XI Domenica del Tempo Ordinario (B)
Letture Patristiche

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Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.


ANNO B - XI Domenica del Tempo Ordinario


DOMENICA «PARABOLA DEL SEME E DEL GRANELLINO DI SENAPE»

Ezechiele 17,22-24 • Salmo 91 • 2Corinzi 5,6-10 • Marco 4,26-34
(Visualizza i brani delle Letture)


1. I tempi della semina e i tempi del bene (Gregorio Magno, In Exod., II, 3, 5 s.)
2. Il granello di senape (Lc 13,18-19) (Ambrogio, Exp. in Luc., 7, 176-180; 182-186)
3. Il seme più piccolo per l'evento più grande (Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 46, 2)
4. La parabola del granello di senapa (Mt 13,31-32) (Nerses Snorhali, Jesus, 477-479)
5. Cristo è il seme che ha dissipato le tenebre e rinnovata la Chiesa (Da una «Omelia» attribuita a san Giovanni Crisostomo, vescovo)


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I tempi della semina e i tempi del bene

Il regno di Dio è come se un uomo getta un seme sulla terra e se ne va a dormire; lui va per i fatti suoi e il seme germina e cresce e lui non ne sa niente; la terra produce da sé prima l'erba, poi la spiga e poi il grano pieno nella spiga. Quando il frutto è maturo, l'uomo manda i mietitori, perché è tempo della messe (cf. Mc 4,26s).
L'uomo sparge il seme, quando concepisce nel cuore una buona intenzione. Il seme germoglia e cresce, e lui non lo sa, perché finché non è tempo di mietere il bene concepito continua a crescere. La terra fruttifica da sé, perché attraverso la grazia preveniente, la mente dell'uomo spontaneamente va verso il frutto dell'opera buona. La terra va a gradi: erba, spiga, frumento.
Produrre l'erba significa aver la debolezza degli inizi del bene. L'erba fa la spiga, quando la virtù avanza nel bene. Il frumento riempie la spiga, quando la virtù giunge alla robustezza e perfezione dell'opera buona.
Ma, quando il frutto è maturo, arriva la falce, perché è tempo di mietere. Infatti, Dio Onnipotente, fatto il frutto, manda la falce e miete la messe, perché quando ha condotto ciascuno di noi alla perfezione dell'opera, ne tronca la vita temporale, per portare il suo grano nei granai del cielo.
Sicché, quando concepiamo un buon desiderio, gettiamo il seme; quando cominciamo a far bene, siamo erba, quando l'opera buona avanza, siamo spiga e quando ci consolidiamo nella perfezione, siamo grano pieno nella spiga...
Non si disprezzi, dunque, nessuno che mostri di essere ancora nella fase di debolezza dell'erba, perché ogni frumento di Dio comincia dall'erba, ma poi diventa grano!

(Gregorio Magno, In Exod., II, 3, 5 s.)

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2. Il granello di senape (Lc 13,18-19)

