Intervista a Mons. Carlo Mazza,
Vescovo di Fidenza




Intervista a Mons. Carlo Mazza, Vescovo di Fidenza
L'Amico del Clero, n. 4 Aprile 2016


Mons. Mazza, come giudica per la Chiesa in generale, e per la diocesi di Fidenza in particolare, il ripristino del diaconato permanente?

La ripresa da parte del Concilio del diaconato permanente viene considerata una grazia come è ogni dono che viene dall'Alto. Già è interessante l'uso linguistico di "ripristino" per indicare un rimettere al suo posto un "ministero" praticamente dismesso, se non per la forma transeunte. Tale grazia tuttavia ha bisogno di essere accolta dalla comunità ecclesiale nella sua "novità" e nella sua forza propulsiva nel contesto di una Chiesa "tutta ministeriale"e "in uscita". Fidenza è una diocesi piccola e dunque la presenza del diaconato permanente si fa subito evidente, genera attesa, e si "pretende" efficiente.

Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?

La questione dei "requisiti" tiene aperto il dibattito sulla figura "teologica" e dunque "pastorale" del diacono permanente, ancora evanescente e subalterna alle diverse esperienze diocesane. In realtà prima dei "requisiti", val bene avere chiarezza sulla "ontologia sacramentale" del diacono permanente, dopo di che si riprova a definire una sorta di "identikit", osservando che le qualità richieste corrispondono sia all'ordine naturale (riferibile al "bonus vir") e sia all'ordine soprannaturale delle virtù teologali e cardinali. Il duplice livello si avvalora reciprocamente, costituendo una possibilità armonica e ben riuscita. Non si dimentichi la particolare dicotomia sacramentale propria del diacono uxorato. La figura di riferimento potrebbe essere quella che corrisponde al saggio scriba del vangelo, colui che "estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13, 52).

Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua diocesi per chi diventa diacono?

L'itinerario di formazione è accompagnato da un sacerdote che cura i diversi aspetti elencati nella domanda attraverso un metodo interattivo e comunitario. Non segue precisamente lo stile scolastico, ma si attua in una comunicazione di contenuti semplici programmati, seguendo il metodo della "lectio divina", in un'atmosfera fraterna, nella quale si cerca di tener ferma la cosiddetta "correzione fraterna" indicata dal vangelo: "Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano" (Mt 18,15-17). D'altra parte i diaconi sono invitati a partecipare quando possono alla formazione permanente del clero. Durante gli incontri mensili a loro riservati (della durata di circa tre ore) si snodano momenti di preghiera, di studio della Parola di Dio, di approfondimento di testi del Magistero Pontificio e dei Vescovi, di istruzione circa il Messale, il Lezionario, i vari Riti dei sacramenti... È richiesto il diploma di studio teologico (per un triennio) i cui corsi sono programmati il sabato pomeriggio. Inoltre nel periodo di "tirocinio" (denominato "Vieni e vedi") gli aspiranti sono sollecitati e accompagnati perché si impegnino nei servizi di ministrante, caritativi, educativi in parrocchia.

Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?

È necessaria una lenta acquisizione "mentale". Il cammino si presenta lungo, almeno per comprendere il "grado" del ministero diaconale, nella sua specificità teologica e pastorale, molto specifico e da sperimentare. I preti pian piano entrano in questa prospettiva, anche se rimane alta la fatica, la diffidenza, la distanza. In realtà si tratta di un problema di cultura teologico-pastorale, di mentalità, forse anche di "potere" clericale mai dismesso. Non vi è certamente contrapposizione (di classe!), ma inidoneità di funzioni o non flessibilità di integrazione dei servizi ministeriali. Alla fine prevarrà, se non la virtù, la necessità: i preti si diradano e dunque i diaconi sopperiscono!

Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/ evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Fidenza?

Il diaconato permanente uscito dal Concilio Vaticano II deve ancora "assorbire" l'ecclesiologia conciliare di comunione e missione. I modelli della Chiesa antica sono fascinosi e certamente imitabili, soprattutto sul versante della "testimonianza della carità". E tuttavia la Chiesa ha bisogno di altro, nel senso che oggi il quadro di riferimento "pastorale" è quello tracciato da Papa Francesco nell'Evangelii Gaudium, cioè di una Chiesa missionaria, aperta al mondo, serva dei poveri, dialogante in modo inclusivo con tutti, capace di educare alla preghiera, alla "via mistica". Il diacono permanente, forse più libero dallo "schema" clericale, può essere il "nuovo segno" in mezzo al popolo di Dio e nella società secolare. Siamo impegnati per una Chiesa inviata nelle "periferie esistenziali" presenti sul territorio e significativamente bisognose di compagnia, di consolazione, di speranza. I diaconi comprendono che la loro vocazione-missione non si esaurisce nel pur nobile servizio all'altare, ma sentono che devono "sporcarsi le mani" nel visitare e abitare persone e ambienti di umanità varia e dispersa. Così il diacono che verrà, dovrà essere "sentinella" nelle frontiere dell'umano per recare la "buona notizia" della salvezza.

Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?

Attualmente i diaconi permanenti sono una quindicina con alcuni adulti "in itinere" desiderosi di unirsi ai loro amici diaconi per essere, come loro, "testimoni dell'invisibile" in un mondo indifferente e lontano dall'esperienza cristiana. Il futuro dei diaconi si profila appassionante, segnato dalla generosità pastorale e da una dose enorme di "amicizia" per l'umanità. La richiesta di "amicizia" è alta e pare inesauribile.

Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?

In una diocesi piccola, la "promozione vocazionale" avviene per "chiamata" personale e per incontri occasionali sul campo da parte di operatori pastorali alla ricerca di cosiddetti "talent scout" per il diaconato. In realtà sono i sacerdoti in prima linea a proporre il cammino diaconale. D'altra parte penso sia molto bello comunicare ad un "signore", semplice e distinto, che già abita la comunità cristiana, la proposta del diaconato: non ci perde nulla, guadagna tutto, ma soprattutto aiuta la parrocchia a crescere secondo il cuore del "buon pastore".


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