XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (B)
Letture Patristiche

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Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.


ANNO B - XXXIII Domenica del Tempo Ordinario


DOMENICA «DELLA VENUTA DEL FIGLIO DELL'UOMO NELLA GLORIA»

Daniele 12,1-3 • Salmo 15 • Ebrei 10,11-14.18 • Marco 13,24-32
(Visualizza i brani delle Letture)


1. Il ritorno di Cristo (Cirillo di Gerusalemme, Catech., 15, 1-3)
2. Il mistero dell'ultimo giorno (Gregorio di Nazianzo, Oratio, 30, 15)
3. Scienza umana e divina di Gesù (Atanasio, Contra Arian., 3, 43)
4. Solo il Padre conosce «il giorno e l'ora» (Ireneo di Lione, Adv. haer., II, 28, 6)
5. Anche per l'albero c'è speranza (Dal «Commento su Marco» di san Beda il Venerabile, sacerdote)
6. Non opponiamo resistenza alla prima venuta per non dover poi temere la seconda (Dal «Commento sui salmi» di sant'Agostino, vescovo)
7. Discorso 97. Sulle parole del vangelo di Mc 13, 32: "Quanto poi al giorno e all'ora nessuno li sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma il Padre soltanto" (Sant'Agostino, vescovo. PL 38, 589-591)


