Tempo ordinario (B) [2] - 2018

Parola che si fa vita

Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)

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"Parola-sintesi" proposta per ogni domenica,
corredata da un commento e da una testimonianza.


Santissima Trinità (27 maggio 2018)
Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20)

Corpus Domini (3 giugno 2018)
Prendete, questo è il mio corpo (Mc 14,22)

10a domenica del tempo ordinario (10 giugno 2018)
Chi fa la volontà di Dio, costui è per me fratello, sorella e madre (Mc 3,35)

11a domenica del tempo ordinario (17 giugno 2018)
Il regno di Dio è come un granello di senape (Mc 4,31)

Natività di san Giovanni Battista (24 giugno 2018 - 12a dom. del T. O.)
Giovanni è il suo nome (Lc 1,63)

13a domenica del tempo ordinario (1° luglio 2018)
Non temere, soltanto abbi fede! (Mc 5,36)

14a domenica del tempo ordinario (8 luglio 2018)
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria (Mc 6,4)

15a domenica del tempo ordinario (15 luglio 2018)
Gesù chiamò a sé i dodici e prese a mandarli… (Mc 6,7)

16a domenica del tempo ordinario (22 luglio 2018)
Gesù… ebbe compassione di loro (Mc 6,34)

17a domenica del tempo ordinario (29 luglio 2018)
Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede….(Gv 6,11)

18a domenica del tempo ordinario (5 agosto 2018)
Chi viene a me non avrà fame….(Gv 6,35)

19a domenica del tempo ordinario (12 agosto 2018)
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo (Gv 6,51)

Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2018)
Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente (Lc 1,49)

20a domenica del tempo ordinario (19 agosto 2018)
Chi mangia la mia carne… rimane in me e io in lui (Gv 6,56)

21a domenica del tempo ordinario (26 agosto 2018)
Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna (Mt Gv 6,68)

22a domenica del tempo ordinario (2 settembre 2018)
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini (Mc 7,8)

23a domenica del tempo ordinario (9 settembre 2018)
Gesù fa udire i sordi e fa parlare i muti (Mc 7,37)

24a domenica del tempo ordinario (16 settembre 2018)
Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo (Mc 8,28)

25a domenica del tempo ordinario (23 settembre 2018)
Il Figlio dell'uomo viene consegnato (Mc 9,31)

26a domenica del tempo ordinario (30 settembre 2018)
Chi non è contro di noi è per noi (Mc 9,40)

27a domenica del tempo ordinario (7 ottobre 2018)
L'uomo non divida quello che Dio ha unito (Mc 10,9)

28a domenica del tempo ordinario (14 ottobre 2018)
Vendi quello che hai… dallo ai poveri… e vieni! Seguimi! (Mc 10,21)

29a domenica del tempo ordinario (21 ottobre 2018)
Gesù… è venuto per servire e dare la propria vita (Mc 10,45)

30a domenica del tempo ordinario (28 ottobre 2018)
Rabbunì, che io veda di nuovo! (Mc 10,51)

Tutti i Santi (1° novembre 2018)
Beati i poveri in spirito (Mt 5,3)

31a domenica del tempo ordinario (4 novembre 2018)
Amerai il Signore tuo Dio. Amerai il prossimo tuo (Mc 12,30.31)

32a domenica del tempo ordinario (11 novembre 2018)
Questa vedova… ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri (Mc 12,43)

33a domenica del tempo ordinario (18 novembre 2018)
Il Figlio dell'uomo radunerà i suoi eletti (Mc 13,27)

Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (25 novembre 2018)
Tu lo dici: io sono re (Gv 18,37)




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Santissima Trinità (27 maggio 2018)
Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20)

Le letture bibliche odierne ci invitano a ripensare, in una prospettiva di fede, ai modi in cui Dio si rivela e si fa presente nella storia del mondo, della Chiesa e nella nostra vita di ogni giorno. Come Dio eccelso eppure tanto vicino al suo popolo; come Padre che, col dono del suo Spirito, vuole unire a sé gli uomini trasformandoli in figli; come mistero di comunione che ogni discepolo è chiamato ad accogliere in sé e a testimoniare con gratitudine di fronte al mondo, perché: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni".
Abbiamo una compagnia, non siamo abbandonati. Siamo abitati, siamo immersi in Dio. Davanti a questa presenza che cosa siamo chiamati a fare? Innanzitutto l'ascolto. Di fronte a Dio che sempre fa il primo passo, cioè crea, salva, sceglie, purifica, santifica, dà la forza e la luce per affrontare le scelte, il cristiano è uno che accoglie e ascolta.
Poi è importante fare nostro l'atteggiamento di Maria che "conservava nel suo cuore" quello che le capitava. Anche noi siamo chiamati dopo l'ascolto, a conservare in cuore. Questo ci aiuterà a fare delle scelte, talvolta coraggiose. E come Gesù si è fatto vicino a noi, così noi siamo chiamati a farci vicini al prossimo. Diceva Chiara Lubich ai giovani a Santiago di Compostela nel 1989: "Dal mattino alla sera, ogni rapporto con gli altri va vissuto con l'amore di Gesù… Vedendo Gesù in loro, non trascurando nessuno, anzi amando tutti, per primi… farsi, in un certo modo, l'altro. Come Gesù che, Dio, si è fatto, per amore, uomo come noi".

Testimonianza di Parola vissuta

IL "SIGNOR NESSUNO"

Quale direttore generale di una azienda sanitaria, ero stato sospettato di avere pagato delle tangenti a fronte di un importante incarico di consulenza. Senza alcuna richiesta di chiarimenti dalla Procura, sono stato costretto ad abbandonare ogni attività lavorativa di carattere pubblico e privato e in un baleno sono diventato il "signor nessuno". Tutto attorno a me si muoveva come se fossi colpevole. Ho sentito la morte dentro di me, e l'ho anche fortemente desiderata. Dio stesso sembrava scomparso. Unico sostegno la vicinanza di una persona cara: «Gesù abbandonato ti ha voluto un po' simile a sé. La prova passerà, ma resterà nella tua anima la ricchezza del tuo amore a lui».
Dopo otto anni di deserto e angoscia ho visto riconosciuta la mia innocenza. Quei momenti d'inferno si sono rivelati la più fantastica e ricca esperienza della mia vita.

M.B. – Italia

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Corpus Domini (3 giugno 2018)
Prendete, questo è il mio corpo (Mc 14,22)

Dio è il nostro alleato più grande e noi siamo alleati di Dio. La storia ci dice che l'alleanza con Dio è stata sincera nelle intenzioni, ma continuamente infranta per le infedeltà di Israele. Essa diventa definitiva nel sangue di Cristo. Ogni volta che noi celebriamo l'Eucaristia celebriamo la nuova alleanza, quella eterna che Dio ha stretto con i molti, cioè con tutti. E ogni volta che celebriamo l'Eucaristia ci incontriamo tra fratelli che, pieni di speranza, si sentono coinvolti con Cristo, perché al nostro servizio per amore è legato il futuro dell'uomo e l'avvento fra gli uomini del regno di Dio. Cristo si rende presente fra noi e si dona a ciascuno perché noi a nostra volta siamo presenti al mondo come lievito che lo fermenta.
Accogliere il Corpo di Cristo ci impegna a lasciarci trasformare da Lui per diventare come Lui; ci impegna anche ad una intensa attività di rinnovamento dell'ambiente in cui viviamo: gli altri diventano fratelli con i quali condividiamo l'umanità. Prendere, ricevere il pane benedetto è prendere e ricevere Gesù. Egli lo consegna per nutrire la vita dei discepoli e per farli entrare in comunione con Lui. E questa comunione ci cambia in Lui e ci rimanda poi ad amare come Lui ha amato. Un amore concreto e grande, un amore che non si risparmia, un amore che si dona fino in fondo. Proprio come Lui!

Testimonianza di Parola vissuta

"MAESTRA PARADISO"

Stamane, mentre mi preparo per andare al lavoro, penso a tutti gli incontri che avrò oggi. Con un proposito: "Voglio raggiungerti, Gesù, lì dove tu sei ed amarti profondamente".
Arrivata a scuola, incontro Silvia, una bimba sorda affetta da forte ritardo mentale. Come coinvolgerla pienamente? Mi viene in mente di inventare un piccolo teatro con dei burattini a dito. Un po' di carta, colla e la storia del Buon Samaritano è pronta. Silvia osserva tutto, sembra che percepisca qualcosa. Giulia la prende per mano e la fa sedere in cattedra. A turno, gli altri bambini nascosti sotto il tavolo riproducono la storia con i burattini: "io sono il sacerdote… io lo studioso… io il bandito!". Dopo di che è proprio Silvia che la mette inscena per tutti tra la gioia a lo stupore delle altre insegnanti.
A fine lezione una bambina mi dice: "Mi piace tantissimo la religione, perché tu ci fai vivere come in paradiso. Ti potremmo chiamare Maestra Paradiso. Ma come hai fatto a diventare così? C'è una scuola speciale? Perché io da grande ci voglio andare!".

E.D.M. - Lazio

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10a domenica del tempo ordinario (10 giugno 2018)
Chi fa la volontà di Dio, costui è per me fratello, sorella e madre (Mc 3,35)

Dei messaggeri annunciano a Gesù che fuori ci sono sua madre e i suoi cugini. Essi non riescono a raggiungerlo a causa della folla assiepata attorno a Gesù, desiderosa di ascoltare la sua parola. La prima reazione di Gesù è quella di chiedere chi sono i suoi familiari, e lo fa in maniera sconcertante; non per insensibilità o per disprezzo dei vincoli familiari, ma soltanto per appartenere completamente a Dio. In questo modo Gesù ci aiuta a capire cosa significa essere la sua comunità. Madre e fratelli di Gesù sono quelli riuniti attorno a Lui, perché ascoltano e mettono in pratica le sue parole.
Vivere la parola ti permette di "fare" la volontà di Dio. Il compimento della volontà di Dio è il criterio di appartenenza alla famiglia di Gesù, alla sua comunità. Fare la volontà di Dio: qui sta la nostra grandezza e la nostra grande possibilità. Quella volontà di Dio che scopriamo nell'ascolto della sua parola, nelle vicende quotidiane, nelle leggi dello stato, nei doveri che nascono dal mio stato di vita (se sono papà, mamma, uno studente, un operaio, un impiegato, un datore di lavoro…), nella voce della coscienza. La beata Chiara Luce Badano diceva in una sua preghiera a tu per tu con Dio: Se lo vuoi tu, lo voglio anch'io. Questo ci permette di essere familiari di Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

DIO AL PRIMO POSTO

Dovevo fare un importante esame all'università, senza aver frequentato il corso. Speravo così di poter finire tutto più velocemente. Ho studiato moltissimo, approfittando di ogni momento libero della giornata. Preso dall'ansia di prepararmi bene, molte volte ho scelto di non pregare o di non parlare con gli altri. Alla fine, però, non è andato come prevedevo. E questo mi ha fatto arrabbiare molto.
Passato il primo impatto, mi è venuta in mente la parola: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze". E così ho capito che, invece di mettere Dio al primo posto, vi avevo messo l'esame. Adesso sto frequentando il corso che avevo voluto saltare. Così cerco di fare serenamente la volontà di Dio e ho anche l'occasione di amare i fratelli, visto che la professoressa mi ha chiesto di aiutare i compagni che fanno più fatica.

