Giubileo della Misericordia
Misericordiosi come il Padre
La Misericordia di Dio nell'Anno Liturgico
Tempo di Pasqua
di fr. Tarcisio Luigi Colombotti ofm
Alla scoperta della Misericordia di Dio nel cammino dell'Anno Liturgico,
meditando i testi della Messa Romana e della Liturgia delle Ore.
2a settimana di Pasqua
3a settimana di Pasqua
4a settimana di Pasqua
5a settimana di Pasqua
6a settimana di Pasqua
7a settimana di Pasqua
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II settimana di Pasqua
LA CHIESA NEI SACRAMENTI ANNUNCIA E ATTUA LA PRESENZA DI DIO CHE SALVA
Le pericopi evangeliche del tempo pasquale contemplano il Signore che evangelizza; è il Cristo Risorto presente nella Chiesa che annuncia la buona notizia della salvezza e forma i suoi discepoli all'amore. Guida di questo tempo è il quarto vangelo.
Nelle seconda settimana meditiamo Gv 3 e l'inizio di Gv 6. La Comunità cristiana, come Nicodemo, il ricercatore notturno della verità, vuole approfondire il mistero del suo Signore, e si mette in ascolto. E il Maestro ci dice che per vedere il regno di Dio bisogna rinascere dall'alto. Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Lun/Gv 3,1-8).
La parola ascoltata è chiara ma per essere compresa a fondo è necessaria la fede, una fede da vivificare sempre nella Comunità cristiana. Diversamente ci potremmo meritare le parole dette da Gesù a Nicodemo: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza» (Mar/Gv 3,7-15).
Eppure Colui che parla viene dal Padre per salvare il mondo: è dono dell'amore del Padre; chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio (Mer/Gv 3,16-21).
Per convincere Nicodemo e noi ribadisce che viene dall'alto, è amato dal Padre e chi obbedisce al Figlio avrà la vita eterna, chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui (Gio/Gv 3,31-36).
Ora la proposta liturgica sembra prendere una virata perché passa dal ragionamento ai fatti. Attraverso il miracolo della moltiplicazione dei pani Gesù si manifesta provvido e amoroso come il Dio dei padri che ha sfamato il suo popolo nel deserto. Questa scelta del Lezionario, sembra prendere un po' per lo stomaco i fedeli in ascolto: non credi alla mie parole? Credimi almeno per i fatti! Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo (Ven/Gv 6,1-15).
Segue un secondo miracolo: Gesù che cammina sulle acque; è Jahvè che domina gli elementi della natura. E poi nell'attraversata della nostra vita ci rassicura: «Sono io, non abbiate paura!». Sale sulla nostra barca e noi siamo sicuri: c'è Lui! (Sab/Gv 6,16-21).
Gli Atti degli Apostoli ci presentano i primi passi della Chiesa inviata ad annunciare la Pasqua del Signore, le sue sofferenze, gioie e vitalità. Il momento è delicato ma la fede della Comunità è grande e si affida alla preghiera soprattutto perché si compiano i segni promessi da Gesù. Quand'ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono colmati di Spirito Santo e proclamavano la parola di Dio con franchezza (Lun/ At 4,23-31).
Anche la testimonianza della vita - erano un cuore solo ed un'anima sola - era annuncio della Pasqua del Signore. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore (Mar/ At 4,32-37).
Come la prima Comunità anche la Chiesa di oggi desidera fortemente vivere nella fecondità della Pasqua, per questo supplica il Padre misericordioso perché la mantenga presente in ogni momento della sua vita. Donaci, Padre misericordioso, di rendere presente in ogni momento della vita la fecondità della Pasqua (Gio/Colletta).
Il Signore veglia sugli apostoli e quando sono imprigionati li libera perché possano continuare a proclamare al popolo tutte le parole di vita (Mer/At 5,17-26).
Condotti nei tribunali parlano apertamente e confessano con vigore che bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. All'udire queste cose essi si infuriarono e volevano metterli a morte (Gio/At 5,27-33). Ma gli Apostoli non temono possibili conseguenze di sofferenza.
Anche quando i discepoli subiscono oltraggi il Signore misericordioso suscita persone oneste in difesa della giustizia. Disse Gamaliele: «Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questo piano o quest'opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta; ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!». Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù (Ven/At 5,34-42).
E proprio perché gli Apostoli possano maggiormente dedicarsi alla predicazione decidono di scegliere collaboratori qualificati per il servizio alle mense. Scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani (Sab/At 6,1-7). Nasce il ministero dei diaconi.
Fin qui abbiamo accolto il ministero dell'evangelizzazione apostolica sostenuta dalla presenza operante dello Spirito Santo fatta con la parola e la testimonianza coraggiosa della vita. Il Concilio Vaticano II in SC 5.6, ci insegna che Gesù ha inviato gli apostoli per annunciare ma anche attuare per mezzo dei sacramenti ciò che annunciavano (Sab/UL 2 Lett.). Scrive san Fulgenzio di Ruspe: La Chiesa si costruisce nell'amore, con pietre vive e per un sacerdozio santo che, nell'Eucaristia offre il corpo e il sangue di Cristo e cresce compatta perseverando nell'unità (Mar/UL 2 Lett.).
Il contenuto del rito memoriale è Cristo sacrificato per noi per cui il giorno del battesimo, partecipazione sacramentale alla morte e risurrezione di Gesù, è l'inizio di una vita nuova. Un antico autore ci esorta a non ritornare a quella vecchia e passata. Infatti «Noi che già siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere nel peccato?» (Rm 6, 2) (Lun/UL 2 Lett.).
La Liturgia della Chiesa sembra accogliere l'esortazione dell'antico autore e prega il Dio misericordioso perché il popolo di Dio sappia manifestare al mondo la pienezza della vita nuova. Concedi al tuo popolo, Dio misericordioso, di proclamare la potenza del Signore risorto, perché in lui, sacramento universale di salvezza, manifesti al mondo la pienezza della vita nuova (Mar/Colletta).
L'Eucaristia è il sacrificio celeste istituito da Cristo per la santificazione dell'uomo. San Gaudenzio da Brescia ci esorta a ricevere questo sacramento con tutto l'ardente desiderio del cuore, perché il sacrificio celeste istituito da Cristo è veramente il dono ereditario del suo Nuovo Testamento: è il dono che ci ha lasciato come pegno della sua presenza quella notte, quando veniva consegnato per essere crocifisso. È il viatico del nostro cammino. È un alimento e sostegno indispensabile per poter percorrere la via della vita, finché non giungiamo, dopo aver lasciato questo mondo, alla nostra vera meta, che è il Signore (Gio/UL 2 Lett.).
La Chiesa nella sua Liturgia chiede l'aiuto della misericordia di Dio e prega per ricevere degnamente i sacri misteri: l'aiuto della tua misericordia, Signore, preceda e accompagni i tuoi fedeli, perché ricevano degnamente i sacri misteri e siano testimoni del Vangelo (Mar/Sulle off.).
San Teodoro Studita fissando la sua attenzione sul mistero della Croce che viene ripresentato nel rito memoriale dell'Eucaristia, esulta e canta la sua fede con un inno alla croce. O dono preziosissimo della croce! Quale splendore appare alla vista! Tutta bellezza e tutta magnificenza. Albero meraviglioso all'occhio e al gusto e non immagine parziale di bene e di male come quello dell'Eden. È un albero che dona la vita, non la morte, illumina e non ottenebra, apre l'adito al paradiso, non espelle da esso. Su quel legno sale Cristo, come un re sul carro trionfale. Sconfigge il diavolo padrone della morte e libera il genere umano dalla schiavitù del tiranno. Su quel legno sale il Signore, come un valoroso combattente (Ven/UL 2 Lett.).
