Il diacono permanente e sua moglie
nella comunità ecclesiale oggi
Don Lino D'Armi
Spunti di conversazione per un Convegno di diaconi e le loro mogli, svoltosi dall'8 all'11 marzo 2001, presso il Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (RM).
1. Il diacono permanente nella Chiesa-Istituzione
Ecco quanto dice a proposito dei diaconi il documento Lumen Gentium del Concilio Vaticano II:
«In un grado inferiore della gerarchia stanno i Diaconi, ai quali sono imposte le mani "non per il sacerdozio, ma per il ministero". Infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale, nel ministero della liturgia, della predicazione e della carità, servono il popolo di Dio, in comunione col Vescovo e i suoi sacerdoti. È ufficio del Diacono, conforme gli sarà stato assegnato dalla competente autorità,
amministrare solennemente il battesimo,
conservare e distribuire l'Eucaristia,
in nome della Chiesa assistere e benedire il matrimonio,
portare il Viatico ai moribondi,
leggere la sacra Scrittura ai fedeli,
istruire ed esortare il popolo,
presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli,
amministrare i sacramenti,
dirigere il rito funebre e della sepoltura.
Essendo dedicati agli uffici di carità e di assistenza,
i Diaconi si ricordino del monito di S. Policarpo: "Misericordiosi, attivi, camminanti nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti"» (LG, I, 29a).
2. Il diacono e il profilo mariano della Chiesa
Qui è descritta la funzione del diacono, soprattutto come azione di ministero, quindi dal punto di vista istituzionale. Ma tra le righe possiamo anche intravedervi ciò che deve animare tale azione. Due accenni in particolare, la precisazione che "ai diaconi sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il ministero", e la citazione del monito di S. Policarpo "Misericordiosi, attivi, camminanti nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti", fanno subito venire in mente il secondo di quei due aspetti, o profili, della Chiesa, messi in luce così frequentemente da Giovanni Paolo II: il profilo petrino, o istituzionale, e quello mariano.
Da notare subito che sarebbe sbagliato pensare che il primo (profilo istituzionale) è quello che conta, e che il secondo (profilo mariano) ha poca importanza. Anzi, rifacendoci al noto teologo H.U. von Balthasar, lo stesso Pontefice dice che il profilo mariano è altrettanto se non più fondamentale e caratterizzante, per l'identità e la missione della Chiesa, di quello petrino (cfr Giovanni Paolo II - Alla Curia Romana - Osservatore Romano, 23/12/82): infatti esso, non avendo un sostegno istituzionale, può poggiare solo sull'amore.
Della figura del diacono viene in rilievo non l'autorità, il potere, ma il servizio, quindi l'amore. Così, è alla luce del profilo mariano della Chiesa, che si capisce la specificità, e perciò l'importanza, della funzione del diacono e della sua famiglia nella più grande famiglia ecclesiale.
I due aspetti, l'istituzione e il carisma, il profilo petrino e il profilo mariano, sono ambedue necessari per la vita della Chiesa. Ma purtroppo, nella storia che ci precede, mentre l'aspetto istituzionale ha avuto grande rilievo, non è stato altrettanto per il secondo. Questo perché nella mentalità e condotta umana nel corso del tempo, ha avuto prevalenza il senso del prestigio, dell'onore, del potere, su quello del servizio, dell'amore, del dono di sé. Ma, per dirla con le parole dello stesso Gesù, "all'origine non fu così".
3. Creati a immagine della Trinità
A questo punto ci può essere di aiuto uno sguardo al disegno originario del Creatore.
All'origine, già al momento della creazione dell'essere umano, Dio ha subito impostato una realtà duplice, per assicurare la reciprocità, l'amore. Infatti, proiettando su di esso l'immagine di Sé, vi ha impresso l'orma del suo essere trinitario: che è la prima e la seconda persona e il rapporto d'amore tra loro. Dice infatti la bibbia: "A immagine di Dio: maschio e femmina li creò". Cioè, la differenziazione sessuale è il riflesso nell'essere umano della Trinità divina. Vedremo meglio fra poco.