A.A. – Brasile

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11a domenica del tempo ordinario (17 giugno 2018)
Il regno di Dio è come un granello di senape (Mc 4,31)

Il Dio che si è fatto conoscere a noi è colui che dà un futuro all'uomo, in particolare a chi, perché debole e piccolo, è senza speranza. Il suo regno cresce per virtù propria, senza apporti o costrizioni esterne; sembra un seme insignificante, ma in fondo risulta quello che maggiormente realizza l'uomo e che è destinato ad abbracciare ogni realtà. Nostro impegno sarà allora di lasciarci prendere dal suo regno, "abitare presso il Signore", conformarci ed "essere a lui graditi", sia nella vita che nella morte.
Con l'immagine di un seme piccolissimo, che diventa "albero", Gesù ci parla del regno di Dio. Non ricorre al frastuono, non ha bisogno di spiegare immense forze, non si basa sul calcolo. Sembra, la sua, l'azione più insignificante, perché la più povera di mezzi; ma alla fine è quella che ottiene di più. Così agisce il regno di Dio: il suo è un cammino inarrestabile, nonostante ogni apparenza di insuccesso, di povertà, di silenzio. Allora il vangelo di oggi ci parla del valore immenso, della forza dirompente che hanno i piccoli gesti quotidiani che, quando appartengono alla logica dell'amore, sono abitati e rendono manifesto Dio.
Lo sappiamo che l'amore, come gli alberi più alti, deve farsi strada, deve trovare la luce anche nei periodi bui. Deve nutrirsi a qualcosa di profondo. Lo sappiamo per esperienza, che ogni amore per essere vero è crocifisso, è gratuito, fatto di piccoli riti. Cerchiamo di essere attenti, in questa settimana, alle piccole cose, ai piccoli gesti quotidiani, ai germogli di bene, ai desideri che se assecondati si fanno strada attorno a noi e possono mostrare Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

OCCHI TRISTI

Ero appena uscito di casa. Un uomo mi si avvicina, sporco, con occhi immensamente tristi. Sono quei momenti in cui pensi che non puoi cambiare il mondo e assumerti tutti i problemi. Ma quegli occhi guardano solo me. "Sono tre giorni che non mangio", mi dice. Gli chiedo di aspettare e corro a casa a scaldare qualcosa di pronto. Poi torno da lui, che divora tutto in un attimo. Quindi lo invito al bar all'angolo. La gente mi guarda un po' sorpresa, ordino un caffè e quattro croissant, tre per lui e uno per me. Ma il mio amico li divora tutti. Mi racconta la sua storia di dolore e sofferenza.
A un certo momento mi viene il dubbio che sia tutto vero, ma la cosa importante è ascoltarlo. È un fiume in piena. Un altro caffè, altro latte, esaurisco i pochi soldi.
Gli do l'indirizzo di un centro per persone senza fissa dimora. «È la prima volta che qualcuno si interessa a me, ci andrò. Svegliarsi ha avuto un senso stamattina».

Tratto da Urs Kerber, "La vida se hace camino"

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Natività di san Giovanni Battista (24 giugno 2018 - 12a dom. del T. O.)
Giovanni è il suo nome (Lc 1,63)

La liturgia di questa domenica è dedicata alla figura del Battista, proposta in tutta la sua grandezza. Fin dal concepimento e nella nascita in Giovanni, agisce in modo decisivo la grazia di Dio, che guida la storia degli uomini. Il segno di questo "potere" di Dio è il miracolo della fecondità di due anziani. La sua nascita infatti è motivo di gioia per i vicini e i parenti perché il "Signore aveva manifestato in Elisabetta la sua grande misericordia". In questo possiamo cogliere una prima rivelazione di chi è Dio. Luca poi insiste sull'imposizione del nome al bambino. Invece di ricevere il nome di suo padre, così come stabiliva la tradizione, viene chiamato Giovanni, che significa "il Signore è misericordioso".
È bello pensare che in tutta la storia biblica l'imposizione del nome da parte di Dio o di Gesù sta ad indicare l'elezione o la nomina ad una determinata funzione. Fin dalla sua nascita, portando il nome che Dio ha indicato per lui, Giovanni si presenta come un eletto chiamato a compiere la missione affidatagli da Dio.
Come possiamo accogliere e vivere questa parola? Innanzitutto possiamo lasciare che Dio fecondi la nostra vita attraverso l'accettazione della sua parola che è Gesù. Poi di fronte all'opera di Dio si richiede da parte nostra il silenzio che ascolta, unito alla voce d'una lode che esalta l'opera di Dio. La figura del Battista ancora chiede a noi di essere attualizzata: Dio sarà con noi se, come Giovanni, prepariamo la via a Gesù per mezzo della conversione e il vivere nell'amore. Infine il nome ci ricorda che davanti a Dio nessuno di noi è parte di una "serie", ma ciascuno è unico, è un "originale", che siamo chiamati a realizzare.

Testimonianza di Parola vissuta

L'AMICO ATEO

Carlo, che si dichiara ateo, un giorno mi confida il dolore che l'ha colpito: i genitori stanno per divorziare in seguito a una sbandata del papà. Oltre alla sofferenza di veder venir meno l'amore trai suoi, per lui è difficile accettare l'idea di dover andare a vivere con l'uno o con l'altra e dividersi dal fratello al quale è molto affezionato. Carlo sa che io sono credente e non accetterebbe nessun consiglio, ma io sento di dirgli ugualmente che prego per questa situazione e che lui può chiamarmi in qualsiasi momento.
Il giorno successivo ricevo una telefonata da Carlo: racconta che, al colmo della disperazione, era riuscito ad accettare il dolore e a… pregare Dio. In effetti lo sento più sollevato. Passano alcuni giorni e il mio amico mi sorprende con questa notizia: non ci sarà né divorzio né separazione dal fratello; la mamma ha trovato la forza di perdonare e insieme al papà hanno rinnovato la propria fede nel sacramento del matrimonio.

S.D. - Trento

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13a domenica del tempo ordinario (1° luglio 2018)
Non temere, soltanto abbi fede! (Mc 5,36)

Dio ha creato per la vita. Sta di fatto che, per gli squilibri apportati dal peccato, la morte regna nel mondo. Però dal Cristo essa viene vinta: è alla vita che spetta l'ultima parola.
Il racconto della figlia di Giairo vuol essere un segno che la morte non spegne la vita dell'uomo e che la fedeltà di Dio permane oltre la morte; è un preludio a ciò che la risurrezione di Gesù annuncerà con maggiore chiarezza; è l'esperienza fatta da alcune persone accanto a Gesù, come Giairo e i discepoli: che vicino a Lui scompare la paura della morte, che essa non è la fine, che Dio non permette la scomparsa totale dell'uomo.
Con Gesù risorto la morte ha cessato di essere una condanna senza appello, un evento senza speranza: la vita continua anche dopo, come dono di Dio. "Non temere, soltanto abbi fede!", dice Gesù a Giairo.
Gesù si è mostrato solidale con tutte le sofferenze umane e ogni volta che ha incontrato come controparte la fede, le ha superate. Chi ha fede, si fida cioè e si affida a Dio, prima o poi la spunta. Le fede guarisce l'emorroissa, ridona la figlia a Giairo.
Paura, scoraggiamento, disperazione: queste sono le cose che uccidono l'uomo. La fede che non vacilla, la speranza che tiene duro nella lotta contro il male: questo porta salvezza all'uomo. Gesù riscatta le lacrime e le ferite dell'umanità, aprendole alla speranza e alla vita. In questa settimana facciamo nostra l'invocazione: "Credo, Signore, ma tu aumenta la mia fede".

Testimonianza di Parola vissuta

IL CORAGGIO DI NON MOLLARE

Avevo sette anni quando i miei si sono separati, perché mio padre beveva; da allora io sono andato a vivere con mia madre e con le mie sorelle. Questa separazione ha lasciato in me tante ferite. Con l'adolescenza, ho cercato nella droga una via di fuga. Ho perso quattro anni nella mia vita e, a mia volta, ho procurato tanta sofferenza ai miei, soprattutto a mia madre. Quando mi sembrava che non ne sarei uscito più, mi hanno proposto di entrare in un comunità di recupero. Dopo tanti dubbi ho accettato l'invito. È stato un cammino lungo, ma in fondo al tunnel ho intravisto la luce. Così mi sono buttato e tra quei giovani ho toccato l'amore di Dio. Ho scoperto Gesù, che aveva dato la sua vita per me.
Gesù Abbandonato non ci ha lasciati soli, nemmeno nella notte più nera: io sono uno di quelli. L'unità con dei giovani, la presenza di Gesù tra di noi mi ha dato la forza di ricominciare. Lui mi faceva una persona nuova e mi aiutava a ricostruire la mia vita, a superare ogni difficoltà. Ho imparato ad amarlo, amando chi si trovava accanto a me. E ho capito che non mi bastava lasciare la droga: volevo essere un vero costruttore di fraternità. Così, finita la cura, ho avuto la responsabilità della comunità di recupero e sono tornato a vivere con mia madre cercando di farle tornare l'amore che mi aveva dato, e ancora di più. Poi mi sono messo in contatto con gli altri giovani della mia città con cui poter vivere per la fraternità. Oggi sono una persona libera, felice, realizzata e voglio dare la mia vita per costruire una società nuova.

Alber - Brasile

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14a domenica del tempo ordinario (8 luglio 2018)
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria (Mc 6,4)

La disastrosa esperienza di Gesù nel proprio paese testimoniano con quanta fatica la verità si faccia strada tra gli uomini. Marco, l'evangelista, ci racconta che Gesù si reca a Nazareth. Come al suo solito, si reca di sabato nella sinagoga. Lì per la prima volta si parla della sua "sapienza". Gesù, avvalendosi del diritto che ogni israelita adulto aveva, si alza, legge e commenta la Scrittura. I presenti rimangono sorpresi e sono "costretti" ad interrogarsi circa l'origine di Gesù stesso. Ma le domande che potevano portare a riconoscere l'origine divina di Gesù, sono ostacolate da una constatazione: l'umiltà delle origini e del lavoro di Gesù. Da qui lo scandalo, che impedisce di credere, di accogliere la verità.
Quante volte anche oggi ci si difende dalla verità, dalla parola esigente del vangelo, dai profeti nostri contemporanei con lo stesso comportamento!
L'intervento di Dio può suscitare l'ostilità che nasce dalla familiarità, dalla conoscenza di lunga data. La consuetudine del "si è sempre fatto così" attenua la capacità di giudizio; l'ordinarietà di colui che è inviato offusca la novità del messaggio. Di fronte a questo come possiamo reagire? Non dare nulla per scontato!
Sappiamo, e papa Francesco ce lo ricorda spesso, che Dio ci anticipa: è Lui a venirci incontro per primo, è Lui che ci precede nell'amore perché egli vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia. Il nostro compito è permettere all'azione di Dio di giungere a compimento.

