XXIV Domenica del Tempo Ordinario (B)
Letture Patristiche

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Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.


ANNO B - XXIV Domenica del Tempo Ordinario


DOMENICA «DELLA PRIMA PREDIZIONE DELLA PASSIONE E RESURREZIONE»

Isaia 50,5-9a • Salmo 114 • Giacomo 2,14-18 • Marco 8,27-35
(Visualizza i brani delle Letture)




1. Le due nature in Cristo (Leone Magno, Epist. 28, ad Flav.)
2. «Preziosa è agli occhi del Signore la morte dei suoi santi» (Agostino, De civit. Dei, 13, 7)
3. Gesù sottolinea il motivo per cui soffrire (Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 55, 1 s.)
4. La sequela di Cristo esige fede e semplicità (Filosseno di Mabbûg, Hom., 4, 75 s.)
5. Dio va anteposto anche al valore della vita (Gregorio Magno, Hom. in Ev., 32, [4] 5)
6. Non è gravoso ciò che egli ordina, poiché aiuta a fare ciò che comanda (Cesario di Arles, dai «Discorsi»)
7. Sulle parole del Vangelo di Mc 8,34: "Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso" ecc. e sulle parole di 1Gv 2,15: "Chi ama il mondo non ha amore per il Padre" (Agostino, Discorso 96, PL 38, 584-589)

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1. Le due nature in Cristo

A proposito di questa unità della persona da intendersi nelle due nature, si legge che il figlio dell'uomo è disceso dal cielo, quando il Figlio di Dio assunse carne dalla Vergine da cui nacque. E si dice ancora che il Figlio di Dio fu crocifisso e sepolto, per quanto egli abbia sofferto tutto ciò non nella sua divinità, per la quale l'Unigenito è coeterno e consustanziale al Padre, ma nella debolezza della natura umana. Per questo tutti professiamo nel Simbolo che l'unigenito Figlio di Dio fu crocifisso e sepolto, secondo quanto dice l'Apostolo: "Se infatti lo avessero saputo, non avrebbero mai crocifisso il Signore della maestà" (1Cor 2,8).
E lo stesso Signore nostro e Salvatore, volendo ammaestrare nella fede i suoi discepoli, li interrogò chiedendo loro: «La gente chi dice che sia io, Figlio dell'uomo?». E avendo quelli riferito alcune opinioni altrui, disse: «Ma voi, chi dite che io sia?». Chi dite che sia io, proprio io, che sono figlio dell'uomo, che voi vedete in condizione di schiavo, in una carne vera? E allora san Pietro divinamente ispirato, per giovare con la sua professione a tutte le genti disse: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). E ben giustamente il Signore lo proclamò beato e a buon diritto dalla pietra angolare (Cristo) egli derivò la forza e il nome, perché per divina rivelazione egli lo proclamò messia e insieme Figlio di Dio.
Accettare una di queste due realtà senza l'altra, nulla avrebbe giovato alla salvezza, ed era ugualmente pericoloso credere che il Signore Gesù Cristo fosse solamente Dio e non uomo, o solo uomo e non Dio... La Chiesa cattolica vive e cresce in questa fede: in Gesù, non crede all'umanità senza vera divinità, e neppure alla divinità senza vera umanità.

(Leone Magno, Epist. 28, ad Flav.)

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2. «Preziosa è agli occhi del Signore la morte dei suoi santi»

Infatti, per tutti quelli che muoiono professando la fede in Cristo anche senza aver ricevuto il lavacro della nuova vita, tanto vale ciò, a cancellare i loro peccati, quanto il lavacro del sacro fonte battesimale. Infatti colui che ha detto: "Se qualcuno non sarà nuovamente nato dall'acqua e dallo Spirito Santo, non entrerà nel regno dei cieli" (Gv 3,5) ha fatto per loro un'eccezione affermando, in senso non meno generale: "Chi mi confesserà davanti agli uomini, anch'io lo confesserò davanti al Padre mio che è nei cieli" (Mt 10,32); e in un altro luogo: "Chi perderà la sua anima per me, la troverà" (Mt 16,25). Ecco perché sta scritto: "Preziosa è agli occhi del Signore la morte dei suoi santi" (Sal 115,15). Cosa infatti è più prezioso della morte per la quale tutti i delitti vengono rimessi e i meriti aumentano a cumuli?