Quindi lo stile d'amore del rapporto trinitario di Dio deve essere programma di vita anche per l'essere umano: a cominciare dalla distinzione sessuale, uomo e donna, e poi via via in tutti gli altri rapporti. Si può aggiungere che, come il rapporto uomo-donna è a immagine di Dio-Trinità, così tutti gli altri rapporti sono a immagine del rapporto uomo-donna.
Purtroppo, come accennato sopra, l'umanità non ha seguito questo programma: di qui lo squilibrio ai vari livelli nella società. Dopo millenni di una tanto travagliata storia umana il Verbo si è incarnato: è venuto Gesù a richiamarci a quel programma di reciprocità e d'amore. Con la vita: facendo sempre riferimento alla prima Persona, il Padre, ed effondendo su tutti noi il frutto di questo suo rapporto, lo Spirito d'amore. E con le parole. Ad esempio, ha chiesto al Padre per noi: "Che siano una cosa sola come io e te"; ci ha anche detto: "Dove due o tre si ritrovano uniti nel mio nome, là sono io in mezzo ad essi"...
Poi, per aiutarci a vivere il suo messaggio, Egli ha fondato anche una grande famiglia, la Chiesa. Questa è ancora in cammino verso la realizzazione dello stesso messaggio. Bisogna però riconoscere che non siamo ancora arrivati a offrire, della Chiesa, quell'immagine di comunione e famiglia così come Gesù l'ha sognata. Anzi a volte se ne è data un'idea monolitica e piramidale.
Tuttavia, in questi ultimi decenni, grazie specialmente al Vaticano II, agli insegnamenti di papi e vescovi, all'opera di studiosi, e alla vitalità e attualità dei nuovi movimenti, si sta andando sempre di più verso quel progetto trinitario e di comunione dell'origine.
4. Il diacono permanente e la comunione nella Chiesa
Venendo ai nostri giorni, è proprio di qualche settimana fa l'esortazione di Giovanni Paolo II ai nuovi cardinali: "Voi siete oggi costituiti Cardinali perché vi impegniate a far sì che la spiritualità di comunione cresca nella Chiesa. Solo essa, infatti, è in grado di conferire un'anima al dato istituzionale...". Notate: "un'anima al dato istituzionale". In questa espressione è riassunto tutto.
Ebbene oggi specialmente lo Spirito santo ci sta spingendo tutti - non solo i Cardinali, come raccomandava loro il santo Padre - a farci "promotori di comunione, di quell'unità che riduce molte parti ad un solo tutto mediante la carità".
Pensiamo che, per capire pienamente la funzione del diacono permanente oggi, sia necessario guardarla a questa luce. Cioè, quello che è richiesto a lui nel nostro tempo va oltre quanto gli si chiedeva in antico, cioè fino a mille anni fa, quando la sua figura è scomparsa dalla scena della Chiesa. Oggi questa figura è stata ripristinata perché egli porti nel tessuto ecclesiale il suo contributo di mediazione tra laicato e sacerdozio; e non soltanto nello svolgimento delle opere di ministero, ma anche e prima di tutto per colmare la distanza tra queste due realtà e favorirne la comunione e l'unità.
Oggi si avverte una crescente esigenza, espressa anche dall'autorità ecclesiastica, come prima accennato, di ricomporre la frattura tra religioso e temporale, tra divino e umano, tra sacro e profano: e il diacono riassume ambedue questi aspetti nella sua persona. Per cui il ripristino del diaconato permanente risulta essere una delle tante ispirazioni dello Spirito santo alla sua Chiesa, per avviarla a realizzare nel suo insieme quella reciprocità e comunione, che è già iscritta nel progetto originario della stessa persona umana, fatta a immagine di Dio Trinità.
Quindi al diacono è chiesto, sì, anche di battezzare e predicare, ecc.; ma, perché la sua azione sia carica di contenuto, gli si chiede di essere Gesù: cioè, di portare nella sua carne la testimonianza di quella comunione che è propria del rapporto di Gesù col Padre.