Testimonianza di Parola vissuta

LA FORZA DI TESTIMONIARE

Nella mia classe di istituto tecnico, la maggioranza dei ragazzi sono abituati a bestemmiare. A me, che sono cristiano praticante, e a un ragazzo musulmano dava molto fastidio, ma non sapevamo cosa fare. Un giorno il ragazzo musulmano è venuto da me per chiedermi come mai io non reagisco davanti alle loro bestemmie e alle loro prese in giro, e io gli risposi che cercavo di perdonarli, poiché sono un cristiano. Abbiamo cominciato a frequentarci, e un giorno ci siamo messi d'accordo per andare a dire ad uno ad uno dei nostri compagni di non parlare in questo modo. All'inizio ci hanno preso un po' in giro, ma sorprendentemente dopo un po' hanno quasi smesso.

G.M. - Trento

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15a domenica del tempo ordinario (15 luglio 2018)
Gesù chiamò a sé i dodici e prese a mandarli… (Mc 6,7)

Nel termine "missione" possiamo riassumere il messaggio della odierna liturgia della Parola. Gesù aveva scelto i Dodici tra i discepoli perché "stessero con lui e per mandarli". Per Marco la comunione con Gesù precede e nutre la missione; non si può annunciare ciò che non si vive. I Dodici l'hanno accompagnato già da un certo tempo, hanno ascoltato i suoi insegnamenti, hanno condotto vita comune con Lui. Ora devono lanciarsi nella missione predicando la conversione e offrendo la "buona notizia" e non solo a parole.
La missione è una proposta di vita. Come tale allora deve avvenire nella massima povertà di mezzi, al di fuori di ogni ricatto. L'unica ricchezza che accompagna i Dodici è quella avuta dal Cristo: il messaggio e il dominio sui demoni, come segno della presenza del regno. Essi partono senza alcun bagaglio su cui contare: non su sé stessi, sui propri mezzi, ma solo su Dio e sulla sua Parola.
Sostanzialmente i Dodici sono chiamati a vivere la loro missione in un'ottica di comunione. Essi sono chiamati a costruire legami con Gesù, innanzitutto, perché è questa esperienza di familiarità che devono annunciare. Tra di loro, in secondo luogo, perché devono camminare a due a due, confidando sulla compagnia e testimonianza del fratello che li accompagna piuttosto che su mezzi materiali.
Possiamo vivere in questa settimana questa parola cercando di essere persone di dialogo e di comunione.

Testimonianza di Parola vissuta

ANCHE GESÙ FACEVA RIBREZZO…

All'arrivo del metrò mi sono stupita di trovare subito tre posti a sedere proprio vicino alla porta di entrata. Mi sono accomodata, inforcati gli occhiali per leggere la rivista che avevo con me, ma sono disturbata da un forte puzzo di cui non capisco la provenienza. La vettura si mette in moto e l'odore si fa sempre più intenso. Allora mi guardo intorno e vedo che seduto accanto a me, al di là dei due posti rimasti vuoti, sta sonnecchiando un "barbone": barba lunga, capelli arruffati, vari strati di panni sporchi e sgualciti. Ho subito pensato di spostarmi, anche perché il tragitto per arrivare a casa era piuttosto lungo, ma una voce nel profondo mi ha ricordato che "ogni uomo è immagine di Dio, fatto a Sua somiglianza". Anche Gesù quel venerdì santo non doveva essere proprio profumato dopo una notte in prigione, la flagellazione, la corona di spine... eppure "Ecco l'Uomo!". Non mi sono mossa dal mio posto anche se vedevo - ma solo allora e magari nella mia interpretazione - gli sguardi ironici e un po' schifati dei miei dirimpettai.

L.P., Milano

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16a domenica del tempo ordinario (22 luglio 2018)
Gesù… ebbe compassione di loro (Mc 6,34)

L'evangelista Marco ci presenta Gesù che, al vedere la moltitudine, è preso da compassione, poiché essi sono come pecore senza pastore. Da sempre Israele desiderava che Dio potesse ritrovarsi con il suo popolo, che Dio radunasse il suo gregge, cercando la pecora smarrita. Gesù è la realizzazione di questo desiderio.
Gesù assicura a tutti la salvezza. Gesù si rivela come pastore in grado di soddisfare l'intera fame e sete dell'uma-nità. Il suo amore non nasce da calcoli o da corresponsioni, ma da assoluta gratuità, come l'amore materno. Questa cura di Gesù, come pastore delle sue pecore, si concretizza nell'insegnamento: "egli si mise insegnare loro molte cose".
Prima della fame fisica, che Gesù soddisferà, è la fame della sua Parola che va colmata. Gesù ha davanti una folla, ma sappiamo che Lui ama uno ad uno. La sua compassione è concreta e nasce dalle situazioni così come si presentano. Gesù vive la passione altrui con la propria passione. Tutta la persona è coinvolta. E Gesù propone a ciascuno il suo modo di comportarsi. La compassione è un amore che sa accogliere ogni prossimo, specie il più povero e bisognoso. È un amore che non misura, abbondante, universale, concreto. Un amore che tende a suscitare reciprocità.
Cerchiamo in questa settimana di vivere guidati da questo amore, sapendo che Gesù è sì modello, ma anche sorgente.

Testimonianza di Parola vissuta

LA FORZA DELLA FEDE

Conosco bene la situazione della mia salute: metastasi al fegato e alle ossa. Eppure ho molta fiducia, perché ci sono tante persone che stanno pregando per me. Desidero con tutto il cuore continuare a vivere su questa terra per guidare i miei figli. Uno di loro in particolare che si era allontanato dalla fede. Penso che il Signore abbia permesso la mia malattia per attirare nuovamente a Sé questo mio figlio: ha ricominciato a pregare e a frequentare la messa e i sacramenti. Mia moglie è un vero angelo, perché, non solo mi conforta, ma mi sprona a reagire nella lotta contro la malattia.
Sono in ospedale per sottopormi a tutte le cure necessarie, perché posso chiedere a Dio un miracolo, se faccio bene la mia parte. Il cappellano mi ha detto che sono già guarito, almeno interiormente perché vivo la malattia da sano. Già questo è un miracolo. Inoltre il dono della fede mi dà la certezza di una vita piena oltre la morte e la capacità di essere ancora più presente alla mia famiglia. Mi metto nelle mani di Dio: la mia parte è ridotta ai minimi termini in confronto alla sua.

Sebastián C. - Mendoza, Argentina

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17a domenica del tempo ordinario (29 luglio 2018)
Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede….(Gv 6,11)

La liberazione dalla carestia, dall'indigenza e dalla fame si rivela nel pane di uno condiviso tra tutti. La Parola di Dio diviene salvezza per tutti quando e perché ottiene la condivisione dei beni. Gesù è "pane di vita" dell'uomo perché stimola a quella solidarietà. Questo il messaggio, e il miracolo, che oggi la liturgia ci propone.
Moltissima gente segue Gesù, colpita dai segni che egli compie sugli infermi. Ma si tratta di una sequela interessata all'immediato.
Gesù rivolge a Filippo una domanda, che ricorda l'eterna fame dell'uomo e suggerisce di saziarla. Filippo risponde in termini prettamente umani di soldi. Analoga impossibilità di soluzione è la proposta di Andrea, che con il buon senso fa presente il poco pane e pesce di un ragazzino. Nel contempo, però, Andrea comincia a prospettare una logica di condivisione, che la potenza di Gesù trasformerà in cibo sovrabbondante. Il ragazzo diventa il simbolo di ogni cristiano, anche il più semplice, chiamato a condividere.
E perché condividere? "Qualcuno mi ha detto che non si azzarderebbe a toccare un lebbroso neppure per un milione di dollari. Neppure io lo farei; neppure non per uno ma neanche per due milioni di dollari. Invece lo faccio gratuitamente, per amore di Dio" (Madre Teresa di Calcutta). Ed è bello farlo nel rendimento di grazie perché quello che sono e quello che possiedo se lo tengo per me non serve a nessuno; se lo metto in circolo giova a me e agli altri.
Il Signore chiede anche a noi oggi i cinque pani e i due pesci. Impariamo a darli con gioia per la vita dell'intera umanità.

Testimonianza di Parola vissuta

PREGARE È ENTRARE NEI BISOGNI DEGLI ALTRI

Ero in chiesa, in fila per andare a ricevere l'Eucaristia. Verso le prime file vedo una vecchietta che guarda come se avesse bisogno di qualcosa. Mi avvicino, lei chiede aiuto per essere accompagnata a ricevere l'Eucaristia. Poi la riaccompagno al banco.
Alla fine della Messa, vedo che la vecchietta è ancora lì. Qualcuno la sta sostenendo: è morta.
Quella celebrazione non la dimentico. Qualcuno mi ha ricordato che pregare significa entrare nella realtà, accorgersi dei bisogni degli altri.

T.M.

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18a domenica del tempo ordinario (5 agosto 2018)
Chi viene a me non avrà fame….(Gv 6,35)

L'uomo non può vivere senza sicurezze. Per questo è sempre alla ricerca di qualcosa che dia stabilità alla sua vita, ricerca di un "pane" che non sia semplicemente terreno, sempre inadeguato e in pericolo di venir meno.
A differenza della manna che non liberava Israele dall'incertezza quotidiana, Gesù si presenta come "pane di vita" che sazia per sempre. Lui è l' "uomo nuovo" che siamo invitati a rivestire, che è in grado di orientare e alimentare la nostra vita.
Gesù, dietro l'incalzare appassionato della folla, si presenta come "pane della vita" in grado di soddisfare per sempre le più profonde richieste umane, perché "disceso" dal cielo". Per cui andare a Lui significa non avere più né "fame" né "sete", significa trovarsi "saziati" per sempre.
È bello allora chiedersi in quale senso Gesù è il nostro autentico pane di vita? È proprio Lui il centro della nostra esistenza? Certo sappiamo che nell'Eucaristia Gesù si dona a noi per trasformarci in Lui. Ma è anche vero che noi diventiamo simili a Lui quando Lui, e Lui solo, diventa il nostro cibo.
Pane della vita, Gesù ci dà la forza di condurre un'esistenza semplice, capace di accettare la rinuncia con gioia, perché trasforma la rinuncia in dedizione. Chi desidera questa vita semplice, vicino a Dio, cerca la comunione con Gesù, va da Lui: così non avrà più fame né sete per l'eternità. E come Gesù è diventato nostro "pane" perché ha donato tutta la sua vita per noi, noi lo diventiamo per i nostri fratelli se facciamo altrettanto, quando cioè ci doniamo loro.