La Comunità orante pensando al supplizio della croce sopportato dal Figlio supplica il Padre misericordioso perché ci doni di giungere alla gloria della risurrezione (Ven/Colletta).
Gli effetti di così grande sacramento sono ricchezze spirituali inestimabili che vengono donate ed hanno lo scopo di trasformarci in quello che riceviamo, come ci insegna magistralmente san Leone Magno: La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo, a farci rivestire in tutto, nel corpo e nello spirito, di colui nel quale siamo morti, siamo stati sepolti e siamo risuscitati (Mer/UL 2 Lett.).
L'assemblea liturgica stupita delle grandi cose che accadono nella celebrazione del mirabile sacramento prega: O Dio grande e misericordioso, che nel Signore risorto riporti l'umanità alla speranza eterna, accresci in noi l'efficacia del mistero pasquale con la forza di questo sacramento di salvezza (Gio/Dp Com).
Risorti con Cristo ci siamo messi in ascolto del Maestro che continua a formarci ed a rivelarsi Dio e Signore provvido come il Padre; abbiamo camminato con la Chiesa nascente tanto ricca di franchezza, sostenuta dallo Spirito Santo e gioiosa di poter soffrire per testimoniare la propria fede. I Santi Padri ci hanno aiutato a prendere coscienza delle ricchezze di grazia che ci dona la fede e la partecipazione ai divini misteri che ci trasformano in quello che riceviamo. Ecco quanto opera la misericordia di Dio per noi che pieni di gioia cantiamo l'alleluia pasquale e diciamo:
Misericordias Domini in aeternum cantabo
Canterò in eterno l'amore del Signore che, nella Chiesa annuncia e attua l'opera della nostra redenzione.
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III settimana di Pasqua
LA CHIESA NASCE DAI SACRAMENTI ED È DONO DELLA MISERICORDIA DI DIO
In questa III settimana di Pasqua la Comunità liturgica medita il capitolo VI di Giovanni nel quale Gesù ci condurrà ad una scelta decisiva ed inequivocabile per Lui, come Pietro, ma ormai dopo la sua risurrezione non sappiamo più esistere senza di Lui. Gradualmente ci illumina. Parte dalla reazione della gente al miracolo del pane; dirige la nostra ricerca verso il pane che non perisce per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà (Lun/Gv 6,22-29). Questo pane è Lui, Gesù e ci chiede di accoglierlo come abbiamo accolto il pane che perisce.
La gente chiede un segno e Gesù dice che il Padre darà il pane vero disceso dal cielo ed è Gesù stesso: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» (Mar/Gv 6,30-35). Questo pane si tratta di accoglierlo nella fede. L'uomo che accoglie Gesù, pane di vita, ha già la vita eterna qui e risorgendo si svolgerà in un corpo non più mortale. «Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno» (Mer/Gv 6,35-40).
Il pane della vita è Cristo stesso, il suo corpo offerto in sacrifico è il luogo di espiazione del peccato del mondo per la salvezza dell'uomo. «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gio/Gv 6,44-51).
Quel pane per la vita del mondo è presentato e offerto alla Chiesa nell'Eucaristia dove, attraverso l'opera dello Spirito Santo viene trasformato in corpo e sangue di Cristo e in esso Dio si fa totalmente dono all'uomo perché entri in comunione profonda con Lui. «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me» (Ven/Gv 6,52-59).
Davanti al Cristo l'umanità si divide, ma la Chiesa con Pietro confessa la sua fede in Gesù Figlio di Dio perché solo Lui ha parole di vita eterna. Dunque: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Sab/Gv 6,60-69).
Ora la Chiesa sosta stupita e gioiosa perché in questo annuncio di Gesù ha colto la dolcissima tenerezza della misericordia di Dio che vuole rendere felice l'uomo, cerca di accrescere in lui la fede affinché accolga il pane di vita che discende dal cielo, si nutra, sia salvo e sperimenti la profonda comunione con il Signore Risorto che si offre nell'Eucaristia.
Dalla fede profonda nel Risorto e dalla intima comunione con Lui nasce la coraggiosa testimonianza dei discepoli del Signore. Il primo che incontriamo è Stefano che fa grandi prodigi e nessuno può resistere alla Sapienza con cui parla. Allora istigarono alcuni perché dicessero: «Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio (Lun/At 6,8-15).
Per lui è pronto il martirio, ma lui come il suo Signore, perdona i persecutori tra i quali c'è Saulo che approva l'uccisione (Mar/At 7,51.8,1).
Mentre Saulo continua la persecuzione un altro diacono, Filippo, predica il vangelo, i demoni si ritirano ed i miracoli accompagnano la sua evangelizzazione. Il progetto salvifico di Dio nessuno lo può fermare perché la misericordia di Dio deve raggiungere gli ultimi confini della terra perché ovunque ci sia la salvezza ed esploda la gioia come avviene in Samaria. Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti E vi fu grande gioia in quella città (Mer/At 8,1-8).
Lo Spirito Santo presiede all'evangelizzazione e guida Filippo dall'eunuco, gli annuncia Gesù morto e risorto. Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c'era dell'acqua e l'eunùco disse: «Ecco, qui c'è dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunùco, ed egli lo battezzò (Gio/At 8,26-40).
Poi lo stesso Signore parla direttamente al persecutore Paolo di Tarso, gli cambia il cuore, lo porta alla fede tramite Anania al quale il Signore disse: «Va', perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d'Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome» (Ven/At 9,1-20). Sono le meraviglie della grazia perché la salvezza è per tutti.
Mentre Paolo a Damasco è chiamato dal Risorto per l'evangelizzazione dei pagani, la Chiesa era in pace in tutta la Giudea; Pietro annuncia il Signore Gesù e lo Spirito Santo conferma la sua predicazione col miracolo di Tabità. A Giaffa c'era una discepola chiamata Tabità - nome che significa Gazzella - la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine. Proprio in quei giorni ella si ammalò e morì. …Pietro, rivolto al corpo, disse: «Tabità, àlzati!». Ed ella aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. Poi chiamò i fedeli e le vedove e la presentò loro viva (Sab/At 9,31-42).
Tre testimoni: un martire, un persecutore trasformato in apostolo delle genti, Pietro capo della Chiesa che dimora nella pace e cresce col conforto dello Spirito Santo. Ma in loro agisce il Risorto perché l'annuncio del vangelo abbia il suo corso e la salvezza si diffonda sempre più. L'amore di Dio e la sua misericordia non hanno confini e sfidano arroganti e persecutori facendosi strada comunque.
Sant'Efrem Siro loda la potenza del figlio del falegname che attraverso la croce trasferì il genere umano nella casa della vita. E canta la sua fede nel mistero della Pasqua del Signore che offrì la sua croce in sacrificio a Dio, per rendere ricchi tutti noi del suo inestimabile tesoro (Ven/UL 2 Lett.).
La partecipazione a questo tesoro avviene attraverso il sacramento del battesimo, dove nell'acqua salutare otteniamo la remissione delle colpe commesse. Per questo su chi desidera di essere rigenerato e ha fatto penitenza dei peccati, si pronunzia il nome del Creatore e Signore Dio dell'universo. È questo solo nome che invochiamo su colui che viene condotto al lavacro per il battesimo (Mer/UL 2 Lett./S. Giustino).