(Agostino, De civit. Dei, 13, 7)

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3. Gesù sottolinea il motivo per cui soffrire

«Chi vuol venire dietro a me»: cioè chiunque, uomo, donna, re, schiavo, s'incammini per questa via. E sembra esprimere qui una sola cosa, ma in realtà ne dice tre: «rinunzi a se stesso», «e prenda la sua croce», «e mi segua». Le prime due esortazioni sono congiunte, mentre la terza è proposta indipendentemente.
Esaminiamo dapprima cosa vuol dire rinunziare a sé stessi. Per questo dobbiamo anzitutto capire cosa significhi rinunziare a un altro: comprenderemo allora che cosa voglia dire rinunziare a se stesso. Chi rinunzia a qualcuno, per esempio, a un fratello, a un servo o a chiunque altro, anche se lo vede frustato a sangue, incatenato, condotto a morte, sofferente per qualunque altro male, non s'avvicina, né gli porta aiuto, non piange, non s'addolora per lui, come se una volta separato da lui gli fosse completamente estraneo.
Nello stesso modo il Signore vuole che noi non facciamo più caso né risparmiamo il nostro corpo. Così quand'anche fosse flagellato, trafitto, gettato nelle fiamme, o dovesse sopportare qualunque altro tormento, noi non dovremmo avere riguardo né compassione per le sue sofferenze. Ma ciò significa risparmiare veramente e aver considerazione per il proprio corpo. I padri non mostrano mai tanta considerazione per i loro figli come quando li affidano a maestri, ordinando loro di non aver riguardo per essi. Così fa anche Cristo e non dice soltanto di non risparmiare e di non aver riguardo per sé stessi, ma con vigore ancor più grande esorta a rinunziare a sé, il che vuol dire: non aver niente a che vedere e fare con sé stessi, ma abbandonarsi ai pericoli e alle lotte, senza avere reazioni come se fosse un altro a soffrire. E non dice: neghi, ma «rinneghi», rinunzi, manifestando, mediante questa piccola aggiunta, l'estremo grado del rinnegamento.
«E prenda la sua croce». Si tratta di un'ulteriore conseguenza della rinunzia a sé stessi. Affinché non si creda che tale rinunzia consista semplicemente nel subire ingiurie e oltraggi a parole, il Signore sottolinea fin dove dobbiamo spingere il nostro rinnegamento: sino alla morte, e a una morte infamante. Non dice perciò: rinneghi se stesso sino alla morte, ma «prenda la sua croce», dichiarando apertamente di quale morte ignominiosa si tratti, e che si deve fare ciò non una o due volte, ma tutta la nostra vita.
Porta ovunque e sempre con te questa morte - egli dice in altri termini - e ogni giorno sii pronto a lasciarti uccidere. Molte persone infatti hanno disprezzato le ricchezze, i piaceri e la gloria, ma non hanno superato il timore dei pericoli e della morte. Io voglio invece - continua Cristo - che il mio discepolo, il mio atleta lotti sino al sangue e affronti combattimenti fino alla morte. Se è necessario pertanto subire la morte e la morte più vergognosa ed esecrabile, anche per un ingiusto sospetto, tutto devi sopportare coraggiosamente e, ancor più, rallegrarti per questo.
«E mi segua». Può accadere, infatti, che colui che soffre, non segua Cristo, in quanto non soffre per lui. Perché allora nessuno pensi che basti semplicemente soffrire, Gesù sottolinea in particolare quale deve essere il motivo delle nostre sofferenze. Qual è? Che si faccia ogni cosa e si soffra, seguendo lui; che tutto si sopporti per amor suo e che si mettano in pratica anche le altre virtù.

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 55, 1 s.)

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4. La sequela di Cristo esige fede e semplicità

