IV Domenica di Avvento (B)
Letture Patristiche

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Letture Patristiche della Domenica
Le letture patristiche sono tratte dal CD-Rom "La Bibbia e i Padri della Chiesa", Ed. Messaggero - Padova, distribuito da Unitelm, 1995.


ANNO B - IV Domenica di Avvento


DOMENICA «DELL'ANNUNCIAZIONE A MARIA»

2 Samuele 7,1-5.8-12.14.16 • Salmo 88 • Romani 16,25-27 • Luca 1,26-3
(Visualizza i brani delle Letture)

1. Dio ha ordinato al «si» di Maria il disegno della salvezza (Bernardo di Chiaravalle, Oratio IV de B.M.V., 8s.)
2. La grandezza di questo giorno di festa (Esichio di Gerusalemme, Sermo IV, de sancta Maria Deipara)
3. Contemplazione di Maria (Amedeo di Losanna, Hom. 4, 259-279)
4. Ecco concepirai e darai alla luce un figlio (Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote)


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1. Dio ha ordinato al «si» di Maria il disegno della salvezza

Hai sentito [o Maria] che concepirai e partorirai un figlio; hai sentito che ciò avverrà senza concorso di uomo, bensì per opera dello Spirito Santo. L'angelo aspetta la risposta: è ormai tempo che a Dio faccia ritorno colui che egli ha inviato.
Anche noi aspettiamo, o Signora, la parola di misericordia, noi cui pesa miserevolmente la sentenza di condanna.
Ecco che ti si offre il prezzo della nostra salvezza; se acconsenti, saremo liberati sul momento.
Nel Verbo eterno di Dio tutti siamo stati creati, ed ecco che moriamo; nella tua breve risposta siamo destinati ad essere ricreati, sì da esser richiamati alla vita. È ciò che ti chiede supplichevole, o pia Vergine, il fedele Adamo, esule dal paradiso con la sua progenie; è ciò che ti chiedono Abramo e David. Lo sollecitano del pari gli altri santi Padri, o meglio i tuoi padri, che pure popolano la regione dell'ombra di morte. Lo attende tutto il mondo, prostrato ai tuoi ginocchi. E non a torto, dal momento che dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, il riscatto degli schiavi, la liberazione dei condannati, e per finire, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutta la tua stirpe.
Da' in fretta, o Vergine, la tua risposta. Pronuncia, o Signora, la parola che la terra, gli inferi e i cieli aspettano.
Lo stesso Re e Signore di tutti, tanto desidera il tuo cenno di risposta, quanto ha bramato il tuo splendore: risposta in cui, certamente, ha stabilito di salvare il mondo. E a chi piacesti nel silenzio, ora maggiormente piacerai per la parola, quando ti chiamerà dal cielo: «O bella tra tutte le donne, fammi udire la tua voce!».
Se tu dunque gli fai sentire la tua voce, egli ti farà vedere la nostra salvezza.
Non è forse questo che chiedevi, che gemevi, che giorno e notte, pregando, sospiravi? Che dunque? Sei tu colei cui tutto questo è stato promesso, o dobbiamo aspettarne un'altra? Si, sei proprio tu, e non un'altra. Tu, voglio dire, la promessa, tu la attesa, tu la desiderata, dalla quale il santo padre tuo Giacobbe, già vicino a morire, sperava la vita eterna, quando diceva: "Aspetterò la tua salvezza, o Signore" (Gen 49,18). Colei, nella quale e per la quale, finalmente, lo stesso Dio e nostro Re dispose prima dei secoli di operare la nostra salvezza.
Speri forse da un'altra ciò che è offerto a te? Aspetti attraverso un'altra ciò che tosto verrà operato per tuo tramite, purché tu esprima l'assenso, pronunci la tua risposta?
Rispondi perciò al più presto all'angelo, o meglio al Signore tramite l'angelo.
Pronuncia la parola, e accogli la Parola; proferisci la tua, e concepirai la divina; emetti la transeunte, e abbraccia l'eterna!
Perché indugi? Perché trepidi? Credi, confida, e accetta!
L'umiltà assuma l'audacia e fiducia la verecondia. Mai come ora si conviene che la verginale semplicità dimentichi la prudenza.
Solo in questo caso non temere, o Vergine prudente, la presunzione; infatti, anche se è gradita la verecondia nel silenzio, è ora tuttavia più necessaria la pietà nella parola.
Apri, o Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra alla confessione, il grembo al Creatore.
Ecco, il desiderato di tutte le genti è fuori e bussa alla porta. O se, per il tuo indugiare, dovesse egli passare oltre; dolente, tu cominceresti di nuovo a cercare colui che la tua anima ama!
Alzati, corri, apri. Alzati per fede; corri per devozione; apri per confessione.
"Eccomi", rispose, "sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola" (Lc 1,38).