5. Il diacono permanente e la comunione col partner
C'è un'applicazione particolare della comunione trinitaria che impegna il diacono permanente: quella del suo stato di coniugato (nella grande maggioranza dei casi). E qui si può considerare il diacono sotto due aspetti: quello che lo accomuna a tutti gli altri coniugati, e quello che lo distingue da essi per via dell'ordine sacro.
a) Come gli altri coniugati
Assieme a tutti i coniugati, il diacono e sua moglie hanno una vocazione molto chiara: rispecchiare tramite anche la corporeità umana nientemeno che la più sublime delle comunioni possibili, quella tra le Persone divine. La bibbia è esplicita, come è stato ricordato: "A immagine di Dio: maschio e femmina li creò". Come dire che la distinzione sessuale e il rapporto che ne deriva riflettono e riproducono la distinzione e rapporto che esiste tra le stesse Persone divine della Trinità. Cioè, l'uomo e la donna sono chiamati a configurare sulla terra, mediante il loro rapporto d'amore, sotto le varie forme (spirituale, psichica, fisica) quello che in Cielo è la vita della stessa SS. Trinità.
Ovviamente questo ha un prezzo. Come anche in Dio stesso c'è un prezzo. Infatti, nella Trinità, da una parte c'è la beatitudine infinita e la gloria, che derivano dal rapporto d'amore tra le Persone divine; ma, dall'altra, c'è il fatto che ciascuna Persona si dona al punto di perdere tutta se stessa, con uno svuotamento e annientamento (atto che i teologi chiamano "kènosi") totale. È Gesù che ci ha rivelato questo con la sua testimonianza di vita e con la parola. Ed è grazie a questo perdere, questo annientarsi, che la stessa Trinità può esistere.
Ora, questa stessa dinamica deve realizzarsi tra l'uomo e la donna, perché essi possano rivivere sulla terra, nell'esistenza mortale, la stessa vita della Trinità; e anche perché il rapporto tra loro possa esistere e avere un futuro.
Come avverrà questo? Come potranno l'uomo e la donna attuare questa perdita di sé, l'un per l'altro, a immagine di quanto accade nella Trinità? È per rispondere a questa domanda che Gesù insegna: "Non c'è amore più grande che dare la vita...", "Chi perde la propria anima la ritroverà"; e così via, con tutto il resto del suo messaggio, che non è altro che un esprimere in termini umani, accessibili a noi, quella vita che Egli vive nella SS. Trinità.
Infatti, costatiamo che la natura, in armonia col progetto del Creatore, dà il suo aiuto ai due, sul piano sentimentale, fisico, spirituale, in modo che essi trovino tutto avviato e facilitato (basta pensare a quella specie di miracolo che è l'innamoramento). E di avvio si tratta: infatti le varie spinte che possono esserci da parte della natura devono servire, nel disegno divino, non a se stessi, ma ad indirizzare ciascuno dei due sempre più generosamente verso il dono totale di sé: a incoraggiarli a uscire dal proprio io, a dare la vita per l'altro, e poi per gli altri, per tutti gli altri; anche se - s'intende - rispettando le priorità.
È il vero grande gioco d'amore, tra Creatore e creatura: gara di generosità (a chi dona di più), in cui certamente il vincitore è sempre Dio, per quanto noi vogliamo essere eroici nel rinunciare e dare. E che sia un gioco che vale la candela lo si capisce anche considerando solo il lato umano, il cosiddetto "centuplo".
Cioè, considerando il fatto che, nella misura in cui si è capaci di ridonare l'amore dell'altro - non trattenendolo per sé -, lo si riceve e lo si gode di più. Ma, perché il gioco riesca, dev'essere senza sosta, e inoltre c'è da mettere in conto il patire. Questo Gesù lo ha spiegato molto chiaramente: "Non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva cento volte tanto nel tempo presente, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà".
Insomma, è la paradossale verità del vangelo, secondo cui, chi è disposto a seguire Gesù in quell'annientamento che la Provvidenza e le circostanze della vita ci propongono, guadagna sia il gaudio che gli viene dalla comunione con le Persone divine, sia quello della comunione con le persone umane, a cominciare da quelle più amate.