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1. Il ritorno di Cristo

Annunciamo la venuta di Cristo, non la prima solo, ma anche una seconda, molto più bella della prima. La prima fu una manifestazione di pazienza, la seconda porta il diadema della regalità divina. Tutto è per lo più duplice nel Signore nostro Gesù Cristo: doppia la nascita, una da Dio prima dei secoli, una dalla Vergine alla fine dei secoli; doppia la discesa: una oscura, come (rugiada) sul vello (cf. Gdc 6,36-40; Sal 71,6), l'altra piena di splendore: quella che verrà. Nella prima venuta fu avvolto in panni nella mangiatoia, nella seconda è circondato di luce come d'un mantello. Nella prima subì la croce, subì disprezzi e vergogna; nella seconda viene sulle schiere degli angeli che l'accompagnano, pieno di gloria. Non fermiamoci dunque alla prima venuta solamente, ma aspettiamo anche la seconda. Nella prima abbiam detto: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore" (Mt 21,9), e nella seconda lo ripeteremo ancora: insieme con gli angeli andremo incontro al Padrone, ci getteremo ai suoi piedi e diremo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore». Viene il Salvatore non per essere nuovamente giudicato, ma per chiamare in giudizio quelli che lo condannarono. Egli, che tacque la prima volta quando fu giudicato, lo ricorderà agli scellerati che osarono crocifiggerlo, dicendo: "Questo facesti, e tacqui" (Sal 49,21). Per la divina economia, venne allora ad ammaestrare gli uomini con la persuasione; ora invece per regnare su di loro a forza, anche se non lo vogliono.
Di queste due venute dice il profeta Malachia: "E subito verrà al suo tempio il Signore, che voi cercate" (Ml 3,1). Ecco la prima venuta. Invece della seconda venuta dice: "E l'angelo del testamento che voi cercate. Ecco, viene il Signore onnipotente: chi sosterrà il giorno della sua venuta, chi sopporterà la sua vista? Si appresserà infatti come il fuoco della fornace, come la soda dei lavandai, si siederà per fondere e pulire" (Ml 3,2s). E subito dopo il Salvatore stesso dice: "Vi verrò incontro per fare giustizia, e sarò un testimone pronto contro gli avvelenatori e gli adulteri, contro quelli che nel mio nome giurano il falso" (Ml 3,5). Già Paolo allude a queste due parusie scrivendo a Tito: "È apparsa la grazia di Dio, salvatore di tutti gli uomini, e ci ha insegnato a rinnegare l'empietà e le cupidigie mondane, e a vivere in questo mondo con temperanza, con giustizia e pietà, aspettando la beata speranza e la manifestazione gloriosa del nostro grande Iddio e salvatore Gesù Cristo" (Tt 2,11-13). Per questo nella fede che a noi è annunciata anche oggi ci è tramandato di credere in colui «che è asceso al cielo, siede alla destra del Padre, e verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine».
Viene dunque il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; viene nella gloria alla fine di questo mondo, nell'ultimo giorno; ci sarà infatti la fine di questo mondo e il mondo creato sarà rinnovato. Infatti la corruzione, il furto, l'adulterio e ogni specie di delitto si è effuso sulla terra e nel mondo si è mescolato sangue al sangue, affinché perciò questa mirabile dimora non resti oppressa dall'iniquità, se ne va questo mondo perché ne sia inaugurato uno migliore. Vuoi una dimostrazione di ciò dai detti scritturistici? Odi Isaia che dice: "Il cielo si avvolgerà come una pergamena e tutte le stelle cadranno come le foglie dalla vite, come cadono le foglie dal fico" (Is 34,4). E il Vangelo dice: "Il sole si oscurerà la luna non darà più il suo splendore e gli astri cadranno dal cielo" (Mt 24,29).
Non affliggiamoci come se noi soli dovessimo finire: anche le stelle finiscono, ma forse di nuovo risorgeranno. Il Signore arrotola i cieli, non per distruggerli, ma per farli risorgere più belli. Ascolta il profeta David che dice: "In principio tu, Signore, hai fondato la terra, e opera delle tue mani sono i cieli. Essi periranno, ma tu rimani" (Sal 101,26).
Ma qualcuno obietterà: «Però dice chiaramente che periranno». Ma ascolta in che senso dice «periranno»: è chiaro da ciò che segue: "E tutti invecchieranno come un vestito e tu li avvilupperai come un mantello: ed essi muteranno" (Sal 101,27). Si parla infatti come di una morte di un uomo, come sta scritto: "Vedete in che modo perisce il giusto, e nessuno se la prende a cuore" (Is 57,1), ma se ne aspetta la risurrezione; così aspettiamo quasi la risurrezione dei cieli. "Il sole si muterà in tenebre e la luna in sangue" (Gl 2,31; At 2,20). Notino questo i convertiti dal manicheismo: non attribuiscano più la divinità agli astri, né ritengano empiamente che questo sole, il quale si oscurerà, sia Cristo. E ascolta ancora il Signore che dice: "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" (Mt 24,25).
Le parole del Signore non possono paragonarsi alle realtà create. Le realtà visibili passano e vengono le realtà che aspettiamo, più belle delle presenti: ma nessuno ne ricerchi curiosamente il tempo: "Non sta in voi" - è detto infatti - "conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato in suo potere" (At 1,7). Non osare dunque di stabilire il tempo in cui ciò avverrà; ma neppure, al contrario, non adagiarti supinamente: "Vigilate" - è detto infatti - "perché nell'ora in cui non aspettate, il figlio dell'uomo verrà" (Mt 24,44).

(Cirillo di Gerusalemme, Catech., 15, 1-3)

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2. Il mistero dell'ultimo giorno

Affermano alcuni che nessuno, neanche il Figlio, ma il solo Padre, conosca l'ultimo giorno.
Ma com'è possibile che la Sapienza ignori anche una sola delle cose che sono, che l'ignori il creatore e rinnovatore dei secoli, colui che è il fine di tutte le cose create, che conosce le cose di Dio, come lo spirito dell'uomo conosce ciò che ha in se stesso? Che c'è al mondo di più pieno e perfetto di questa conoscenza?
E com'è possibile che quello stesso che conosce tutto ciò che precede un evento e ne conosce esattamente lo svolgimento, non ne conosca poi ora? È come se uno dicesse di sapere tutto ciò che è innanzi a un muro e di non saper nulla del muro, o come se uno conoscesse la fine di un giorno, ma ne ignorasse il principio della notte seguente. È fuor di dubbio che Cristo, come Dio, conosce l'ora della fine del mondo, ma, poiché qui si parla di Figlio senza alcun riferimento, possiamo ritenere che questa ignoranza la si possa attribuire alla umanità del Cristo, senza coinvolgere la sua divinità.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio, 30, 15)