(Bernardo di Chiaravalle, Oratio IV de B.M.V., 8s.)

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2. La grandezza di questo giorno di festa

Questo giorno di festa che stiamo ora celebrando, supera ogni gloria, in quanto contiene la solennità della Vergine che tutte sovrasta in prestigio; in esso invero ella ha ricevuto lo stesso Verbo Dio, quando egli volle; lui che ella stessa contiene al di là di ogni angustia di spazio.
A lei, l'arcangelo Gabriele, con ammirazione, disse prima di tutto: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te; ecco concepirai e darai alla luce un figlio, e lo chiamerai Emanuele" (Lc 1,28.50).
Fausto annunzio quello di Gabriele che segnò il repentino inizio di letizia. Mentre, infatti, la prima vergine per la sentenza di condanna finiva nelle angustie inflitte a lei a seguito della trasgressione e da lei derivarono molti gemiti: ogni donna per causa sua, fu costituita nel dolore ed ogni parto, per lei, provava l'afflizione; la seconda vergine, per la denominazione angelica, respinse ogni miseria del sesso femminile, chiuse ogni fonte di tristezza che suole esser compagna delle partorienti, e dissipò ogni nube di disperazione che si addensava sulla donna in parto; e inoltre, fece brillare tra gli oppressi la luce di letizia.
Ascoltando da Gabriele le parole: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te", ella non accolse il saluto con animo tranquillo; anzi, appena ebbe ascoltata quella voce e, per quella voce l'arcangelo Gabriele che le annunciava che avrebbe partorito, rimase turbata nei propri pensieri; era verosimilmente portata a respingere quelle affermazioni di Gabriele, introdottosi inaspettatamente in casa, magari dicendogli: «Tutto ciò oggi in te mi appare strano, e non tiene conto della pubblica opinione. E poi: Con qual diritto hai osato introdurti sconsideratamente da una vergine non sposata e pronunciare parole incredibili? Dici, infatti, che partorirò un figlio senza il seme; hai detto che concepirò senza che siano avvenute le nozze; che il mio grembo darà frutto senza la coabitazione e la convivenza con un uomo. Chi vide mai, chi, esperto sulla fertilità dei campi, ha mai sentito dire che un campo incolto abbia prodotto la spiga, o che un terreno non piantato abbia dato l'uva, il vino senza vite, o il fiume senza la sorgente da cui proviene? Un discorso del genere, sicuramente, nessuno lo ha mai ascoltato dagli inizi dei secoli, né, tanto meno avrà potuto vedere che si sia verificato. Per qual motivo e con quale garanzia per me dovrò prestarti fede?».
Cosa rispose Gabriele a lei che esitava?
«Dissi ciò che ho appreso, pronuncio ciò che ho sentito: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà da te sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35); come colui dal quale è e al quale tende ogni creatura, come Creatore e Artefice di tutti, come Padre dei secoli, come generatore del tempo, come costruttore di tutti, come più antico dei cieli, come artefice degli angeli e formatore dell'umanità, e di quelli, per finire, che, per altri motivi, sarebbero periti. Oltre questo non posso farti sapere altro. Infatti, non ho, o Vergine, un mandato per dirti con quale diritto su ogni singolo punto: bensì che io sia ministro di quelle cose che rendono fausto per te il mio annuncio.
Ammira dunque insieme a me il mistero e accogli la buona novella senza dubitare».
Lei, in verità, rispose: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola" (Lc 1,38).
Noi, perciò, informati della natività del Signore dai discorsi dell'arcangelo Gabriele, ci incamminiamo dietro alla sua progenie. Io, come lui e al di là della presente disquisizione, conosco la divina potenza di quel parto e dichiaro: dai Magi abbiamo appreso (cf. Mt 2,1ss), poi siamo stati istruiti a venerare religiosamente quella cosa. Infatti, coloro che cercavano il bambino, con la guida della stella, non dissero a quelli che interrogavano: Come avviene il concepimento divino? Come si spiega un utero senza il seme? Come un parto incorrotto? Come permane vergine la madre dopo il parto? Come soggiace al tempo colui che è prima del tempo? Come fa ad esistere nel tempo chi è prima dei secoli? Come poté l'utero contenere colui che è incontenibile? Come colui che è incorporeo, senza cambiamento, si fece carne? Come Dio Verbo, annientando se stesso nell'utero della Vergine (cf. Fil 2,6.7), da insigne e glorioso fattosi uguale a servo, da quello in modo ineffabile si è incarnato? Come ciò che è perfetto poté farsi bambino? Come poté succhiare il latte colui che nutre? Come colui che copre e abbraccia l'universo, poté essere preso tra le braccia? Come il Padre del secolo venturo si fece bambino? Come fa ad essere in alto e in basso? Come viene avvolto in panni, colui che è l'auriga dei carri dei Cherubini? Come giace in una greppia, colui che è nel seno del Padre? Come è costretto in fasce, colui che conduce i prigionieri con fortezza? (cf. Sal 67,7).
E molte altre cose che aborrisco riferire.