Purificato dai peccati e divenuto figlio di Dio il battezzato è in grado di partecipare al banchetto nuziale dell'Agnello, cioè la SS. Eucaristia. Essa è comunione al corpo e sangue di Cristo. Questo rito memoriale della Cena del Signore si celebra con gli elementi del vino e del pane. Il vino mescolato nel calice e il pane confezionato ricevono la parola di Dio e diventano Eucaristia, cioè corpo e sangue di Cristo. Da essi è alimentata e prende consistenza la sostanza della nostra carne (Gio/UL 2 Lett./S. Ireneo).
Insegna san Cirillo di Alessandria che coloro che comunicano all'Eucaristia sono da essa vivificati, da mortali si diventa immortali e da corruttibili a incorruttibili. Perciò il corpo di Cristo vivifica coloro che comunicano con esso. Scaccia la morte dai mortali e la corruzione dai corruttibili in virtù di quella potenza rigeneratrice che porta sempre con sé (Sab/UL 2 Lett.).
Ciò che si compie al sacro fonte ed all'Eucaristia è manifestazione sacramentale della misericordia di Dio perché lì si compie un mistero che trasforma l'uomo credente in stirpe eletta, sacerdozio regale ed popolo che Dio si è acquistato. Esso, scrive san Beda Venerabile, deve ricordarsi di sperare un regno senza fine e di offrire sempre a Dio i sacrifici di una condotta senza macchia (Lun/UL 2 Lett.).
Questa è l'opera meravigliosa che il progetto salvifico di Dio ha portato a compimento nella Pasqua di suo Figlio. Da essa è nata la Chiesa sua Sposa che canta il canto nuovo con la voce ma più ancora con la testimonianza della vita. Sant'Agostino ricorda: Siate voi stessi quella lode che si deve dire, e sarete la sua lode, se vivrete bene (Mar/UL 2 Lett.).
Il Maestro ci ha detto un parola conquistatrice che ci ha fortemente innamorati a Lui e suscitato in noi i desiderio di testimoniare con franchezza il vangelo, disposti anche al martirio. La nostra forza si radica nella rigenerazione battesimale e nel pane vivo dell'Eucaristia. Non abbiamo meritato nulla, ma tutto ci è donato per l'infinito amore del Padre in Cristo per lo Spirito santo che ci fa cantare:
Misericordias Domini in aeternum cantabo
Canterò in eterno l'amore del Signore, per la misericordia di Dio che offre all'uomo credente il pane che vivifica e fa cantare la Chiesa la sua fedeltà allo Sposo.
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IV settimana di Pasqua
I POPOLI PAGANI ESULTANO PER LA MISERICORDIA DI DIO CHE LI HA SALVATI
Prosegue il magistero di Gesù per rivelare la sua Persona e la sua missione in mezzo a noi perché sia ancor più arricchita e nutrita la fede pasquale dei discepoli e meglio comprendano la grandezza della misericordia di Dio nel dono che è Gesù il Signore. Ci guida in questo cammino il vangelo di Giovanni con brani tratti che vanno dal c. 10 al c. 14.
Inizia la sua rivelazione presentandosi come la porta delle pecore e annuncia: se uno entra attraverso di me, sarà salvato. Infatti è venuto per darci la vita (Lun/Gv 10,1-10).
Per diventare gregge di Gesù pastore occorre credere che Lui è il Figlio di Dio. Le opere che compie confermano questa verità. E le pecore per la fede in Lui sono in mani sicure. «Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Mar/Gv 10,22-30). Chi crede in Gesù crede nel Padre, perché Gesù dice le parole che il Padre gli ha ordinato di dire. Chi non crede sarà già condannato da queste parole non accolte nella fede. Con questo rifiuto si rifiuta il Padre stesso. «Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me» (Mer/Gv 12,44-50).
Gesù annuncia il tradimento proprio di uno che mangia il mio pane. Gli altri Apostoli credono che il Maestro è: Io sono! Accogliere Lui è accogliere il Padre. «Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato» (Gio/Gv 13,16-20).
Gesù si rivela quale Io sono, perché i discepoli non siano turbati e annuncia che saranno per sempre con Lui che è Via, Verità e Vita. Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Ven/Gv 14,1-6).
Quella sera dell'Ultima Cena Gesù deve aver parlato in modo stupendo del Padre tanto da suscitare in Filippo il desiderio di vedere il suo volto. Gesù risponde: chi vede me vede il Padre e aggiunge: qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò. La preghiera dei discepoli fatta nel nome di Cristo si arricchisce di potenza divina. «In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò» (Sab/Gv 14,7-14).
Il cammino di rivelazione ci ha fatto conoscere Gesù porta delle pecore, Io sono, cioè Dio come il Padre, Via, Verità e Vita. Gesù e il Padre sono una cosa sola, chi crede in Gesù crede anche nel Padre, chi vede Gesù vede il Padre e la sua preghiera è divinamente potente. Nel donarci il Figlio la misericordia del Padre ha superato ogni attesa umana.
La stesse misericordia di Dio si vede all'opera con straordinaria magnanimità nell'azione di evangelizzazione degli Apostoli, guidata ed animata dallo Spirito Santo. È Lui che manda a chiamare Pietro perché annunci il vangelo a Cesarea tra i pagani e appena iniziato l'annuncio lo Spirito Santo discese su di loro. La narrazione convince i cristiani di Gerusalemme che dicono con gioia: anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita! (Lun/At 11.1-18).
Anche in Antiochia l'annuncio è rivolto ai greci, cioè a gente pagana e un grande numero credette e si convertì al Signore. Barnaba venuto da Gerusalemme conferma tutti nella fede. Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla considerevole fu aggiunta al Signore (Mar/At 11,19-26).
Da notare poi che è lo stesso Spirito Santo che organizza l'evangelizzazione. Egli si manifesta durante il culto e sceglie Bàrnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono. Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei (Mer/At 12,24-13,5).
L'Apostolo Paolo evangelizza gli ebrei narrando la Storia della salvezza fino a Giovanni Battista (Gio/At 13,13-25).
E poi continua fino a Cristo morto e risorto. E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l'ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato» (Ven/At 13,26-33).
Ma i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo ed il loro rifiuto apre l'annuncio ai pagani i quali credettero e si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio (Sab/At 13,44-52).
Il rifiuto della Parola da parte dei Giudei apre l'evangelizzazione ai pagani i quali credono e si rallegrano; ma già lo Spirito Santo aveva aperto la porta all'evangelizzazione ai pagani con Pietro e ad Antiochia organizza l'evangelizzazione tra i pagani. Nell'evangelizzare gli ebrei Paolo narra la Storia della salvezza il cui centro è il Cristo morto e risorto.
Chi crede ed è battezzato è salvato. L'acqua del battesimo insegna San Basilio Magno, è vivificata dalla presenza e dall'azione dello Spirito. Per Lui già in questa vita veniamo riammessi in paradiso, possiamo salire nel regno dei cieli, ritorniamo allo stato di adozione di figli, ci viene dato il coraggio di chiamare Dio nostro Padre, di compartecipare alle grazie di Cristo, di venire chiamati figli della luce, di essere partecipi della gloria eterna e, in breve, di vivere nella pienezza della benedizione (Lun/UL 2 Lett.).
La Chiesa è stupita dall'azione dello Spirito Santo e dai doni di grazia che riceve col battesimo e supplica il mistero ineffabile della misericordia di Dio perché ce li conservi sempre intatti e prega: O Dio, che hai redento l'uomo innalzandolo oltre l'antico splendore, per il mistero ineffabile della tua misericordia, guarda a noi tuoi figli, nati a nuova vita mediante il battesimo, e conservaci sempre i doni della tua grazia (Gio/Colletta).