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3. Scienza umana e divina di Gesù

Certo, quando nel Vangelo dice di sé, come di uomo: "Padre viene l'ora, glorifica tuo figlio" (Gv 17,1), mostra chiaramente che egli conosce, come Verbo, l'ora in cui verrà la fine di tutte le cose, ma che l'ignora come uomo. Perché è proprio dell'uomo ignorare, particolarmente cose di questa specie. Ma questo è un tratto di singolare benevolenza del Salvatore. Fattosi uomo, infatti, non si vergogna di accusare la sua ignoranza di uomo. Non disse: "Neanche il Figlio di Dio lo sa" (Mc 13,32), perché non sembrasse che la divinità lo ignorasse; ma solo: "neanche il Figlio", perché si capisse che parlava dell'ignoranza del Figlio nato dagli uomini.

(Atanasio, Contra Arian., 3, 43)

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4. Solo il Padre conosce «il giorno e l'ora»

È irragionevole, pertanto, che voi, tronfi di alterigia, affermiate con audacia che si possano conoscere i misteri mirabili di Dio, dal momento che lo stesso Signore, il Figlio di Dio in persona, ammise che solo al Padre era dato conoscere il giorno e l'ora del giudizio, dicendo espressamente: "Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli del cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre" (Mc 13,32).
Se dunque la conoscenza del giorno lo stesso Figlio non ebbe remore a riferirla al Padre, ma disse semplicemente quel che è vero, neppure noi dobbiamo averne nel riservare a Dio quelle cose che superano le nostre possibilità di giudizio. "Nessuno", infatti, "è superiore al proprio maestro" (Mt 10,24; Lc 6,40).
Di conseguenza, se qualcuno ci avrà chiesto: «Come dunque il Figlio è generato dal Padre?», possiamo rispondergli che una tale accezione, o generazione, o denominazione, o spiegazione, o altro termine con cui si voglia chiamare la di lui generazione è indicibile nella sua esistenza, e nessuno lo sa.

(Ireneo di Lione, Adv. haer., II, 28, 6)

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5. Anche per l'albero c'è speranza

