VI Domenica di Pasqua (C)


La Parola
Commento di Luigi Vari
Vita Pastorale (n. 3/2016)



ANNO C – 1° maggio 2016
VI Domenica di Pasqua

At 15,1-2.22-29
Ap 21,10-14.22-23
Gv 14,23-29
(Visualizza i brani delle Letture)


LA VITA DEL CRISTIANO
E LO SPIRITO SANTO

Il brano degli Atti fa riferimento al momento in cui diventa possibile obbedire al comandamento di annunciare il Vangelo fino agli estremi confini della terra. I confini, che rendevano difficile la realizzazione del comando espresso in Atti 1,8, erano più che fisici, ideologici, perché si pensava che per essere battezzati e diventare cristiani, fosse necessario entrare a far parte del popolo eletto. L'annuncio del Vangelo diventava una specie di omologazione culturale, per cui quell'apertura agli estremi confini della terra era un'iperbole più che una realtà possibile. Quello che colpisce di questo brano non è, però, il problema teologico, ma la riflessione e il confronto che si stabiliscono all'interno della Chiesa per trovare una soluzione, un compromesso fra diverse posizioni, tenendo come primo argomento quello dei fatti: la diffusione del Vangelo fra i pagani e preferendo quelli che hanno rischiato la loro vita per il nome di Cristo, a quelli che girano a fare discorsi che turbano gli animi.
Non si riflette mai abbastanza sulla straordinaria capacità di questi apostoli e anziani di lasciarsi guidare dallo Spirito fino a rinunciare a cose giudicate irrinunciabili. Il criterio che si danno, che è quello di prendere atto della diffusione del Vangelo indipendentemente da schemi sicuri e di dare ascolto a chi ci mette la vita per amore di Cristo, significa che lo Spirito non si limita a illuminare le menti, ma guida la vita; che la vita è il luogo dello Spirito. Lasciarsi guidare dallo Spirito è poco più di una frase difficile da comprendere; ma se essa significa la capacità di essere attenti alla vita, al cammino del Vangelo, dove uno non lo prevede, alla credibilità delle persone che lo annunciano, allora è un atto di discernimento non difficile, perché, se si è sinceri, non si può non vedere la vita.

La luce è l'elemento dominante della visione del libro dell'Apocalisse, che descrive la Gerusalemme celeste; la luce insieme alle gemme preziose, al cristallo, potrebbero trasmettere al lettore una sensazione di fredda perfezione. Il motivo di questo splendore, che avvicina questa visione alla vita della comunità che vede la visione, sta nella presenza del Risorto, che diventa sole, luna, lampada per la città. Altra caratteristica di questa città è che essa è aperta da ogni lato, è piena di porte, perché la presenza dell'Agnello la rende città forte, tanto da essere sicura nelle sue mura, ma non barricata. Si deve sempre ricordare che la comunità destinataria della visione è una comunità esiliata, che conosce la persecuzione; una comunità senza templi, una comunità molto povera di mezzi. Conta molto questo se Cristo risorto è nel cuore di questa comunità? Non è facile e sarebbe anche superficiale fare considerazioni e trarre rapide conclusioni, ma certamente questa pagina di Apocalisse spinge ognuno che la legge e che trova motivi di preoccupazione per il cammino del Vangelo nella realtà che vive, a non adottare atteggiamenti di emergenza, a non barricarsi, a non fare scorta di mezzi, ma ad aumentare la comunione con Cristo risorto. Non sempre è evidente il fatto che nell'organizzazione delle nostre comunità, sia forte la preoccupazione della comunione con il Risorto, come suggerisce Apocalisse.

La pagina di Giovanni è molto ricca e alcune delle affermazioni contenute in essa hanno dato origine a molti dibattiti di cristologia. Si può centrare l'attenzione su quello che nella lettura liturgica è centrale e cioè sulla funzione dello Spirito Santo, perché è la parte che allude al tempo della Chiesa, al tempo che noi viviamo. Non è un tempo di silenzio, oppure un tempo di fissazione dei ricordi per paura che le parole di Gesù si perdano, ma è un tempo in cui Gesù continua a parlare. La funzione di rendere attuale in ogni tempo la parola è svolta dallo Spirito che fa due cose: insegna e ricorda. Due verbi che nella tradizione biblica si riferiscono alla capacità di interpretare e di cogliere il senso profondo delle Scritture. La Chiesa è la comunità di quelli che progrediscono nella comprensione delle parole di Gesù e ne colgono ogni volta di più il senso profondo, man mano che progredisce il cammino. Lo Spirito svolge questo servizio d'interpretazione e di comprensione che non ha nulla di filologico, ma ha il sapore della vita.
C'è una Parola, un Vangelo per ogni tempo, questo è quanto lo Spirito aiuta a capire e a realizzare; il Vangelo non ha paura del cambiamento, del progresso perché rivela, come dice un altro passo della pagina che oggi si legge, quale strada seguire per arrivare a Dio. Se i discepoli pensano, se noi pensiamo che Gesù ha parlato nel tempo e che il suono della sua parola sbiadisce man mano che si moltiplicano le parole e cambia il contesto dell'esistenza umana, allora fanno bene a essere tristi, così come faremmo bene a esserlo anche noi come di fronte a un'opera della sapienza umana che si perde; ma questo equivale a non accogliere Cristo risorto nella vita, equivale a non fidarsi di lui. La Chiesa dello Spirito non è mai triste, ma sempre attenta ad accogliere la parola del Maestro e a comprenderne il senso profondo, a scoprire in che modo la strada che porta a Dio e che Cristo ha aperto, rimane aperta in ogni tempo. La Chiesa non è una biblioteca, un museo che frequentano gli amatori, ma un laboratorio dove s'imparano parole nuove, s'impara a scriverle e a viverle.

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