Il tempo della Chiesa è un tempo di attesa, l'attesa della venuta gloriosa di Cristo quando ci introdurrà nel suo regno. In questo tempo ci è dato di celebrare il mistero dell'Eucaristia. Come Dio è misericordia nel sacramento dell'altare dove si offre il corpo senza ferimento del corpo e il sangue senza versamento di sangue, così, dice san Pietro Crisologo, il cristiano diventa misericordia quando vede tutti gli uomini innalzati alla dignità sacerdotale per offrire i propri corpi come sacrificio vivente. Perciò sii, o uomo, sii sacrificio e sacerdote di Dio; non perdere ciò che la divina volontà ti ha dato e concesso. Rivesti la stola della santità. Cingi la fascia della castità. Cristo sia la protezione del tuo capo. La croce permanga a difesa della tua fronte. Accosta al tuo petto il sacramento della scienza divina. Fa' salire sempre l'incenso della preghiera come odore soave. Afferra la spada dello spirito, fa' del tuo cuore un altare, e così presenta con ferma fiducia il tuo corpo quale vittima a Dio (Mar/UL 2 Lett.).
Poiché nell'Eucaristia il Verbo di Dio viene in noi, tutti siamo una cosa sola, perché il Padre è in Cristo, e Cristo è in noi. Noi siamo in lui per la sua nascita nel corpo. Egli poi è ancora in noi per l'azione misteriosa dei sacramenti. Questa è la fede che ci chiede di professare. Secondo questa fede si realizza l'unità perfetta per mezzo del Mediatore (Mer/UL 2 Lett./S. Ilario).
Uniti perfettamente a Cristo per l'azione misteriosa dei sacramenti, siamo in grado di vivere il comandamento nuovo che il Signore ci consegna. Esso, cioè la capacità di amare come ama Lui, rinnova anche tutti i popoli, dice Sant'Agostino, e forma un popolo nuovo che è il corpo della nuova Sposa dell'unigenito Figlio di Dio, della quale si parla nel Cantico dei cantici: Chi è colei che si alzò splendente di candore? (cfr. Ct 8,5). Certo splendente di candore perché è rinnovata. Da chi se non dal nuovo comandamento? Per questo i membri sono solleciti a vicenda; e se un membro soffre, con lui tutti soffrono, e se uno è onorato, tutti gioiscono con lui (cfr. 1Cor 12, 25-26) (Gio/UL 2 Lett.).
Questi sono i frutti della salvezza che ha operato Cristo, l'unico e necessario Salvatore. Solo Lui è la via, in cui trovare la salvezza. Le conseguenze di questo mistero ci aprono alla misericordia di Dio, come ci esorta san Clemente I. Carissimi, la via, in cui trovare la salvezza, è Gesù Cristo, sacerdote del nostro sacrificio, ... rimaniamo in Gesù Cristo. Ciascuno sia sottomesso al suo prossimo, secondo il dono di grazia a lui concesso. Il forte si prenda cura del debole, il debole rispetti il forte. Il ricco soccorra il povero, il povero lodi Dio perché gli ha concesso che vi sia chi viene in aiuto alla sua indigenza. Il sapiente mostri la sua sapienza non con le parole, ma con le opere buone. L'umile non dia testimonianza a se stesso, ma lasci che altri testimonino per lui. Chi è casto di corpo non se ne vanti, ma riconosca il merito a colui che gli concede il dono della continenza (Ven/UL 2 Lett.).
Giustamente dice san Cirillo di Alessandria, Cristo fu sacrificato per la vita di tutti perché i pagani ottenessero misericordia e lo glorificassero come creatore e pastore di tutti, salvatore e redentore. L'Unigenito fu sacrificato da Dio Padre perché i pagani ottenessero misericordia e lo glorificassero come creatore e pastore di tutti, salvatore e redentore. La clemenza superna fu dunque estesa a tutti anche ai pagani e così il mistero della sapienza in Cristo non fallì il suo scopo di bontà. Al posto di coloro che erano decaduti, fu salvato, per la misericordia di Dio, il mondo intero! (Sab/UL 2 Lett.).
La Chiesa vuole gelosamente e amorosamente custodire la ricchezza dei doni pasquali che Dio ha offerto all'uomo per cui prega il Padre misericordioso di saperli custodire per raggiungere la felicità eterna, e dice: Accogli, Padre misericordioso, l'offerta di questa tua famiglia, perché con la tua protezione custodisca i doni pasquali e giunga alla felicità eterna (Ven /Sulle off).
L'accoglienza di Cristo nella fede ci conduce al battesimo dove l'immersione nell'acqua santificata dallo Spirito Santo ci apre la via al paradiso e siamo ammessi alla celebrazione dell'Eucaristia. Lì la misericordia di Dio si concretizza nell'offerta sacrificale di Cristo e forma i discepoli alla stessa misericordia offrendo se stessi come sacrificio spirituale a Dio e nella carità verso i fratelli. Nutrendoci del Corpo di Cristo diventiamo una cosa sola con Lui e con il Padre e siamo formati in quel popolo nuovo che è il corpo della Sposa dell'Agnello. Una salvezza che raggiunge anche i pagani, così per la misericordia di Dio, il mondo intero è salvato.
La Chiesa esulta nella fede e canta la sua lode al Dio e Padre ricco di misericordia e dice:
Misericordias Domini in aeternum cantabo
Canterò in eterno l'amore del Signore, per la misericordia di Dio che estende la salvezza ai popoli pagani ed il mondo intero è salvato.
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V settimana di Pasqua
LA MISERICORDIA DI DIO, PER LA PASQUA DEL SIGNORE, HA FATTO DI NOI, UOMINI DELLA LODE
La Comunità celebrante riprende il suo cammino alla scuola di Gesù, il quale sapendo che tra poco dovrà lasciare i discepoli, viene incontro al loro turbamento con la promessa dello Spirito Santo. Egli insegnerà e ricorderà alla Chiesa i detti del Signore. È il Dio misericordioso che accompagna la prima Comunità attraverso l'azione dello Spirito che attualizza la Parola. Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Lun/Gv 14,21-26).
E siamo giunti alla conclusione del primo discorso di addio. Promesso il grande Dono dello Spirito Santo Gesù saluta i discepoli offrendo loro la pace che acquista con la sua morte, ma restituisce all'uomo la piena comunione con Dio e con i fratelli. «Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco» (Mar/Gv 14,17-21).
In quest'ora di crisi per l'imminente Passione Gesù con l'immagine della vite e dei tralci forma i discepoli alla comunione tra di loro (i tralci), in dipendenza stretta da Cristo (la vite) che è amorosamente coltivata dal Padre(l'agricoltore). È la via per diventare veri discepoli. «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete evi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli» (Mer/Gv 15,1-8).
La corrente vitale che passa dalla vite ai tralci aiuta a comprendere l'amore che scorre tra il Padre e il Figlio, ed ha mosso la divina misericordia ad inviare il Figlio per la salvezza dell'uomo. I discepoli di Gesù sono i testimoni viventi di questo amore. «Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimanete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore» (Gio/Gv 15,9-11).
Gesù ha scelto i suoi, li ha eletti amici e li ha resi capaci di manifestare il suo stesso stile: un amore che arriva a dare perfino la vita. «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri» (Ven/Gv 15,12-17).
