missionario è il necessario frutto della vita che la Trinità comunica ai discepoli. (...)
Riconosciamo che esiste una profonda vocazione all'unità nel "cuore" di ogni essere umano, perché tutti hanno la stessa origine e lo stesso Padre, e perché tutti portano in sé l'immagine e la somiglianza con lo stesso Dio, nella sua comunione trinitaria. (...)
Un'autentica evangelizzazione implica la piena assunzione della radicalità dell'amore cristiano (...). Nel Dio Trinità la diversità delle persone non genera violenza e conflitto, ma è la fonte stessa dell'amore e della vita. (...) Evangelizzare a partire dall'amore che è donazione piena, come soluzione del conflitto, deve essere il cardine culturale "radicale" di una nuova società.
Conferenza di Aparecida (2007)
Documento conclusivo nn. 240, 347, 523, 543
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15 luglio - Se vuoi la sapienza…
Non credere che basti la lettura senza l'unzione, la speculazione senza la devozione, la ricerca senza lo stupore, l'osservazione senza la gioia, l'impegno senza la pietà, la scienza senza la carità, l'intelligenza senza l'umiltà, lo studio senza la grazia divina, la riflessione senza la sapienza divinamente ispirata. (...)
È questo un fatto mistico e straordinario che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo riceve solo chi lo desidera, non lo desidera se non colui che viene infiammato dal fuoco dello Spirito Santo, che Cristo ha portato in terra. Ecco perché l'Apostolo afferma che questa mistica sapienza è rivelata dallo Spirito Santo. (...)
Se ora vuoi sapere come avvenga [il cammino dell'anima in Dio], interroga la grazia e non la scienza, il desiderio e non l'intelletto, il sospiro della preghiera e non la brama del leggere, lo sposo e non il maestro, Dio e non l'uomo, la caligine e non la chiarezza, non la lucerna il fuoco che infiamma tutto l'essere e lo inabissa in Dio con la sua soavissima unzione e con gli affetti più ardenti.
San Bonaventura da Bagnoregio
Itinerarium mentis in Deum, Prologo, 4; 7, 4.6
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16 luglio - L'attrattiva del tempo moderno
Ecco la grande attrattiva
del tempo moderno:
penetrare nella più alta contemplazione
e rimanere mescolati fra tutti,
uomo accanto a uomo.
Vorrei dire di più:
perdersi nella folla,
per informarla del divino,
come s'inzuppa
un frusto di pane nel vino.
Vorrei dire di più:
fatti partecipi dei disegni di Dio sull'umanità,
segnare sulla folla ricami di luce
e, nel contempo, dividere col prossimo
l'onta, la fame, le percosse, le brevi gioie.
Perché l'attrattiva
del nostro, come di tutti i tempi,
è ciò che di più umano e di più divino
si possa pensare,
Gesù e Maria:
il Verbo di Dio, figlio d'un falegname;
la Sede della Sapienza, madre di casa.
Chiara Lubich
Scritti spirituali/1, Città Nuova, Roma 1991[3], p. 27
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17 luglio - Decalogo del sacerdote - 1
1. È più importante come io vivo da sacerdote, di ciò che faccio in quanto sacerdote.
2. È più importante ciò che fa Cristo attraverso di me, di quello che faccio io.
3. È più importante che io viva l'unità nel presbiterio, piuttosto che buttarmi a capofitto da solo nel ministero.
4. È più importante il servizio della preghiera e della Parola, di quello delle mense.
5. È più importante seguire spiritualmente i collaboratori, che fare da me e da solo quante più attività possibili.
Klaus Hemmerle - Wilhelm Breuning
Decalogo del sacerdote, Gen's 22 (1992) p. 182
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18 luglio - Decalogo del sacerdote - 2
6. È più importante essere presente in pochi ma centrali settori operativi, con una presenza che irradia vita, che essere presente ovunque in fretta e a metà.
7. È più importante agire in unità con i collaboratori, che non da solo, per quanto capace io mi ritenga; ossia, è più importante la communio che la actio.
8. È più importante, perché più feconda, la croce, che non i risultati spesso apparenti, frutto di doti e di sforzi umani.
9. È più importante avere l'anima aperta sul tutto (comunità, diocesi, Chiesa universale), che non fissata su interessi particolari per quanto importanti mi sembrino.
10. È più importante che venga testimoniata a tutti la fede, anziché soddisfare a tutte le usuali pretese.
Klaus Hemmerle - Wilhelm Breuning
Decalogo del sacerdote, Gen's 22 (1992) p. 182
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