Testimonianza di Parola vissuta

LA PAROLA VISSUTA RISANA

Nel Benin da diversi anni si organizzano incontri con i detenuti per portare la luce della Parola di Dio. Spesso i prigionieri sono respinti sia dalla società sia dalle proprie famiglie. La lettura della Parola di Dio riesce ad aprire varchi inaspettati nelle persone facendo germogliare rapporti profondi che riguardano non soltanto la fede ma anche i vissuti spesso di sofferenza che i detenuti raramente riescono a raccontare, come per esempio i motivi della loro detenzione. Questo permette ai volontari di intervenire presso il tribunale, affinché il caso di alcuni sia preso in considerazione: ci sono infatti persone in carcere da dieci, quindici anni senza essere mai state ascoltate da un giudice. Molti casi hanno trovato so-luzione, e i prigionieri detenuti ingiustamente, sono stati liberati. Tra le storie spicca quella di Paula detenuta ingiustamente in carcere a causa di suo marito senza avere alcuna notizia dei suoi figli. Paula si apre in un rapporto profondo con una delle volontarie che la va a trovare in carcere per gli incontri sulla Parola. Lentamente trova dentro di sé la forza del perdono fino a quando il tribunale la chiama per comunicarle la sua liberazione. Paula però sa di tornare a casa con il cuore liberato dal peso dell'odio e della vendetta.

L.V.

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19a domenica del tempo ordinario (12 agosto 2018)
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo (Gv 6,51)

Come Elia nel deserto è salvato da un pane provvidenziale, così l'uomo, specie nei momenti di crisi, si rende conto che non gli può bastare un pane "terreno". Gesù si presenta come "pane disceso dal cielo" perché chi ne mangia non muoia, ma viva in eterno. Egli è diventato salvezza dell'uomo perché ha dato se stesso per noi. Gesù è la piena rivelazione di Dio perché è disceso dal cielo, è Colui che il Padre ha donato.
Tutto questo è accessibile solo al credente. Infatti attorno a Gesù, di fronte a questa affermazione, la reazione è la "mormorazione", che significa incredulità e obiezione al disegno di Dio. Gesù non si ferma a dare una spiegazione; invita a rifiutare il comportamento incredulo lasciandosi attrarre dal Padre, ponendosi in suo ascolto e imparando da Lui.
Essere "scolari di Dio", lasciarsi da Lui istruire: significa per noi ascoltare Dio e la sua Parola, accorgersi del suo insegnamento e imparare ad accoglierlo. Questo ascolto si attua nel giusto modo soltanto se si fa proprio quello che si è udito. Oggi per esempio, udiamo l'espressione "io sono il pane vivo". Gesù si presenta come pane.
Tutti noi lo vediamo sopra le nostre tavole, tutti godiamo della sua fragranza. Quante volte abbiamo sentito il suo profumo, il profumo di pane appena sfornato. Gesù oggi si dona a me con questa immagine. Gesù si lascia mangiare.
Anch'io posso essere come Gesù. Mi lascio "mangiare" da chi incontro. Posso essere per loro come un pezzo di pane profumato. Quindi si va a Gesù nella fede: si mangia di Lui come del pane. Quindi anch'io mi lascio "mangiare" dagli altri come il pane. A questa condizione la vita eterna, che significa vita piena, realizzata, è in atto: la "mia" vita è "piena".

Testimonianza di Parola vissuta

L'AMORE CHE SA ACCOGLIERE

Quando nostra figlia ci ha telefonato di essere prossima al divorzio, è stato per noi un grande colpo. Non serviva ribellarsi o fare prediche, ma solo condividere il suo dolore. Ho cercato comunque di non farle sentire che era sola, anche perché vive in un altro Stato. Quando è venuta a stare da noi per qualche giorno con i suoi due bambini, l'abbiamo accolta con particolare affetto e calore.
Grande la nostra gioia quando, tornata a casa, ci ha comunicato che voleva fare tutta la sua parte per ricostruire il matrimonio, piuttosto che andare avanti con le pratiche per il divorzio.

J.S. - Usa

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Assunzione della Beata Vergine Maria (15 agosto 2018)
Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente (Lc 1,49)

Nel cuore dell'estate la Chiesa ci invita a guardare Maria. Docile alla parola di Dio, la Chiesa ha compreso Maria come la creatura umana più "gratificata" da Dio.
Piena di grazia è chiamata dall'angelo. Quindi da sempre essa è immensamente amata da Dio, di un amore che sa trasformare in profondità. Maria, Colei che la grazia ha trasformato; Colei che è stata creata in grazia. Non perché lo richiedesse qualche suo merito. In Lei c'è solo accoglienza a partire dal dono. Nata ricolma dell'amore dello Spirito Santo, Maria offre ogni giorno il suo "sì", vivendo di fede e compiendo in sé il disegno della divina maternità.
Maria è Colei che ha realizzato con completezza il disegno che Dio le ha proposto. Lei guardando alla sua vita scopre una Presenza e loda e ringrazia Dio perché "grandi cose ha fatto per me".
È un invito anche per noi questa affermazione di Maria nel suo cantico: guardare alla nostra vita, quella quotidiana, come ad un luogo abitato da Dio che agisce, che opera. Lo sappiamo: niente ci capita "a caso", ma tutto è dono, tutto è grazia. Anche per noi, come per Maria, Dio fa: permette quell'incontro, quel fatto, quella lettura, quell'essere presente a quella situazione di sofferenza, di gioia… Puoi aspettare che passi o puoi vivere come viveva Maria: conservava nel suo cuore e fatto dopo fatto scopriva il realizzarsi del disegno di Dio.
Maria ha detto il suo "" all'angelo, a Cana di Galilea, mentre seguiva Gesù per le strade della Palestina, ai piedi della croce, nel cenacolo in attesa della Pentecoste. Anche noi "figli" possiamo essere come la Madre.

Testimonianza di Parola vissuta

GUARDARE LA VITA CON OCCHI NUOVI

Molte volte, arrivando a casa, avverto il vuoto lasciato dalla morte di mia moglie e preferirei stare solo, tranquillo, ma sento che devo scordarmi di me stesso e alimentare il rapporto con i miei figli. È difficile essere padre e madre insieme!
L'altra sera, mi sono accorto che tutti erano ancora alzati: avrei voluto riposare, invece mi sono messo a giocare con loro, dimenticando la stanchezza. Con mia sorpresa, uno di loro, col quale il rapporto era stato sempre difficile, mi si è avvicinato con affetto e si è seduto sulle mie ginocchia. Non lo aveva mai fatto.

S.R. - Usa

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20a domenica del tempo ordinario (19 agosto 2018)
Chi mangia la mia carne… rimane in me e io in lui (Gv 6,56)

Il tema su Gesù "pane vivo", già presente nella liturgia da due domeniche, oggi ci orienta all'Eucaristia. Il banchetto proposto da Cristo a quanti aspirano alla vita eterna, è il banchetto che i credenti ricordano e celebrano nelle loro assemblee eucaristiche, mentre cantano con gratitudine e gioia al Signore, nella ricerca della sua volontà per vivere da "saggi".
Gesù è il pane vivo disceso dal cielo; perciò chi ne "mangia" "vive in eterno". Mangiare la sua carne e bere il suo sangue significa far propria la sua vita, le sue scelte per il Padre e per gli uomini. Per questo san Giovanni parla del nostro "rimanere" in Gesù e di Gesù, che quando lo riceviamo, "rimane" in noi. Rimanere dice una condizione di vita. Non è un momento passeggero, ma una realtà duratura. Ogni Eucaristia che riceviamo porta in noi la vita di Gesù, ci unisce a Lui e unifica i cristiani.
Ci fa bene pensare al dono che Gesù fa di sé a chi lo riceve. Come ci fa bene pensare che, dopo aver ricevuto l'Eucaristia, Gesù rimane in noi e noi siamo chiamati attraverso il nostro agire mostrare l'agire di Gesù, attraverso il nostro modo di pensare, di lottare, di incontrare… mostriamo il pensare, il lottare, l'incontrare che erano propri di Gesù.
Diventa vera quell'antichissima preghiera: Cristo non ha mani, ha le tue mani per aiutare gli uomini oggi; Cristo non ha piedi, ha soltanto i tuoi piedi per camminare sulle strade oggi. Quando riceviamo Gesù Eucaristia riceviamo il cuore, le mani, i piedi, gli occhi di Gesù.

Testimonianza di Parola vissuta

LA RIPROVA DELL'«ULTIMA CENA»

Mi hanno invitato a portare l'Eucarestia ad un anziano ammalato. Entrando nella sua stanza, lo saluto e gli dico il motivo della mia visita. La sua risposta mi lascia di stucco: "Macché comunione! Piuttosto, lavami i piedi". Mi procuro il necessario, gli lavo i piedi con cura e poi mi congedo, ringraziandolo per avermi dato la possibilità di stare un po' con lui. Sto per uscire ed egli mi richiama: "Don Carlo, non mi dai la comunione?". Si confessa e riceve Gesù con fede. Voleva una riprova che l'Ultima Cena non era una favola.

don Carlo M.

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21a domenica del tempo ordinario (26 agosto 2018)
Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna (Mt Gv 6,68)

La vita dell'uomo è una scelta continua: tra bene e male, tra speranza e disperazione, tra fede e incredulità. Per tutti arriva il momento della crisi, della scelta. Avvenne per gli Israeliti quando Giosuè chiede al popolo, dopo la liberazione dall'Egitto, di scegliere se servire il Signore Dio o gli dèi pagani; avvenne per i discepoli di Gesù di fronte al "discorso sul pane", sul "mangiare la sua carne"; avviene oggi per ogni cristiano che partecipa alla messa.
Il vangelo presenta un chiaro appello alla scelta: quella che hanno fatto i discepoli dopo il discorso eucaristico. Essi trovano il messaggio di Gesù "duro" da intendere, per cui molti scelgono di abbandonarlo. I dodici invece, anche se non comprendono tutto con chiarezza, decidono di restare col Maestro. La risposta di Pietro è una risposta di fede. Egli decide di restare e lo fa rappresentando gli apostoli. Pietro proclama: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio".
Credere e conoscere non indicano tanto una relazione intellettuale, ma una comunione intima di vita; appunto una scelta. Nella settimana che ci sta davanti ripetiamo, almeno qualche volta, questa espressione di Pietro: "Tu, Signore, hai parole di vita eterna". Ripetiamola non solo per noi, per rafforzare la nostra fede e la nostra scelta di Gesù. Proviamo ripeterla anche per qualcuno che conosciamo e che ha qualche difficoltà di fede. E questo non per ignorare la sua libertà di scelta, ma perché ci sentiamo un corpo, una famiglia.

Testimonianza di Parola vissuta

LA FORZA DEL SUO AMORE

Nell'ottobre del 2012, portavo mio marito, che era in carrozzina per morivi di salute, a fare delle terapie all'ospedale. Terminata la terapia, una mattina l'ho condotto nella cappella del policlinico, davanti all'immagine di Maria. Appena entrati ho notato la sua commozione, ma non ha parlato.
Dopo alcuni giorni mi ha confidato che, davanti alla Madonna, aveva sentito nell'intimo una voce che gli diceva: "Bentornato figlio mio! È da tanto tempo che ti aspettavo!". Da quel giorno la sua vita è cambiata; la nostra vita di coppia è cambiata totalmente.
Abbiamo vissuto l'ultimo mese della sua vita, sì nel dolore, poiché il suo fisico stava cedendo, ma anche nell'amore; un amore puro, semplice, spontaneo e sereno; complici nel donarci per amore del Signore Gesù, sembrava un amore "sollevato dalla terra".
Quando se n'è andato, pur nel dolore, non ho chiesto a Dio: "Perché?". Lui mi ha dato la forza del Suo Amore!
Abbiamo sperimentato nella nostra vita matrimoniale che, anche nella prova, c'è la Luce della Sua Grazia.