L'odio che i discepoli incontreranno è il prezzo da pagare per il discepolato, ma l'accettazione della persecuzione per Cristo è dono di misericordia ai fratelli che, ascoltando ed accogliendo la parola annunciata saranno salvi. «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato» (Sab/Gv 15,18-21).
Gesù promette il dono dello Spirito Santo: presenza misericordiosa di Dio che accompagna la Chiesa attualizzando la Parola di Gesù; dona la pace che restituisce all'uomo la comunione con Dio ed i fratelli; l'immagine delle vite e i tralci è chiara similitudine della stretta dipendenza d'amore vitale dei discepoli con Gesù e il Padre. Questi, ricchi dello stesso amore misericordioso di Dio, sono scelti da Cristo ed inviati nel mondo per offrire a tutti la salvezza, anche a costo della vita. L'evangelizzazione tra i pagani continua. L'insidia di essere scambiati come dei è forte ma gli apostoli non cedono, anzi trovano una nuova occasione per l'annuncio della salvezza e l'esortazione a convertirsi al Dio vivente. Intanto il sacerdote di Zeus, il cui tempio era all'ingresso della città, recando alle porte tori e corone, voleva offrire un sacrificio insieme alla folla. Sentendo ciò gli apostoli Bàrnaba e Paolo si strapparono le vesti e si precipitarono tra la folla gridando: «Uomini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi annunciamo che dovete convertirvi da queste vanità al Dio vivente (Lun/At 14,5-18).
Paolo e Barnaba ripercorrono le città evangelizzate durante questo primo viaggio apostolico ed organizzano le stesse comunità attraverso l'investitura di anziani dopo aver pregato e digiunato. Appena arrivati riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio alleva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli (Mar/At 14,19-28).
Con questo capitolo inizia la discussione sulla necessità o meno di mantenere gli usi giudaici della circoncisione anche nella fede cristiana. Paolo e Barnaba si oppongono e la Comunità decide di consultare gli apostoli in Gerusalemme. Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: «È necessario circonciderli e ordinare loro di osservare la legge di Mosè». Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema (Mer/At 15,1-6).
Il discernimento della Chiesa di Gerusalemme è chiaro e liberante: non si debbano importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio, ma solo che si ordini loro di astenersi dalla contaminazione con gli idoli, dalle unioni illegittime, dagli animali soffocati e dal sangue. Fin dai tempi antichi, infatti, Mosè ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe» (Gio/At 15,7-21).
La Chiesa di Gerusalemme, dopo le conclusioni del primo Concilio, invia Paolo e Barnaba ad Antiochia per comunicare quanto lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso. «È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!» (Ven/At 15,22-31).
Inizia il secondo viaggio apostolico di Paolo, ma è sempre lo Spirito Santo che organizza la missione e la orienta. Dalla visione notturna Paolo comprende che è Dio che li ha chiamati ad annunciare il vangelo in Macedonia (Sab/At 16,1-10).
L'evangelizzazione continua tra insidie, organizzazione delle Chiese, superamento di difficoltà dottrinali con un discernimento comune insieme allo Spirito Santo. Chiariti i problemi Paolo e Sila ripartono per un nuovo viaggio apostolico, guidati dallo Spirito che determina i luoghi dell'evangelizzazione. Il dinamismo è grande e tutto fa vedere in azione il Dio misericordioso che guida la missione degli apostoli: nella crisi, dona luce, istituisce anziani responsabili delle Chiesa nuove, chiama a nuovi lidi da evangelizzare perché la salvezza donata si fortifichi e raggiunga chi ancora non la conosce.
Questa esplosione di vita nasce tutta dalla Pasqua del Signore, il giorno che ha distrutto le sofferenze della morte e ha dato al mondo il primogenito dei morti. Conclusa la sua missione sulla terra ascende al cielo e si presenta come uomo davanti al Padre, per portare con sé tutti coloro che gli sono congiunti. Anche noi con san Gregorio di Nissa, stupiti diciamo: O confortante e splendida notizia! Colui che si è fatto per noi uomo, pur essendo l'unigenito Figlio di Dio, per renderci suoi fratelli, si presenta come uomo davanti al Padre, per portare con sé tutti coloro che gli sono congiunti (Lun/UL 2 Lett.).
In Cristo dunque tutta l'umanità sta davanti al Padre e questo è avvenuto perché siamo stati rigenerati da lui e in lui nello Spirito per portare frutti di vita, ma di vita nuova che consiste essenzialmente nell'amore operoso verso di lui. San Cirillo di Alessandria ci spiega che cosa concede lo Spirito a coloro che credono. Come la radice comunica ai tralci le qualità e la condizione della sua natura, così l'unigenito Verbo di Dio conferisce agli uomini, e soprattutto a quelli che gli sono uniti per mezzo della fede, il suo Spirito, concede loro ogni genere di santità, conferisce l'affinità e la parentela con la natura sua e del Padre, alimenta l'amore e procura la scienza di ogni virtù e bontà (Mar/UL 2 Lett.).
Ma questi doni non fanno dei cristiani un popolo a sé, ma rimanendo in comune con tutti gli altri uomini, il loro stile di vita è proprio di chi ha la cittadinanza nei cieli. Eppure i pagani li perseguitano, ma quanti li odiano non sanno dire il motivo della loro inimicizia. Questa testimonianza drammatica e luminosa ci è narrata dalla Lettera a Diogneto.
I cristiani non si differenziano dal resto degli uomini né per territorio, né per lingua, né per consuetudini di vita. ... Abitano in città sia greche che barbare, come capita, e pur seguendo nel vestito, nel vitto e nel resto della vita le usanze del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, per ammissione di tutti, incredibile. Abitano ciascuno la loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutte le attività di buoni cittadini e accettano tutti gli oneri come ospiti di passaggio. Ogni terra straniera è patria per loro, mentre ogni patria è per essi terra straniera. Come tutti gli altri si sposano e hanno figli, ma non espongono i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il talamo. Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Trascorrono la loro vita sulla terra, ma la loro cittadinanza è quella del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma, con il loro modo di vivere, sono superiori alle leggi. Amano tutti e da tutti sono perseguitati. Sono sconosciuti eppure condannati. Sono mandati a morte, ma con questo ricevono la vita. Sono poveri, ma arricchiscono molti. Mancano di ogni cosa, ma trovano tutto in sovrabbondanza. Sono disprezzati, ma nel disprezzo trovano la loro gloria. Sono colpiti nella fama e intanto si rende testimonianza alla loro giustizia. Sono ingiuriati e benedicono, sono trattati ignominiosamente e ricambiano con l'onore. Pur facendo il bene, sono puniti come malfattori; e quando sono puniti si rallegrano, quasi si desse loro la vita. I giudei fanno loro guerra, come a gente straniera, e i pagani li perseguitano. Ma quanti li odiano non sanno dire il motivo della loro inimicizia (Mer/UL 2 Lett.).
L'incontro personale con Cristo nella santissima Eucaristia plasma i credenti e li costruisce di giorno in giorno in creature nuove che rinnovano il mondo perché il Sacramento del corpo e sangue del Signore è Cristo presente morto per tutti e risorto. Egli immolato ricrea, creduto vivifica, consacrato santifica i consacranti. San Gaudenzio di Brescia ci esorta alla fede dicendo: Crediamo dunque a colui al quale ci siamo affidati: la verità non conosce menzogna (Gio/UL 2 Lett.).
