a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 9/2018)
ANNO B – 21 ottobre 2018
XXIX Domenica del Tempo ordinario
Is 53,10-11
Eb 4,14-16
Mc 10,35-45
(Visualizza i brani delle Letture)
XXIX Domenica del Tempo ordinario
Is 53,10-11
Eb 4,14-16
Mc 10,35-45
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TRA VOI PERÒ NON È COSÌ
Essere cristiani non significa solo avere belle idee, ma incarnare il Vangelo nelle proprie situazioni di vita concrete. Non è sufficiente limitarsi ad ascoltare e conoscere il Vangelo, occorre viverlo. E questo è molto più complicato! Così accade anche ai discepoli: durante la salita verso Gerusalemme, per tre volte Gesù annuncia ai Dodici la propria passione, morte e risurrezione. E per tre volte, puntualmente, incontra le loro resistenze. Il testo di oggi fa emergere prima le resistenze di Giacomo e Giovanni e poi l'indignazione degli altri dieci.
«Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo. Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra»: quella di Giacomo e Giovanni è l'antipreghiera per eccellenza. Loro non ricercano la volontà di Dio, ma la loro. Vogliono piegare Dio ai loro sogni di gloria. Quando pretendiamo, distruggiamo la preghiera, che così smette di essere dialogo tra due libertà e diventa imposizione umana a un Dio che non è più il nostro Signore. Lo riduciamo a idolo che deve esaudire le nostre richieste. Come ricorda sant'Agostino, l'unica cosa che dobbiamo chiedere nella preghiera è la docilità allo Spirito santo, perché pregare non significa cambiare magicamente le cose fuori di noi, ma cambiare il nostro modo di stare nelle cose.
La richiesta di Giacomo e Giovanni non è solo antipreghiera, ma rivela anche la loro immaturità nel vivere la comunità. Immaturità che emerge anche negli altri dieci che si indignano con loro. Per i Dodici la comunità non è luogo di servizio reciproco, ma di carrierismo e concorrenzialità, luogo in cui ciascuno usa l'altro per i propri obiettivi.
Con la solita pazienza Gesù lascia emergere le resistenze che abitano il cuore dei Dodici e annuncia loro la logica nuova del Vangelo. «Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?»: il richiamo di Gesù alla coppa da bere e all'immersione da ricevere vuole correggere la comprensione che Giacomo e Giovanni hanno di lui.
Il cristiano vive del suo essere immerso nella Pasqua di Cristo, nella sua morte e risurrezione, grazie al battesimo e all'eucaristia. Questa immersione rende la Chiesa diversa da tutte le altre istituzioni mondane: la logica che la deve animare non è il potere, ma il servizio perché «il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Da Gesù servo nasce una Chiesa serva, che vive logiche diverse dal mondo.
Per questo, convocati i discepoli, Gesù dice loro: «Tra voi però non è così». Come scrive il cardinale Martini: «La Chiesa si sente spinta a lasciarsi formare secondo quelle modalità che sono capaci di esprimere una comunità alternativa. Cioè una comunità che, in una società connotata da relazioni fragili, conflittuali e di tipo consumistico, esprima la possibilità di relazioni gratuite, forti e durature, cementate dalla mutua accettazione e dal perdono reciproco».
Il Vangelo non ci chiede di rinunciare a esercitare il potere, ma ci invita a vivere il potere nell'ottica del servizio e del bene comune. Allora saremo sale della terra e luce del mondo.
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