SS. Corpo e Sangue di Cristo (B)

Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio"
Comunità di preti della diocesi di Modena-Nonantola
Vita Pastorale (n. 6/2018)



ANNO B – 3 giugno 2018
SS. Corpo e Sangue di Cristo

Es 24,3-8
Eb 9,11-15
Mc 14,12-16.22-26
(Visualizza i brani delle Letture)

GESTI E PAROLE

«Quanto ha detto il Signor,e lo eseguiremo e vi presteremo ascolto», dice il popolo in risposta alla lettura del libro dell'alleanza. Come prima cosa lo eseguiremo e poi vi presteremo ascolto, perché la comprensione piena è una conseguenza di un ascolto esistenziale, di una messa in atto dei comandi del Signore. L'alleanza che Dio conclude con il suo popolo non è fondata su una proposta e un assenso fatto di parole, ma su «eventi e parole intimamente connessi», come dice la Dei Verbum. Se Dio si rivela in eventi e parole, anche la risposta dell'uomo non può che essere data con gesti e parole.
Anche nel Vangelo ci sono azioni che precedono le parole: quando Gesù manda i discepoli a preparare per la cena e descrive cosa troveranno non sta facendo il preveggente, ma rivela la grande cura avuta nel preparare questa cena. L'ultima cena dovrà essere la manifestazione della sua scelta libera e personale, del suo amore che si spinge fino al dono totale della vita. Tutto ciò è il sigillo di un cammino sempre più profondo di adesione alla volontà del Padre e di dedizione estrema per l'uomo. È un gesto che sintetizza tutta la sua vita.
Proprio perché così pieno di significato, questo gesto della cena richiede una preparazione attenta e scrupolosa, una cura che lo collochi in un contesto vitale. Per questo il Vangelo, che è molto scarno nel descrivere la cena e sintetico sulle parole di Gesù, si dilunga invece sulla preparazione. Anche nella nostra vita occorre saper preparare le cose, troppi gesti sono dispersi e impoveriti da contesti impreparati e dalla poca cura.
Le parole da sole rischiano di non portarci al coinvolgimento vero. Così anche i gesti se non sono accompagnati dalle parole rischiano di rimanere ambigui, aperti a interpretazioni diverse. È una regola base della comunicazione: noi comunichiamo sempre con parole e gesti. Ed è fondamentale che si illuminino reciprocamente rivelando il senso di ciò che vogliamo comunicare.

I gesti e le parole di Gesù, pane spezzato e vino versato, indicano un dono profuso totalmente, sparso senza misura. Tutto è concentrato sul dono. La nuova alleanza, sigillata con il sangue di Gesù, non è un contratto in cui entrambi i contraenti si impegnano in qualcosa, ma è puro dono! All'uomo non resta altro che accogliere il dono con gratitudine, mangiando e bevendo.
Il dono, però, è sempre e solo relazionale. Per questo l'eucaristia si comprende solo in un contesto relazionale. Se la si sgancia dal suo contesto rituale e relazionale si impoverisce la sua capacità comunicativa, la si rende statica e passiva. Questo è quanto è successo sottolineando più la devozione eucaristica che la celebrazione del sacramento. Fare la comunione fuori dalla celebrazione eucaristica stravolge il significato di questo gesto: la si deve portare ai malati come segno di attenzione della comunità e di comunione anche con chi è assente, ma non può essere un gesto magico che si compie quando si vuole. Nel Vangelo tutta la descrizione dell'eucaristia è dinamica e relazionale: al centro c'è il corpo. È nella concretezza di un corpo vivente che si celebra e si comprende l'eucaristia.


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