Daniela - VR

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22a domenica del tempo ordinario (2 settembre 2018)
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini (Mc 7,8)

Di fronte alle leggi umane e alle tradizioni religiose o sociali, che tendono a diventare un assoluto, Gesù sottolinea il primato della volontà divina e indica nel valore interiore della coscienza la radice del comportamento umano, il criterio della moralità.
La Parola di Dio di questa domenica ci invita a meditare sul valore e la funzione dei comandamenti di Dio. Essi hanno lo scopo di esprimere la volontà divina nei confronti dell'uomo. Impegnano nella misura in cui sanno interpretare la volontà di Dio. Ma l'uomo è sempre tentato a barricarsi di fronte alle esigenze dei comandamenti di Dio, di evaderle; sia dispensandosi dalla ricerca, da un continuo approfondimento; sia limitandosi ad una semplice osservanza esteriore; sia contrapponendovi o mettendoli sullo stesso piano delle tradizioni umane.
Gesù contesta tutto questo nell'odierno brano evangelico. Agli scribi e farisei, preoccupati di fare osservare la "tradizione degli antichi" spesso in contrasto con le più vere esigenze del comandamento di Dio, egli rinfaccia il loro formalismo, il loro conformismo. È la volontà di Dio che deve stare al primo posto e al di sopra di ogni tradizione umana.
Una volontà di Dio conosciuta nell'ascolto attento e amoroso della sua Parola. Perché non è la correttezza esteriore che conta, ma l'intenzione del cuore, la scelta della coscienza, di chi conosce la Parola di Dio e agisce di conseguenza. Dio vuole un confronto diretto con la sua Parola, vuole che lo ascoltiamo nell'intimo della coscienza.

Testimonianza di Parola vissuta

L'AMORE SORPRENDE, ANCHE IN TRIBUNALE

Nonostante mi sia preparato con le migliori intenzioni, questo lunedì l'udienza è triste e spenta. Alla fine della mattinata sono scoraggiato per questa giustizia talvolta così facile da sbrigare. Sento di dover fare qualcosa. Intanto si presenta l'ultimo imputato. Sembra più vecchio dell'età che ha. È già stato in prigione e stavolta è stato sorpreso con una macchina rubata. Da lui vengo a sapere che, una volta uscito di prigione, lavorava regolarmente; il suo datore di lavoro era soddisfatto. Allora modifico la requisitoria e chiedo al tribunale una pena detentiva da scontare durante le ferie annuali. Così potrà mantenere il suo lavoro. Il tribunale accetta.
Pochi giorni dopo, mi telefona un giornalista televisivo sorpreso dal mio atteggiamento. Rispondo che non ho fatto altro che il mio mestiere, utilizzando tutte le risorse della legge. Nel corso del programma quel giornalista ha ripreso il fatto, concludendo così: «Applicando la legge con cuore e intelligenza, si può rendere giustizia umana».

A.B. F. – Francia

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23a domenica del tempo ordinario (9 settembre 2018)
Gesù fa udire i sordi e fa parlare i muti (Mc 7,37)

La salvezza annunciata dal profeta Isaia come conseguenza della venuta di Dio e identificata nella fine delle sofferenze dell'uomo, trova la sua realizzazione nell'opera di Gesù. Egli, nella guarigione del sordomuto, manifesta la presenza della potenza salvifica di Dio e la propria missione di "aprire" l'uomo alla fede e alla speranza. Dio ha veramente "scelto i poveri del mondo" per ridare loro fiducia e renderli "eredi del regno".
Nel vangelo odierno ascoltiamo Gesù che "fa udire i sordi e fa parlare i muti". In questa guarigione Gesù testimonia la vicinanza di Dio, una presenza fedele alle promesse fatte, sensibile ai desideri dell'uomo; una presenza che dà ragione alla speranza. Gesù "apre" l'uomo, in particolare lo libera dalla sua sordità interiore, dall'incapacità di ascoltare e di intendere. E chi capisce può anche parlare, può agire rettamente. La creatura viene restituita dal Cristo alla comprensione della sua dignità e del suo futuro.
Oggi udiamo molto. C'è un frastuono di voci attorno a noi, forse anche troppe. Ma non basta ascoltare; bisogna anche intendere, saper afferrare e valutare le cose e i fatti. La sordità fisica di un fratello ci impressiona molto, ma una sordità morale o spirituale, cioè l'incapacità di aprirsi ai vari problemi, questa neppure l'avvertiamo. È specialmente da questa sordità che abbiamo bisogno di essere liberati da Dio.
Il racconto evangelico di Marco ci presenta Gesù come "uomo degli incontri" e chi lo incontra non resta mai lo stesso, ma viene trasformato. Lasciamoci anche noi "toccare" da Gesù, dalla sua parola, dalla sua grazia. E la liberazione che egli ci offre è una vocazione al disarmo del cuore, all'ascolto vero e all'incontro.

Testimonianza di Parola vissuta

LA VITA NON HA ETÀ

Sono un'insegnante che aveva paura di invecchiare. Riflettendo ho capito che la vera paura era che gli altri non avessero più bisogno di me come insegnante, come madre, come donna.
Al colmo dell'angoscia, che aumentava con i giorni e le rughe, mi è sembrata una scoperta l'idea che nulla e nessuno mi avrebbe potuto impedire di amare, di dare piuttosto che attendere.
Ora mi sento più giovane di quando la mia vita era segnata dagli abiti eleganti e dalle feste per sfoggiare i miei gioielli. Il vero gioiello è la libera capacità di fare il bene. Diceva Albert Schweitzer: "La tragedia della vita è ciò che muore dentro un uomo, mentre egli è ancora vivo".

Gianna - Italia

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24a domenica del tempo ordinario (16 settembre 2018)
Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo (Mc 8,28)

Il regno di Dio non si impone con l'autoritarismo o con il potere; si attua solo nel sacrificio, nella disponibilità a donare la propria vita per gli altri. È ciò che proclama Gesù; ma non l'ha capito Pietro, che pure ha intuito chi è Gesù né ognuno di noi, ogni volta che ci limitiamo ad una fede senza le opere, a una fede comoda.
Il brano evangelico ci presenta Gesù in cammino con i discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo: a dirci subito che la "scoperta" di Gesù è un cammino. Lungo il viaggio Gesù interroga i discepoli, domandando loro che cosa pensasse la gente della sua persona. Ne risulta una percezione imperfetta: Gesù è un uomo del "passato".
Egli allora interpella i discepoli e rivolge loro la stessa domanda. Ora essi non possono rispondere "per sentito dire", ma la risposta deve essere necessariamente personale. A nome di tutti risponde Pietro: "Tu sei il Cristo", cioè tu sei il Messia. Pietro lo riconosce come il definitivo "Unto" di Dio, che avrebbe condotto il popolo alla salvezza definitiva.
Ma anche questa risposta non basta a Gesù perché c'è modo e modo di pensarlo. In fondo la domanda di Gesù è profonda e va al cuore. E come se ci chiedesse: volete parlare di me, o volete vivere per me, con me e in me? In altre parole: Gesù Cristo per i discepoli è una teoria tra tante o una persona unica e irripetibile: un Dio che si è fatto servo dell'uomo fino alla croce. E questo Gesù propone a ciascuno: instaurare un legame indistruttibile di amore con la sua persona, vivere come Lui una vita all'insegna della gratuità e del dono totale di sé, fino a dare la propria vita.

Testimonianza di Parola vissuta

TESTIMONE DELL'AMORE DI DIO

Don Fabrizio De Michino, nato in un quartiere di Napoli, è morto il 1° gennaio 2014. Aveva 31 anni. Due mesi prima, ad ottobre, aveva concelebrato con papa Francesco e gli aveva presentato una lettera in cui diceva tra l'altro: «In questa parrocchia ho potuto ampliare il mio amore fiducioso verso la Madre celeste, sperimentando anche nelle difficoltà la sua vicinanza e protezione. Purtroppo sono tre anni che mi trovo a lottare contro una malattia rara: un tumore all'interno del cuore e da qualche mese anche nuove metastasi al fegato e alla milza.
In questi anni non facili non ho mai perso la gioia di essere annunciatore del Vangelo. Anche nella stanchezza percepisco davvero questa forza che non viene da me, ma da Dio…
Offro al Signore tutto questo per il bene della Chiesa e per lei in modo particolare, perché il Signore la benedica sempre e la accompagni in questo ministero di servizio e amore. Quello che chiedo ogni giorno al Signore è di fare la sua volontà, sempre e comunque. Spesso, è vero, non chiedo a Dio la mia guarigione, ma chiedo la forza e la gioia di continuare ad essere vero testimone del suo amore.
Certo delle sue paterne preghiere, la saluto devotamente».

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25a domenica del tempo ordinario (23 settembre 2018)
Il Figlio dell'uomo viene consegnato (Mc 9,31)

L'uomo retto non ha vita facile: è perseguitato e messo a morte. La nostra esperienza conferma pienamente quella biblica: non è la giustizia che il più delle volte interessa, ma il prestigio, la grandezza, il possesso. Per ottenerli si litiga, si ricorre anche all'omicidio e alla guerra. Ma tra i cristiani non deve essere così: essi sono chiamati ad avere altri criteri di condotta: conta chi diventa "l'ultimo di tutti e il servitore di tutti", come dice Gesù nel Vangelo.
Gesù accompagnato dai suoi discepoli attraversa la Galilea e inizia il grande viaggio verso Gerusalemme. Il cammino diventa il luogo della riflessione sul modo di essere discepoli. La strada è nell'evangelista Marco simbolo del dono di sé, del farsi piccolo e prossimo. E facendo presente al lettore il fatto che Gesù voglia fare questo viaggio in incognito, l'evangelista dice che il suo insegnamento, dato lungo il cammino è riservato ai discepoli.
Marco ci dice che Gesù "viene consegnato": quella di Gesù cioè non è una morte qualsiasi, ma una vera "morte per". Gesù si dona tutto. E coinvolge noi, che vogliamo essere suoi discepoli in questo cammino umile, servizievole, discreto, che sfocia nella passione perché è un cammino di crescita nell'amore, nel dono di sé, nel sacrificio per amore.
Allora in questa settimana, che vede ormai l'inizio del nuovo anno pastorale nelle parrocchie, cerchiamo di essere attenti alle "motivazioni" che ci spingono ad agire. Il fatto che Gesù si è "consegnato" ci impegna a far sì che tutto quello che facciamo nasca dall'amore. Quindi non solo ci chiediamo "come lo faccio?", ma anche "perché lo faccio?".