È così che Abramo fu chiamato e uscì alla sequela di Dio: egli non si fece giudice della parola rivoltagli e non si sentì impedito dall'attaccamento alla razza e ai parenti, al paese e agli amici, né da altri vincoli umani; ma appena intese la parola e seppe che era di Dio, l'ascoltò semplicemente e, in spirito di fedeltà, la ritenne veritiera; disprezzò tutto e uscì con la semplicità della natura che non agisce con astuzia e per il male...
Dio non gli rivelò qual fosse questo paese per far trionfare la sua fede e mettere in risalto la sua semplicità; e quantunque sembri che lo conducesse al paese di Canaan, gli prometteva di mostrargli un altro paese, quello della vita che è nei cieli, secondo la testimonianza di Paolo: "Egli aspettava la città dalle solide fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio" (Eb 11,10). E ha detto ancora: "È certo che ne desideravano una migliore del paese di Canaan, cioè quella celeste" (Eb 11,16). E per insegnarci chiaramente che quello che egli prometteva di mostrare ad Abramo non era il paese della promessa corporale, Dio lo fece dimorare ad Haran dopo averlo fatto uscire da Ur dei Caldei, e non lo introdusse nel paese di Canaan subito dopo la sua uscita; e affinché Abramo non pensasse aver inteso l'annuncio di una ricompensa e non uscisse per questa ragione secondo la parola di Dio, non gli fece conoscere fin dall'inizio il nome del paese dove lo conduceva.
Considera perciò quella uscita, o discepolo, e sia la tua come quella; non tardare a rispondere alla viva voce di Cristo che ti ha chiamato. Là, egli non chiamava che Abramo: qui, nel suo Vangelo, egli chiama e invita a uscire alla sua sequela tutti quelli che lo vogliono, invero, è a tutti gli uomini che egli ha rivolto la sua chiamata quando ha detto: "Chi vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24; Mc 8,34; Lc 9,23); e mentre là non ha scelto che Abramo, qui, invita tutti a divenire simili ad Abramo.

(Filosseno di Mabbûg, Hom., 4, 75 s.)

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5. Dio va anteposto anche al valore della vita

"Chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà" (Mc 8,35). È come se si dicesse al contadino: Se tu serbi il tuo grano lo perdi; se invece lo semini, lo rinnovi. Chi ignora, infatti, che il grano, una volta seminato sparisce alla vista e muore sotto terra? Ma proprio perché marcisce nella polvere, vigoreggia poi rinnovato!
Per la Chiesa, vi è un tempo di persecuzione e un tempo di pace; e il Redentore dà precetti diversi a seconda dei vari tempi. In tempo di persecuzione, ordina di dare la propria vita; in tempo di pace, impone di dominare quei desideri terreni che piú si rivelano prepotenti in noi. Ecco perché, anche oggi dice: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?" (Mc 8,36; Mt 16,26). Quando cessa la persecuzione da parte dei nemici, è tempo di custodire più attentamente il cuore. Infatti, in tempo di pace, quando ci è concesso un quieto vivere, ci assalgono desideri smodati. È questo stato di avarizia che va tenuto a freno con l'attenta considerazione della condizione di colui che viene assalito. In effetti, a che pro dovrebbe insistere nell'ammassare, chi di per sé non può rimanere quaggiù ad ammassare? Consideri perciò ognuno la propria durata e si accorgerà che gli può bastare senz'altro il poco che possiede! O ha paura, per caso, che lungo il cammino della vita gli venga a mancare il sostentamento? La brevità del cammino è però un rimprovero ai nostri desideri a lungo termine; è inutile, infatti, caricarsi di molte provviste, quando la meta cui si tende è vicina!
Spesso capita che ci è facile aver ragione dell'avarizia, mentre ci arrestiamo poi davanti ad un altro ostacolo, trascurando in pratica l'impegno verso la perfezione. Ci lasciamo vincere dal rispetto umano, che ci impedisce di esprimere con la voce la rettitudine che sentiamo nell'intimo. In tal modo, di tanto trascuriamo gli interessi di Dio, con la difesa della giustizia, di quanto cediamo alla mentalità degli uomini, contro ogni giustizia. Ma anche per questo malanno, il Signore suggerisce il rimedio appropriato, quando dice: "Chiunque si vergognerà di me e delle mie parole [davanti a questa generazione adultera e peccatrice], anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi" (Mc 8,38).

