Il dono di un Carisma


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Chiara Lubich – Scritti spirituali
L'Unità



Il dono di un Carisma


Il racconto in scritti degli inizi
La radice del dono
Un sogno divino
L'unità e non altro
Discernere l'essenziale
Un unico obiettivo: consumarci in uno
La nostra "roccia"
Imparare ad essere determinati nell'attuare l'unità voluta da Gesù


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Il racconto in scritti degli inizi

(Dall'articolo Unità e comunità - La comunità cristiana per la rivista «Fides», Ottobre 1948)

Un unico libro, il Vangelo
«Chi mi ama osserva i miei comandi. Amerai il prossimo tuo come te stesso». Ci guardammo l'un l'altra e decidemmo senz'altro «di amarci per amarlo».
Più si «vive» il Vangelo, più si comprende.
Prima che ci buttassimo alla vita, come i bimbi si buttano al gioco, la parola di Dio, se non era perfettamente oscura, non era però viva alla nostra intelligenza, né sacra al cuore.
Ora ogni giorno erano nuove scoperte nel Vangelo, diventato ormai unico nostro libro, unica luce di vita.

Anche noi trascinati nella comunione d'amore di Dio Trinità
Comprendevamo chiaro che nell'amore è tutto, che l'amore vicendevole «doveva» formare l'ultimo richiamo di Gesù alle anime che l'avevano seguito, che «il consumarsi in uno» non poteva non essere l'ultima preghiera di Gesù verso il Padre, sintesi suprema della Buona Novella.
Gesù sapeva che la santissima Trinità era beatitudine eterna, ed egli, Uomo Dio sceso a redimere l'umanità, voleva trascinare tutti quelli che amava nella com-Unità dei Tre.
Quella la Patria sua, quella la patria dei fratelli che aveva amato fino al sangue.
«Consumarci in uno»: fu il programma della nostra vita per poterlo amare.
[…]

Un "nuovo" stile di apostolato
La fede e l'amore, che Egli viveva in noi, ci avvicinarono a quelle anime che ogni giorno ci faceva incontrare e quest'amore spontaneamente, liberamente, le trasse ad identico ideale.
Mai pensammo di far apostolato. Non ci sembrava bella questa parola. Qualcuno ne aveva abusato, deturpandola. Volevamo solo amare per amarlo.
E ci accorgemmo presto che questo era il vero apostolato.
Sette, quindici, cento, cinquecento, mille, tremila e più anime d'ogni vocazione, d'ogni condizione. Ogni giorno crescevano attorno a Gesù fra noi.

L'unità perfetta
L'umanità nostra messa in croce dalla vita d'unità attirava tutti a sé.
Unità perfetta viveva e vive tra queste anime ormai sparse in tutta l'Italia e fuori. Unità non solo spirituale nell'appassionata ricerca d'esser un altro Gesù, ma anche unità pratica.
Tutt'in comune: cose case aiuti denari. E c'è pace, c'è paradiso in terra.
La vita è un'altra. [...]

Cristo centro della storia, della comunità cristiana e dei cuori
E tutto questo perché unico principio, unico mezzo, unico fine è Gesù.
Gesù «in» noi. Gesù «fra» noi. Gesù fine del tempo e dell' eternità.
Si scervellino le menti umane a trovare una soluzione del dramma d'oggi. Non la troveranno se non in Gesù. Non solo in Gesù vissuto nell'intimo di ciascuno, ma in Gesù regnante «fra» le anime.
Esse non hanno tempo di discutere perché Egli troppo chiaro fa vedere a chi è unito ad altri nel suo nome, e vi rimane, che cosa «c'è da fare» per ridare al mondo la pace vera.

Due cose necessarie che sono una sola
C'è un «porro unum necessarium» [«di una sola cosa c'è bisogno» (Lc 10,42)] dell'anima nel suo rapporto con Dio.
C'è un «porro unum necessarium» dell'anima nel suo rapporto coi prossimi e questo è amarli come se stesso fino a consumarsi in uno quaggiù in attesa della perfetta consumazione delle anime nell'Uno, Gesù, in cielo.
È la Comunità cristiana.