Testimonianza di Parola vissuta

ALLE VOLTE BASTANO PICCOLI GESTI

Mio padre è morto vittima della Guerra e già da piccolo ho sentito la responsabilità nei confronti di mia madre e delle mie due sorelle più piccole. Nelle vacanze dovevo lavorare duro per mantenere la mia famiglia. Dopo 10 ore di lavoro al giorno riuscivo a guadagnare un dollaro e mezzo alla settimana!
Una volta ho ricevuto la paga ed era di meno di quanto era fissato. Volevo reagire violentemente perché essendo un salario così basso questa mi sembrava una azione ingiusta, ma subito mi sono ricordato dell'impegno preso per costruire un mondo diverso, facendo dell'arte di amare la mia regola di vita. Ho cercato di non giudicare e aspettare l'indomani per chiedergli il resto dei soldi. Il proprietario del negozio accortosi dell’errore si è scusato molto e il nostro rapporto non solo non si è rotto ma è diventato più bello.
Un ragazzo che lavora con me, da alcuni giorni non mi parlava e aveva un atteggiamento aggressivo nei miei confronti. "Amare per primo" mi sono detto, allora sono andato a comprare un gelato per offrirglielo. Lui è rimasto sorpreso e mi ha chiesto il perché del mio modo di fare. Gli ho risposto semplicemente "perché amo la pace". Da quel momento è diventato un fedelissimo amico e condividiamo insieme lo stesso impegno di vita.
Ho visto, con queste due esperienze, che sono i piccoli gesti di amore che fanno sì che i rapporti si trasformino, generando quella pace che tutti noi tanto desideriamo vivere in noi e tra noi.

R.Z. - Medio Oriente

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26a domenica del tempo ordinario (30 settembre 2018)
Chi non è contro di noi è per noi (Mc 9,40)

Come lo Spirito non si limita, nella sua azione, a Mosè e ai settanta anziani nell'esperienza dell'Esodo, ma è molto più libero, così sono al servizio del regno non solo i discepoli, ma anche le persone più indipendenti. Ciò che infatti determina l'entrata nella "vita", nel "regno di Dio" non è l'appartenenza esteriore al gruppo dei credenti, ma l'aver sradicato dalla propria esistenza tutto ciò che è fonte di male, lo sfruttamento del prossimo, la ricchezza ingiustamente accumulata.
La pagina evangelica odierna ci aiuta a valutare i pericoli che possono far inciampare la fede personale o di altri fratelli. Il brano si apre con l'apostolo Giovanni preoccupato per un individuo, simpatizzante di Gesù, che scacciava i demoni nel nome stesso di Gesù, pur non appartenendo alla cerchia dei discepoli. Egli vorrebbe impedirglielo, perché non segue il gruppo. La risposta di Gesù è nettamente negativa: "non glielo impedite". A dire: chi non è contro Gesù e i suoi, collabora in modo originale con loro: "chi non è contro di noi è per noi".
Bellissimo questo sguardo di Gesù: in ogni bene c'è l'impronta di Dio. Gesù ci fa capire che il regno di Dio si esprime anche altrove e mediante altri strumenti; più precisamente, ovunque si agisce come Lui e mediante tutti coloro che si ispirano al suo messaggio. Ciò che conta non è l'etichetta esteriore, lo stare materialmente accanto a Lui, ma realizzare la sua stessa opera. Chi ama gode del bene altrui. Il bene non va impedito. Gesù non vede negli altri nemici o antagonisti, ma fratelli da amare. Viviamo questa settimana con questo cuore grande e con questo sguardo positivo: dove c'è del bene, c'è una presenza di Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

LA VITA È SEMPRE UN DONO

Sono un'infermiera slovena, in Italia da 15 anni. Per un certo periodo ho assistito un uomo di 63 anni affetto da un tumore gravissimo.
Ad un certo punto mi ha chiamata per dirmi con forza: "Tu sai come farmi morire subito e io voglio che tu lo faccia". Insieme alla moglie, al medico curante e all'infermiera che mi dava il cambio ho cercato di capire fino in fondo il suo dramma e di adoperarmi per migliorare più che si poteva la qualità della sua vita. Poi abbiamo potuto dirgli che la vita va vissuta fino alla fine, che ogni attimo era un dono per lui, per ciascuno dei suoi cari e per quanti gli stavano vicino. Dopo una settimana ha chiamato ad uno ad uno i suoi tre figli e la moglie, lasciando a ciascuno il suo testamento spirituale.
In lui era tornata la pace. In un momento in cui eravamo tutti presenti, ci ha ringraziato per averlo aiutato a resistere e ad accettare quel disegno di Dio così doloroso e misterioso.

M.S. - Italia

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27a domenica del tempo ordinario (7 ottobre 2018)
L'uomo non divida quello che Dio ha unito (Mc 10,9)

La liturgia odierna rappresenta un'occasione per riflettere sul rapporto uomo-donna e sulla vita matrimoniale alla luce della parola di Dio. Complementarietà tra maschi e femmine, uguale dignità fra uomo e donna, l'indissolubilità del vincolo matrimoniale sono le idee principali presentate dalle letture. "I due saranno una sola carne", cioè un solo essere, una sola personalità. Perché così è e deve essere l'amore tra uomo e donna: potente fino a separare dai propri genitori, vitale sì da formare una nuova esistenza, esigente a tal punto da non venir mai meno.
Uomo e donna sono chiamati, nel matrimonio, ad una reciprocità - incontro - completezza che si realizzi a tutti i livelli. Non si tratta più di un camminare "soli", ma "assieme" verso la propria realizzazione, verso i fratelli, verso il Signore. Una tale unione è voluta dalla volontà di Dio. È a questa, all'ordine originario, alle esigenze proprie dell'amore, che Gesù si rifà nella sua discussione con i farisei. Gesù non contraddice Mosè, anzi, lo difende e lo considera addirittura come un testimone dell'ordine originario della creazione.
Il fatto che Gesù ci inviti a risalire all'originaria volontà creatrice di Dio, ci fa capire che esso si àncora nell'amore creatore per il mondo e per l'uomo. E noi, fatti a sua immagine e somiglianza, sentiamo di essere fatti per amare. Il disegno originario di Dio sull'umanità è che essa sia un luogo di relazioni vere e profonde tra creature, e dove noi impariamo ad entrare sempre più profondamente in relazione con il Creatore.

Testimonianza di Parola vissuta

TOGLIERE LA POLVERE

Sto spolverando, passo da un oggetto all'altro e tutto mi scivola sotto le dita. Lo straccio si sofferma sulla foto del nostro matrimonio: il nostro sguardo era perso in un mondo solo nostro e provo nostalgia di quei momenti. Ricordo quante volte durante il fidanzamento passavamo del tempo in macchina anche solo a guardarci in silenzio: ognuno trovava nell'altro tutta la sicurezza per costruire il futuro. Ora le nostre giornate sono piene di così tanti impegni, che non ricordo più neanche l'ultima volta che lui mi ha guardato, riuscendo a vedere solo me e a chiedermi: come stai? Tra noi si parla solo di cose da fare: tutto mi sembra così uguale, così privo di qualsiasi novità. Abbiamo lasciato che il tempo ci facesse scivolare nell'abitudine dello stare insieme e togliesse la possibilità di scoprire in noi cose belle e nuove che ancora possiamo donarci. L'amore, che pure sento ancora vivo tra noi, si è opacizzato.
Ma ho deciso: spolvero questo vetro e spolvererò anche il nostro matrimonio. Toglierò la polvere dagli occhi e stasera accoglierò il mio sposo guardandolo come allora, come quando Gesù me lo ha affidato il giorno del matrimonio.

M. C.

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28a domenica del tempo ordinario (14 ottobre 2018)
Vendi quello che hai… dallo ai poveri… e vieni! Seguimi! (Mc 10,21)

La ricchezza tenta l'uomo: essa costituisce uno dei seri ostacoli per accedere al regno di Dio. Per questo chi vuole seguire Gesù è invitato a condividere i suoi beni con i poveri. Sono infatti altri i valori che devono prendere il primo posto nella vita umana: la saggezza e la parola di Dio. Gesù si mostra molto critico nei confronti della ricchezza. Per seguirlo occorre "vendere" quanto si possiede e darlo ai poveri. È difficile infatti per coloro che "possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio", anzi è quasi impossibile.
L'odierno episodio delle ricco che avvicina Gesù ne è una chiara testimonianza.
Ma perché?, viene spontaneo chiedersi. La risposta giunge dalla nostra stessa esperienza. La ricchezza ha una forte capacità seduttrice sull'uomo, tende a diventare l'unico valore importante della vita. Essa discrimina i fratelli perché crea i poveri. E finché c'è un povero, al cristiano non è lecito essere ricco. Per essere seguaci di Cristo non basta l'osservanza dei comandamenti: egli propone delle esigenze di amore e di solidarietà ben più radicali. Ci aiuta, in questo, il pensare che quello che siamo e che possediamo non è nostro. È affidato a noi come amministratori. Sappiamo infatti che la povertà non è una faccenda economica. Non è un problema di portafoglio, ma di cuore. La povertà ci aiuta a fare l'esperienza dei "limiti", il cui effetto è quello di aprirsi a Dio in un'attesa piena di fiducia. Viviamo allora guardando all'altro come ad un fratello, ad uno che fa parte della stessa mia famiglia. Perché a Gesù interessa che noi accettiamo l'amore di Dio, che abbiamo fiducia in Lui e che trasmettiamo a nostra volta l'amore.

Testimonianza di Parola vissuta

HO TROVATO LA "PERLA PREZIOSA"

Ero un bravo ragazzo, un cristiano praticante, ma il mio rapporto con Dio era intellettuale, teorico. Ammiravo i santi, ma non pensavo che fosse possibile imitarli. Conoscendo il Movimento dei Focolari, ho capito invece che il Vangelo poteva, anzi doveva essere vissuto. A poco a poco mi sono reso conto che Dio mi dava tutto, anche la libertà assoluta e quindi la possibilità di usare questa libertà dandola tutta a Lui. Ed è stato proprio questo suo amore che arrivava perfino a rispettare così profondamente la mia libertà, che mi ha fatto decidere: nessuno mi costringeva ad intraprendere l'una o l'altra strada, nemmeno Dio stesso.
Per tanto tempo ho aspettato che arrivasse qualcosa che mi facesse capire con certezza quello che Lui voleva da me. Certo c'erano molte cose che mi facevano pensare d'essere fatto per consacrarmi a Dio, ma tanti altri argomenti erano a favore del no: una scelta così impegnativa faceva paura...
Eppure proprio in questa situazione il silenzio di Dio, che significava per me piena libertà, è stato l'argomento più convincente. Ora la mia unica preoccupazione è quella di essere disponibile al massimo al lavoro che Lui vuole fare in me, di stare al suo gioco, di non ritirarmi mai. Sento che è proprio in questo modo che la mia umanità va maturando, assomiglia cioè sempre di più a quella di Gesù.