Il diacono permanente, come tutti i coniugati, e anche chiunque altro, è chiamato a questo cammino di morte-resurrezione.
b) Diversamente dagli altri coniugati
A parte quanto detto ora, il diacono ha poi un particolare, che non è comune agli altri coniugati: l'ordine sacro (da notare che l'abbinamento ordine e matrimonio può verificarsi anche nei sacerdoti cattolici di rito orientale, come pure nei sacerdoti ortodossi e anglicani).
Questo conferisce alla coppia diaconale un ruolo specifico suo: quello di contribuire in modo speciale a creare ponti, a mediare in prima persona, nella propria carne, tra il sacro e il profano, tra l'eterno e il temporale. Tutti abbiamo questa vocazione, ma nel caso della coppia diaconale c'è un segno particolare, che è il sacramento dell'ordine sacro, che investe lui; ordine sacro che è saldato in maniera esistenziale, indissolubile, con la realtà umana più concreta: vita coniugale, professione e ambiente laico.
Oggi la Chiesa sembra essere chiamata a questo con una certa urgenza: nel senso che, mentre nel passato la dicotomia tra le due realtà poteva essere tollerata, in quanto occorreva sottolineare ancora altri aspetti della vita ecclesiale, oggi, senza questo ri-congiungimento, sembra non ci sia possibilità di farsi ascoltare dalla gente. È l'incarnazione che si perpetua nella storia. Infatti lo Spirito santo ha spinto molto in questa direzione i padri conciliari del Vaticano II e successivamente gli altri responsabili della vita della Chiesa.
Quanto al diaconato permanente, il suo ripristino sembra inserirsi in questo contesto. C'è da superare, come diceva Igino Giordani col suo stile inconfondibile, il fossato tra consacrati e sconsacrati, tra lo stato di perfezione e quello di imperfezione.
Concludendo. A voi allora, coppie diaconali, che avete questa caratteristica a differenza sia di noi sacerdoti, sia degli altri laici, un onore e onere in più in questo senso: fare delle iniezioni di sangue puro, al vivo e a presa diretta - diciamo così - nel tessuto ecclesiale. E ciò è possibile solo grazie a quell'ascetica di cui si è detto prima. Fare poi tutto il resto come servizio di ministero, ma prima di tutto è tale ascetica e dono di sé la più alta diaconia, il servizio più essenziale alla comunità.
Spunti di conversazione per un Convegno di diaconi e le loro mogli, svoltosi dall'8 all'11 marzo 2001, presso il Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (RM).
1. Il diacono permanente nella Chiesa-Istituzione
Ecco quanto dice a proposito dei diaconi il documento Lumen Gentium del Concilio Vaticano II:
«In un grado inferiore della gerarchia stanno i Diaconi, ai quali sono imposte le mani "non per il sacerdozio, ma per il ministero". Infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale, nel ministero della liturgia, della predicazione e della carità, servono il popolo di Dio, in comunione col Vescovo e i suoi sacerdoti. È ufficio del Diacono, conforme gli sarà stato assegnato dalla competente autorità,
amministrare solennemente il battesimo,
conservare e distribuire l'Eucaristia,
in nome della Chiesa assistere e benedire il matrimonio,
portare il Viatico ai moribondi,
leggere la sacra Scrittura ai fedeli,
istruire ed esortare il popolo,
presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli,
amministrare i sacramenti,
dirigere il rito funebre e della sepoltura.
Essendo dedicati agli uffici di carità e di assistenza,
i Diaconi si ricordino del monito di S. Policarpo: "Misericordiosi, attivi, camminanti nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti"» (LG, I, 29a).
2. Il diacono e il profilo mariano della Chiesa
Qui è descritta la funzione del diacono, soprattutto come azione di ministero, quindi dal punto di vista istituzionale. Ma tra le righe possiamo anche intravedervi ciò che deve animare tale azione. Due accenni in particolare, la precisazione che "ai diaconi sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il ministero", e la citazione del monito di S. Policarpo "Misericordiosi, attivi, camminanti nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti", fanno subito venire in mente il secondo di quei due aspetti, o profili, della Chiesa, messi in luce così frequentemente da Giovanni Paolo II: il profilo petrino, o istituzionale, e quello mariano.