Il beato Isacco della Stella, medita sull'azione dello Spirito Santo nel mistero dell'Incarnazione e nel sacramento della rigenerazione; contempla l'umanità di Cristo senza peccato e noi che rinasciamo dal fonte battesimale figli di Dio, suo corpo divenendo l'unico corpo di Cristo: Lui senza peccato e noi che otteniamo la remissione di tutti i peccati. Egli portò nel suo corpo sulla croce ciò che rimosse dal suo corpo attraverso il battesimo e salva ancora per mezzo della croce e dell'acqua. È Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, che aveva preso su di sé. È sacerdote e sacrificio e Dio. Per questo offrendo sé a se stesso, riconcilia se stesso per mezzo di se stesso con se stesso e inoltre con il Padre e con lo Spirito Santo (Ven/UL 2 Lett.).
Mistero ineffabile che porta il cristiano a lodare sempre, comunque e dovunque Dio, con il canto dell'alleluia e con la testimonianza della vita onesta. Bada che tralasci di lodare Dio quando ti allontani dalla giustizia e da ciò che a lui piace. Infatti se non ti allontani mai dalla vita onesta la tua lingua tace, ma la tua vita grida e l'orecchio di Dio è vicino al tuo cuore. Le nostre orecchie sentono le nostre voci, le orecchie di Dio si aprono ai nostri pensieri (Sab/UL 2 Lett./S. Agostino).
Asceso al cielo con il corpo il Cristo sta davanti al Padre con tutta l'umanità che è stata rigenerata e conduce una vita che è tipica dei cittadini del cielo in forza dell'Eucaristia che li santifica. Perdonato il nostro peccato e divenuti un solo corpo con Lui facciamo della nostra vita un cantico di lode al Padre. La presenza misericordiosa di Dio si manifesta nell'azione dello Spirito Santo che attualizza la Parola, cementa nell'amore i discepoli del Signore, li invia nel mondo indicando i luoghi da evangelizzare, illumina nella soluzione di problemi dottrinali e suscita anziani a guida delle Chiesa nuove. La forza della Pasqua irradia nella storia. Essa è presente nel battesimo che trasforma l'uomo in un capolavoro d'amore per una vita normale tra gli altri uomini ma visibilmente connotata di novità evangelica che trae la sua forza dalla fede e dall'Eucaristia. E nasce l'uomo vivente che canta la gioia della fede al mondo intero per cui, con il salmi sta dice:
Misericordias Domini in aeternum cantabo
Canterò in eterno l'amore del Signore, che nella sua misericordia mi ha formato ad essere uomo della lode per la fede pasquale che mi ha salvato.
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VI settimana di Pasqua
LO SPIRITO SANTO PRESENTE NEI DIVINI MISTERI, CI CONDUCE ALL'INCONTRO CON IL RISORTO
Ormai la Comunità cristiana si avvicina alla grande solennità della Pentecoste e Gesù la prepara attraverso una catechesi sullo Spirito Santo. Rinnova la promessa e dichiara che la sua funzione sarà quella di difendere i cristiani nel processo che il mondo farà contro di loro. Lo Spirito Santo li assiste perché sono stati scelti per essere testimoni dell'amore di Dio nel mondo. Tuttavia «vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l'ora in mi cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me» (Lun/Gv 15,26-16,4).
Ma lo stesso Spirito Santo rifarà il processo a Gesù e denuncerà il triplice peccato del mondo: il rifiuto di Gesù, la sua ingiusta condanna perché Gesù è giusto e la sconfitta del principe di questo mondo. Ancora una volta Gesù illumina gli apostoli perché sappiano affrontare con coraggio la crisi imminente; è dunque una parola di consolazione. Disse Gesù: «È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a vo»i (Mar/Gv 16,5-11).
Il dono dello Spirito guiderà la Chiesa soprattutto alla conoscenza di tutta la verità e farà memoria di tutte le parole di Gesù. «Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà» (Mer/Gv 16,12-15).
Il momento è drammatico perché i discepoli dovranno affrontare la passione del Maestro. Capisce che ne vogliono sapere di più, per questo preannuncia loro giorni di sofferenza ma li rassicura: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia» (Gio/Gv 16,16-20).
E quella gioia sarà per sempre. Allora ogni dubbio sarà dissipato e non ci sarà più bisogno di chiarificazioni. «Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla» (Ven/Gv 16,20-23).
Lo Spirito Santo è inviato perché sia testimone di Gesù; rifà il processo a Gesù dimostrando la sua innocenza e giustizia; guiderà alla conoscenza di tutta intera la verità. Gesù prepara gli apostoli al dramma imminente. Li rassicura che sono amati dal Padre e la loro preghiera sarà esaudita. «In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto a nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena» (Sab/Gv 16,23-28).
In questo tratto di cammino drammatico Gesù è ricco di premure verso gli apostoli e nella sua misericordia li prepara allo smacco della Passione ma anche al dopo, e lo fa con la promessa dello Spirito Santo Difensore nei processi, Consolatore nelle crisi, Colui che fa comprendere tutta la Parola di Gesù. Dopo la sofferenza ci sarà la gioia per sempre e, poiché i discepoli sono amati dal Padre, la loro preghiera sarà certamente esaudita.
L'amore di Dio per gli apostoli si manifesta anche durante l'annuncio del vangelo. Ormai è entrato in Europa; dapprima arriva nella città più importante del distretto, poi irradierà agli altri centri. La predicazione si rivolge innanzitutto agli ebrei i quali si radunano presso i fiumi per le abluzioni preparatorie alla preghiera. A Filippi Dio apre il cuore ad una donna, si converte con la famiglia ed accoglie Paolo in casa, così diventa sacramento dell'accoglienza della fede. Dopo essere stata battezzata insieme alla famiglia, ci invitò dicendo: «Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa». E ci costrinse ad accettare (Lun/ At 16,11-15).
Anche in Europa il Cristo crocifisso e risorto vive nel discepolo perseguitato ma liberato dalla potenza di Dio che nella sua misericordia favorisce l'annuncio che conduce alla conversione ed alla salvezza. Il carceriere li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. Egli li prese con sé, a quell'ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio (Mar/At 16,22-34).
I semplici si convertono e si fanno misericordia all'apostolo: gli lavano le piaghe; i dotti ateniesi non accolgono l'annuncio. Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: "Su questo ti sentiremo un'altra volta" (Mer/At 17,15-22-18,1).
Paolo deluso lascia Atene e si reca a Corinto, si guadagna il pane lavorando ma poi si dedica tutto alla predicazione. I Giudei lo rifiutano e l'apostolo si dichiara innocente della loro chiusura di cuore. Ma, poiché essi si opponevano e lanciavano ingiurie, egli, scuotendosi le vesti, disse:«Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente. D'ora in poi me ne andrò dai pagani» (Gio/At 18,1-8).
Nella delusione Paolo è confortato dal Signore, lo esorta a continuare l'annuncio «perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso». Così Paolo si fermò un anno e mezzo, e insegnava fra loro la parola di Dio (Ven/At 18,9-18).
Lo Spirito suscita altri ministri della parola insegnando con accuratezza ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. Da Efeso passa in Acaia presentato da una lettera che invitava i discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto là, fu molto utile a quelli che, per opera della grazia, erano divenuti credenti. Confutava infatti vigorosamente i Giudei, dimostrando pubblicamente attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo (Sab/At 18,23-28).
La misericordia di Dio si tocca con mano in questo tratto della storia della Chiesa nascente: parla al cuore della donna che poi si converte; libera dalla prigionia l'apostolo; favorisce l'annuncio perché l'uomo creda e sia salvo; consola ed incoraggia l'evangelizzatore e suscita nuovi ministri della parola.