Martin, Svizzera

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29a domenica del tempo ordinario (21 ottobre 2018)
Gesù… è venuto per servire e dare la propria vita (Mc 10,45)

Il modo di pensare e di vivere di Gesù va sempre controcorrente. Mentre ovunque c'è la corsa ai primi posti e a dominare sugli altri, egli propone ai suoi una mentalità di servizio. Impegnare la propria vita per gli altri è la vera strada che porta al successo, la strada che ha portato il Cristo presso Dio e l'ha messo in grado di aiutare quanti ricorrono a lui con fiducia. La richiesta dei figli di Zebedeo di sedere sul trono con Gesù è un piccolo esempio di corsa al primo posto. E lo sdegno degli altri apostoli dimostra che anch'essi avevano gli stessi propositi, messi in pericolo dall'ardire dei due fratelli. L'intervento di Gesù precisa quale sia la logica che deve guidare l'uomo, soprattutto chi è in posti di responsabilità. Gesù ci dice che tra i suoi "chi vuole diventare grande sarà vostro servitore" e chi "vuole essere il primo, sarà schiavo di tutti".
La situazione è completamente capovolta, il criterio di valutazione è totalmente diverso: davanti al prossimo vale chi si mette in un atteggiamento non di dominio ma di servizio. Perché questo è l'unico atteggiamento che rispetta il fratello e che permette di aiutarlo. Ma soprattutto perché così è vissuto Gesù, che "non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita". In fondo Gesù ci dice il senso vero del nostro essere donne e uomini: siamo chiamati al dono della propria vita. Dono di tempo, di mezzi, di libertà, di cultura, di attività: tutto a favore degli altri. È una mentalità di servizio, di aiuto disinteressato.

Testimonianza di Parola vissuta

"PERDERE LA MIA VITA"

A Budapest per studi, abito in un piccolo appartamento messomi a disposizioni da una famiglia. Viene un giorno a pranzo un amico e quando finiamo di mangiare, lui lava i piatti e mette ad asciugare le posate a testa in giù, diversamente da come faccio io che le metto a testa in su. Glielo dico spiegando le mie ragioni, e lui le sue.
Mi rendo conto che se non imparo a perdere le mie abitudini, finirà che invecchierò pieno di ragioni mie. Da quel momento le posate le metto ad asciugare con la testa in giù.
Mi capita tra le mani una frase di Teresa di Lisieux alla sorella Celine: "Prima di morire troncate dalla spada, facciamoci uccidere a colpi di spillo". E colpi di spillo possono essere un punto di vista che non collima con il mio, uno sgarbo ricevuto, una delusione, il modo di fare di un impiegato più robot che persona, un collega che mi fa uno sgambetto…
Un giorno sono a cena dalla famiglia del mio amico. Non mi permettono di lavare i piatti, ma con sorpresa vedo che mettono ad asciugare le posate a testa in su. Ridiamo insieme quando dico loro che io ho cambiato modo… anche loro lo hanno fatto per me. Tutte le volte che riesco a "perdere la mia vita", sperimento una tale gioia, una tale libertà che mi rende più facile amare gli altri.

T.M.

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30a domenica del tempo ordinario (28 ottobre 2018)
Rabbunì, che io veda di nuovo! (Mc 10,51)

Come l'Israele disperso in esilio e come il cieco Bartimeo sulla strada per Gerico, anche noi siamo in attesa della salvezza. Promessa da Dio come futuro e in parte resa presente da Cristo, si realizza in noi ogni volta che ci incontriamo con Gesù e ci mettiamo al suo seguito, ogni volta che incontriamo qualcuno che ci apra gli occhi, che ci liberi dalle nostre infermità.
È bello vedere che con Gesù chi vive nella difficoltà non è più lasciato da parte. Anzi diventa il centro del suo interessamento e la guarigione è il segno che il regno di Dio è giunto. Chi incontra Gesù, chi si fida di Lui, come il cieco Bartimeo, incontra la salvezza, viene cioè liberato dal suo male. Cristo non delude: incontrarlo significa trovare la luce. E una volta trovata la luce, è spontaneo mettersi al suo seguito, come ha fatto Bartimeo.
Ci troviamo un po' tutti nei suoi panni, accasciati sul margine della strada, perché manca la vista, in attesa di qualcuno che ci apra gli occhi. È la fede che dona la possibilità di vedere, è l'incontro con Cristo che ci fa riprendere il cammino e ci dona la possibilità di seguirlo come persone che vedono.
Possiamo chiederci: sono aperti o ancora chiusi i nostri occhi? Vediamo i bisogni del fratello, le esigenze del nostro tempo? Che facciamo per curare quei bisogni, per rispondere a quelle attese? In fondo sappiamo che essere seguaci di Gesù ci impegna a fare come ha fatto Lui. E "grandi cose ha fatto il Signore per noi", dice il versetto del salmo responsoriale odierno.

Testimonianza di Parola vissuta

"SLA", CIOÈ: SONO LIBERO DI AMARE

Nei tanti viaggi che facciamo per i controlli medici di mia moglie Damiana, non eravamo mai passati a salutare un mio vecchio amico che vive in Puglia e da qualche anno combatte con la Sla.
Finalmente la Parola che cercavamo di vivere in questo periodo, col suo invito a "spostare noi stessi dal centro delle nostre preoccupazioni" (che a noi non mancavano, tutte riguardanti la salute di Damiana), ci ha decisi ad organizzare la sempre rinviata visita.
Francesco, che può muovere solo le labbra, gli occhi e le sopracciglia, e comunica tramite un dittatore automatico, ci ha accolti con un sorriso meraviglioso e raccontato tante cose di sé, di come vive la malattia.
Tra l’altro sta scrivendo un libro e organizzando un convegno all’Università di Lecce, e cura un blog settimanale a cui ha dato la sigla "Sla", che sta a significare: "sono libero di amare". Insomma, sembrava più vivo di me e Damiana messi insieme, uno che vive sulle ali dello Spirito.
Dopo alcune ore trascorse con Francesco e sua moglie, siamo ripartiti rigenerati. In noi anche la gioia per aver seguito l’ispirazione di andarlo a trovare.

Marcello

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Tutti i Santi (1° novembre 2018)
Beati i poveri in spirito (Mt 5,3)

Tutti noi lo sappiamo: ci sono i santi del calendario, della liturgia, quelli a cui noi siamo devoti e ci sono i santi sconosciuti per noi, ma ben conosciuti a Dio. Oggi festeggiamo soprattutto questi ultimi.
Se nel libro dell’Apocalisse leggiamo che il loro numero è immenso, incalcolabile, il Vangelo ci traccia la strada che tutti, senza eccezioni, hanno percorso: è la strada delle Beatitudini. Conosciamo che Matteo elenca otto beatitudini: non si tratta di otto cose diverse, ma di un unico disegno: sono tratti che delineano un volto: quello di Gesù, che non soltanto ha pronunciato le beatitudini, ma ancor prima le ha vissute.
Anche per noi basta una semplice lettura per intuire la sostanza del loro significato. Tutti sappiamo che cosa significa essere umili, non violenti, operatori di pace, uomini e donne di giustizia, ricercatori di Dio, solidali, perseguitati. Per noi vivere le beatitudini significa imitare Gesù, ispirarsi al suo modo di fare e di comportarsi.
Talvolta possiamo essere tentati di pensare che le beatitudini sono qualcosa di esagerato, di impossibile, adatte a qualche persona straordinaria. In realtà sono una proposta per il cristiano, per ogni cristiano. E poi la gioia donata, che è la ricerca costante di tutta la vita. La gioia delle beatitudini trova il suo fondamento nella fedeltà di Dio e tutte esse proclamano la gioia del servizio e del dono di sé, per cui siamo fatti.
Essere poveri in spirito è essere poveri come Gesù, che è vissuto nell’obbedienza al Padre e nel dono di sé ai fratelli.

Testimonianza di Parola vissuta

RIPARTIRE DA ZERO

Mio padre ci ha lasciati quando ero ancora piccolo. Mia madre è caduta in depressione e ha cominciato a bere. Sono stato educato dalla nonna materna. Quando mia madre è morta tragicamente, ero nell'adolescenza e più volte ho meditato come vendicarmi.
In seguito però ho conosciuto una ragazza che mi ha introdotto nella sua comunità parrocchiale. Pian piano ho scoperto Dio, la vita interiore, e ho ritrovato pace ed equilibrio. Quando ci siamo sposati, potevo dire che la mia famiglia era quella comunità.
Un giorno, sul posto di lavoro, si è presentato un tale che si è detto essere mio padre. Era desolato e temeva la mia reazione. Ma l'ho accolto con calore, gli ho parlato della bambina che era nata e l'ho invitato a casa. È venuto, assieme alla compagna, una settimana dopo.
Li abbiamo accolti con grande festa e affetto. Più che nonni, ci sembravano due nuovi figli adottivi. Da allora la nostra vita in famiglia è cambiata e anche la loro. Il passato è come se non esistesse. Esiste soltanto la volontà di ricominciare da zero.

P.P.

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31a domenica del tempo ordinario (4 novembre 2018)
Amerai il Signore tuo Dio. Amerai il prossimo tuo (Mc 12,30.31)

I comandamenti del Signore sono tutti da osservare, perché è in questo modo che amiamo Dio con la dovuta totalità dello spirito. Però ce n'è uno che riassume tutti gli altri e la cui osservanza garantisce l'adempimento di ogni legge: è il comandamento dell'amore verso Dio e verso il prossimo. Poiché Cristo l'ha realizzato pienamente, "offrendo se stesso", è diventato il sacerdote perfetto, che può salvare quanti si rivolgono a lui.
"Qual è il primo di tutti i comandamenti?". La domanda che lo scriba rivolge a Gesù non è per nulla strana e inutile, se si pensa alla molteplicità dei comandamenti lasciati da Mosè al popolo israelita, senza dire delle altre leggi introdotte dalla "tradizione". La risposta di Gesù è chiara: indica nell'amore, che ha la duplice direzione: Dio e l'uomo, il primo e il più importante comandamento. La novità della risposta di Gesù sta nell'aver unito in modo inscindibile l'amore di Dio e l'amore del prossimo, in modo che non esiste l'uno senza l'altro; in modo che il secondo sia l'espressione e la verifica della verità e della profondità del primo.
Amare Dio: non significa preoccuparsi di Lui, come se avesse bisogno dell'interessamento umano, ma stabilire un rapporto personale di figlio con Lui. E questo rapporto con Dio porta necessariamente all'incontro con il fratello, perché Dio ha voluto abitare in esso.
Amare il prossimo non è questione di sentimenti o di emozioni. È camminare insieme, è dare una mano, un ascolto, condividere, farsi compagni… è incoraggiare, aiutare chi è nel bisogno, è accogliere e mille altre sfaccettature che possono dire: qui c'è un cuore che ama.