(Gregorio Magno, Hom. in Ev., 32, [4] 5)

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6. Non è gravoso ciò che egli ordina, poiché aiuta a fare ciò che comanda

«Se qualcuno vuol venire dietro a me, prenda la sua croce» (Mc 8,34). Sembra duro, fratelli carissimi, e si giudica come pesante quel che il Signore nell’evangelo ordinò dicendo: Se uno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso. Ma non è gravoso ciò che comanda,perché lui aiuta a fare ciò che ordina.
In che luogo bisogna seguire Cristo, se non dove egli è già andato? Sappiamo infatti che è risorto e asceso al cielo: è là che dobbiamo seguirlo. È chiaro che non dobbiamo disperare, perché egli stesso l'ha promesso, non perché l'uomo possa qualcosa. Prima che il nostro capo andasse in cielo, il cielo era lontano da noi. E perché disperiamo di andarvi anche noi, se siamo membra di quel capo? Per qual motivo dunque? Dato che sulla terra si fatica fra molte paure e dolori, seguiamo Cristo, nel quale si trova somma felicità, somma pace, sicurezza eterna. Ma chi desidera seguire Cristo ascolti l'apostolo che dice: «Chi dice di dimorare in Cristo deve comportarsi come lui si è comportato» (1Gv 2,6). Vuoi seguire Cristo? Sii umile come egli fu umile: non disprezzare la sua umiltà se vuoi giungere dov'è arrivato lui. Certo, quando l'uomo peccò, la via divenne aspra; ma è diventata agevole da quando Cristo risorgendo la spianò, e di un sentiero strettissimo fece una strada lastricata. Su questa via si corre coi due piedi dell'umiltà e della carità. L'elevatezza della carità attrae tutti, ma l'umiltà è il primo gradino. Perché stendi il piede al di là delle tue forze? Vuoi cadere, non salire! Comincia dall'umiltà, cioè dal primo gradino, e sei già salito. Perciò il nostro Signore e Salvatore non solo disse «rinneghi se stesso», ma aggiunse «prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8,34). Che significa: prenda la sua croce? Sopporti ogni pena: mi segua in questo modo. Quando avrà cominciato a seguire la mia legge e i miei precetti, troverà molti contestatori, molti che l'ostacoleranno, troverà non solo molti derisori, ma anche molti persecutori. E ciò non soltanto fra i pagani, ma anche fra quelli che sembrano essere nella Chiesa col corpo ma ne sono fuori per la malvagità delle opere, e gloriandosi del solo appellativo di cristiani, perseguitano di continuo i buoni fedeli. Se tu dunque desideri seguire Cristo, non differire a portare la sua croce: sopporta i cattivi, senza cedere. Quindi, se vogliamo adempiere la parola del Signore: «Se qualcuno vuol venire dietro di me prenda la sua croce e mi segua», sforziamoci di compiere con l'aiuto di Dio quel che dice l'Apostolo: «Quando abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo» (1Tm 6,8); perché non ci capiti che cercando i beni terreni più di quanto è necessario, vogliamo arricchire, e cadiamo nelle tentazioni e nei lacci del diavolo «e in molte bramosie insensate e funeste che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione» (1Tm 6,9). Si degni il Signore di proteggerci liberandoci da questa tentazione, lui che vive e regna col Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.

(Cesario di Arles, dai «Discorsi»)

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7. Sulle parole del Vangelo di Mc 8,34: "Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso" ecc. e sulle parole di 1Gv 2,15: "Chi ama il mondo non ha amore per il Padre"

L'amore rende leggeri i precetti di Dio
1. 1. Sembra penoso e gravoso il comando dato dal Signore, che cioè, se uno vuole seguirlo, deve rinnegare se stesso (Mc 8,34). Ma non è penoso e gravoso ciò che comanda Colui che aiuta a mettere in pratica ciò che comanda. Infatti è anche vero ciò che si dice a lui nel salmo: A causa delle parole delle tue labbra ho battuto vie faticose (Sal 16,4). È anche vero ciò che dice lui in persona: Il mio giogo è dolce e il mio peso leggero (Mt 11,30). Poiché tutto ciò ch'è penoso nei precetti, lo rende dolce la carità. Sappiamo quanti sacrifici fa compiere l'amore! Spesso però lo stesso amore è riprovevole e sensuale. Eppure quante avversità non patiscono, quante condizioni ignominiose e intollerabili non sopportano gli uomini per giungere all'oggetto del loro amore? Quante sofferenze deve affrontare un avaro, vale a dire chi ama il denaro, un ambizioso, vale a dire chi ama le cariche con gli onori, un sensuale, vale a dire chi ama la bellezza dei corpi? Ma chi sarebbe in grado d'enumerare tutte le specie di amore? Considerate tuttavia quanto soffrono gli amanti ma senza far caso alle loro sofferenze; e tanto più soffrono quando è loro tolta la possibilità di soffrire. Orbene, siccome in gran parte gli uomini rassomigliano all'oggetto del loro amore e per regolare la nostra vita null'altro ci deve stare a cuore se non quello di scegliere l'oggetto da amare, perché stupirci se chi ama Cristo e vuole esserne seguace, con l'amarlo rinuncia a se stesso? Se in effetti uno si perde amando se stesso, certamente si ritrova col rinnegare se stesso.

