Le veglie sono piene di memorie e di racconti, che preparano al racconto più importante, alla memoria centrale per cui ci si è radunati insieme. La veglia pasquale, come tutte le veglie che si fanno, rappresenta un lento cammino verso il racconto principale, senza il quale gli altri, pur conservando la loro ricchezza, non sarebbero più raccontati. La memoria principale, il racconto che giustifica tutti gli altri, è quello della risurrezione. Questo è vero anche della vita cristiana: l'evento fondamentale che la giustifica, che illumina tutti gli altri e dà senso a ogni istante, è quello della risurrezione. L'apostolo Paolo nell'epistola di questa notte, si rivolge ai Romani e li richiama a ricordarsi di che cosa la risurrezione di Cristo ha prodotto in essi, cioè una vita in comunione con la vita del Cristo risorto. Questa vita Paolo la chiama nuova, perché non è più un cammino appesantito dalla fragilità e dai condizionamenti (il peccato), ma è una vita libera, da gente viva. Consideratevi viventi, così termina la lettura che precede il vangelo. VITA PASTORALE N. 2/2016
Triduo pasquale (sguardo complessivo)
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DELLA SPERANZA
Vivere da viventi. Paolo non suggerisce un atteggiamento psicologico, ma spinge a vivere le conseguenze della risurrezione: quella principale è la consapevolezza che il peccato è stato sconfitto una volta per tutte. Per quanto forte, organizzato, pauroso, il male è stato sconfitto nella sua conseguenza più grande, quella della morte. Dire che la morte non ha più potere significa che vince chi si mette dalla parte della vita e non certo chi si mette a fare da corteo alla morte. Istintivamente ognuno si ritrarrebbe dal corteo della morte, ma spesso, di fatto, ci si ritrova. Ci si ritrova in quel corteo quando ci si lascia imprigionare dai luoghi comuni, quando si pensa che non valga la pena contrastare le cose sbagliate, lottare contro quelle ingiuste, quando si dà ragione al peccato arrendendosi, annullandosi e ritraendosi, di fatto, dal corteo della vita.
Non c'è niente che susciti rispetto e solidarietà come un grido di dolore, e niente che faccia rabbrividire di più di un grido di dolore disperato. È testimone della risurrezione ogni uomo e ogni donna che non si arruolano nel coro di chi canta la disperazione e il nulla; un coro che in verità non sembra abbia bisogno di vedere ingrossate ancora di più le loro file. Vivere da viventi significa rifiutare di essere degli imboscati, e pazienza se questo tipo di persone sembrano le più sagge.
La scoperta del sepolcro vuoto è il cuore del racconto della risurrezione. Luca permette al lettore di andare al mattino presto al sepolcro con le donne che portano degli aromi per imbalsamare il corpo di Gesù. Sono un'immagine potente dell'impotenza davanti alla morte, che può essere profumata ma non sconfitta. Sono l'immagine della pietà e del desiderio di fare quello che si può, tutto il possibile. Sono l'immagine dell'amore che non vuole abbandonare l'amato e fanno pensare a scene del Cantico dei cantici, anche se l'amato ormai è perduto per sempre. Nel pellegrinaggio delle donne alla tomba ci sono tante memorie e nessun futuro, se non quello di una vita che, è una legge della natura, riprenderà come prima. Alla fine di questo pellegrinaggio trovano le cose diversamente da quelle che immaginavano, il sepolcro è vuoto.
Luca ci fa entrare negli sguardi e nei pensieri delle donne, e gli aromi che sono nelle loro mani, che fino a questo momento del racconto erano al centro, diventano inutili, perdono immediatamente di valore. Tutto perché si entra in un altro mondo quello dei vivi, è inutile cercare la vita nel mondo dei morti. La risurrezione è uno choc, un'interruzione inattesa del corso degli eventi, una realtà che rende sbiadite le cose che, nel mondo dominato dalla morte, sono belle e preziose. Il dolore per la morte, la pietà, la fedeltà alla memoria, i profumi per onorare il corpo dell'amico, sono beni preziosissimi, ma sono niente di fronte alla vita che rinasce.
Dove sta, però, questa storia di vita? Dove trovarla, come ripeterla nelle nostre storie quotidiane? Luca indica il sentiero, è la parola di Gesù; sono le parole dei profeti, le testimonianze di quelli che sono capaci di ascoltare, quello è il sentiero. La vita non è nascosta in effetti straordinari e irripetibili, ma è nascosta nelle pieghe della fede di tanti, che l'hanno intuita, annunciata, che in essa hanno creduto.
La scoperta della vita sfolgorante cambia le gerarchie, le donne diventano apostoli, vanno dagli altri apostoli e raccontano della loro scoperta. È la scoperta della risurrezione che rende ognuno capace di annuncio, l'unica autorità del testimone è quella che nasce dalla sua capacità di raccontare la vita. La vita è incredibile! Gli apostoli, che avevano le stesse tracce a disposizione delle donne, non possono crederla; anche loro si erano dimenticati, di fronte alla violenza degli eventi di cui erano stati testimoni, e di fronte alla loro mancanza di coraggio e di fiducia non avevano più pensato alla parola di Gesù, alle parole dei profeti, alla sua potenza, non avevano più pensato alla vita. Quante sono le persone che alla vita non pensano più, perché ne hanno perso le tracce in mille fallimenti e sofferenze, quante persone hanno bisogno dello choc della vita per ritrovare il sentiero della speranza. Noi come le donne forse abbiamo qualcosa da raccontare a queste vite.
(commento di Luigi Vari, biblista)
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Triduo pasquale (sguardo complessivo)
ANNO C – 24-26 marzo 2016
IL SENTIERO