Da notare subito che sarebbe sbagliato pensare che il primo (profilo istituzionale) è quello che conta, e che il secondo (profilo mariano) ha poca importanza. Anzi, rifacendoci al noto teologo H.U. von Balthasar, lo stesso Pontefice dice che il profilo mariano è altrettanto se non più fondamentale e caratterizzante, per l'identità e la missione della Chiesa, di quello petrino (cfr Giovanni Paolo II - Alla Curia Romana - Osservatore Romano, 23/12/82): infatti esso, non avendo un sostegno istituzionale, può poggiare solo sull'amore.
Della figura del diacono viene in rilievo non l'autorità, il potere, ma il servizio, quindi l'amore. Così, è alla luce del profilo mariano della Chiesa, che si capisce la specificità, e perciò l'importanza, della funzione del diacono e della sua famiglia nella più grande famiglia ecclesiale.
I due aspetti, l'istituzione e il carisma, il profilo petrino e il profilo mariano, sono ambedue necessari per la vita della Chiesa. Ma purtroppo, nella storia che ci precede, mentre l'aspetto istituzionale ha avuto grande rilievo, non è stato altrettanto per il secondo. Questo perché nella mentalità e condotta umana nel corso del tempo, ha avuto prevalenza il senso del prestigio, dell'onore, del potere, su quello del servizio, dell'amore, del dono di sé. Ma, per dirla con le parole dello stesso Gesù, "all'origine non fu così".
3. Creati a immagine della Trinità
A questo punto ci può essere di aiuto uno sguardo al disegno originario del Creatore.
All'origine, già al momento della creazione dell'essere umano, Dio ha subito impostato una realtà duplice, per assicurare la reciprocità, l'amore. Infatti, proiettando su di esso l'immagine di Sé, vi ha impresso l'orma del suo essere trinitario: che è la prima e la seconda persona e il rapporto d'amore tra loro. Dice infatti la bibbia: "A immagine di Dio: maschio e femmina li creò". Cioè, la differenziazione sessuale è il riflesso nell'essere umano della Trinità divina. Vedremo meglio fra poco.
Quindi lo stile d'amore del rapporto trinitario di Dio deve essere programma di vita anche per l'essere umano: a cominciare dalla distinzione sessuale, uomo e donna, e poi via via in tutti gli altri rapporti. Si può aggiungere che, come il rapporto uomo-donna è a immagine di Dio-Trinità, così tutti gli altri rapporti sono a immagine del rapporto uomo-donna.
Purtroppo, come accennato sopra, l'umanità non ha seguito questo programma: di qui lo squilibrio ai vari livelli nella società. Dopo millenni di una tanto travagliata storia umana il Verbo si è incarnato: è venuto Gesù a richiamarci a quel programma di reciprocità e d'amore. Con la vita: facendo sempre riferimento alla prima Persona, il Padre, ed effondendo su tutti noi il frutto di questo suo rapporto, lo Spirito d'amore. E con le parole. Ad esempio, ha chiesto al Padre per noi: "Che siano una cosa sola come io e te"; ci ha anche detto: "Dove due o tre si ritrovano uniti nel mio nome, là sono io in mezzo ad essi"...
Poi, per aiutarci a vivere il suo messaggio, Egli ha fondato anche una grande famiglia, la Chiesa. Questa è ancora in cammino verso la realizzazione dello stesso messaggio. Bisogna però riconoscere che non siamo ancora arrivati a offrire, della Chiesa, quell'immagine di comunione e famiglia così come Gesù l'ha sognata. Anzi a volte se ne è data un'idea monolitica e piramidale.
Tuttavia, in questi ultimi decenni, grazie specialmente al Vaticano II, agli insegnamenti di papi e vescovi, all'opera di studiosi, e alla vitalità e attualità dei nuovi movimenti, si sta andando sempre di più verso quel progetto trinitario e di comunione dell'origine.
4. Il diacono permanente e la comunione nella Chiesa
Venendo ai nostri giorni, è proprio di qualche settimana fa l'esortazione di Giovanni Paolo II ai nuovi cardinali: "Voi siete oggi costituiti Cardinali perché vi impegniate a far sì che la spiritualità di comunione cresca nella Chiesa. Solo essa, infatti, è in grado di conferire un'anima al dato istituzionale...". Notate: "un'anima al dato istituzionale". In questa espressione è riassunto tutto.