L'amore di sé prima causa della perdizione dell'uomo
2. 2. All'inizio l'uomo si perse per l'amore di sé. Se infatti non avesse amato se stesso e avesse preferito Dio al proprio io, avrebbe voluto essere sempre soggetto a Dio, e per conseguenza non si sarebbe rivoltato rifiutando la volontà di lui e facendo la propria volontà. In effetti amare se stessi è voler fare la propria volontà. Preferisci alla tua la volontà di Dio; impara ad amarti non amando te stesso. Orbene, affinché sappiate ch'è un difetto amare se stessi, l'Apostolo dice: Gli uomini saranno amanti di se stessi (2Tm 3,2). Ora, chi ama se stesso rimane forse stabile in se stesso? In realtà dopo aver abbandonato Dio comincia ad amare se stesso e per amare le cose esistenti fuori di lui viene scacciato da se stesso tanto che l'Apostolo, dopo aver detto: Gli uomini saranno amanti di se stessi, immediatamente soggiunge: amanti del denaro. Vedi dunque che sei al di fuori di te. Hai preso ad amare te stesso: rimani in te, se ci riesci. Perché vai fuori di te? Tu, che ami il denaro, sei stato forse reso ricco dal denaro? Poiché hai preso ad amare ciò ch'è fuori di te, hai perduto te stesso. Quando perciò l'amore dell'uomo si spinge dall'uomo stesso alle cose esterne, comincia a vanificarsi con la vanità e a sperperare per così dire da prodigo le proprie forze. Si svuota, si disperde, diventa bisognoso, pascola i porci e trovandosi a disagio nel pascolare i porci, un bel giorno si ricorda della propria condizione e dice: Quanti salariati di mio padre hanno da mangiare in abbondanza mentre io sto qui a morire di fame! (Lc 15,17). Ma quando parla così, che cosa ci è narrato dello stesso figlio che aveva speso tutti i suoi soldi con le meretrici e aveva voluto tenere a sua disposizione la parte degli averi che era tenuta bene in serbo nella casa del padre? Volle prenderla per farne quel che gli piaceva, la sperperò e divenne povero. Quale espressione usa la Scrittura parlando di lui? Ecco: Rientrò in se stesso (Lc 15,17). Se rientrò in se stesso, vuol dire che prima era uscito fuori di se stesso. Poiché era caduto lontano da sé ed era uscito fuori di sé, per tornare da Colui dal quale si era allontanato cadendo fuori di se stesso egli ritorna prima in se stesso. Ora, allo stesso modo che cadendo lontano da se stesso era rimasto solo in se stesso, così, quando torna in sé non deve rimanere in se stesso per non uscire di nuovo fuori di sé. Rientrato in se stesso per non rimanere da solo in se stesso, che cosa disse? Mi alzerò e andrò da mio padre (Lc 15,18). Ecco da quale stato era caduto fuori di sé: s'era allontanato da suo padre; s'era allontanato da se stesso; era uscito lontano da se stesso per cadere nelle cose ch'erano fuori di lui. Egli torna in sé e si avvia verso il padre, per trovare in lui il rifugio più sicuro. Se dunque era uscito fuori di se stesso abbandonando suo padre, quando rientra in sé per tornare dal padre rinneghi se stesso. Che significa: "rinneghi se stesso"? Non confidi in se stesso, sia persuaso d'essere un semplice uomo e abbia presente agli occhi della mente l'affermazione d'un Profeta: Maledetto chiunque ripone la propria speranza in un uomo (Ger 17,5). Si allontani da se stesso ma non verso il basso; si liberi dal proprio io per unirsi a Dio. Tutto ciò che ha di buono lo attribuisca a Colui dal quale è stato creato, tutto ciò che ha di male se lo è fatto da se stesso. Non è stato Dio a fare ciò che in lui è male; distrugga dunque ciò che ha fatto chi da Dio s'è allontanato. Rinunci a se stesso - dice Cristo - prenda la propria croce e mi segua (Mc 8,34; cf. Mt 16,24; Lc 9,23).