«In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, e la luna non darà più il suo splendore, e gli astri si metteranno a cadere dal cielo». Nel giorno del giudizio le stelle appariranno oscure non perché diminuirà la loro luce, ma perché si avvicinerà e sopraggiungerà lo splendore della vera luce, cioè del sommo giudice, quando verrà nella maestà sua e del Padre e degli angeli santi. Ma in verità nulla ci vieta d'intendere che allora veramente il sole e la luna con tutte le altre stelle saranno per un certo tempo private della luce, come ci risulta essere accaduto al sole all'epoca della passione del Signore. Resta perciò non compiuta fino a oggi quella profezia con cui Gioele disse: «Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile» (Gl 3,4); e ciò che disse del giorno del giudizio Isaia: «Arrossirà la luna, impallidirà il sole, perché il Signore degli eserciti regna sul monte Sion e in Gerusalemme e davanti ai suoi anziani sarà glorificato» (Is 24,23). Compiuto dunque il giorno del giudizio e mentre splenderà la gloria della vita futura, quando ci saranno «nuovi cieli e una nuova terra» (2Pt 3,13), allora accadrà ciò che dice altrove lo stesso profeta: «La luce della luna sarà come la luce del sole e la luce del sole sarà sette volte di più, come la luce di sette giorni» (Is 30,26 Volg.).
«E le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte». Non è strano se gli uomini, i quali per natura e intelligenza sono terrestri, si turbano a questo giudizio al cui manifestarsi anche le stesse potenze celesti, cioè le potestà angeliche, tremeranno, come testimonia anche il beato Giobbe che dice: «Le colonne del cielo si scuotono, sono prese da stupore alla sua minaccia» (Gb 26,11). Che cosa avverrà delle decorazioni quando tremano le colonne, che cosa patirà l'erba del deserto quando è scosso il cedro del paradiso?
«Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo». Non rimarrà dunque in quel giorno nessun eletto che non vada incontro al Signore che viene sulle nubi per giudicare, sia che venga trovato ancora vivo nel corpo, sia che venga risuscitato dalla morte alla vita. Vengono al giudizio anche i reprobi, e anch'essi, alcuni sono trovati vivi nel corpo, e altri risuscitati dalla morte alla vita; ma, a differenza dei giusti che saranno riuniti per la gioia del Signore,! Suoi nemici, compiuto il giudizio, saranno dispersi e scompariranno dallo sguardo di Dio (cfr. Sal 67,2-3). «Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte ». Con l'esempio dell'albero ci ammaestra su quando verrà la fine. Come, quando i ramoscelli sono teneri sull'albero di fico e la gemma si apre nel fiore e la corteccia si riempie di foglie, voi capite che s'avvicina l'estate e sono arrivati il favonio e la primavera; così, quando vedrete accadere tutte le cose che sono state descritte, non dovete credere che sia già venuta la fine del mondo, ma che sono giunti certi annunzi e segni premonitori) per mostrare che l'evento è ormai alle porte.
Ma questa fioritura del fico può anche essere intesa, secondo il significato mistico, in modo più profondo; può riferirsi cioè alla condizione della Sinagoga la quale un tempo, quando venne a lei il Signore, non avendo in sé il frutto della giustizia, fu condannata all'eterna sterilità in coloro che allora erano increduli (cfr. Mt 21,18-19; Mc 11,12-14. 20-21). Ma poiché l'Apostolo ha detto: «L'indurimento di una parte d'Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti. Allora tutto Israele sarà salvato» (Rm 11,25-26), quando verrà questo tempo in cui, tolta la lunga cecità, tutto Israele otterrà la luce e la salvezza, allora accadrà che l'albero del fico a lungo sterile ) darà il frutto che aveva negato, secondo le parole del beato Giobbe: «Anche per l'albero c'è speranza: se viene tagliato ancora ributta e i suoi germogli non cessano di crescerete sotto terra invecchia la sua radice e al suolo muore il suo tronco, al sentore dell'acqua rigermoglia e mette rami come nuova pianta» (Gb 14,). Quando vedrai accadere tutto ciò non avere più dubbi: il giorno dell'ultimo giudizio e l'estate della vera pace sono ormai prossimi.

(Dal «Commento su Marco» di san Beda il Venerabile, sacerdote)

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6. Non opponiamo resistenza alla prima venuta per non dover poi temere la seconda