(Dall'opuscolo Un po' di storia del «Movimento dell'unità». Trento 1950)

Un giorno comprendemmo quanto dovevamo amarci: «Fino a consumarci in uno» - disse una: fino cioè a realizzare fra noi dapprima e poi fra quelli che amavamo il Testamento di Gesù: «Che tutti siano uno!».
Si guardò all'unità del Padre celeste col divin Figlio e a sì alto traguardo ci parve più bella e definitiva la nostra Idea, che da quel giorno chiamammo: "Unità", e "Movimento dell'Unità" si disse quest'orientarsi di anime d'ogni specie verso Dio nella pratica dell' evangelica Carità.
L'Unità fu la base d'ogni nostra azione (ci amavamo sinceramente prima d'agire in qualsiasi modo e per qualsiasi fine... e qui era il Vangelo che vuole la riconciliazione col fratello anche prima dell'offerta all'altare!);
- fu il mezzo per amare il prossimo (ci si faceva uno con tutti. Si piangeva con chi piange; si rideva con chi ride in modo da amare il prossimo proprio come noi stessi e a base di tutto era la mutua continua carità, prima delle discussioni, degli interessi ecc.);
- fu il fine perché era stato il fine della vita di Gesù morto per ricondurre i fratelli all'unico ovile, di Gesù che volevamo tutti ricopiare qualsiasi fosse la nostra vocazione perché Egli è Luce per tutti.

Attuare il Testamento di Gesù
Cosicché ognuno comprendeva di dover portare quest'unità di spiriti nel proprio ambiente e aumentavano continuamente le anime della Comunità: famiglie si ricomponevano in pace; conventi riprendevano il primiero fervore...
[...]
E così dai frutti si verificava la verità delle Parole di Gesù: «Che essi siano uno affinché il mondo creda che Tu mi hai mandato» (Gv 17).
[...]
Il Vangelo si realizzava alla lettera per quanto riguardava la parte di Dio Padre di tutti perché noi cercavamo, con la forza dell'Unità, di risolvere ogni fatto contingente alla Luce del Vangelo preso alla lettera.
E la Provvidenza si manifestava chiaramente a tutti che vedevano nelle circostanze altrettante voci della Bontà del Padre che tutto muove per la loro santità e per la realizzazione del Suo Regno. E l'atmosfera che prima era fredda e piena di morte e di dolore, si riscaldava, ché in tutti era tanta Luce perché tanta carità e fra noi non v'era «alcuno che avesse bisogno». Il dolore di uno era di tutti. I disoccupati erano occupati, gli orfani avevan tanti genitori quanti padri e madri erano in comunità, gli sposalizi erano gaudi di Paradiso, ché tutti partecipavano alla gioia moltiplicandola, mentre le molteplici angosce, divise fra tanti, erano quasi annullate.
[…]
È insomma la realizzazione del Testamento di Gesù ove tutti tendono ad essere uno con Gesù come Gesù è uno col Padre e, di conseguenza, uno fra loro; è l'Ideale evangelico portato in mezzo al mondo, come in mezzo al mondo era Gesù e i Focolari vogliono essere strumenti in mano a Dio per la purificazione dell'ambiente con l'irradiazione della Carità.
Dio è la Carità e irradiare la Carità è irradiare Iddio e, per irradiarLo, bisogna possederLo. Dio in noi, dunque; Dio fuori di noi.
E siamo rimaste al movente di tutto il movimento, siamo rimaste nell'Ideale che ci siamo scelte all'inizio: Dio. Ma Dio è Tutto: è il principio e il fine.
(Nota: Con la parola "Ideale", Chiara indica il dono divino di luce della spiritualità dell'unità nonché l'adesione alla vita nuova che ne deriva.)

Sul modello di Gesù crocifisso
L'unità costa sacrificio, costa la morte totale dell'io. Per questo le anime che la vogliono amano come modello e come vita Gesù Crocefisso. Crocifiggere sé e rinunciare a quanto si ha e a quanto si è per esser come Lui, per essere un altro Lui è l'aspirazione di tutte le anime dei Focolari e di quanti formano la Comunità. Senza di Lui non c'è Unità perché l'Amore è sacrificio, è Gesù Crocefisso: «Amatevi come io ho amato voi».