Ebbene oggi specialmente lo Spirito santo ci sta spingendo tutti - non solo i Cardinali, come raccomandava loro il santo Padre - a farci "promotori di comunione, di quell'unità che riduce molte parti ad un solo tutto mediante la carità".
Pensiamo che, per capire pienamente la funzione del diacono permanente oggi, sia necessario guardarla a questa luce. Cioè, quello che è richiesto a lui nel nostro tempo va oltre quanto gli si chiedeva in antico, cioè fino a mille anni fa, quando la sua figura è scomparsa dalla scena della Chiesa. Oggi questa figura è stata ripristinata perché egli porti nel tessuto ecclesiale il suo contributo di mediazione tra laicato e sacerdozio; e non soltanto nello svolgimento delle opere di ministero, ma anche e prima di tutto per colmare la distanza tra queste due realtà e favorirne la comunione e l'unità.
Oggi si avverte una crescente esigenza, espressa anche dall'autorità ecclesiastica, come prima accennato, di ricomporre la frattura tra religioso e temporale, tra divino e umano, tra sacro e profano: e il diacono riassume ambedue questi aspetti nella sua persona. Per cui il ripristino del diaconato permanente risulta essere una delle tante ispirazioni dello Spirito santo alla sua Chiesa, per avviarla a realizzare nel suo insieme quella reciprocità e comunione, che è già iscritta nel progetto originario della stessa persona umana, fatta a immagine di Dio Trinità.
Quindi al diacono è chiesto, sì, anche di battezzare e predicare, ecc.; ma, perché la sua azione sia carica di contenuto, gli si chiede di essere Gesù: cioè, di portare nella sua carne la testimonianza di quella comunione che è propria del rapporto di Gesù col Padre.
5. Il diacono permanente e la comunione col partner
C'è un'applicazione particolare della comunione trinitaria che impegna il diacono permanente: quella del suo stato di coniugato (nella grande maggioranza dei casi). E qui si può considerare il diacono sotto due aspetti: quello che lo accomuna a tutti gli altri coniugati, e quello che lo distingue da essi per via dell'ordine sacro.
a) Come gli altri coniugati
Assieme a tutti i coniugati, il diacono e sua moglie hanno una vocazione molto chiara: rispecchiare tramite anche la corporeità umana nientemeno che la più sublime delle comunioni possibili, quella tra le Persone divine. La bibbia è esplicita, come è stato ricordato: "A immagine di Dio: maschio e femmina li creò". Come dire che la distinzione sessuale e il rapporto che ne deriva riflettono e riproducono la distinzione e rapporto che esiste tra le stesse Persone divine della Trinità. Cioè, l'uomo e la donna sono chiamati a configurare sulla terra, mediante il loro rapporto d'amore, sotto le varie forme (spirituale, psichica, fisica) quello che in Cielo è la vita della stessa SS. Trinità.
Ovviamente questo ha un prezzo. Come anche in Dio stesso c'è un prezzo. Infatti, nella Trinità, da una parte c'è la beatitudine infinita e la gloria, che derivano dal rapporto d'amore tra le Persone divine; ma, dall'altra, c'è il fatto che ciascuna Persona si dona al punto di perdere tutta se stessa, con uno svuotamento e annientamento (atto che i teologi chiamano "kènosi") totale. È Gesù che ci ha rivelato questo con la sua testimonianza di vita e con la parola. Ed è grazie a questo perdere, questo annientarsi, che la stessa Trinità può esistere.
Ora, questa stessa dinamica deve realizzarsi tra l'uomo e la donna, perché essi possano rivivere sulla terra, nell'esistenza mortale, la stessa vita della Trinità; e anche perché il rapporto tra loro possa esistere e avere un futuro.
Come avverrà questo? Come potranno l'uomo e la donna attuare questa perdita di sé, l'un per l'altro, a immagine di quanto accade nella Trinità? È per rispondere a questa domanda che Gesù insegna: "Non c'è amore più grande che dare la vita...", "Chi perde la propria anima la ritroverà"; e così via, con tutto il resto del suo messaggio, che non è altro che un esprimere in termini umani, accessibili a noi, quella vita che Egli vive nella SS. Trinità.