"A che cosa somiglia il regno di Dio, a che cosa dirò che è simile? E' simile a un granello di senape, che, preso e gettato da un uomo nel suo orto, crebbe ed è divenuto un albero, e gli uccelli del cielo si sono posati sui suoi rami" (Lc 13,18-19).
Questo passo ci insegna che bisogna guardare alla natura delle similitudini, non alla loro apparenza. Vediamo dunque perché il sublime regno dei cieli è paragonato a un granello di senape. Ricordo di aver letto, anche in un altro passo, del granello di senape, dove dal Signore è paragonato alla fede con queste parole: "Se avrete fede quanto un granello di senape, direte a questo monte: Spostati e gettati in mare" (Mt 17,20). Non è certo una fede mediocre, ma grande, quella che è capace di comandare a una montagna di spostarsi: ed infatti non è una fede mediocre quella che il Signore esige dagli apostoli, sapendo che essi debbono combattere l'altezza e l'esaltazione dello spirito del male. Vuoi esser certo che bisogna avere una grande fede? Leggi l'Apostolo: "E se avessi così tanta fede da trasportare le montagne" (1Cor 13,2).
Orbene, se il regno dei cieli è come un granello di senape e anche la fede è come un granello di senape, la fede è certamente il regno dei cieli, e il regno dei cieli è la fede. Quindi, chi ha la fede ha il regno dei cieli; e il regno dei cieli è dentro di noi come dentro di noi è la fede. Leggiamo infatti: "Il regno dei cieli è dentro di voi" (Lc 17,21); e altrove: "Abbiate la fede in voi" (Mc 11,22). E infine Pietro, che aveva tutta la fede, ricevette le chiavi del regno dei cieli, per aprirne le porte agli altri.
Consideriamo ora, tenendo conto della natura della senape, la portata di questo paragone. Il suo granello è senza dubbio una cosa modesta e semplice, ma si comincia a tritarlo, diffonde il suo vigore. E così la fede sembra semplice di primo acchito: ma triturata dalle avversità, diffonde la grazia della sua virtù, in modo da penetrare del suo profumo anche coloro che leggono o ascoltano.
Granello di senape sono i nostri martiri Felice, Nabor e Vittore. Essi avevano il profumo della fede, ma li si ignorava. Venne la persecuzione; essi deposero le armi, porsero il collo e, abbattuti dal fendente della spada, diffusero la grazia del loro martirio per tutto il mondo, tanto da potersi dire giustamente: "La loro eco si è propagata per tutta la terra" (Sal 18,5).
Ma la fede talvolta è tritata, talvolta premuta, talvolta seminata.
Lo stesso Signore è un granello di senape. Egli non aveva subito ingiurie, ma, come il granello di senape, prima di essersi accostato a lui, il popolo non lo conosceva. Egli volle essere stritolato, in modo che noi potessimo dire: "Noi siamo per Dio il buon profumo di Cristo" (2Cor 2,15); volle essere premuto, sicché Pietro disse: "La folla ti preme intorno" (Lc 8,45) ed infine volle essere anche seminato come il granello che fu «preso e gettato da un uomo nel suo orto». Infatti in un orto Cristo fu catturato e poi seppellito; in un orto crebbe, dove pure risorse. È divenuto un albero, così come sta scritto: "Come un albero di melo tra gli alberi della foresta, così è mio fratello tra i giovani" (Ct 2,3).
Dunque, anche tu semina Cristo nel tuo orto - l'orto è un luogo pieno di fiori e di frutti diversi - in modo che vi fiorisca la bellezza della tua opera e profumi l'odore vario delle diverse virtù. Là dunque sia Cristo, dove c'è il frutto. Tu semina il Signore Gesù: egli è un granello quando viene arrestato, un albero quando risuscita, un albero che fa ombra a tutto il mondo. È un granello quando viene sepolto in terra, ma è un albero quando si eleva al cielo...
Vuoi sapere che Cristo è il granello, e che è stato seminato? "Se il granello di grano non cade in terra e vi muore, esso resta solo: ma quando è morto produce molto frutto" (Gv 12,24). Non abbiamo dunque sbagliato dicendo ciò che egli stesso ha già detto. Egli è anche il granello di grano, perché fortifica il cuore degli uomini (cf. Sal 103,14-15), e granello di senape, perché accende il cuore degli uomini. E, sebbene sia l'una che l'altra similitudine appaiano adatte, egli sembra tuttavia il granello di grano quando si tratta della sua risurrezione: egli è infatti il pane di Dio disceso dal cielo (cf. Gv 6,33), affinché la parola di Dio e il fatto della risurrezione nutrano l'anima, accrescano la speranza e consolidino l'amore. E' invece granello di senape, affinché sia più amaro e austero il discorso sulla passione del Signore: più amaro, perché spinga alle lacrime, più austero perché generi commozione. Così, quando leggiamo o ascoltiamo che il Signore ha digiunato, che il Signore ha avuto sete, che il Signore ha pianto, che il Signore è stato flagellato, che il Signore ha detto al momento della passione: "Vigilate e pregate per non entrare in tentazione" (Mt 26,41), noi, colpiti, per così dire, dall'aspro sapore di questo discorso, siamo spinti a moderare la troppo gradevole dolcezza dei piaceri del corpo.
Dunque, chi semina il granello di senape, semina il regno dei cieli.
Non disprezzare questo granello di senape: "È certamente il più piccolo di tutti i semi, ma diviene, una volta cresciuto, il più grande di tutti gli ortaggi" (Mt 13,32). Se Cristo è il granello di senape, in che modo egli è il più piccolo, e in che modo cresce? Non è nella sua natura, ma secondo la sua apparenza che cresce. Vuoi sapere in qual modo è il più piccolo? "Lo abbiamo visto e non aveva né bella apparenza né decorosa" (Is 53,2). Apprendi ora come è il più grande: "Risplendeva di bellezza al di sopra dei figli degli uomini" (Sal 44,3). Infatti colui che non aveva né bella apparenza né decorosa, è stato fatto superiore agli angeli (cf. Eb 1,4), oltrepassando tutta la gloria dei profeti...
Cristo è il seme, in quanto è seme di Abramo: "Poiché le promesse furono fatte ad Abramo e al suo seme. Egli non dice: ai suoi semi, come parlando di molti; ma, come parlando di uno solo: al suo seme, che è il Cristo" (Gal 3,16). E non soltanto Cristo è il seme, ma è il più piccolo di tutti i semi, perché non è venuto né nella regalità, né nella ricchezza, né nella sapienza di questo mondo. Orbene, subito egli ha allargato, come un albero, la cima elevata della sua potestà, in modo che noi possiamo dire: "Sotto la sua ombra con desiderio mi sedetti" (Ct 2,3).
Sovente, credo, egli appariva contemporaneamente albero e granello. È granello quando si dice di lui: "Non è costui il figlio di Giuseppe l'artigiano?" (Mt 13,55). Ma, nel corso di queste stesse parole, egli subito è cresciuto, secondo la testimonianza dei giudei, perché essi non riescono neppure a toccare i rami di quest'albero divenuto gigantesco: "Donde gli viene" - essi dicono - "questa sapienza?" (Mt 13,54).
È dunque granello nella sua apparenza, albero per la sua sapienza. Tra le foglie dei suoi rami, l'uccello notturno nel suo nido, il passero sperduto sul tetto (cf. Sal 101,8), colui che fu rapito in paradiso (cf. 2Cor 12,4), e colui che dovrà essere trasportato sulle nubi in aria (cf. 1Ts 4,17), hanno ormai un luogo sicuro dove riposare. Là riposano anche le potenze e gli angeli del cielo, e tutti coloro che per le azioni spirituali meritarono di volare. Vi riposò san Giovanni, quando reclinava la testa sul petto di Gesù, o meglio, egli era come un ramo nutrito dal succo vitale di quest'albero. Un ramo è Pietro, un ramo è Paolo "dimenticando ciò che sta dietro e tendendo a ciò che sta davanti" (Fil 3,13): e noi, che eravamo lontani, che siamo stati radunati dalle nazioni, che per lungo tempo siamo stati sballottati nella vanità del mondo dalla tempesta e dal turbine dello spirito del male, spiegando le ali della virtù, voliamo nel loro seno e come nei recessi della loro predicazione, affinché l'ombra dei santi ci protegga dal fuoco di questo mondo.
Così, nella tranquillità di un sicuro riposo, la nostra anima, che una volta era curva, come quella donna, sotto il peso dei peccati, «scampata come un uccello dalle reti dei cacciatori» (cf. Sal 123,7) si è levata sui rami e i monti del Signore (cf. Sal 10,1).