«Allora si rallegreranno gli alberi della foresta davanti al Signore che viene, perché viene a giudicare la terra» (Sal 95,12-13). Venne una prima volta, e verrà ancora in futuro. Questa sua parola è risuonata prima nel vangelo: «D'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo» (Mt 26,64). Che significa: «D'ora innanzi»? Forse che il Signore deve venire già fin d'ora e non dopo, quando piangeranno tutti i popoli della terra? Effettivamente c'è una venuta che si verifica già ora, prima di quella, ed è attraverso i suoi annunziatori. Questa venuta ha riempito tutta le terra. Non poniamoci contro la prima venuta per non dover poi temere la seconda. Che cosa deve fare dunque il cristiano? Servirsi del mondo, non farsi schiavo del mondo. Che significa ciò? Vuol dire avere, ma come se non avesse. Così dice, infatti, l'Apostolo: «Del resto, o fratelli, il tempo ormai si è fatto breve: d'ora innanzi quelli che hanno moglie vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero; e quelli che godono, come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero, perché passa la scena di questo mondo. Io vorrei vedervi senza preoccupazioni» (1Cor 7,29-32). Chi è senza preoccupazione, aspetta tranquillo l'arrivo del suo Signore. Infatti che sorta di amore per Cristo sarebbe il temere che egli venga? Fratelli, non ci vergogniamo? Lo amiamo e temiamo che egli venga! Ma lo amiamo davvero o amiamo di più i nostri peccati? Ci si impone perentoriamente la scelta. Se vogliamo davvero amare colui che deve venire per punire i peccati, dobbiamo odiare cordialmente tutto il mondo del peccato. Lo vogliamo o no, egli verrà. Quindi non adesso; il che ovviamente non esclude che verrà. Verrà, e quando non lo aspetti. Se ti troverà pronto, non ti nuocerà il fatto di non averne conosciuto in anticipo il momento esatto. «E si rallegreranno tutti gli alberi della foresta». È venuto una prima volta, e poi tornerà a giudicare la terra. Troverà pieni di gioia coloro che alla sua prima venuta «hanno creduto che tornerà». Troverà pieni di gioia coloro che alla sua prima venuta «hanno creduto che tornerà». «Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95,13). Qual è questa giustizia e verità? Unirà a sé i suoi eletti perché lo affianchino nel tribunale del giudizio, ma separerà gli altri tra loro e li porrà alcuni alla destra, altri alla sinistra. Che cosa vi è di più giusto, di più vero, che non si aspettino misericordia dal giudice coloro che non vollero usare misericordia, prima che venisse il giudice? Coloro invece che hanno voluto usare misericordia, saranno giudicati con misericordia. Si dirà infatti a coloro che stanno alla destra: «Venite, benedetti del Padre mio, riceve in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» (Mt 25,34). E ascrive loro a merito le opere di misericordia: «Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere» (Mt 25,35-40) con quel che segue. A quelli che stanno alla sinistra, poi, che cosa sarà rinfacciato? Che non vollero fare opere di misericordia. E dove andranno?: «Nel fuoco eterno» (Mt 25,41). Questa terribile sentenza susciterà in loro un pianto amaro. Ma che cosa dice il salmo? «Il giusto sarà sempre ricordato; non temerà annunzio di sventura» (Sal 111,6-7). Che cos'è questo «annunzio di sventura»? «Via da me nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt 25,41). Chi godrà per la buona sentenza non temerà quella di condanna. Questa è la giustizia, questa è la verità. O forse perché tu sei ingiusto, il giudice non sarà giusto? O forse perché tu sei bugiardo, la verità non dirà ciò che è vero? Ma se vuoi incontrare il giudice misericordioso, sii anche tu misericordioso prima che egli giunga. Perdona se qualcuno ti ha offeso, elargisci il superfluo. E da chi proviene quello che doni, se non da lui? Se tu dessi del tuo sarebbe un'elemosina, ma poiché dai del suo, non è che una restituzione!» Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?» (1Cor 4,7). Queste sono le offerte più gradite a Dio: la misericordia, l'umiltà, la confessione, la pace, la carità. Sono queste le cose che dobbiamo portare con noi e allora attenderemo con sicurezza la venuta del giudice il quale «Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95,13).

(Dal «Commento sui salmi» di sant'Agostino, vescovo)

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Discorso 97. Sulle parole del vangelo di Mc 13, 32: "Quanto poi al giorno e all'ora nessuno li sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma il Padre soltanto".
(Sant'Agostino, vescovo. PL 38, 589-591)