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La radice del dono

(Da Lettere primi tempi. Alle origini di una nuova spiritualità, Città Nuova, 2010)

Egli [Gesù abbandonato] donò a noi l'Unità. L'ideale che è Dio stesso. Spirito Santo che lega il Padre al Figlio e che Gesù abbandonato non sentiva più per un attimo sulla Croce; perché noi non fossimo mai abbandonati da Dio!
Da quel cuore spiritualmente squarciato e distrutto con dolore infinitamente più grande della ferita fisica, uscì l'Ideale.
(Da una lettera a padre Bonaventura da Malè, ofm cap., 13 marzo 1948)

Abbiamo preso come unico scopo della vita, come unica Meta, come tutto: Gesù Crocefisso che grida: «Dio mio, Dio mio perché anche tu mi hai abbandonato?».
È Gesù nel massimo Dolore! Disunità infinita... per dar a noi l'Unità perfetta che raggiungeremo relativamente quaggiù e poi assolutamente in Paradiso.
(Da una lettera a padre Valeriani; ofm conv., 1° aprile 1948)

Fissatevi in capo una sola idea.
Fu sempre una sola idea a fare i grandi Santi. E la nostra idea è questa: Unità.
«Sì, Padre!». Siamo Gesù! immagini sue e ripetiamo in ogni attimo presente alla Sua volontà: Sì, Padre!
Sì, sì, sì, sempre e solo sì.
Questo sì vi farà partecipi della nostra unità che esiste solo in Dio. [...]
Unità: continua diretta comunicazione con Dio colla mortificazione radicale nell'attimo presente di tutto ciò che non è Dio. Dio solo voglio. Lui solo è Tutto!
Unità: fra noi, in questa stupenda comunità di anime sparse pel mondo, serrata e chiusa dal solo amor di Dio.
(Da una lettera alle giovani che seguiva, Capodanno 1947)

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Un sogno divino

Unità: parola divina. Se ad un dato momento venisse pronunciata dall'Onnipotente e gli uomini l'attuassero nelle sue più varie applicazioni, noi vedremmo il mondo di scatto fermarsi nel suo andazzo generale, come in un gioco di film, e riprendere la corsa della vita in opposta direzione. Innumerevoli persone farebbero a ritroso la strada larga della perdizione e si convertirebbero a Dio, imboccando la stretta... Famiglie smembrate da risse, freddate dalle incomprensioni, dall'odio e cadaverizzate dai divorzi, ricomporsi. E i bimbi nascere in un clima d'amore umano e divino e forgiarsi uomini nuovi per un domani più cristiano.
Le fabbriche, accolte spesso di «schiavi» del lavoro in un clima di noia, se non di bestemmie, divenire luogo di pace, dove ognuno lavora il suo pezzo al bene di tutti. E le scuole infrangere la breve scienza, mettendo cognizioni d'ogni genere a sgabello delle contemplazioni eterne, imparate sui banchi come in un quotidiano svelarsi di misteri, intuiti partendo da piccole formule, da semplici leggi, persino dai numeri...
E i Parlamenti tramutarsi in luogo d'incontro di uomini cui preme, più che la parte che ciascuno sostiene, il bene di tutti, senza inganno di fratelli o di patrie.
Vedremmo insomma il mondo diventar più buono ed il Cielo calare d'incanto sulla terra e l'armonia del creato farsi cornice alla concordia dei cuori.
Vedremmo... È un sogno! Sembra un sogno!
Eppure Tu non hai chiesto di meno quando hai pregato: "Sia fatta la tua volontà come in Cielo e così in terra".
(Da uno scritto 1961, in Frammenti, Città Nuova 1963)

