VI Domenica del Tempo Ordinario (B)
Letture Patristiche

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Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.


ANNO B - V Domenica del Tempo Ordinario


DOMENICA «DEL LEBBROSO»

Levìtico 13,1-2.45-46 • Salmo 31 • 1 Corinzi 10,31-11,1 • Marco 1,40-45
(Visualizza i brani delle Letture)


1. Gesù e il lebbroso (Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 25, 1 s)
2. «Signore, se vuoi, puoi guarirmi» (Cromazio di Aquileia, In Matth., Tract., 38,10)
3. La fede che salva (Girolamo, Comment. in Matth., 1, 8, 2-4)
4. Il sacramento è dato dall'unione di materia e forma (Tommaso d'Aquino, In Matth. Ev., 8, 1)
5. Il lebbroso (Mt 8,1-4) (Nerses Snorhalí, Jesus, 437)
6. Grande è la prudenza e la fede di colui che si avvicina (Dalle «Omelie su Matteo» di san Giovanni Crisostomo, vescovo)


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Gesù e il lebbroso

"Ed ecco un lebbroso, fattosi avanti, gli si prostrava ai piedi e gli diceva: «Signore se tu vuoi, mi puoi mondare»" (Mt 8,2). Grande è la prudenza e la fede di quest'uomo che s'avvicina a Cristo. Egli non ha interrotto il suo discorso, né si è gettato tra la folla, ma ha atteso il momento favorevole: quando Gesù scende dal monte gli si accosta. E non lo supplica in un modo qualunque, ma con grande fervore, prostrandosi ai suoi piedi, come riferisce un altro evangelista (cf. Mc 1,40), con vera fede e con quel rispetto che di lui si deve avere. Non gli dice: Se chiedi a Dio, oppure: Se tu preghi, ma: «Se tu vuoi, mi puoi mondare». Nemmeno gli chiede: Signore guariscimi, ma affida tutto nelle sue mani; lo riconosce padrone assoluto della sua guarigione, testimoniando che egli possiede tutta l'autorità e il potere.
Ora qualcuno potrebbe obiettare: se l'opinione del lebbroso fosse sbagliata? In quel caso il Signore dovrebbe confutarla, rimproverare e correggere il lebbroso. Ma Cristo, fa questo? No assolutamente; anzi fa tutto il contrario, confermando e rafforzando quanto dice quell'uomo. Ecco perché non si limita a dire «sii mondato», ma dichiara: "Lo voglio: sii mondato" (Mt 8,3), affinché la verità della sua onnipotenza non si fondi soltanto sull'opinione di quell'uomo, ma sulla conferma esplicita che egli stesso ne dà. Gli apostoli non parleranno così, quando compiranno miracoli. Come parleranno, allora? Quando tutto il popolo rimarrà sorpreso e colpito dai loro prodigi, essi diranno: «Perché ci guardate con ammirazione quasi che per nostra propria potenza e autorità abbiamo fatto camminare quest'uomo?» (cf. At 3,12). Il Signore, invece, che pure di solito parla di sé con tanta umiltà e in modo inferiore alla sua gloria, che dice ora per confermare l'opinione di tutti coloro che lo guardano ammirati della sua potenza? «Lo voglio: sii mondato». In verità, benché il Signore abbia operato infiniti e straordinari miracoli, soltanto in questa circostanza pronunzia una tale affermazione.
Qui, sicuramente per rafforzare il pensiero che il lebbroso e tutta la folla si sono fatti della sua autorità e della sua potenza, egli aggiunge: «Lo voglio». E non dice questo per poi non mandarlo ad effetto, ma l'opera segue immediatamente le parole. Se la sua dichiarazione non fosse vera, e si trattasse di una bestemmia, il fatto miracoloso non potrebbe realizzarsi. Ecco, invece, che la natura obbedisce all'ordine di Gesù con assoluta immediatezza, anzi ancora più rapidamente di quanto possa esprimere l'evangelista. L'espressione "sull'istante" (Mt 8,3) da lui usata, non esprime a sufficienza la rapidità con cui il miracolo si verifica.
Cristo, inoltre, non si limita a dire: «Lo voglio: sii mondato», ma stende anche la sua mano e tocca il lebbroso (cf. Mt 8,3). Questa circostanza merita di essere esaminata. Perché, dato che guarisce il malato con la sua volontà e con la sua parola, aggiunge anche il tocco della sua mano? Io ritengo che per nessun altro motivo lo faccia, se non per mostrare anche in quest'occasione che egli non è affatto soggetto alla legge, ma che è al di sopra di essa; e, infine, che non c'è niente di impuro per un uomo puro. In una occasione simile il profeta Eliseo non volle neppure vedere Naaman e, pur sapendo che costui era scandalizzato perché egli non si accostava né lo toccava, per rispettare rigorosamente la legge rimase in casa, limitandosi a mandarlo al Giordano perché si lavasse in quelle acque (cf. 2Re 5). Il Signore, invece, vuol mostrare che egli guarisce non da servitore, ma da padrone, e perciò tocca il lebbroso. Non è la mano infatti che diventa impura al contatto con la lebbra: al contrario, il corpo lebbroso è purificato dal tocco di quella santa mano. Cristo non è venuto solo per guarire i corpi, ma per condurre le anime alla virtù. E come quando istituisce quell'ottima legge che permette di mangiare ogni genere di cibi, egli dice altresì che non è più proibito sedere a mensa senza lavarsi le mani, così qui per insegnare che si deve aver cura dell'anima e che, senza darsi pensiero per le esteriori purificazioni, bisogna mantenerla pura e temere soltanto la lebbra spirituale, che è il peccato, - la lebbra del corpo non è di ostacolo alla virtù -, Gesù per primo tocca il lebbroso; e nessuno lo rimprovera. Non era infatti quello della folla un tribunale corrotto, né gli spettatori erano testimoni dominati dall'invidia. Perciò non solo non lo accusano, ma ammirano stupefatti il miracolo e, ritirandosi, adorano la sua irresistibile potenza, manifestatasi nelle parole e nelle opere.