Dal loro annuncio nasce la fede e la fede conduce al battesimo e quindi alla salvezza in Cristo. Didimo di Alessandria ci introduce nelle misteriose grazie del battesimo, il sacramento che da terreni che siamo, cioè fatti di polvere e terra, ci rende spirituali, ci permette di partecipare alla gloria divina... Ci rende ormai più onorati degli angeli. Spegne la fiamma terribile e inestinguibile dell'inferno per mezzo delle divine acque del fonte battesimale. Gli uomini infatti vengono concepiti due volte, una volta corporalmente e una volta dallo Spirito divino (Lun/UL 2 Lett.).
Per questo secondo concepimento, dice san Cirillo di Alessandria, dimora in noi un unico Spirito il quale riconduce all'unità con sé e all'unità vicendevole fra loro tutti quelli che si trovano a partecipare di lui... Perciò siamo chiamati non più uomini solamente, ma anche figli di Dio e uomini celesti. Siamo resi cioè partecipi della natura divina (Mar/UL 2 Lett.).
Se col battesimo il cristiano è diventato figlio di Dio, uomo celeste, partecipe della natura divina, allora non sorprende che la nostra natura umana venne associata a Cristo nel trono della gloria, mentre era unita alla sua natura nella Persona del Figlio (Mer/UL 2 Lett./S. Leone Magno).
Questi misteri che si sono compiuti in Cristo e che coinvolgono l'uomo credente sono da credere senza che li abbiamo a vedere, ma lo stesso Cristo ancora lo possiamo vedere e toccare perché quello che era visibile del nostro Redentore è passato nei riti sacramentali (Gio/UL 2 Lett./S. Leone Magno).
Sant'Agostino ci insegna che ci sono state donate due vite: una nella fede e l'altra nella visione. Il discepolo segue Gesù nella Passione, immagine della vita terrena e nella visione, immagine della vita celeste. L'arte del vivere cristiano consiste nell'accettare tutto santamente perseverando fino alla morte. Colui che vive in questo modo, veramente segue Cristo (Ven/UL 2 Lett.).
Certamente si tratta di un'esperienza impegnativa ma possibile quando alla paura subentra l'amore perché l'amore fonda nell'unità. Lo raccomanda Gesù quando ammonisce i suoi a stimare questa unione l'unico e solo ben ed a stringersi nell'unità dello Spirito con il vincolo della pace (Sab/UL 2 Lett./S. Gregorio di Nissa).
Battezzati in Cristo siano diventati uomini spirituali tutti uniti a Lui e tra noi. La nostra natura umana è divenuta partecipe della gloria divina. Come discepoli di Gesù la nostra vita terrena imita il Cristo della Passione mentre quella celeste ce lo fa gustare nella visione. Tuttavia oggi, lo incontriamo vivo nei riti sacramentali che ci costruiscono nell'amore per la potenza dello Spirito Santo.
Il momento della celebrazione è il grande dono del Padre misericordioso perché mentre si ripresenta sacramentalmente la Pasqua, la stessa celebrazione manifesta una Chiesa che custodisce i doni pasquali, come dice una Preghiera Sulle offerte: Accogli, Padre misericordioso, l'offerta di questa tua famiglia, perché con la tua protezione custodisca i doni pasquali e giunga alla felicità eterna (Ven).
Poi dalla celebrazione la Chiesa passa alla vita e brama che anche questa sia testimonianza per la quale custodisce i doni pasquali celebrati. Una preghiera colletta dice: Donaci, Padre misericordioso, di rendere presente in ogni momento della vita la fecondità della Pasqua, che si attua nei tuoi misteri (Lun/Colletta).
In questa settimana lo Spirito Santo inizia ad essere visibilmente annunciato e contemplato nella liturgia: è promesso da Gesù, consola, incoraggia, suscita nuovi ministri perché la Chiesa si stabilizzi ed è il supremo Dono che trasforma i riti sacramentali in presenza del Risorto e cementa i discepoli nell'amore. La Chiesa orante sempre più innamorata dei doni pasquali canta al mondo la sua gioia di volerli custodire con la santa Liturgia e la vita.
Misericordias Domini in aeternum cantabo
Canterò in eterno l'amore del Signore, per i doni pasquali che la misericordia di Dio nello Spirito Santo ci ha consegnato di celebrare e testimoniare con la vita.
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VII settimana di Pasqua
IL DONO DELLO SPIRITO SANTO TRASFORMA I CREDENTI IN TEMPIO DELLA SUA GLORIA
Al termine del lungo discorso di addio i discepoli dicono di aver capito e di credere e di li a poco lo abbandoneranno. Perché? che cos'hanno compreso? L'incomprensione non ostacola la fede. Gesù annuncia tribolazioni ma avranno pace in Lui. Credere quando si attraversano tribolazioni vuol dire essere convinti che Cristo ha vinto il mondo e questo ricolma di pace. «Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!» (Lun/Gv 16,29-33).
Fatta questa ultima consegna Gesù si abbandona all'intimità col Padre nella preghiera: ormai la sua "ora" è qui. La prima richiesta è il dono della vita eterna ai discepoli; essi, obbedendo a Dio lo glorificano e il Padre li rende partecipi della gloria data al Figlio (Mar/Gv 17,1-11).
Poi chiede al Padre che custodisca i discepoli perché quando sarà tornato al Padre non lo potrà più fare direttamente; li custodisca perché siano una cosa sola e siano segno di Dio nel mondo. «Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo» (Mer/Gv 17,11-19).
La preoccupazione fondamentale di Gesù è l'unità di tutti i credenti in Lui, anche quelli che verranno nel corso della storia. Unità che è comunione nell'amore fino a dare la propria vita. Vedendo la Chiesa immagine del Crocifisso che ama fino al culmine, il mondo crederà. «Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me» (Gio/Gv 17,20-26).
Gesù ha concluso la preparazione dei discepoli al dramma della Passione ed ha pregato per loro affidandoli al Padre. Dopo la risurrezione inizia l'avventura della Chiesa e Gesù chiede direttamente a Pietro se lo ama. Sembra volersi assicurare che il suo tesoro, la Chiesa e la salvezza è messa nella mani di uomini mossi solo dall'amore, un amore fino al culmine. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse "Mi voi bene?", e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore». E, detto questo, aggiunse: «Seguimi» (Ven/Gv 21,15-19).
Nella conclusione dell'incontro pasquale Pietro è invitato da Gesù, sembra, a riconoscere che diverse sono le chiamate e la testimonianza, ma nessuna di esse è sufficiente a rivelare tutta la gloria di Dio. Solo Cristo è la completa rivelazione del Padre. Quando ritornerà vedremo la gloria di Dio; per ora viviamo nell'attesa; la testimonianza operosa è già in qualche modo la rivelazione di quella gloria. Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi» (Sab/Gv 21,20-25).
Gesù conclude la sua preparazione dei discepoli alla Passione incoraggiandoli a stare con Lui nelle tribolazione e gusteranno già la sua pace. Poi prega il Padre perché i suoi discepoli abbiano la vita eterna, siano custoditi nell'unità, che è comunione d'amore fino al culmine. Poi si rassicura che Pietro lo ami dal profondo perché gli sta per affidare la sua Chiesa e la salvezza da trasmettere nella storia. L'amore di Pietro e degli Apostoli sarà trasformato dallo Spirito Santo che ormai sta per essere effuso nella imminente Pentecoste.
