Epifania del Signore


ANNO C - 6 gennaio 2016
Epifania del Signore

Is 60,1-6
Ef 3,2-3a.5-6
Mt 2,1-12
(Visualizza i brani delle Letture)


UNA STELLA AMICA
GUIDA I MAGI A CRISTO

Il capovolgimento in positivo della storia di Gerusalemme e dei popoli della terra è il segno e la promessa che riempie la profezia di Isaia che oggi si legge. Gerusalemme è avvolta di tenebre, invisibile; i popoli sono avvolti nella nebbia, disorientati, non possono vedere che cosa sta davanti a loro e non sanno dove andare. Finalmente, però, accade l'alba. Ma è Dio stesso a farsi sole che sorge per Gerusalemme. E la luce che si diffonde sulla valle illumina i popoli che l'affollano. La gioia è della città, che si allarga per accoglierli e già sente il suono della vita sulle sue strade abbandonate e il rumore dei popoli che, finita la nebbia, finalmente sanno dove andare e si dirigono verso di essa. Un canto di gioia e di preghiera colma la valle e chi arriva porta, oltre alla gioia, una nuova vita, cammelli e dromedari, una nuova ricchezza e di nuovo la gloria, oro e incenso.
Ognuno può immaginare sé stesso in qualche parte del disegno di Isaia, si può immaginare come Gerusalemme nelle tenebre, soprattutto chi si sente invisibile, non tanto psicologicamente, ma avverte invisibile la propria fede, non riesce a testimoniarla. Anche chi non sente gioia nel proprio cuore può somigliarsi a Gerusalemme con le strade vuote e le case abbandonate. Un altro si può pensare parte della folla immersa nella nebbia, che vorrebbe andare, arrivare al tempio, trovare le parole della preghiera. Chiunque fa esperienza d'incertezza, fa un passo e poi ha paura perché non si vede niente, può pensarsi fra la folla. Per gli uni e per gli altri l'unica possibilità è che accada l'alba, che il Signore faccia da sole per ridare vita e mostrare la strada.
La preghiera, in questa festa dominata dall'immagine della stella, è una sola: che per ogni persona accada l'alba, che la stella risplenda. Si possono dire molte parole sulla delusione e il disorientamento, meglio impegnarsi a fare qualcosa, a pregare perché accada l'alba.

Paolo si presenta come uno che ha fatto esperienza della presenza del Signore, come sole, nella sua vita. Infatti dice che vede il disegno di Dio e che ha come ministero quello di trasmettere quello che gli è stato rivelato. Ciò che Paolo rivela è che tutta la famiglia umana è chiamata all'unità. Illuminato da Dio, vede molto di più di quanto si poteva pensare di vedere. Quando si parla della visione di Paolo, si rileva giustamente che il riferimento è alla chiamata dei pagani a far parte della Chiesa e al rifiuto della prospettiva che solo il popolo eletto fosse chiamato alla salvezza. Tutto questo, detto del passato, è molto interessante. Detto oggi, però, ci trova nella stessa situazione degli Efesini, cioè costretti a ricordare che il disegno di Cristo è l'unità della famiglia umana. Non si tratta di non cogliere le difficoltà e le differenze o di far finta che non esistono barriere spesso piene di sangue, fra le persone; ma di mantenere chiara la visione del disegno di Cristo e fare di tutto per avvicinarlo ed evitare parole e gesti che lo allontanino.
Almeno a chi crede deve essere chiaro che la tragica cronaca della divisione non corrisponde al disegno di Dio. La ricerca da parte dei Magi del re dei Giudei e la loro adorazione, sono il cuore della celebrazione di oggi e l'immagine che la sintetizza. Tutto il racconto di Matteo è costruito in chiave simbolica.
Da una parte i Magi pellegrini, che non fanno parte del popolo eletto e non hanno le Scritture, che provano, alla fine del cammino, una gioia grandissima e, pur non trovando nessun segno esterno di regalità, immediatamente riconoscono il re e lo adorano e onorano. I Magi descritti attorno a Maria e al bambino sono l'icona della Chiesa nei secoli. Da un'altra parte il re Erode, circondato dai suoi consiglieri, che reagisce alla notizia e, insieme a tutta Gerusalemme, resta turbato.

Un turbamento simile alla sensazione che coglie qualcuno quando avverte un pericolo oppure un inconsapevole riconoscimento dell'identità di quel bambino. Oltre alle parole dei Magi anche le Scritture confermano che qualcosa c'è. Erode, però, con tutti i suoi consiglieri non si preoccupa se non di tendere una trappola a quel bambino e diventa la parabola del male, che ha tanti mezzi per vincere.
Si dice che ogni persona ha una sua stella, accade qualche volta che si guardi il cielo e si adotti una stella; è un modo per dire che nessuna vita procede a caso, che ognuno può orientarsi nel cammino. Il racconto dei Magi fa pensare che oltre alla propria stella, per tutti c'è la stella di Cristo, che conduce nel sentiero della vita e che, quando uno la segue produce una grandissima gioia. La stella di Cristo brilla sopra una capanna, non ha bisogno di luci che la illuminino, di regge che la valorizzino, di cortigiani che la esaltino; è essa stessa che illumina chi la scopre e la segue.
Nella capanna il bambino e Maria e i Magi e noi da loro rappresentati, che riconoscono Dio e offrono il meglio che hanno, mentre fuori restano quelli che sarebbero dovuti accorrere per primi. Quella capanna è un luogo rivoluzionario perché non c'è chi dovrebbe esserci, ma solo chi segue la stella. Nella capanna si apprende, come fanno i Magi, che il bene ha sempre un'altra strada, che non è necessario passare per le strade controllate da Erode, che il male per quanto organizzato non ha l'intelligenza dell'amore, l'intelligenza di Dio.

VITA PASTORALE N. 11/2015
(commento di Luigi Vari, biblista)

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