Ci trovi preparati il nostro ultimo giorno.
1. Fratelli miei, poiché avete udito poc'anzi la Scrittura che ci esorta dicendo d'essere vigilanti a causa dell'ultimo giorno, ciascuno pensi al proprio ultimo giorno; e ciò per evitare che, allorché crederete o penserete che l'ultimo giorno del mondo è lontano, dormicchiate al vostro ultimo giorno. A proposito dell'ultimo giorno di questo mondo, avete sentito che cosa dice il Cristo, che cioè non ne conoscono la data né gli angeli del cielo, né il Figlio, ma soltanto il Padre (Mt 24,36; cf Mc 13,32). Quest'affermazione veramente racchiude un difficile problema: non dobbiamo pensare secondo la nostra mentalità umana che il Padre sappia qualcosa che non sappia il Figlio. Cristo però dicendo: Lo sa solo il Padre, disse certamente così in quanto anche il Figlio lo sa nel Padre. Che c'è infatti nel giorno che non sia stato fatto nel Verbo, per mezzo del quale fu fatto il giorno? "Nessuno – dice – cerchi di conoscere quando arriverà l'ultimo giorno ". Ma cerchiamo tutti di vigilare vivendo bene, perché l'ultimo giorno di ciascuno di noi non ci trovi impreparati e, come ciascuno uscirà di vita quaggiù nel proprio ultimo giorno, così venga trovato nell'ultimo giorno del mondo. Non ti sarà d'alcun aiuto ciò che non avrai fatto quaggiù. Per ciascuno saranno di sollievo o di tormento le proprie opere.

Fare buon uso del castigo della morte.
2. In che modo abbiamo cantato nel salmo al Signore? Pietà di me, Signore, poiché l'uomo mi opprime (Sal 55,2). Viene chiamato "uomo" uno che vive conforme alla natura umana. Per conseguenza a coloro che vivono secondo Iddio la Scrittura dice: Voi tutti siete dèi e figli dell'Altissimo (Sal 81,6). Ai reprobi invece, chiamati ad essere figli di Dio mentre preferirono essere semplici uomini, cioè vivere secondo la natura umana, la Scrittura dice: Voi invece morrete come uomini e cadrete come uno dei principi (Sal 81,7). Poiché il fatto che l'uomo è mortale gli deve servire per regolare la sua vita, non per montare in superbia. Di che cosa si vanta un verme destinato a morire in un domani? Fratelli, lo dico alla vostra Carità; i mortali superbi devono vergognarsi di fronte al diavolo. Esso infatti, benché superbo, è tuttavia immortale: è uno spirito, anche se cattivo. Per lui l'ultimo giorno è riservato per la fine come castigo; esso però non subisce la morte che invece abbiamo noi. L'uomo infatti si sentì dire: Morirai di morte (Gn 2,17). Faccia quindi buon uso del proprio castigo. Che significa quel che ho detto: "Faccia buon uso del proprio castigo"? Vuol dire: "Non monti in superbia per il fatto per cui ha ricevuto il castigo; si riconosca mortale e reprima l'alterigia. Ascolti la Scrittura che gli dice: Perché insuperbisce chi è polvere e cenere? (Sir 10,9)". Anche se il diavolo insuperbisce, non è polvere o cenere. Ecco perché la Scrittura dice: Voi invece morrete come uomini, come uno dei principi cadrete (Sal 81,7). Voi non riflettete non fosse altro al fatto che siete mortali, eppure siete superbi come il diavolo. Tragga dunque l'uomo vantaggio dal suo castigo, fratelli; faccia buon uso del proprio male perché progredisca per il suo bene. Chi ignora che la morte è un castigo ed è inevitabile che noi moriamo e, quel ch'è peggio, non sappiamo quando? È una pena certa, ma la sua ora è incerta; tra gli eventi umani, di questa sola pena noi siamo certi.