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 25, 1 s.)

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2. «Signore, se vuoi, puoi guarirmi

Grande la fede di questo lebbroso e perfetta la sua professione! Per primo, infatti, adorò, quindi disse: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi» (Mt 8,2-4). In ciò che egli adorò, mostrò di aver creduto a quel Dio che egli adorò, poiché la legge prescriveva che non si deve adorare se non un solo Dio.
Quindi, col dire: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi» prega la sua onnipotenza e la natura della divina potestà sotto l'influsso della sua volontà affinché voglia soltanto il Signore, come rimedio, poiché sapeva che il potere della virtù divina, si sottometteva alla sua volontà. Per conseguenza poiché credette che al Figlio di Dio soltanto il volere significava (era) potere, e il potere, volere, per questo disse: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi».
Non senza ragione, il Signore conoscendo l'animo devoto e fedele del lebbroso che credeva in sé, per confermare la sua fede subito lo ricompensò del dono della sanità, dicendo: «Lo voglio, sii guarito» (Mt 8,2-4). Quindi, «stendendo la mano, lo toccò. E istantaneamente la lebbra scomparve» (Mt 8,3).
E così facendo pubblicamente si dichiarò il Signore del potere assoluto come già aveva creduto il lebbroso. Immediatamente e come volle, la virtù del suo manifesta la sua volontà. Cosi, infatti, disse: «Voglio, sii guarito. E subito la sua lebbra scomparve». E Gesù gli disse: «Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va', presentati al sacerdote, e poi fa' l'offerta che Mosè prescrisse in testimonianza ad essi» (Mt 8,3-4). Il Signore comanda a colui al quale aveva guarito la lebbra e di presentarsi al sacerdote e di offrire sacrifici per sé prescritti nella legge. E in questo volle manifestare compiuti da sé i misteri (le adempienze) della legge, e accusare l'infedeltà dei sacerdoti, affinché constatando il lebbroso guarito che né la legge, né i sacerdoti avevano potuto mondare, o credessero che Egli era il Figlio di Dio e riconoscessero che Egli stesso era il padrone della legge; a causa della giustizia e della fede del lebbroso e della testimonianza della sua stessa opera, ricevessero la condanna della loro infedeltà.
Chi, infatti, avrebbe potuto col potere della propria virtù guarire il lebbroso, che la legge non poté mondare, se non colui che è il padrone della legge, e che è il Signore di tutte le virtù, del quale leggiamo scritto: «Il Signore delle virtù è con noi chi ci accoglie è il Dio di Giacobbe» (Sal 45,8-12), anche prima che fosse mondato, credette con religiosa professione di fede che il Figlio di Dio era Dio; i sacerdoti, invece, neppure dopo il prodigio della divina virtù vollero credere.
In verità se (riusciamo a capire) comprendiamo che per questo il Signore aveva comandato a colui che aveva liberato dalla lebbra, affinché offrisse sacrifici prescritti nella legge per sé, mostrasse con questo che egli era l'autore del precetto dato, e per gli stessi misteri adempiuti nella verità, che erano stati in antecedenza manifestati come figure.