Testimonianza di Parola vissuta

AUMENTARE LA GIOIA OVUNQUE

Come far sperimentare anche ai nostri amici che la chiave per la felicità si trova nel dare, nel donarsi agli altri? È da qui che siamo partiti per lanciare la nostra nuova azione intitolata appunto: "Un'ora di felicità".
L'idea è molto semplice: si tratta di far felice un'altra persona, almeno per un'ora al mese. Abbiamo iniziato con chi ci sembrava avesse più bisogno di amore e, dovunque abbiamo offerto la nostra disponibilità, ci siamo visti spalancare le porte! E così, eccoci in un parco per portare a spasso alcuni anziani su sedie a rotelle, o in ospedale, dove abbiamo giocato con i bambini ricoverati o fatto sport con portatori di handicap. Loro erano felicissimi, ma come promette l'azione: noi lo eravamo ancora di più!
Ed i nostri amici invitati a partecipare? Dapprima incuriositi, ora che hanno provato a dare felicità, sono d'accordo con noi: la felicità si dona e, detto fatto, si sperimenta!
L'azione è già partita in alcune città della Germania, ma vogliamo diffonderla in modo che scuole, gruppi ed associazioni gareggino con noi per aumentare la gioia ovunque.

"Ragazzi per l'unità" - Heidelberg, Germania

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32a domenica del tempo ordinario (11 novembre 2018)
Questa vedova… ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri (Mc 12,43)

Il comportamento generoso di due vedove, quella di Sarepta che aiuta Elia, come si legge nella prima lettura, e quella dell'obolo della vedova del vangelo, sta al centro del messaggio odierno. Esso viene contrapposto a quello vanitoso e ipocrita dei ricchi. Nel contrasto tra i due mondi, emerge tutta la ricchezza di virtù dei primi e la povertà umana dei secondi. È la vedova, espressione tipica dei poveri e dei deboli, a ricevere il premio da Dio, la lode di Gesù, mentre ai farisei e ai ricchi non va che la condanna.
All'ospitalità della vedova di Sarepta, corrisponde nel vangelo il gesto generoso di un'altra vedova. In ambedue i casi non si tratta di grandi cose: la prima offre a Elia una "piccola focaccia"; la seconda mette nel tesoro del tempio "due monetine, che fanno un soldo". Rappresentano però tutto il loro avere, il necessario per vivere, di cui si privano per i bisogni altrui. Gesù loda la vedova per la sua generosità. Infatti, pur avendo donato qualcosa di quantitativamente insignificante, ha donato più di tutti gli altri perché ha donato tutto quello che poteva.
Davanti a Dio non conta la quantità (il poco o il molto), ma la totalità, l'atteggiamento con cui si offre. Dio da noi vuole tutto, vuole che apparteniamo senza mezze misure a Lui e ai fratelli. Vuole che ci sentiamo implicati nel dono fatto. Come Gesù: è colui che dà tutto quello che ha, che ha dato tutto se stesso. Si è donato tutto agli uomini e con ciò si è dato a Dio. Egli propone che da parte nostra ci doniamo completamente alla volontà e alle richieste di Dio, che spesso ci arrivano dai fratelli.

Testimonianza di Parola vissuta

LE RICHIESTE DI DIO

Lunedì, ore 21, sto camminando verso casa dalla stazione, piove, città deserta. Vedo un uomo di colore fermo sul marciapiede, ombrello un po' scassato, un po' distante. Forse perché rappresentavo l'unica presenza umana in quel momento, mi chiama, mi rincorre, mi fermo, (è tardi, vado di fretta, sarà, penso, il solito clandestino che mi chiede soldi ma... come posso non fermarmi?). Mi chiede non soldi, solo... se posso ospitarlo per la notte!!, e in pochi attimi mi racconta il suo disagio. Viene dalla Sardegna, è diretto a Novara, si è trovato a Somma Lombardo, non mangia dal giorno prima, è andato in una chiesa (o alla mensa ACLI, non importa) chiedendo dove poter dormire, l'hanno indirizzato dalle suore, ma essendo uomo non possono ospitarlo; c'è un alloggio vicino alla stazione dove dormire con 19 euro, ma non li ha. Che fare? mi sta imbrogliando? si, no, forse... Gli dico che non sono in condizioni di poterlo ospitare, gli allungo 20 euro per la notte, lo accompagno alla pizzeria, ordino e pago per lui una margherita e dell'acqua. Gli stringo la mano e gli auguro buona fortuna, mi guarda appena, ha lo sguardo un po' perso, occhi malinconici, forse un po' imbarazzato, e torno sulla mia strada.
In totale fanno 30 euro in pochi minuti a uno sconosciuto, io che mi sono sentito (sono stato, anzi) fregato più di una volta, io che di solito "misuro" la monetina al mendicante che me la chiede, (non mi piace, mi sembra di prolungare l'agonia di chi cerca il bengodi nella nostra Italia senza requisiti...) Cammino verso casa e penso "per te, Gesù". Quell'uomo mi avrà imbrogliato di certo, "per te Gesù"... Cammino e prego così: Tu leggi nei cuori, hai incrociato la mia strada con quella di questo mio fratello, "l'ho fatto a te", e dopo un po'... vado in pace.

R.B.

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33a domenica del tempo ordinario (18 novembre 2018)
Il Figlio dell'uomo radunerà i suoi eletti (Mc 13,27)

Ci avviamo ormai alla conclusione dell'anno liturgico e giustamente la liturgia invita a riflettere sulle ultime realtà, sulla fine della storia e del mondo, quando si compirà in modo definitivo quella salvezza che ora possediamo solo nella speranza. Essa verrà inaugurata dal ritorno del Signore che radunerà gli eletti; ritorno che è un giudizio, in cui verrà fatta quella giustizia che ancora non c'è.
Marco, l'evangelista, ci dice che i tempi ultimi verranno aperti dal ritorno del Signore. Egli verrà "con grande potenza e gloria" e "radunerà i suoi eletti dai quattro venti". Per Marco si tratta di tranquillizzare una comunità spaventata. Nessuna tribolazione deve spaventare: perché dopo di essa, e nonostante tutto, gli eletti verranno salvati. Occorre essere costanti, non cedere: la salvezza verrà data in modo pieno e definitivo a quanti già fin d'ora si orientano decisamente al bene. "Per mezzo del Figlio…, fatto uomo per noi, hai raccolto, o Padre, tutte le genti nell'unità della Chiesa", così preghiamo nella preghiera eucaristica.
Gesù è venuto su questa terra a ricomporre l'unità della famiglia umana. Se questo ha fatto Gesù, ora tocca a noi lavorare in questa direzione: ogni uomo è mio fratello, nessuno mi è estraneo. Papa san Giovanni XXIII ci ricordava che è molto più quello che ci unisce che quello che ci divide dagli altri. Facciamo della nostra vita, con tutto quello che la compone, un cammino verso la fraternità universale. Nel luogo dove viviamo diamo il nostro contributo a "formare di tutti una sola famiglia".

Testimonianza di Parola vissuta

RITORNO DALLA COLONIA

Il mese scorso un mio amico della Comunità di Sant'Egidio, mi ha chiesto di andare a prendere, per riportarli a Milano, due ragazzini Rom di ritorno dalla colonia estiva con la parrocchia di Sant'Antonio Abate di Valmadrera.
Sant'Egidio conosce queste famiglie e tante altre dai tempi delle baracche e degli sgomberi. Ho acconsentito volentieri, anche spinta da una certa curiosità. Per questi due ragazzini la settimana in montagna offerta dall'oratorio è l'unica vacanza possibile perché le loro famiglie devono sostenere spese ben più importanti. I responsabili mi dicono che Silvio e Fernando si sono comportati bene e che la vacanza è stata molto positiva. I ragazzini non stanno zitti un attimo e raccontano molto di giochi, camminate, scherzi, amici simpatici ma anche qualcuno che ha fatto domande indiscrete. Hanno deciso subito di mettere le loro risorse in comune, soldi e cibo, mentre altri, che hanno parecchio di più, si mostrano meno generosi.
Davanti al portone della casa di Silvio, ci aspettano i genitori di Fernando che abitano in provincia di Cremona. La mamma, che ha chiesto un giorno di ferie, è in giro dal mattino presto per via della scarsità di pullman. Il padre è appena rientrato da Varese dove ha trovato "un lavoro che molti non vogliono fare", cioè la bonifica di un'area contaminata dall'amianto. Mi ringraziano mille volte. Vivono e lavorano nel nostro paese, i loro figli frequentano le nostre scuole, ma sanno di essere dei Rom e si sentono in colpa per avermi disturbata. A sentirmi in colpa però sono io perché appartengo a una società che, invece di praticare politiche di inclusione, mette in discussione la legittimità della difesa dei diritti umani e perché vivo in un Paese in cui la perdita di speranza si è tradotta in perdita di umanità, un paese che dovrebbe "aver vergogna di aver perso la vergogna".

Patrizia Gianotti (tratto da Famiglia Cristiana)

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Cristo Re - 34a domenica del tempo ordinario (25 novembre 2018)
Tu lo dici: io sono re (Gv 18,37)

Con la solennità di Cristo, "Re dell'universo", si chiude l'anno liturgico. Tale festa invita a guardare a Gesù come centro della nostra vita e come Signore del mondo. Ciò che Cristo è, l'ha ottenuto dal Padre: il suo potere, il suo regno sono destinati a non venire mai meno. La sua signoria però non è sul tipo di quella umana, è totalmente diversa.
Davanti a Pilato Gesù si proclama re; ma a scanso di equivoci tiene subito a precisare il senso della sua regalità: "il mio regno non è di questo mondo". Con ciò non vuol dire che il suo regno non sia attuale o non si realizzi in questo mondo: vuole semplicemente dire che è diverso da quello mondano. Gesù vuole stare al centro della nostra vita non come una forza che si impone dall'esterno, ma come una sorgente interiore. A Lui aderiamo perché è attraente, per i valori che ci propone. La sua signoria è questa: non vuole che il mondo vada in rovina, ma si salvi.
L'ambito specifico della sua azione regale è la verità, la rivelazione di Dio: è re perché si è donato tutto a questa missione; è re perché "ama" realmente l'uomo: non solo lo libera dal male, ma lo rende anche regno di Dio. Allora dire regno di Cristo significa dire giustizia, pace, libertà, amore, dignità umana, fraternità, liberazione dal peccato e da ogni forma di male. Cristo è mio re se sta al centro della mia vita: ha potere su di me se mi lascio guidare dalla sua parola, se il suo essere dono diventa la norma del mio agire.

Testimonianza di Parola vissuta

COS'È L'AMORE

Una maestra ha chiesto a un gruppo di bambini di 7 anni: "Che cosa è l'amore? Come vedete l'amore in famiglia?".
Elena ha detto: "L'amore è quando la mamma lascia al papà la parte più buona del pollo".
Susanna ha detto: "L'amore è quando il mio fratellino rompe i miei giochi e io sono molto arrabbiata, ma non strillo per non farlo piangere".
Giovanni ha detto: "L'amore è quando la mamma è come i pompieri: arriva subito appena la chiamo".
Rebecca ha detto: "L'amore è quando la nonna ha l'artrite e non può più mettersi lo smalto e il nonno glielo mette, anche se ha l'artrite pure lui".
Daniele ha detto: "L'amore è quando la mamma fa il caffè per il papà e lo assaggia prima per essere sicura che sia buono".
Antonello ha detto: "L'amore è quando la nonna che è vecchia e il nonno che è vecchio sono ancora amici, anche se si conoscono bene".



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