Ad Efeso non conoscevano lo Spirito Santo, ma appena Paolo ebbe imposto loro le mani, discese su di loro lo Spinto Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare. Erano in tutto circa dodici uomini (Lun/At 19,1-8). L'Apostolo sta per giungere al termine della sua vita e confessa che lo Spirito Santo gli ha rivelato che lo attendono catene e tribolazioni. Desidera solo condurre a termine la sua missione di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio (Mar/At 20,17-27). Nel saluto agli anziani di Efeso, raccomanda loro di vegliare su se stessi e sul loro gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio ed affida tutti alla parola ed alla grazia di Dio.«Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: "Si è più beati nel dare che nel ricevere!"» (Mer/At 20,28-38). Paolo è messo in carcere ma di notte il Signore lo incoraggia annunciandogli che è necessario che dia testimonianza anche a Roma (Gio/At 22,30;23,6-11). In giudizio si dichiara cittadino romano e come tale si appella all'imperatore per cui verrà condotto a Roma come Gesù gli aveva predetto (Ven/At 25,3-21). Giunto a Roma pur costretto agli arresti domiciliari, trova modo di annunciare il regno di Dio con tutta franchezza e senza impedimento (Sab/At 28,16-20.30-31).
Nella missione apostolica lo Spirito Santo manifesta la sua potente presenza trasformante. Ora rivela a Paolo che dovrà subire catene e tribolazioni. Esorta gli anziani che lo Spirito Santo ha costituiti custodi e pastori della Chiesa di Dio di vigilare su se stessi e il gregge loro affidato. Messo in prigione è confortato dal Signore che gli annuncia anche che darà la sua testimonianza in Roma. Infatti davanti al tribunale fa appello a Cesare e condotto a Roma, pur limitato nella sua libertà trova modo di annunciare il regno di Dio e Gesù Cristo.
Siamo nella settimana che prepara all'effusione dello Spirito Santo; le meditazioni dei Santi Padri sono una scuola continuata su questo Dono che sta per essere concesso nella infuocata Pentecoste. Egli innanzitutto opera effetti molteplici. Tra le altre cose, dice san Cirillo di Gerusalemme, rafforza la temperanza di questo, mentre a quello insegna la misericordia. Mite e lieve il suo avvento, fragrante e soave la sua presenza, leggerissimo il suo giogo. Il suo arrivo è preceduto dai raggi splendenti della luce e della scienza. Giunge come fratello e protettore. Viene infatti a salvare, a sanare, a insegnare, a esortare, a rafforzare e a consolare. Anzitutto illumina la mente di colui che lo riceve e poi, per mezzo di questi, anche degli altri (Lun/UL 2 Lett.).
Anche San Basilio Magno riflette sullo stesso tema e dice che le anime che hanno in sé lo Spinto e che sono illuminate dallo Spirito diventano anch'esse sante e riflettono la grazia sugli altri. Per lui i deboli vengono condotti per mano, i forti giungono alla perfezione. Da lui la gioia eterna, da lui l'unione costante e la somiglianza con Dio, e, cosa più sublime d'ogni altra, da lui la possibilità di divenire Dio (Mar/UL 2 Lett.).
Infatti lo Spirito Santo opera senza posa la santificazione della Chiesa, la unifica nella comunione e nel servizio, la provvede di diversi doni gerarchici e carismatici, coi quali la dirige e la abbellisce dei suoi frutti. Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, la rinnova continuamente e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo. Infatti lo Spirito e la Sposa dicono al Signore Gesù: Vieni! (cfr. Ap 22,17). La Chiesa universale si presenta come «un popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (Mer/UL 2 Lett./LG 4.12).
Con il dono dello Spirito Santo, dice san Cirillo di Alessandria, i cristiani dicono con fiducia "Abbà, Padre e praticano con facilità ogni virtù mentre diventano invincibili contro le insidie del diavolo e gli attacchi degli uomini. Vedi come lo Spirito trasforma, per così dire, in un'altra immagine coloro nei quali abita? Infatti porta con facilità dal gusto delle cose terrene a quello delle sole cose celesti e da una imbelle timidezza ad una forza d'animo piena di coraggio e di grande generosità. I discepoli erano così disposti e così rinfrancati nell'animo dallo Spirito Santo, da non essere per nulla vinti dagli assalti dei persecutori, ma fortemente stretti all'amore di Cristo (Gio/UL 2 Lett.).
Con il dono della fortezza, dice sant'Ilario, lo Spirito Santo ci fa anche dono della conoscenza perché stabilisce un certo contatto tra noi e Dio, e così illumina la nostra fede nelle difficoltà relative all'incarnazione di Dio. Il dono, che è in Cristo, è dato interamente a tutti (Ven/UL 2 Lett.).
Un Autore africano VI sec. dice che per il dono dello Spirito Santo la Chiesa può parlare tutte le lingue cioè l'unica lingua dell'amore perché grazie allo Spirito Santo la carità di Dio si trova nei nostri cuori. Celebrate quindi questo giorno, come membra dell'unico corpo di Cristo. Infatti non lo celebrerete inutilmente se voi sarete quello che celebrate. Se cioè sarete incorporati a quella Chiesa, che il Signore colma di Spirito Santo, estende con la sua forza in tutto il mondo, riconosce come sua, venendo da essa riconosciuto (Sab/UL 2 Lett.).
La consapevolezza di tante ricchezze che lo Spirito effonde sui fedeli, conduce la Comunità liturgica a rivolgersi al Padre onnipotente e misericordioso perché lo stesso Spirito fissi la sua abitazione nel cuore dei credenti: Padre onnipotente e misericordioso, fa' che lo Spirito Santo venga ad abitare in noi e ci trasformi in tempio della sua gloria (Mar/Colletta). Per questa presenza santificante la Chiesa è in grado di formare nel Padre misericordioso quell'unità che Gesù ha chiesto nella preghiera sacerdotale: Padre misericordioso, fa' che la tua Chiesa, riunita dallo Spirito Santo, ti serva con piena dedizione e formi in te un cuore solo e un'anima sola (Mer/Colletta).
Tutta l'attenzione è rivolta allo Spirito Santo che la Chiesa attende in preghiera. Egli produce molteplici effetti, illumina le anime e la sua luce si riflette sugli altri, abbellisce la Chiesa di diversi doni gerarchici e carismatici. Con la forza dello Spirito Santo i cristiani diventano invincibili contro il Maligno e gli uomini, approfondisce la conoscenza della nostra fede e portando l'amore nei cuori i discepoli parlano in molte lingue, l'unico linguaggio dell'amore e vivono con un cuore solo ed un'anima sola.
In attesa dello Spirito promesso Gesù esorta ad essere forti nelle tribolazioni, poi prega per l'unità dei suoi discepoli e chiede amore sincero agli apostoli perché sta per affidare loro la Chiesa, suo tesoro. Saranno arricchiti dal dono dello Spirito Santo. In Paolo è presente perché sostenga la prigionia ed annunci con franchezza il vangelo in Roma. Lo stesso Spirito venendo nelle anime le illumina per una conoscenza più profonda dei Misteri della fede, incendia d'amore il cuore dei fedeli i quali ormai vivono parlando l'unica lingua dell'amore che li sostiene nel vivere un cuore solo ed un'anima sola. Come non cantare:
Misericordias Domini in aeternum cantabo
Canterò in eterno l'amore del Signore, che per la sua misericordia, grazie all'effusione dello Spirito ci illumina sui misteri della fede perché sappiamo vivere come un cuore solo ed un'anima sola.
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