(Cromazio di Aquileia, In Matth. Tract., 38, 10)

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3. La fede che salva

«Signore, se tu vuoi, puoi mondarmi» (Mt 8,2). Chi supplica la volontà, non dubita del potere.
E stendendo la mano Gesù lo toccò e disse: "«Lo voglio: sii mondato». E sull'istante fu mondato dalla sua lebbra" (Mt 8,3).
Appena il Signore stende la mano, subito la lebbra scompare. Ma osserva anche quanto sia umile e immune da vanità la sua risposta. Il lebbroso aveva detto: «Se tu vuoi», e il Signore risponde: «Lo voglio». Il lebbroso aveva detto: «Puoi mondarmi» e il Signore replica dicendo: «Sii mondato». Non dobbiamo congiungere le due parti della risposta, come credono molti latini, che leggono: «Ti voglio mondare»; dobbiamo tenerle separate, sicché egli prima dice: «Lo voglio», e poi, dando un ordine: «Sii mondato».
"E Gesù disse: «Guardati dal dirlo ad alcuno»" (Mt 8,4). E, in verità, che necessità aveva il lebbroso di fare tanti discorsi sulla sua guarigione, quando il suo corpo guarito parlava per lui?
«Ma va', mostrati ai sacerdoti e presenta l'offerta che Mosè ha prescritto, affinché serva a loro di testimonianza» (Mt 8,4). Per varie ragioni lo manda dai sacerdoti. In primo luogo, per un atto di umiltà, affinché cioè il lebbroso risanato rendesse onore ai sacerdoti: era infatti prescritto dalla legge che coloro che venivano mondati dalla lebbra presentassero un'offerta ai sacerdoti. Poi perché i sacerdoti, vedendo che il lebbroso era stato mondato, potessero credere al Salvatore, oppure si rifiutassero di farlo: se avessero creduto sarebbero stati salvi; se si fossero rifiutati di farlo, la loro colpa sarebbe stata senza attenuanti. E infine perché si rendessero conto che egli non infrangeva affatto la legge, cosa di cui tanto spesso lo accusavano.

(Girolamo, Comment. in Matth., 1, 8, 2-4)

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4. Il sacramento è dato dall'unione di materia e forma

Volle anche toccare, per darci un'idea della virtù che è nei sacramenti, nei quali non basta toccare, ci vogliono anche le parole, perché quando si fondono forma e materia, allora nasce il sacramento.

