Intervista a Mons. Beniamino Pizziol,
Vescovo di Vicenza




Intervista a Mons. Beniamino Pizziol, Vescovo di Vicenza
L'Amico del Clero, n. 1 Gennaio 2016


Mons. Pizziol come giudica per la Chiesa in generale, e per la diocesi di Vicenza in particolare, il ripristino del diaconato permanente?

Il documento della CEI del 1993 così recita al n. 8: "Il senso del diaconato e il suo esercizio devono essere visti in relazione a una Chiesa che cresce nella consapevolezza di essere Chiesa missionaria, impegnata in cammini pastorali che, lungi dal ridursi ad un'opera di semplice conservazione, si aprono coraggiosamente alle sempre nuove sollecitazioni dello Spirito". Stiamo vivendo un tempo nel quale credo possiamo apprezzare il sentire profetico che ha animato la Chiesa italiana più di venti anni fa. Non solo la Chiesa italiana ma anche la diocesi di Vicenza che nel 2016 ricorda i 30 anni dalle prime ordinazioni diaconali. Vicenza tra l'altro ha avuto anche il dono di una Congregazione religiosa come la Pia Società San Gaetano che fin dalla sua costituzione ha pensato un servizio ai giovani e ai giovani lavoratori che fosse fondato sulla collaborazione stretta tra presbiteri e diaconi.

Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?

Il rito di ordinazione, subito dopo l'invocazione dello Spirito, augura loro alcune qualità: "sinceri nella carità, premurosi verso i poveri e i deboli, umili nel loro servizio, retti e puri di cuore, vigilanti e fedeli nello spirito". Credo questi siano i requisiti di base per far crescere ogni sequela autenticamente cristiana e il ministero diaconale in particolare. La premura per i deboli e gli ultimi, in tutta sincerità e umiltà, lontani dalla tentazione di ogni potere, rendono fruttuosa una autentica passione per la comunità cristiana concreta, quella della quotidianità. Accanto a questo va valutata la serenità e l'equilibrio della vita familiare, sia per chi è celibe e che per questo più di qualche volta è chiamato a farsi carico di genitori anziani, e così pure per chi è sposato. Per quest'ultimo poi sarà importante verificare la disponibilità della sposa a confrontarsi con lo sposo sul cammino che lui intende iniziare, per evitare che un marito faccia un percorso e una esperienza di vita cristiana alla quale è estranea proprio la moglie che ha sposato nel Signore.

Quale cammino formativo (umano, spirituale, teologico, liturgico e pastorale) è attualmente previsto nella sua diocesi per chi diventa diacono?

Per prestare attenzione anzitutto alla umanità, il cammino non viene mai fatto da soli, non si prevedono percorsi indipendenti, solitari; si preferisce piuttosto aspettare un anno fintanto che si forma un gruppo di candidati che possano poi fare un cammino condiviso, anche da un punto di vista spirituale. Ogni candidato sceglie un proprio padre spirituale. L'itinerario formativo offerto dalla diocesi prevede i passaggi classici: ammissione lettorato e accolitato diaconato. Per ogni momento è prevista una formazione specifica, spirituale, pastorale e liturgica. Per la formazione teologica ci si avvale dell'lSSR della diocesi e ai candidati viene chiesto di conseguire la laurea triennale. Altri corsi tematici sono previsti a livello diocesano, come per esempio il corso di formazione della Caritas, della durata di un anno, al quale di solito tutti i diaconi, o prima o dopo l'ordinazione, partecipano. Elemento importante nella formazione è poi l'esperienza pastorale nella parrocchia di origine o di servizio e il confronto stabile con i preti della comunità. Infine va ricordato che il Vescovo si impegna a incontrare personalmente i candidati almeno due volte l'anno.

Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?

Va tenuto conto della fatica che si sta facendo oggi a rinnovare la figura del ministro ordinato nelle nostre comunità ecclesiali; più ancora in diocesi come Vicenza dove la crisi è iniziata qualche anno dopo che in altre regioni italiane. Strutturalmente abbiamo un incontro annuale tra vescovo preti e diaconi; i diaconi poi partecipano agli incontri vicariali dei preti; per quanto possibile. Se gli incontri di formazione tra preti vengono svolti solitamente di mattina, difficile partecipi un diacono che lavora; anche se va notato che qualche vicariato, proprio per questo motivo prevede orari diversi di incontro (altrimenti abbiamo la presenza dei soli diaconi pensionati). Utile a creare mentalità ed educare al confronto e alla condivisione la presenza di diaconi nei diversi organismi diocesani, come per esempio il consiglio pastorale diocesano; oppure servire in uffici di Curia. Da ultimo, ma che sarebbe il primo, delle buone esperienze positive.

Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Vicenza?

La valorizzazione non va confusa con la visibilità. L'eco umile e generosa del servizio stesso di Gesù Cristo passa attraverso una presenza che sia prima di tutto discreta. Un diacono sposato con figli e lavoro, impegnato nella visita alle famiglie; un altro che si dedica alla preparazione al battesimo di coppie con bambini o di persone adulte; un terzo che si impegna nella caritas - il tutto magari svolto assieme alla moglie e dando quindi una bella testimonianza di matrimonio cristiano - è tutto lavoro svolto nel nascondi mento. La partecipazione alla vita della comunità risalta nella celebrazione eucaristica domenicale, qualche volta magari presiedendo celebrazioni domenicali in attesa di presbitero. Sicuramente gli spazi di esercizio sono tanti, molte le richieste di una loro presenza in istituzioni varie come case di riposo od ospedali. Il confronto è continuo per cercare di creare spazi significativi di responsabilità.

Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?

Attualmente i diaconi sono 35; uno è venuto a mancare - in età relativamente giovane - qualche mese fa; e proprio la sua morte ha fatto emergere una infinità di presenze grazie alle quali cercava di intessere relazioni di fede che diventassero il tessuto della vita della sua comunità. Per trovare fiducia nel futuro è importante anzitutto leggere con occhi di fede il passato. E il passato ci è di conforto. Se pensiamo comunque al numero in diminuzione dei preti, alle molte mansioni nelle quali corrono il rischio di frammentarsi, al loro servizio che ormai va - per tutti - ben oltre i confini di una semplice parrocchia, pensare a una figura ministeriale come il diacono permanente che anzitutto è a servizio del vescovo prima ancora che a servizio della sua comunità di origine; la sua presenza in ambiti specifici spesso con competenze professionali maturate in anni di lavoro, fa pensare in modo positivo alla presenza di diaconi permanenti nella nostra diocesi.

Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?

La crisi della vocazioni sia presbiterali, che religiose che matrimoniali, ma anche alla vita politica, non ci illude circa il sorgere di una moltitudine di vocazioni al diaconato. Però molti sono interessati, chiedono informazioni ai preti delle loro comunità. La prospettiva più feconda credo sia in preti, guide spirituali della comunità, che sappiano individuare uomini di fede che hanno raggiunto una buona maturità nel loro cammino familiare e professionale e che a un certo punto possono sinceramente desiderare di offrirsi a un servizio che vada oltre i confini della propria famiglia, per la Chiesa e di fronte alla comunità.


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