(Ambrogio, Exp. in Luc., 7, 176-180; 182-186)

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3. Il seme più piccolo per l'evento più grande

"Il regno dei cieli è simile a un granello di senape che un uomo prende e semina nel suo campo" (Mt 13,31). Siccome Gesù aveva detto che i tre quarti della semente sarebbero andati perduti, che una sola parte si sarebbe salvata e che nella parte restante si sarebbero verificati tanti gravi danni, i suoi discepoli potevano bene chiedergli: Ma quali e quanti saranno i fedeli? Egli allora toglie il loro timore inducendoli alla fede mediante la parabola del granello di senape e mostrando loro che la predicazione della buona novella si diffonderà su tutta la terra.
Sceglie per questo scopo un'immagine che ben rappresenta tale verità. "È vero che esso è il più piccolo di tutti i semi; ma cresciuto che sia, è il più grande di tutti i legumi e diviene albero, tanto che gli uccelli dell'aria vengono a fare il nido tra i suoi rami" (Mt 13,32). Cristo voleva presentare il segno, la prova della loro grandezza. Cosi - egli spiega - sarà anche della predicazione della buona novella. In realtà i discepoli erano i più umili e deboli tra gli uomini, inferiori a tutti; ma, siccome in loro c'era una grande forza, la loro predicazione si è diffusa in tutto il mondo.

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 46, 2)

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4. La parabola del granello di senapa (Mt 13,31-32)

La fede quanto un granellin di senapa,
Simbolo del tuo Regno,
Io non l'ho accolta dentro la mia anima,
Perché le perverse montagne fossero spostate (cf. Mt 17,20).