Dove seguire Cristo e per qual via
3. 3. Dove dobbiamo seguire il Signore? Sappiamo dov'è andato; abbiamo celebrato la solennità della sua ascensione pochi giorni or sono. Egli infatti è risorto ed è asceso al cielo: noi dobbiamo andare con lui fin lassù. Non dobbiamo affatto perdere la speranza poiché, anche se l'uomo non è capace di nulla, ce lo ha promesso proprio lui. Il cielo era lontano da noi prima che ci andasse il nostro capo. Perché dovremo dunque disperare se siamo le membra di quel capo? Dobbiamo dunque seguirlo fino lassù. Ma chi si rifiuterebbe di seguirlo fino a quella sede? Soprattutto per il fatto che sulla terra si soffre molto a causa di dolori e di timori. Chi rifiuterebbe di andare con Cristo là dove si trova la somma felicità, la pace suprema e la perpetua tranquillità? È bene seguirlo lassù, ma bisogna vedere per quale via. In effetti Gesù nostro Signore non disse quell'espressione quando era già risorto dai morti. Non aveva ancora patito, doveva ancora andare incontro alla croce, al disonore, agli oltraggi, ai flagelli, alla corona di spine, alle ferite, agli insulti, agli obbrobri, alla morte. La via ti sembra scabrosa, ti rende pigro, e così ti rifiuti d'andare dietro a lui. Va' dietro a lui. È scabroso ciò che l'uomo ha reso tale a se stesso, ma sono state ridotte in polvere le asperità che Cristo cancellò tornando al cielo. Ora chi non vorrebbe arrivare alla glorificazione? A tutti piace un posto elevato, ma il gradino è l'umiltà. Perché alzi il piede al di sopra di te? In tal modo tu vuoi cadere, non già salire. Comincia dal gradino [dell'umiltà] e sei già salito. Non volevano considerare il gradino dell'umiltà quei due discepoli che dicevano: Comanda, Signore, che di noi due uno sieda alla tua destra e l'altro alla tua sinistra nel tuo regno (Mc 10,37). Chiedevano un posto elevato ma non vedevano il gradino. Il Signore allora mostrò loro il gradino e che cosa rispose loro il Signore? Siete in grado di bere il calice che io dovrò bere? (Mc 10,38). Voi che chiedete l'apice della sublimità, siete in grado di bere il calice dell'umiltà? Ecco perché non disse soltanto: Rinunci a se stesso e mi segua, ma aggiunse: Prenda su di sé la sua croce e mi segua (Mc 8, 34).

Portare la croce e disprezzare il mondo
4. 4. Che significa: Prenda su di sé la croce? Sopporti tutto ciò ch'è molesto: così deve seguirmi. Quando infatti mi seguirà imitando la mia condotta e osservando i miei precetti, avrà molti che cercheranno di contrastarlo, di proibirglielo, di dissuaderlo e ciò da parte di coloro stessi che han l'apparenza d'essere seguaci di Cristo. Camminavano con Cristo coloro che tentavano di proibire ai ciechi di gridare. Sia dunque le minacce, sia le lusinghe, sia qualunque specie di proibizioni, se tu lo vuoi seguire, devi riguardarle come una croce, le devi tollerare, sopportare, non soccombere. Sembra che con quelle parole il Signore esorti al martirio. Se c'è la persecuzione, non si deve forse disprezzare tutto per Cristo? Si ama il mondo ma venga anteposto Colui dal quale è stato creato il mondo. Grande è il mondo, ma è più grande Colui dal quale il mondo è stato fatto. Bello è il mondo, ma più bello è Colui dal quale il mondo è stato fatto. Attraente è il mondo, ma più amabile è Colui dal quale il mondo è stato fatto. Cattivo è il mondo, mentre è buono Colui dal quale è stato fatto il mondo. In qual modo potrò finire l'argomento di cui parlo esponendolo in tutti i particolari? Mi aiuti Dio. Che cosa infatti ho detto? Perché mi avete applaudito? Ecco, io ho enunciato solo un quesito e voi tuttavia mi avete già applaudito. In qual modo il mondo è cattivo, se è buono Colui che ha fatto il mondo? Non fece forse Dio tutte le cose ed ecco ch'erano molto buone? La Scrittura a proposito d'ogni singola opera non dichiara forse che Dio creò buona ogni cosa, dicendo: E Dio vide ch'era cosa buona? E alla fine, riassumendo tutta la creazione, afferma che Dio fece tutte le cose ed ecco erano molto buone (cf. Gn 1,3-31).