Infatti, costatiamo che la natura, in armonia col progetto del Creatore, dà il suo aiuto ai due, sul piano sentimentale, fisico, spirituale, in modo che essi trovino tutto avviato e facilitato (basta pensare a quella specie di miracolo che è l'innamoramento). E di avvio si tratta: infatti le varie spinte che possono esserci da parte della natura devono servire, nel disegno divino, non a se stessi, ma ad indirizzare ciascuno dei due sempre più generosamente verso il dono totale di sé: a incoraggiarli a uscire dal proprio io, a dare la vita per l'altro, e poi per gli altri, per tutti gli altri; anche se - s'intende - rispettando le priorità.
È il vero grande gioco d'amore, tra Creatore e creatura: gara di generosità (a chi dona di più), in cui certamente il vincitore è sempre Dio, per quanto noi vogliamo essere eroici nel rinunciare e dare. E che sia un gioco che vale la candela lo si capisce anche considerando solo il lato umano, il cosiddetto "centuplo".
Cioè, considerando il fatto che, nella misura in cui si è capaci di ridonare l'amore dell'altro - non trattenendolo per sé -, lo si riceve e lo si gode di più. Ma, perché il gioco riesca, dev'essere senza sosta, e inoltre c'è da mettere in conto il patire. Questo Gesù lo ha spiegato molto chiaramente: "Non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva cento volte tanto nel tempo presente, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà".
Insomma, è la paradossale verità del vangelo, secondo cui, chi è disposto a seguire Gesù in quell'annientamento che la Provvidenza e le circostanze della vita ci propongono, guadagna sia il gaudio che gli viene dalla comunione con le Persone divine, sia quello della comunione con le persone umane, a cominciare da quelle più amate.
Il diacono permanente, come tutti i coniugati, e anche chiunque altro, è chiamato a questo cammino di morte-resurrezione.
b) Diversamente dagli altri coniugati
A parte quanto detto ora, il diacono ha poi un particolare, che non è comune agli altri coniugati: l'ordine sacro (da notare che l'abbinamento ordine e matrimonio può verificarsi anche nei sacerdoti cattolici di rito orientale, come pure nei sacerdoti ortodossi e anglicani).
Questo conferisce alla coppia diaconale un ruolo specifico suo: quello di contribuire in modo speciale a creare ponti, a mediare in prima persona, nella propria carne, tra il sacro e il profano, tra l'eterno e il temporale. Tutti abbiamo questa vocazione, ma nel caso della coppia diaconale c'è un segno particolare, che è il sacramento dell'ordine sacro, che investe lui; ordine sacro che è saldato in maniera esistenziale, indissolubile, con la realtà umana più concreta: vita coniugale, professione e ambiente laico.
Oggi la Chiesa sembra essere chiamata a questo con una certa urgenza: nel senso che, mentre nel passato la dicotomia tra le due realtà poteva essere tollerata, in quanto occorreva sottolineare ancora altri aspetti della vita ecclesiale, oggi, senza questo ri-congiungimento, sembra non ci sia possibilità di farsi ascoltare dalla gente. È l'incarnazione che si perpetua nella storia. Infatti lo Spirito santo ha spinto molto in questa direzione i padri conciliari del Vaticano II e successivamente gli altri responsabili della vita della Chiesa.
Quanto al diaconato permanente, il suo ripristino sembra inserirsi in questo contesto. C'è da superare, come diceva Igino Giordani col suo stile inconfondibile, il fossato tra consacrati e sconsacrati, tra lo stato di perfezione e quello di imperfezione.
Concludendo. A voi allora, coppie diaconali, che avete questa caratteristica a differenza sia di noi sacerdoti, sia degli altri laici, un onore e onere in più in questo senso: fare delle iniezioni di sangue puro, al vivo e a presa diretta - diciamo così - nel tessuto ecclesiale. E ciò è possibile solo grazie a quell'ascetica di cui si è detto prima. Fare poi tutto il resto come servizio di ministero, ma prima di tutto è tale ascetica e dono di sé la più alta diaconia, il servizio più essenziale alla comunità.
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