E neppure, come uccel del cielo,
Mi son posato sui rami del precetto,
Dove le anime pure si riposano,
Eredi del santo Tabernacolo dei cieli.

Né mi son reso aspro al palato,
O troppo duro alla bocca dei vermi;
Sbriciola i lor dentini, te ne prego,
Ricollocami sui rami dell'albero.

(Nerses Snorhali, Jesus, 477-479)

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5. Cristo è il seme che ha dissipato le tenebre e rinnovata la Chiesa

Qual cosa è più grande del regno dei cieli, e più piccola di un granello di senape? Come ha potuto paragonare l'immenso regno dei cieli a questo piccolissimo seme così facile a misurare? Se però consideriamo che cosa sia un granello di senape, troveremo come il paragone sia perfetto e secondo natura.
Cos'è il regno dei cieli, se non il Cristo? Egli dice di sé: «Il regno di Dio è in mezzo a voi» (Lc 17,21). Nulla è più grande del Cristo secondo la sua natura divina, come dice il profeta: «Egli è il nostro Dio e nessun altro può essergli paragonato. Egli ha scrutato tutta la via della sapienza e ne ha fatto dono a Giacobbe suo servo, a Israele suo diletto. Per questo è apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli uomini» (Bar 3,36-38).
Ma che cosa vi è di più piccolo del Cristo, che secondo l'economia dell'Incarnazione si fece inferiore agli angeli e agli uomini? Ascolta Davide che dice in che modo si è fatto minore degli angeli: «Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli». Paolo poi interpreta così queste parole che Davide dice del Cristo: «Quel Gesù che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo ora coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto» (Eb 2,9).
Come si è fatto nello stesso tempo regno dei cieli e granello? Grande e piccolo come possono essere uguali? Per la grandezza della sua misericordia verso l'uomo che è terra, si è fatto tutto a tutti per guadagnare tutti. Per natura sua era Dio, così come lo è e sarà, e si è fatto uomo per la nostra salvezza. O seme per il quale è stato fatto il mondo, sono state dissipate le tenebre e la Chiesa è rinnovata! Questo granello sospeso alla croce ebbe tanta forza che, sebbene fosse egli stesso inchiodato, con una sola parola strappò il ladrone dal legno e io portò nelle delizie del paradiso; questo grano, ferito nel fianco dalla lancia, stillò una bevanda per gli assetati d'immortalità; questo grano di senape, tolto dal legno e sepolto nell'orto, riempì coi suoi rami tutta la terra. Questo grano, sepolto nel campo, affondò le sue radici negl'inferi e traendo fuori, a sé, le anime che si trovavano laggiù, in tre giorni le richiamò al cielo. «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senape, che un uomo prende e semina nel suo campo» (Mt 13,31). Semina questo grano di senape nel campo della tua anima. Allora anche a te il profeta dirà: «Sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono» (Is 58,11). Se vogliamo considerare la cosa con cura, riconosceremo che la parabola conviene allo stesso Salvatore. Egli infatti è piccolo a vedersi, e di vita breve in questo mondo, ma grande in cielo. È Figlio dell'uomo e Dio, perché Figlio di Dio; egli è al di sopra di ogni calcolo: è eterno, invisibile, celeste, ed è mangiato solo dai fedeli. Egli fu calpestato e dopo la passione divenne bianco come il latte; è il più grande di tutti gli altri alberi; egli è l'indivisibile Verbo del Padre: è in lui che abitano gli uccelli del cielo, cioè i profeti, gli apostoli e tutti i chiamati. Egli guarisce col suo calore i mali della nostra anima; sotto questo albero siamo irrorati dalla rugiada e protetti dall'agitazione di questo mondo. È lui che con la morte fu seminato nella terra e vi porta frutto; lui dopo tre giorni risuscitò i santi dai sepolcri e con la sua risurrezione apparve il più grande di tutti i profeti. Egli sostiene ogni cosa con lo Spirito del Padre; lui, che sbocciò dalla terra al cielo, dato che fu seminato nel proprio campo, cioè nel mondo, e portò al Padre quelli che credevano in lui. O seme della vita, seminato da Dio Padre sulla terra! O germe dell'immortalità, che riconcili a Dio quelli che nutrì!

(Da una «Omelia» attribuita a san Giovanni Crisostomo, vescovo)



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