(Tommaso d'Aquino, In Matth. Ev., 8, 1)

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5. Il lebbroso (Mt 8,1-4)

Anche a me, come al lebbroso, rivolgi la parola,
Come a lui che con fede s'accostava:
«Lo voglio sii mondato integralmente
E sii puro dalle brutture del Maligno».

(Nerses Snorhalí, Jesus, 437)

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6. Grande è la prudenza e la fede di colui che si avvicina

«Signore, se vuoi, puoi guarirmi». E grande la prudenza e la fede di questo lebbroso che si avvicina a Cristo. Non interrompe il suo discorso, né si fa strada tra la folla degli ascoltatori, ma attende il momento opportuno: si accosta quando Cristo discende dal monte. E non lo supplica in modo qualunque, ma con molto fervore, prostrandosi ai suoi piedi, con fede sincera e con una giusta opinione di lui.
Infatti non gli dice: se tu supplichi Dio; oppure: se lo pregassi; ma: «Se vuoi, puoi guarirmi» (Mc 1,40). Né disse: Signore, guariscimi; ma affida tutto a lui, e testimonia così che egli è padrone di guarire o no e ne riconosce il pieno potere. Ma il Signore, avendo spesso parlato con umiltà di molte cose che non erano adeguate alla sua gloria, che cosa dice qui per confermare l'opinione di coloro che guardavano ammirati alla sua potenza? «Lo voglio, guarisci!»
Pur avendo compiuto tanti e così strepitosi miracoli, non risulta che abbia mai parlato come in questa circostanza.
In realtà qui, per confermare nel popolo e nel lebbroso la fede nel suo potere, premette: «Lo voglio!». Né lo dice senza farlo, ma subito alle parole segue il fatto»; la qual cosa è degna di maggior riflessione. Come mai, infatti, mentre lo guarisce con la volontà e la parola, aggiunge il tocco della mano? Penso che l'abbia fatto unicamente per mostrare anche in questa circostanza che lui non è soggetto alla legge, ma al di sopra della legge; e anche come da quel momento niente più vi sarebbe stato di immondo per i puri.
Il Signore infatti non era venuto solo per guarire i corpi, ma anche per condurre le anime all'amore della sapienza. Perciò come altrove dice che non è più proibito mangiare senza lavarsi le mani, e come istituisce quell'ottima legge che permette di cibarsi di qualunque cibo,così agisce in questo caso per insegnare che bisogna curare l'anima mantenendola pura, senza far caso delle esteriori purificazioni e temendo soltanto la lebbra spirituale che e il peccato. Gesù quindi per primo tocca il lebbroso, e nessuno lo rimprovera. Quel tribunale infatti non era corrotto, e la folla che ne era spettatrice non era guastata dall'invidia. Perciò non solo non lo criticano, ma, presi da stupore per il miracolo, si ritirano adorando la sua inestimabile potenza che si manifestava nelle parole e nelle opere. Così, dopo aver guarito il corpo, gli ordinò di non dirlo a nessuno, ma di mostrarsi al sacerdote e fare la sua offerta. Non lo guarì in modo che potesse rimanere qualche dubbio sulla sua guarigione; ma gli ordinò di non dirlo a nessuno, per insegnarci a fuggire l'ambizione e la vanagloria. Certo, sapeva che il lebbroso guarito non avrebbe taciuto ma avrebbe parlato a tutti del suo benefattore, tuttavia fece quanto stava in suo potere per impedirlo. In altre circostanze Gesù ordinò di non esaltare la sua persona, ma di dare gloria a Dio; così, mentre nel caso di questo lebbroso guarito c'insegna a non metterci in mostra e a fuggire la vanagloria, altre volte invece ci vuol esortare a essere grati e memori dei benefici ricevuti: in ogni caso ci ammaestra a rendere a Dio tutta la lode.

(Dalle «Omelie su Matteo» di san Giovanni Crisostomo, vescovo)



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