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L'unità e non altro

Ogniqualvolta ci viene chiesto come si potrebbe definire la nostra spiritualità e quale la differenza fra il dono che Dio ha elargito a noi e quelli di cui ha abbellito e arricchito la Chiesa di oggi e dei secoli scorsi, noi non esitiamo a dire una parola: l'unità.
L'unità è la nostra specifica vocazione. L'unità è ciò che caratterizza il Movimento. L'unità e non altre idee o parole che possono, in qualche maniera, esprimere altri divini e splendidi modi di andare a Dio, come può essere, anche se non si esaurisce con questo, la povertà per il Movimento francescano; [oppure) l'obbedienza - ma anche questa non esaurisce - per la spiritualità dei gesuiti; l'orazione per i carmelitani di santa Teresa la Grande e così via. Per noi proprio la cosa caratteristica è l'unità.
L'unità è la parola sintesi della nostra spiritualità. L'unità a cui per noi in modo particolare, ma lo è per tutti, confluisce ogni altro atteggiamento religioso.
(Da un discorso ai responsabili del Movimento dei Focolari nel mondo, Rocca di Papa, 5 ottobre 1981)

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Discernere l'essenziale

Sento come il dovere - finché sono in vita - di puntualizzare bene le cose essenziali e quelle accessorie. [...] [Tutte le] idee che sono alla base della nostra spiritualità sono necessarie, se comprese però dal nostro punto di vista, da quello che Dio ci ha dato.
Così anche noi dobbiamo scegliere Dio come Dio vuole essere scelto; dobbiamo fare la volontà di Dio che per noi è avere Gesù in mezzo; dobbiamo amare Gesù abbandonato che per noi è la chiave dell'unità; e su e su insomma, tutti i nostri punti della spiritualità. Quindi, da questo volevo dedurre che c'è, d'altra parte, invece un'idea che veramente ci caratterizza, quell'idea che veramente è la nostra [...]: questa idea si chiama unità. Quella è proprio la nostra.
(Da un discorso a giovani desiderose di consacrare la loro vita per portare l'unità nel mondo, 4 novembre 1961)

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Un unico obiettivo: consumarci in uno

Quest'amore reciproco - lo si capì un giorno oltrepassando un ponte (simbolo quasi di un nuovo modo di andare a Dio) - doveva arrivare fino a consumarci in uno, fino a farci sperimentare l'unità.
Poi l'episodio della cantina, che tutti conoscono, con la lettura del Testamento di Gesù, che ci apparve come la "magna charta" di ciò che stava per nascere.
E c'era un amore così radicale e totalitario per il fratello da farci perdere ogni altro obiettivo (solo quello c'era!), persino quello di una santità [...] individuale come allora si intendeva. Se noi, chiamate ad una nuova via, l'avessimo perseguito, questo obiettivo, non sarebbe stato immune di amor proprio e di egoismo. La santità personale sarebbe emersa dal nostro vivere l'unità.
(Da un discorso ai responsabili del Movimento dei Focolari nel mondo, Rocca di Papa, 1° ottobre 1994)

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La nostra "roccia"

Con profonda gioia e gratitudine, ci sembra che lo Spirito Santo ci abbia suggerito [...] il modo perché ciò [la crescita del Movimento dei Focolari] sia assicurato ora ed anche nel futuro: una trovata semplice e convincente, che nessun prezzo paga.
C'è un'affermazione di Gesù che dà piena garanzia al riguardo, e mette la pace in cuore.
Egli afferma che una casa costruita sulla roccia non cadrà, a differenza di quella edificata sulla sabbia: possono venire venti, bufere, alluvioni, ma essa resta. E la roccia è la Parola di Dio, ascoltata e vissuta.
Anche l'Opera [di Maria, Movimento dei Focolari] si può paragonare ad una casa che si va edificando nel mondo.
Anche per essa, allora, ci sarà salvezza, sicurezza, stabilità e progresso, se poggerà sempre sulla Parola, se coloro che la compongono non avranno nessun altro desiderio che quello di vivere la Parola.
Ma qual è la parola che lo Spirito ha impresso come sigillo su questa casa, sul nostro Movimento, quando il Cielo l'ha pensato e ha dato inizio qui in terra alla sua realizzazione?
Noi lo sappiamo. La parola è «unità». Unità è la parola riassuntiva di tutta la nostra spiritualità. Unità con Dio, unità coi fratelli. Anzi: unità coi fratelli per raggiungere l'unità con Dio. [...]
I nostri statuti mettono l'unità a base di tutto, come norma di ogni norma, come regola da attuare prima di ogni altra regola. È la parola per noi, è la roccia.
Noi non abbiamo significato nella vita se non in questa parola, dove tutto prende senso: ogni nostro atto, ogni preghiera, ogni respiro. E, se saremo concentrati su questa parola, se la vivremo meglio che possiamo, tutto sarà certamente salvo per noi: salvi noi e salva quella porzione di Opera che ci è stata affidata.
Verranno forse per l'Opera in futuro, nel suo insieme o in qualche zona [del mondo], momenti diversi dal presente, contrassegnato da tante consolazioni, frutti, luce, fuoco. Potranno venire momenti di buio, di sgomento; potranno sopraggiungere persecuzioni, tentazioni; potrà il demonio, in mille modi, cercare di distruggere ogni cosa; potranno succedere disgrazie, catastrofi... Ma, se noi saremo saldi sulla roccia dell'unità, nulla potrà toccarci, tutto andrà avanti come prima.
(Da un collegamento telefonico, Rocca di Papa, 9 novembre 1989, in Cercando le cose di lassù, Città Nuova, 1992)