In che modo è cattivo il mondo creato da Dio buono
5. 5. Come mai dunque il mondo è cattivo, mentre è buono Dio dal quale il mondo è stato fatto? Come mai? Poiché il mondo è stato fatto da lui ma il mondo non l'ha conosciuto (Gv 1,10). Da lui è stato creato il mondo, il cielo e la terra e tutto ciò ch'essi contengono, ma il mondo non lo ha conosciuto, cioè coloro che amano il mondo; coloro che amano il mondo e disprezzano Dio, ecco il mondo che non lo ha conosciuto. Ecco dunque perché il mondo è cattivo, perché sono cattivi coloro che a Dio preferiscono il mondo. Ma è buono Colui che ha fatto il mondo, il cielo, la terra, il mare e gli stessi individui che amano il mondo. La sola cosa che non è opera di Dio per quanto riguarda essi è il loro amore per il mondo e il loro disprezzo per Iddio; ma per quanto riguarda la natura è stato lui a fare loro stessi; per quanto invece riguarda la colpa, non è stato lui l'autore. Ecco cosa ho detto poco prima: "Distrugga l'uomo ciò ch'egli ha fatto e piacerà a Colui che lo ha fatto".

Perché il mondo buono è divenuto cattivo
6. 6. Orbene, anche tra gli uomini vi è un mondo buono ma derivante da uno cattivo. Tutto il mondo infatti, se con questo termine intendiamo gli uomini, prescindendo da quello che chiamiamo mondo, cioè il cielo e la terra e tutto ciò che contengono, se con il termine "mondo" si denotano gli uomini, questo mondo lo rese cattivo colui che peccò per primo. Tutta la massa umana è stata corrotta nella radice. Dio ha fatto l'uomo buono; così dice la Scrittura: Dio ha creato l'uomo retto, ma gli stessi uomini han trovato molti affanni (Qo 7,30). Da questa molteplicità corri verso l'unità, raccogli nell'unità i tuoi pensieri disparati, falli confluire insieme, fortificati, rimani nell'unità, non andare verso molte cose: ecco ov'è la felicità. Noi invece abbiamo tralignato, ci siamo avviati alla perdizione; tutti siamo nati col peccato e a quello con cui siamo nati abbiamo aggiunto altri peccati col vivere male e così tutto il mondo è divenuto cattivo. Venne però il Cristo e scelse ciò ch'egli fece, non ciò che trovò, poiché trovò tutti cattivi, ma con la sua grazia li fece buoni. Fu così creato un mondo nuovo, ma il mondo [del peccato] perseguita il mondo [della grazia].

Il mondo che perseguita il mondo
7. 7. Qual è il mondo che perseguita? È quello del quale ci viene detto: Non amate questo mondo e le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, in lui non c'è l'amore del Padre. Poiché tutto ciò ch'è nel mondo: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi, lo sfarzo mondano, non viene da Dio Padre ma dal mondo. Il mondo però e la sua concupiscenza passano, ma chi fa la volontà di Dio vive per sempre e come vive per sempre anche Dio (1Gv 2,15,17). Ecco, ho indicato ambedue i mondi, sia il persecutore che il perseguitato. Qual è il mondo che perseguita? Tutto ciò ch'è nel mondo: la concupiscenza della carne e degli occhi, lo sfarzo mondano che non viene da Dio Padre, ma dal mondo, che però passa. È questo il mondo che perseguita. Qual è il mondo perseguitato? Chi fa la volontà di Dio vive in eterno come anche Dio vive in eterno.

Nelle Scritture il mondo è di due specie: quello redento e quello condannato
7. 8. Ma ecco, è chiamato mondo quello che perseguita; dimostriamo se è chiamato mondo anche quello che viene perseguitato. Ma sei forse sordo alla voce di Cristo che parla, o meglio alla voce della Sacra Scrittura che dichiara: È stato Dio a riconciliare con sé il mondo per mezzo di Cristo (2Cor 5,19)? Se il mondo vi odia - dice Cristo - sappiate che prima ha odiato me (Gv 15,18). Ecco: il mondo odia. Chi è odiato da questo mondo se non il mondo? Quale mondo? Dio ha riconciliato con sé il mondo per mezzo di Cristo. Persecutore è il mondo condannato; viene perseguitato il mondo riconciliato. Il mondo condannato sono tutti coloro che sono fuori della Chiesa; il mondo riconciliato è la Chiesa. Poiché il Figlio dell'uomo - dice la Scrittura - non è venuto per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui (Gv 3,17).