La sola morte è certa.
3. Tutti gli altri nostri casi, buoni e cattivi, sono incerti; solo la morte è certa. Che significa ciò che dico? È stato concepito un bambino: forse nascerà, forse avverrà un aborto. In tal modo l'evento è incerto. Forse crescerà, forse non crescerà, forse arriverà alla vecchiaia, forse non ci arriverà; forse sarà ricco, forse povero; forse onorato, forse umiliato; forse avrà figli, forse non ne avrà; forse prenderà moglie, forse non la prenderà. E così per qualunque altro bene vorrai nominare. Considera anche i mali. Forse si ammalerà, forse non si ammalerà; forse sarà morso da un serpente, forse non sarà morso; forse sarà divorato da una belva, forse non lo sarà. E così considera tutti i mali. In ogni circostanza esiste l'alternativa: "Forse avverrà, forse non avverrà". Puoi forse dire: "Forse morrà, forse non morrà"? Allo stesso modo che i medici, quando diagnosticano una malattia e la riconoscono mortale, danno questo responso: "Morirà, non la scamperà". Dal momento che nasce un uomo, si deve dire: "Non la scamperà". Appena nato comincia a star male; quando muore mette fine alla malattia, ma non sa se va a cadere in una peggiore. Quel famoso ricco aveva finito un'infermità piena di godimenti, ma andò a finire in un'altra piena di tormenti; al contrario quel povero terminò l'infermità e giunse alla sanità (Cf Lc 16,22). Questi però aveva già scelto prima quaggiù quel che avrebbe avuto poi; e aveva seminato quaggiù quel che mieté poi di là. Quando perciò siamo in questa vita, dobbiamo vigilare e dobbiamo scegliere ciò che potremo possedere nella vita futura.

Cristo ha vinto il mondo e lo vinceremo anche noi se saremo uniti a Dio.
4. Cerchiamo di non amare il mondo; esso opprime coloro che lo amano, non li conduce al bene. Bisogna sforzarci che non ci faccia prigionieri piuttosto che temere che perisca. Ecco, il mondo perisce, ma il cristiano persiste, perché Cristo non perisce. Perché mai, infatti, dice il Signore: Rallegratevi! poiché io ho vinto il mondo (Gv 16,33)? Potremmo rispondergli, se fosse consentito: "Ma sei tu che devi rallegrarti. Se hai vinto tu, sei tu che devi rallegrarti. Perché dovremmo rallegrarci noi?". Per qual motivo ci dice: Rallegratevi, se non perché è per noi ch'egli ha vinto, è per noi ch'egli ha lottato? In qual modo infatti ha lottato? Per il fatto che ha preso la natura umana. Escludi la sua nascita dalla Vergine, escludi il fatto che si spogliò della sua divinità prendendo la natura di schiavo e divenendo simile agli uomini e per il suo comportamento fu riconosciuto come un vero uomo (Cf. Fil 2,7); se escludi ciò, come sarebbe stata possibile la lotta, il combattimento, la prova attraverso le sofferenze, la vittoria non preceduta dal combattimento? Al principio c'era il Verbo e il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio. Egli era al principio con Dio. Per mezzo di lui è stato creato tutto e senza di lui non è stato creato nulla (Gv 1,1-3). Avrebbe potuto forse il giudeo crocifiggere questo Verbo? avrebbe forse l'empio potuto oltraggiarlo? Avrebbe potuto forse questo Verbo essere schiaffeggiato? essere coronato di spine? Perché potesse sopportare tutti questi patimenti il Verbo si fece carne (Gv 1,14), e, dopo aver subito queste sofferenze, è risuscitato e così ha vinto. Ha vinto dunque per noi, ai quali ha mostrato la certezza della risurrezione. Dirai dunque a Dio: Pietà di me, o Signore, perché un uomo mi ha calpestato (Sal 52, 2). Tu non opprimerti e l'uomo non ti vincerà. Poiché, ecco, un potente ti spaventa. Come ti spaventa? "Ti spoglierò, ti farò condannare, torturare, uccidere". Allora tu griderai: Pietà di me, Signore, poiché un uomo mi ha calpestato. Se dirai la verità, è te stesso che tu hai nella mente. Poiché temi le minacce d'un uomo, è un morto colui che ti calpesta; e poiché non avresti paura se tu non fossi un uomo, è sempre un uomo che ti opprime. Qual rimedio c'è dunque? Amico, rimani unito a Dio, dal quale sei stato creato uomo; rimani attaccato a lui, confida in lui, invoca lui, la tua forza è lui. Digli: In te, Signore, è la mia forza (Sal 55,4). Allora al riparo dalle minacce degli uomini canterai; lo stesso Signore dice quello che potrai cantare in seguito: Spererò in Dio, non avrò paura di ciò che mi potrà fare un uomo (Sal 55, 12).


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