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Imparare ad essere determinati nell'attuare l'unità voluta da Gesù

(Al termine di un dialogo con un gruppo numeroso di persone provenienti da vari ambienti sociali e culturali e di vario impegno ecclesiale, personalmente coinvolte nel vivere e diffondere la spiritualità dell'unità, Chiara conclude condividendo quanto le preme in quel momento. Rimini, 23 settembre 1997)

Vorrei dirvi questa cosa che mi sta tanto a cuore.
Tutti sappiamo che in questi giorni abbiamo vissuto per [...] Madre Teresa [morta il 5 settembre]. Madre Teresa era una mia grande amica, forse non lo sapevate, da vent'anni; era un'amica intima, profonda. Lei aveva chiesto ancora vent'anni fa di conoscermi ed era venuta al Centro Mariapoli; io l'avevo accolta e lei mi ha detto: «Parlami del tuo Ideale». [...]
Io la ammiravo per tante cose, soprattutto per la sua santità, per il suo eroismo, ma in modo specialissimo per la sua determinazione. È lì che io sento di dover imparare da Madre Teresa e tenermela come un modello; la sua determinazione. Lei aveva un ideale e lei non usciva mai da quell'ideale. Il suo ideale era: i più poveri fra i poveri e lei non usciva mai [da lì].[...]
Dobbiamo imparare anche noi questa determinazione, questa assolutezza, questa integrità; anche noi dobbiamo fare così. Cosa Dio vuole da noi? Da noi Dio vuole l'«ut omnes unum sint» [«che tutti siano uno»], che si raggiunge attraverso i quattro dialoghi, e cioè: una comunione sempre più profonda in seno alla Chiesa cattolica fra tutte le forze, fra le parrocchie, fra le diocesi, sempre più intensa, sentirsi fratelli, portare tutto il bene insieme, valorizzare tutti, aiutare tutti, ecc.
E poi lavorare per quello che è la novità che noi portiamo e che voi già sapete, penso, per questo ecumenismo di popolo, dove il popolo, come è stato a Graz [cf Nota], sentiva di essere un popolo solo pur di Chiese diverse. È il secondo dialogo che noi portiamo nei confronti dell' ecumenismo.
E poi l'amore alle altre religioni, cioè ai fedeli di altre religioni, in modo da arrivare ad una fraternità universale anche con loro.
E alla fine [...] anche il dialogo con persone che non hanno proprio un preciso riferimento religioso, però persone di cultura, che hanno dei valori enormi...

Nota: A Graz, in Austria, nel 1997, Chiara Lubich aveva parlato il 28 giugno alla seconda Assemblea Ecumenica Europea davanti a 3.000 persone coinvolgendole perché ognuno fosse "leader d'amore". Un vescovo definì quel momento: «Una tappa nuova nell'ecumenismo, un programma di azione per tutto il popolo di Dio».


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