La rinuncia al proprio egoismo è comandata a tutti i membri della Chiesa
7. 9. A proposito dunque di questo mondo santo, buono, riconciliato e salvato, anzi che sarà salvato poiché ora lo è solo nella speranza - perché siamo salvati ma solo nella speranza (Rm 8,24); a proposito dunque di questo mondo, cioè della Chiesa, la quale tutta segue Cristo, disse: Chi mi vuol seguire rinunci a se stesso (Mc 8,34). Non si deve pensare che debbano dare ascolto a questo comando le vergini e non le maritate, oppure che debbano ascoltarlo le vedove e non le spose, o i monaci e non i coniugati, o i chierici e non i laici; ma deve seguire Cristo tutta quanta la Chiesa, tutto quanto il corpo, tutte le membra distinte e disposte ciascuna a seconda dei doveri loro propri. Deve seguirlo l'intera sua unica, la sua colomba, la sua sposa, redenta e dotata col sangue dello sposo. In essa ha il suo proprio posto l'integrità verginale come ha un suo proprio posto la continenza vedovile e la pudicizia coniugale; ma in essa non ha un suo posto né l'adulterio né la lussuria illecita e che dev'essere punita. Devono dunque seguire Cristo queste membra che hanno in essa il loro posto relativo al loro genere, al loro grado, al loro modo di operare; rinneghino se stessi, cioè non ripongano fiducia in se stessi; prendano su di loro la propria croce, vale a dire sopportino nel mondo per amore di Cristo tutti gli affronti del mondo. Amino lui il quale è il solo che non illude, il solo che non s'inganna né inganna; amino lui poiché è vero ciò che promette. Ma, poiché non lo dà ora, la fede vacilla. Persisti, persevera, tollera, sopporta l'indugio: così porterai la tua croce.

I diversi gradi dei seguaci di Cristo; che significa volgersi a guardare indietro
8. 10. La vergine non deve dire: "In questa categoria ci sarò io sola". Non vi sarà infatti solo Maria, ma vi sarà anche Anna, la vedova. Chi è sposata non deve dire: "Vi sarà la vedova, ma non io". Non è infatti vero che vi sarà Anna e non vi sarà Susanna. Ecco dunque come devono riconoscere se stessi quelli che son chiamati a seguire Cristo; in tal modo coloro che in quello stato hanno un grado inferiore non devono invidiare ma amare quelli che vi hanno un grado superiore. Così, per esempio, fratelli miei - vi prego di fare attenzione - uno ha scelto la vita coniugale mentre un altro ha scelto la vita di continenza; se colui che ha scelto la vita coniugale, desidera commettere l'adulterio, si volge a guardare indietro, poiché brama ciò ch'è illecito. Chi, al contrario, dalla continenza vuole poi tornare alla vita matrimoniale, si volge a guardare indietro: preferisce una cosa lecita ma si volge a guardare indietro. Il matrimonio è dunque da condannare? No. Il matrimonio non è da condannare per nulla, ma chi lo ha preferito, vedi a qual punto s'era avvicinato. Era già andato avanti. Allorché da giovinetto viveva in balìa delle passioni, il matrimonio era davanti a lui, ed egli tendeva verso di esso; ma dopo aver preferito la continenza, il matrimonio è alle sue spalle. Ricordatevi come finì la moglie di Lot (Lc 17,32), dice il Signore. La moglie di Lot, essendosi voltata a guardare indietro, rimase là immobile (cf. Gn 19, 26). Ciascuno dunque abbia paura di tornare indietro dal punto ove è potuto arrivare; continui a camminare per la via, segua Cristo; dimentico di ciò che sta alle sue spalle si slanci verso ciò che gli sta davanti; seguendo la tensione interiore corra all'acquisto del premio celeste al quale Dio ci chiama per mezzo di Gesù Cristo (cf. Fil 3,13-14). I coniugati mettano al di sopra di loro le persone non sposate; ammettano che sono migliori; nelle loro persone amino ciò ch'essi non hanno in sé e in loro amino Cristo.

(Agostino, Discorso 96, PL 38, 584-589)


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