(Esichio di Gerusalemme, Sermo IV, de sancta Maria Deipara)

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3. Contemplazione di Maria

Ripiena dunque della scienza del Signore, come le acque del mare quando straripano, ella è rapita fuori di sé e, elevato in alto lo spirito, si fissa nella più alta contemplazione. Si stupisce, la vergine, d`esser divenuta madre; e si stupisce, lieta, di essere la madre di Dio. Comprende che in sé sono realizzati le promesse dei patriarchi, gli oracoli dei profeti, i desideri degli antichi Padri, che avevano annunciato che il Cristo sarebbe nato da una vergine e che, con tutti i loro voti, attendevano la sua nascita.
Vede a sé affidato il Figlio di Dio, e si rallegra che la salvezza del mondo le sia stata affidata. Ode il Signore parlare dentro di sé e dirle: Ecco ti ho scelta tra tutte le creature, e ti ho benedetta tra tutte le donne (cf. Lc 1,28). Ecco a te ho affidato mio Figlio, ho inviato a te il mio Unico. Non temere di allattare colui che hai generato e di educare colui che hai partorito; riconoscilo non solo come Signore, ma anche come Figlio. Egli è mio Figlio, egli è tuo Figlio: mio Figlio per la divinità, tuo Figlio per l`umanità che ha assunto.
E allora, con quale tenerezza e cura, con quale umiltà e rispetto, con quale amore e devozione ella ha adempiuto a tutto ciò, agli uomini è sconosciuto, a Dio è noto, lui che scruta i reni e i cuori (cf. Pr 16,2); a Dio che soppesa gli spiriti.

(Amedeo di Losanna, Hom. 4, 259-279)

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4. Ecco concepirai e darai alla luce un figlio

Fratelli carissimi, la lettura odierna del santo evangelo ci ricorda l'inizio della nostra redenzione, quando Dio mandò dal cielo un Angelo per annunziare alla Vergine la nuova nascita del Figlio suo nella natura umana, perché liberati dalla corruzione dell'uomo vecchio e divenuti uomini nuovi, potessimo essere annoverati tra i figli di Dio. Cerchiamo dunque di percepire con orecchio attento questo primordio, per meritare di conseguire i doni della salvezza che ci è promessa.
«L'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea chiamata Nazaret, a una vergine, sposa di un uomo chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (Lc 1,26-27).
Quello ch'è detto della casa di Davide si riferisce non solo a Giuseppe, ma anche a Maria, perché secondo la Legge ognuno doveva scegliere la moglie nella propria tribù o famiglia, come attesta anche l'Apostolo, scrivendo a Timoteo: «Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti, secondo il mio evangelo» (2Tm 2,8). Perciò il Signore appartiene davvero alla discendenza di Davide, perché la sua vergine Madre ebbe origine realmente dalla stirpe di Davide. Entrato da lei, l'angelo disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato figlio dell'Altissimo; il Signore gli darà il trono di Davide suo padre» (Lc 1,30-32).
Per trono di Davide s'intende il regno del popolo d'Israele,che al tempo suo Davide governò con fedele dedizione, per comando e con l'aiuto di Dio. Il Signore diede al nostro Redentore il trono di Davide suo padre quando dispose la sua incarnazione dalla discendenza davidica, perché conducesse al regno eterno con la grazia spirituale il popolo che Davide aveva governato con un potere temporale. Come dice l'Apostolo: «Egli ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo diletto Figlio» (Col 1,13).
«E regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe» (Lc 1,33).
Casa di Giacobbe può dirsi tutta la Chiesa, che per la fede e l'adesione a Cristo partecipa alla sorte dei patriarchi, tanto nei discendenti dalla loro stirpe, che in coloro i quali, provenendo da altre nazioni, col battesimo sono rinati in Cristo. In questa casa egli regnerà per sempre,«e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,33). Egli vi regna nella vita presente,perché regge il cuore degli eletti abitando in essi con la fede e col suo amore, e li guida con una protezione continua a meritare i doni del premio eterno. E vi regna nella vita futura, quando, al termine del loro esilio temporale, li introduce nella patria celeste, ove, avvinti dalla visione della sua continua presenza, sono felici di non fare nient'altro che dedicarsi a lui nella lode.

(Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote)



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